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VITTORIO GERVASIO

    da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

La natura dei luoghi, secondo Cicerone, il cui concetto è anche integrato dal Vico, determina l’attività degli uomini; ed il clima, appreso nel senso più lato, come determina la sensibilità individuale e, di conseguenza, anche la sociale, così imprime sugli abitanti di una regione il suggello regionale.

Tale attività e tale suggello regionale, che comprende in sé intelligenza, bontà, onestà, laboriosità e amor di patria sono i caratteri principali che si riscontrano in uno dei fieri figli del nostro Melfese, di Vittorino Gervasio, nato in quell’angolo di paradiso lucano, in quella città eroicamente storica, Melfi, che si stende e si slarga alle falde del piccolo Monte Vulture, il quale si innalza sull’orizzonte Meridionale con le sue forme semplici, purissime, armonicamente diverse da tutte, come dice il De Lorenzo, l’ondulata, aspra, arida catena, protesa con le sue rocciose vertebre lungo la spina dorsale del nostro paese, cinto dall’ondisono mare.

E' quella una terra di forti, di onesti, di molti uomini che non hanno mai piegato dinanzi al dovere, anche quando, rimasti soli, non hanno avuto per testimone che la propria coscienza: uomini che hanno serbata e serbano ancora l’anima invulnerata in tempi di cinismo e di vergogne, uomini virtuosi e fieri del loro carattere incorrotto e politicamente immutabile contro la bassezza e il camaleontico agire di un’altra gran parte.

Il passato di tali uomini rivive sempre nell’animo mio come un caro ricordo, quasi come un racconto morale delle prime classi elementari,che il buon maestro ci illustrava per spingerci ad operare bene, imitando i buoni.

Che bei tempi !.... ed altri tempi!

Ricordo così, ancora, come in un sogno lontano, una triste e fredda sera d’inverno. — Con gli altri di mia famiglia ero seduto intorno al tradizionale « braciere » melfitano, quando il mio buon papà, rincasando come tutte le sere ad un’ora dopo l’Ave, col viso smorto ed un accoramento interno disse, rivolgendosi a mia madre: Sai? è morto Gervasio! poveri figli, poveri bambini! ed avvolse tutti noi, anche piccoli e molti, in uno sguardo di timore e di affetto intenso.

In quella sera, nella casa di Vittorino Gervasio, era venuto a mancare il genitore, morto lontano dai suoi cinque figli, morto a Napoli, dove la scienza chirurgica, pur lottando con tutte le forze e tutte le risorse mediche, non aveva potuto strapparlo alla morte. E Vittorino Gervasio che, insieme ad un altro fratello ed a tre sorelle, non aveva appieno conosciuto e goduto il gaio sorriso della sua buona madre, restava così senza neppure la protezione e l’affetto paterno.

Non so perché, ma da quella sera ho avuto sempre davanti alla mia mente questo triste episodio, di un padre morto lontano dai suoi e di orfani atterriti dalla sventura e dal dolore, sotto 1’incubo del triste domani, nell’incertezza della lotta per la vita.

Ed ho seguito, forse, perciò sempre con piacere, e vorrei dire quasi con gioia, se questa parola non potesse avere l’aria di un piccolo paradosso sentimentale, i continui progressi dei fratelli Gervasio, e di Vittorino specialmente, quasi mio coetaneo; ed ogni volta che l’ho visto salire, salire sempre più in alto, affermarsi nella vita e nella società, e farsi strada a forza di studio, d’ingegno e di volontà, ho provato una grande ed interna soddisfazione, perché vedevo che il destino ora cercava riparare così le sventure e i dolori passati.

Vittorino Gervasio, dopo la morte del padre, è cresciuto così come era stato allevato fino allora, nella pace e nella familiare tranquillità fraterna, animato da un sacro dovere, di non deviare da quella che era stata la via già percorsa dai suoi genitori, spinto avanti solo da un forte orgoglio del loro nome intemerato e sacro, con l’esempio continuo della integrità e laboriosità paterna. Ed è per questo che, da modesto ragioniere del Banco di Napoli, ora lo vediamo ad uno dei più alti posti di fiducia, quale Amministratore Delegato della Società Anonima Cinzano e C.o di Torino. Società cospicua e di fama mondiale, forte di ben 75 milioni di capitale interamente versato.

