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Campomaggiore vecchio (Pz)

 

Fumavan gaie le sue colline
Pel ciel sereno de l'ultim'ora:
Venne, e rovine sopra rovine
Trovò l'aurora.

(dal "Viggianese" di: Nicola SOLE)

 

"Campomaggiore non è più, ed io ne scrivo la necrologia. Si stampano ogni giorno necrologie di tanti che non furono mai vivi, e non so perchè non si publicherebbe quella di un bravo paesetto che ha vissuto parecchi secoli di vita operosa, mandando dalle sue valli e dalle sue pendici, grani, vini ed oli tra i migliori, sui mercati della provincia. Era gaio questo povero Campomaggiore colle sue casette tutte uniformi ed ordinate in fila come tende di un campo, coverte da tegole rosse ed ombreggiate da fichi e da viti piantate innanzi alle porte e che salendo lungo i muri facevano festone sull'architrave e intorno alla finestrella. Sulla piazza, assai vista, e posa quasi al centro dell'abitato, torreggiava scuro e severo il Palazzo dei Rendina e di contorno era la Chiesa, bianca e pulita che pareva una sposa, con un bell'altare in marmo Vituliano ed un organo del Carelli. Un semicerchio di colline riparava il paese dal soffio di Borea di Ponente ed aprendosi a Mezzogiorno declinava verso Oriente, lasciava aperta come una larga finestra dalla quale entrava lentamente a fiotti la luce del Sol nascente. E quanta pace ed un tempo quanta operosità tra la sua gente: laboriosissimi tutti, gli uomini più delle donne o questi più di quelli. Prima dell'alba si trovavano sui campi non tornavano che a notte fatta. Destri a varie opere coltivavano le viti e l'olivo, allevavano il maiale, e coll'asino e col mulo si aiutavano nei lavori campestri e nei trasporti delle derrate: quasi tutti avevano una casetta, uun pò di vigna e un pezzo di terra ed il pane quotidiano assicurato per l'anno. Ed ora tanta pace è distrutta, tanta operosità sospesa, tanta relativa agiatezza mutata in miseria... Campomaggiore può tenersi risorto, ed è tanta la fede che ho nell'operosità di quella brava gente, che se fossi più giovane prenderei impegno a mostrarlo fra trent'anni prospero ed agiato come era al giorno del disastro. Sarebbe grave danno e maggior vergogna se Governo e Provincia, nè volessero, nè potessero oggi, quello che nel passato secolo volle e seppe fare una famiglia di privati."

 

Marchese Gioacchino Cutinelli Rendina  

 

Campomaggiore 1885

 

 

da "Campomaggiore Storia di un paese Lucano"
di: Giuseppe Filardi

 

 


 

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