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ARMENTO: IL SANTUARIO DI ERACLE

A Serra Lustrante di Armento, località della media val d'Agri, si sviluppa a partire dalla seconda metà del IV sec. a. C. un'importante area sacra, il cui rilievo ben presto assurge a livello cantonale. Tale centro è noto fin dal secolo scorso per le straordinarie scoperte effettuate nel 1814, quali la celebre corona aurea di Kritonios e la statua bronzea del Satiro inginocchiato, ora conservate nelle Antikenammungen del Museo di Monaco di Baviera.
L'antico luogo di culto, individuato e indagato dalla Soprintendenza Archeologica della Basilicata in una serie di campagne di scavo condotte dal 1968 al 1970 e dal 1991 al 1992, sembra essere attivo dalla seconda metà del IV fino alla fine del II secolo a. C.. Si sviluppa, tra il fiume Agri e il suo affluente Sauro, su una stretta e lunga sella dominante un territorio segnato da una serie di rilievi collinari con boschi di querce e cerri e da corsi d'acqua a carattere torrentizio; la ricchezza di sorgenti perenni e il loro collegamento con uno strategico punto di snodo delle arterie della transumanza e di importanti itinerari di collegamento tra la costa ionica, la Lucania settentrionale interna e la costa tirrenica pongono in risalto le potenzialità topografiche di tale area.
Gli apprestamenti legati al culto si limitano, in una prima fase (ultimi decenni del IV sec. a.C.), ad un piccolo sacello quadrangolare perfettamente orientato ad est e ad un percorso cerimoniale pavimentato con piccoli mattoni. Alle spalle del sacello, a sud-ovest, accanto a due vani, sono sistemati una vasca lustrale, un grande pithos in terracotta e la cisterna, tutti elementi che sottolineano il ruolo centrale delle acque fin dai primi momenti di vita del luogo sacro.
Nel corso del III secolo a.C. si assiste ad un'intensa attività edilizia mirata alla monumentalizzazione del santuario. Tale fenomeno implica un impiego notevole di risorse economiche, presumibilmente da connettere ad un rinnovato interesse per il santuario da parte delle aristocrazie lucane con il conseguente aumento del prestigio del culto nel territorio.
L'area sacra si organizza su due terrazze divise da un possente muro a blocchi squadrati di arenaria, con zoccolo stuccato e dipinto rosso-porpora, e raccordate da un'ampia e monumentale scalinata. Su ciascuna terrazza apprestamenti particolari rimandano a due aree cultuali topograficamente separate, ma nello stesso tempo tra loro strettamente connesse.
Su quella inferiore, il primo sacello viene obliterato e si crea un secondo edificio sacro, dallo stesso orientamento (O/E) del precedente e a pianta perfettamente quadrata, dipinto con un alto zoccolo, all'esterno, di colore rosso-porpora e, all'interno, blu-cobalto. Ad est è l'altare anch'esso stuccato e dipinto rosso-porpora. Accanto all'altare erano due basi, forse destinate a sostenere statue. Intorno viene definito un nuovo percorso sacro pavimentato che si arresta in corrispondenza dell'altare. La cisterna, dalla struttura piuttosto complessa e che presuppone approfondite nozioni di tecnica idraulica, viene monumentalizzata: l'ampia camera a pianta circolare è pavimentata, intonacata; ad essa è raccordato un lungo corridoio. Mentre la grande camera raccoglieva le acque canalizzate provenienti dalla terrazza superiore del santuario, i corridoi sotterranei (c.d. gallerie di drenaggio) servivano probabilmente alla captazione delle acque sorgive a diverse profondità.
Sulla terrazza superiore, si sviluppano tre grandi vani pavimentati, con pareti rivestite d'intonaco bianco con una sottile banda orizzontale rosso-porpora. Al centro, si segnala un grande ambiente, destinato alla cottura e al consumo dei pasti, al cui interno sono collocati un monumentale focolare e una banchina con tre patere con ossa di volatili ancora in situ. Davanti si definisce un apprestamento particolare presumibilmente legato al sacrificio
(spartizione delle carni dell'animale sacrificato sulla terrazza inferiore e offerta del sangue fatto colare nei bothroi): una base modanata di un'ara separa una vasca rettangolare da tre piccole vasche quadrate, tutte con pareti intonacate e dipinte rosso-porpora, significativamente prive di fondo.
