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GIOVANNI CASTELLANO

    da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

Una volta, Giovanni Pascoli, grande bambino ghiottone, scrisse dei versi dolcissimi « sopra » un pasticcio delicatissimo che un suo amico dolciere della grassa Bologna gli aveva appositamente confezionato, e glieli mandò.

Il  dolciere, che, forse così pensava di tramandare ai posteri il suo nome, confezionò un altro assai più delicato pasticcio « sopra i versi di Pascoli ». E glielo mandò.

Il  Poeta avvistosi che i Suoi versi eran serviti a incartocciare un pasticcio — sia pure il più squisito pasticcio — pensò di essere un pò maltrattato, come Dante dal fabbro-ferraio. Ma, poi, saggiando il pasticcio, riflettè che non era così. E all’amico dolciere non mandò più versi, ma andò a stringere la mano.

Un Giovanni Pascoli ci vorrebbe per compensare con i Suoi versi e con la sua stretta di mano quel grande artefice delle più geniali e squisite pasticcerie e confetterie, che è Giovanni Castellano, della nostra Basilicata, nato a Melfi nel 1873, che trionfa e furoreggia come gran capo di uno dei più grandi « Hotels » di New-Yorck, il Seville Hotel, il cui solo edificio è costato 8 milioni di dollari. Di lui basti il dire che è presidente dell’Unione dei Lavoratori della Mensa, di New-Yorck, e che, contendendosi, or non è molto, fra i più grandi pasticcieri e confettieri, sotto gli auspici della Francese « Societé Culinaire Philantropique » il primato dell’arte fra i più rinomati « chefs » dei grandi « hotels » di New-Yorck, di tutti gli Stati Uniti, e del Canadà, egli vinse il gran premio-medaglia d’oro — su tutti i numerosi e valorosissimi concorrenti italiani, francesi, tedeschi, spagnuoli, svizzeri, americani e di ogni altra parte del mondo.

Il premio insigne gli fu consegnato dall’Ambasciatore francese a Washington il quale era andato per 1’occasione a New-Jork alla presenza del console generale d’Italia e di tutti i Soci della sezione di New-Yorck della « Dante Alighieri ».

Una grande Rivista anglo-americana « The Caffere » pubblicò, in quella occasione, un bel profilo del rinomato nostro conterraneo, gran pasticciere e confettiere, ponendolo fra i più celebri e classici « poeti del palato » che siano mai esistiti. E noi crediamo da parte nostra doveroso segnalare alla ammirazione dei nostri conterranei i più grandi trionfi culinari di G. Castellano, i quali stanno anche essi a confermare come sconfinato sia il campo, in cui la versatilità poliedrica dell’ingegno, della attività e della capacità dei lucani possono emergere.

In giovane età, G. Castellano dalla natia Melfi si recò a Napoli, per frequentare un’apposita scuola di cuochi pasticcieri, al fine di perfezionare la sua arte. A vent’anni, era già cuoco degli ufficiali del 69° reggimento fanteria, con sede in Roma; e, di lì a poco, fu assunto come capo della cucina del generale Bogliolo, vice-segretario al Ministero della Guerra, nel gabinetto Crispi-Mocenni.

Nel 1899, a ventisei anni, preparò e servì un banchetto, dato in onore dell’Ammiraglio Giorgio Dewey, della Marina Americana, per festeggiare la vittoria della sua flotta a Monica, nella guerra ispano-americana. Questo grande banchetto ebbe luogo a Napoli, ove l’ammiraglio americano si trovava con la sua nave, e fu offerto dal generale Bogliolo, che in quel tempo comandava l’armata italiana. Generale e ammiraglio, ammirati e deliziati, espressero al Castellano le loro più alte lodi.

Nello stesso anno, egli lasciò la bella e dolce Italia e andò a Montreal, nel Canadà, ove divenne cuoco pasticciere di Robert Hall, il famoso provveditore di quella città. E mentre era con Sir Robert, toccò al Castellano la massima ventura della sua vita: fu scelto a preparare e servire il gran banchetto al re Edoardo VII, allora principe di Galles, in viaggio nel Canadà. Il gran pranzo fu dato nel « Victoria College » sotto gli ordini e il patronato di Lord Stratheona e Lord Ninto, ultimo governatore generale del Dominio del Canadà, i quali ebbero, per l’occasione, in G. Castellano, la loro mano destra.

Un altro grande trionfo egli conseguì pure in Montreal, col banchetto al Cardinal Falconio, delegato del Papa negli Stati Uniti e nel Canadà.

A Sidney, nella nuova Scozia, servì un banchetto a Guglielmo Marconi: fu tale il successo, che se ne parlò come di un grande avvenimento internazionale, fin oltre il Capo Bretone.

Dal Canadà, G. Castellano si recò a New Yorck, ove divenne capo pasticciere della mondiale casa Maresi e C., alla quale accrebbe, con la sua opera, molta reputazione. Passò poi alla « Grand Union Hotels » e al « Club Repubblicano »; quindi al « Crescent Atlantic Club » in Broocklyn. Assunse in seguito la direzione della pasticceria, nella cucina di Simone Davis.

E così egli continuò di trionfo in trionfo, rivoluzionando e sbalordendo l’arte culinaria, e strappando gran premi e medaglie ai maggiori cuochi e pasticcieri di tutto il mondo.

Ma l’attività di G. Castellano non è circoscritta al solo campo culinario.

Egli è socio benemerito, stimatissimo e ambito di molte « Mutual Benefit » e altre associazioni. Membro della « Italian Lodge of Free and Accepted Masons ». Presidente dell’Associazione di Cittadini Italo-Americani, ed ha un’alta posizione in altre sociali e fraterne organizzazioni.

È un uomo di modi raffinati e di bel fisico, ha un viso aristocratico e tutte le arie e le maniere di un gentiluomo nel santuario del capo pasticciere. È onesto, abile, molto stimato dovunque, e conosciuto, e la sua finissima pasticceria e nota e assai gustata e ricercata.

Simone Dawis deve la grande reputazione del suo eccellente stabilimento all’abilità e all’esperienza di uno dei migliori capi pasticcieri che qualunque paese abbia mai conosciuto. Per onorare la medaglia d’oro di G. Castellano i suoi amici del corpo culinario di S. Dawis e altri, in New Yorck, gli offersero un banchetto. Fra gli invitati era T. La Manna, presidente dell’Internaziornale Associazione di cuochi e pasticcieri e chefs-steward dell’Hotel Woodword, di New York City.

T. La Manna non poté essere presente per un precedente impegno, ma scrisse a E. Catenacci, che presiedeva all’organizzazione, ciò che segue:

« Sono sicuro che non potreste occupare meglio il tempo che nell’onorare il nostro comune amico Castellano, perché nessuno lo merita più di lui. Sono dolente di non poter partecipare che in ispirito, onorando lui, onoriamo noi stessi e la nostra bella patria ».

Il banchetto era degno di Castellano.

 

da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

 

 

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