Una caratteristica costante del Gervasio è stata l’esilità e 1’irrequietezza del suo corpo, il viso segaligno, soffuso di un tenue pallore, sotto una fronte ampia e che davano l'impressione di una continua agitazione tra i nervi ed il cervello; mentre, in quella anima temprata alle sventure, vi era invece la più grande calma spirituale e morale.

Nel 1903 si diplomò in ragioneria; ma già l’anno precedente, quando in Melfi era sorta 1’idea di fondare una piccola Banca locale (Banca Melfìtana), egli aveva a pro di questa messo a disposizione le sue poche ma solide cognizioni tecniche e bancarie; e tale sua precoce e gratuita attività gli valse nel 904 l’onore di poter essere chiamato, a Napoli, dal compianto e valoroso prof. Sansone, per l’impianto del reparto contabile ed amministrativo della Federazione Italiana Consorzi Agrari.

Così cominciò l’ascesa di Vittorino Gervasio. Nel . 1905, in seguito a concorso, egli entrò nel Banco di Napoli, filiale di Potenza

Ma egli aveva ancora un desiderio intenso di studio, sentiva dì aver bisogno di più vaste cognizioni finanziare, e Potenza, per quanto nell’ambito della sua regione, che egli amò sempre ed intensamente, come l'amano tutti i migliori intelletti e le coscienze integre non adusate a rancori partitari né politici, era troppo ristretta per lui che voleva respirare in ambienti più ampi. Si trasferì a Roma, dove tra il faticoso lavoro quotidiano, trovò modo e tempo di studiare ancora e conseguire la laurea in Scienze Economiche nel marzo del 1911.

Con questo maggior corredo di cognizioni tecniche e finanziarie, tre mesi dopo si presentò al concorso di Ragioniere Capo dello stesso Banco di Napoli riuscendo a superarlo, e venendo con tale grado destinato a Cagliari, da cui nel 1912 passò a Firenze.

Qui, dove avrebbe potuto godere le bellezze artistiche della ridente città toscana, la sua attività si intensificò di più, la coltura e la sua intelligenza, che, subito, si palesavano e si affermavano ovunque, gli procurarono altri oneri che, d’altra parte, egli accettò con piacere e con soddisfazione intima: 1’insegnamento di Computisteria e Ragioneria nell’Istituto Tecnico Dornanzi e quello della Tecnica Bancaria nel R.o Istituto Commerciale.

Allo scoppio della guerra egli era ancora a Firenze; ma, come molti altri, se non ferventi interventisti certo ligi al dovere verso la Patria, egli partì per la sua destinazione a compierlo con fede e sincerità. Le specifiche sue qualità contabili, la competenza assoluta in materia finanziaria, gli valsero la nomina ad Ufficiale Commissario nella R. Marina, dove rimase fin dopo l’armistizio, venendo poi nominato Capo dei servizi contabili nell’ Ente Autonomo del Porto di Napoli.

Egli però voleva ancora salire, sentiva che non poteva fermarsi ed aveva un imperioso desiderio di dedicare la sua attività, la sua inesauribile energia a qualche cosa di maggiore importanza e responsabilità, di più vasta organizzazione sociale.

L’occasione si presentò nel 1919, quando l’aumentata quantità di moneta cartacea sul mercato ed il maggior risparmio che i nostri laboriosi contadini e piccoli commercianti continuamente facevano per innata abitudine, spinsero la Banca Italiana di Sconto ed il Banco di Roma a diramare le loro branche anche nella Basilicata. Uno stesso nome si presentò loro e ad un solo uomo pensarono, a cui poter affidare l’incarico di tale iniziativa, a Vittorino Gervasio, il quale per rendersi utile alla sua provincia, pensò di attuare un grandioso piano di organizzazione economica ed industriale, e, rifiutando 1’invito fattogli dal Banco Roma, accettò quello della Banca Italiana di Sconto, che, aveva approvato il suo programma di lavoro, di una vera e propria espansione bancaria regionale, con 1’impianto di filiali nei centri più importanti e per la creazione di industrie tendenti specialmente alla trasformazione dei più ricercati ed abbondanti prodotti agrari della nostra Basilicata.