Sul lato nord del santuario, infine, un lungo portico intonacato in rosso (scavo 1968), di cui resta - quale elemento decorativo del tetto - un'antefissa a testa silenica, sembra chiudere, in corrispondenza di questo lato, l'area sacra con la funzione di accogliere, all'arrivo, i frequentatori del santuario.
Una successiva e ultima fase edilizia (entro la seconda metà del III sec. a.C.) comporta l'estensione verso sud del santuario, con la realizzazione (secondo una tecnica muraria caratteristica con corsi di tegole piane alternati a filari di pietre e ciottoli) di una serie di vani di cui uno probabilmente scoperto e l'altro, più piccolo e dotato di tetto, con notevoli tracce di combustione. Questa parte del complesso corrisponde ad una serie di nuovi ambienti posti sulla terrazza inferiore, sempre verso sud. A tale momento costruttivo è infine da ascrivere la realizzazione, nella parte inferiore del santuario, di una strada acciottolata, collegata all'altare e al sacello, che corre in senso est/ovest, innalza il piano di calpestio e sembra annullare, obliterandola, la scalinata di raccordo tra le due terrazze, costituendo una sorta di accesso a scivolo alla terrazza superiore del santuario.
Sulla terrazza inferiore, l'elemento centrale del culto è costituito dal piccolo sacello che ospitava il signum bronzeo di Eracle, figura dominante nell'ambito del santuario, di cui restano i due principali attributi: la clava e la leontè. All'interno erano inoltre deposti un uovo in bronzo, un kantharos anch'esso bronzeo e due statuette femminili in terracotta di cui una di dea seduta in trono e l'altra rappresentante una figura femminile con leprotto portato al petto; queste ultime sembrano costituire un significativo accenno ad un probabile culto femminile. Accanto a numerose basi di thymiateria, l'iterazione di louteria in miniatura allude, infine, alla centralità delle acque nel culto.
Particolarmente significativi, per la forte carica simbolica, sono alcuni ex-voto miniaturistici: il gruppo bronzeo ryballos strigile si riconnette all'attività agonistica e alla paideia; le punte di freccia alludono alla caccia; le lance al mondo militare; la scure e il falcetto alla capacità di produrre lavoro agricolo. L'uovo, infine, simbolo per eccellenza di rigenerazione e rinascita, sembra tutelare particolari "riti di passaggio".
Gli elementi in nostro possesso rimandano pertanto sul piano mitico e rituale ad occupazioni tipicamente giovanili, quali atletismo, caccia, seduzione, frequentazione dell'extraurbano, legate all'universo sociale e religioso degli efebi. Ciò sembra dunque alludere ad attività e a comportamenti rituali, svolti all'interno del santuario, attraverso i quali i giovani lucani giungono ad una "formazione politica" che segna la transizione dall'età infantile a quella adulta. I giovinetti entrano in tal modo a far parte a tutti gli effetti della comunità politica lucana, basata soprattutto sui valori militari: essi aderiscono al complesso ideale civile della paideia, acquisiscono lo status guerriero, dimostrano la capacità di gestire l'oikos, l'unità produttiva agricola sulla quale si basa l'economia e l'organizzazione della società lucana.
Garante di tali riti iniziatici appare Eracle, l'eroe-dio per eccellenza, che in alcuni santuari della Grecia sembra presiedere le cerimonie legate al "passaggio" dei fanciulli all'età adulta.
L'area sacra di Armento sembra riproporre, in aggiunta, quei caratteri distintivi, legati allo scambio, che contribuiscono a definire i santuari di Eracle, spesso sedi di fiere e mercati, in area centro-italica. Il culto di Eracle, infatti, è strettamente connesso con l'attività pastorale e sembra ripercorrere, attraverso l'Italia, gli itinerari della transumanza seguendo le tracce dei pastori, i quali lo praticano per salvaguardare i propri averi, ossia gli armenti talvolta per si, ricercati e, nei racconti mitici, ritrovati dall'astuzia e dalla forza dell'eroe. Lungo questa "strada di Eracle" molti luoghi sacri dedicati all'eroe erano strettamente connessi alle acque o a sorgenti talvolta termali; proprio in relazione alle acque guaritrici e dissetanti che scaturiscono dalla terra gli erano attribuiti gli epiteti Salutaris o Salutifer.
Anche il santuario lucano di Armento si sviluppa in prossimità di una sorgente e in stretta relazione con un punto strategico di snodo degli itinerari della transumanza a medio e lungo raggio tra i pascoli estivi dell'appennino lucano e quelli invernali della costa ionica. L'area sacra sorge infatti presso il raccordo tra l'arteria che da Metaponto ed Herakleia risaliva l'Agri fino a Grumento e i percorsi che dalla Lucania centro-orientale (alta valle del Bradano) portavano verso occidente; essa si identificava forse con un luogo di raccolta degli armenti, in grado di offrire ai pastores approvvigionamento di acqua e rifornimento di cibo.
È probabile inoltre che lungo l'itinerario che dalla costa ionica risaliva l'Agri venisse trasportato insieme alle altre merci anche il sale, bene prezioso soprattutto nei territori della Lucania interna che fin dall'età del Bronzo si erano andati specializzando nell'economia dell'allevamento del bestiame e nella trasformazione dei prodotti della pastorizia. Il sale, prodotto sulla costa ionica nelle famose saline di Taranto (Plin. N. H. XXXI, 73, 80, 85), è infatti di primaria importanza nel trattamento e nella conservazione delle carni e spesso appare in stretta connessione con il culto di Eracle.
Si potrebbe dunque concludere osservando che la particolarità e il rilievo del santuario sono sottolineati da diversi elementi. Da un lato, come già accennato in precedenza, dal dispiego di notevoli risorse economiche nell'edificazione delle strutture terrazzate che sembrano essere una rielaborazione locale di modelli ellenistici provenienti dal mondo greco e adottati, sempre nel corso del III secolo a.C., nei complessi santuariali di area centro-italica; dall'altro, dall'attestazione, nel sacello, del simulacro bronzeo di Eracle, di una probabile seconda statua accanto all'altare e, infine, di tutti gli ex-voto in bronzo. I due aspetti permettono di ipotizzare una committenza di alto livello sociale nell'ambito della comunità lucana in grado di rivolgersi a maestranze certamente non locali di notevole spessore organizzativo e tecnico (per il programma edilizio) e di grande capacità artigianale sotto il profilo toreutico (per i signa ahenea e per gli ex-voto bronzei).
In ultima analisi, il luogo di culto, sorto in posizione strategica in rapporto agli itinerari della transumanza e alla viabilità in generale, si pone quale punto di riferimento politico a carattere cantonale per i centri indigeni di tutto il territorio circostante in un momento particolarmente delicato per l'intera area. La monumentalizzazione del santuario si colloca in effetti nel corso del III sec. a.C., quando la presenza di Roma in Lucania si fa particolarmente incalzante e l'organizzazione territoriale lucana nella Val d'Agri attraversa un periodo di profonde trasformazioni. Ciò induce a ritenere che alla pressione romana l'aristocrazia dominante lucana ha opposto una forte resistenza culturale, basata soprattutto sulla religione tradizionale con la conseguente risistemazione dell'area sacra e il rafforzamento del culto indigeno. In questo caso, accanto alle innovazioni di natura monumentale (impianto a terrazze) è ben visibile la persistenza di alcuni elementi tipici del culto indigeno (come il piccolo naiskos, il louterion), riproponendo un contesto sacro in linea con la religione tradizionale cui l'aristocrazia indigena nella fase critica della romanizzazione si rivolge con particolare devozione.
Gli scavi sistematici nel santuario di Armento sono tuttora in corso: parte delle strutture emerse saranno in breve tempo rese fruibili al pubblico con l a creazione di un parco archeologico. Esso costituirà una tappa importante lungo un itinerario storico-archeologico che dalla costa ionica (con le colonie greche di Metaponto e Policoro) risale lungo la Val d'Agri, toccando i centri di S. Maria d'Anglona, S. Arcangelo, Aliano, fino al museo e al parco archeologico di Grumento.


Testo di Alfonsina Russo Tagliente
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1996

Autore: Alfonsina Russo Tagliente

 

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