Era con questo piano che Gervasio tentava non solo di cominciare a risolvere uno dei più discussi problemi della nostra regione, ma anche di non permettere l’evasione del denaro dei nostri risparmiatori verso altri lidi. — Programma che, dato il carattere eminentemente regionale, richiedeva una forte ed energica attività tecnica, un grande impulso di iniziativa.

E lo ricordo in quel periodo, continuamente in moto, a Potenza, lavorare a stringere sempre più i legami di affetto e di stima con tutta la schiera dei suoi ammiratori per creare in essi la fiducia nella nuova Agenzia Bancaria, dare a questa finalmente corpo e consistenza e portarla in alto in brevissimo tempo.

Noi la chiamavamo la Banca Melfitana perché il buon Vittorino aveva voluto nell’ufficio circondarsi di elementi tecnici intelligenti ed attivi del suo paese nativo. Questo, non per alcun sentimento di sfiducia verso elementi locali, comunque, o regionali, ma forse per un attaccamento alla sua città, Melfi.

E la cosiddetta Banca Melfitana, con l’aiuto fiducioso dei depositanti, corrispose allo scopo fino a sorpassare anche quello che era nel massimo del desiderio del neo Direttore, e quando 1’Italia chiese un ultimo sforzo agli italiani, quando, con un nuovo appello, il governo lanciò sul mercato il sesto prestito nazionale, alla Banca, mercé l’opera faticosa instancabile del Gervasio, affluirono ben 13 milioni, superandosi la cifra raccolta dalla Banca d’Italia e dalle altre minori banche locali.

Sennonché, più tardi, Vittorino Gervasio, quando vide che le condizioni pattuite sul finanziamento delle industrie in Basilicata venivano violate, non ebbe più l’animo di restare a quel posto, sentì che sarebbe stato insincero verso i suoi cittadini, verso gli amici, verso tutti quelli che incondizionatamente avevano in lui, più che nel Banco, riposta la loro fiducia risparmiatrice, e senza alcuna titubanza abbandonò la Sconto, lasciò il posto, convinto di agire con rettitudine, lealtà e sincerità.

Un nuovo posto, più rinumerativo, con minori responsabilità sociali, ma con maggiori responsabilità tecniche e di amministrazione gli venne offerto dalla Ditta Cinzano & C.o di Torino, dove, entrato quale Procuratore per il ramo amministrativo, attualmente è invece l’unico Amministratore Delegato.

Alta carica ben meritata attraverso la sua opera infaticabile di lavoratore coscienzioso ed indefesso, e che gli valse anche nella gaia Torino a fargli ottenere, su proposta del Comm. Broglia. da parte del Ministero, 1’incarico di un Corso di Tecnica Commerciale nella R. Università Commerciale di Torino.

Non è questa però la sua ultima meta: con l’età giovanile, la fervida intelligenza e la volontà ferma e decisa di onorare sempre più il suo nome, lo spingeranno ancora a salire.

« Quando si pensa che il posto da cui si prepara alle nuove fortune è per molti una meta, per lui (che allo ingegno ed alla coltura accoppia anche il carattere e l’attività) un punto di partenza, si ha il diritto di credere, che il Dottor Gervasio andrà lontano, tanto lontano che noi non riusciamo a seguirlo, se non col nostro fervido augurio ». Così, nel febbraio scorso, di lui scriveva « Il Piemonte », quotidiano di Torino.

E con lo stesso augurio io spero di vederlo a posti più alti, a cariche più onerose ed anche di responsabilità, poiché con l’affermazione del suo nome, si affermerà sempre più anche quello della terra che gli dette la vita della nostra Basilicata.

 

L. FRANCIOSA

da "la Basilicata nel Mondo" (1924 -1927)

 

 

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