INDICE

Avanti >>

.

SAN ROCCO DA MONTPELLIER: LA VITA E LA DEVOZIONE

Secondo una diffusa interpretazione etimologica, non suffragata dall'opinione dei linguisti, il suo nome significherebbe "rosso" . Di questo colore sono infatti la sua barba ed i capelli, generalmente ondulati e ricadenti sulla schiena, come si evince da molti dipinti o statue più o meno celebri, comprese quelle in gesso che troviamo nelle nicchie delle cappene. E' riconoscibile altresì per la statura poco sopra la media, il volto minuto e rotondo, gli occhi grandi, il naso regolare, le dita lunghe e affusolate.

Per quanto concerne l'abbigliamento, lo vediamo indossare un cappello a larghe falde, che lo ripara dalla pioggia e dal sole, un mantello a mezza gamba, detto proprio "sanrocchino" o "sarrocchino", e, per poggiarsi, il bordone, ossia un lungo bastone a cui è appesa una zucca contenente l'acqua, che viene invece attinta con una grossa conchiglia marina appesa al petto. Sotto il mantello, e precisamente in cintola,pende un rosario dai grossi grani.

Una siffatta descrizione si addice perfettamente a questa figura di santo definito, per eccellenza, il pellegrino.

Della vita di questo personaggio si hanno, in realtà, notizie frammentarie non sempre attendibili, in quanto mescolate ad altre di carattere leggendario, che contribuiscono a darle comunque un'impronta epica. Ciò non va in alcun modo a discapito della rilevanza spirituale assunta dal santo. Al secolo XIV° risalgono la sua nascita e la stessa morte, che alcune biografie, come quella di Francesco Diedo, fanno coincidere rispettivamente con gli anni 1295 e 1327, altre con un periodo posteriore poiché si pensa che non esistono tracce di culto prima del secolo XV° e che un incontro con il papa a Roma, a cui talvolta si accenna, non abbia potuto aver luogo prima del 1367.

Come riporta la "Bibliotheca Sanctorum", Agostino Fliche racchiude l'esistenza del santo nell'arco degli anni 1350-1378, poichè è solo allora che esercitava alte funzioni nel governo la sua famiglia, quella dei Rog di Montpellier. Il cognome Rog sarebbe stato scambiato per il nome di battesimo e trasformato in Rocco durante la permanenza del santo in Italia. Il nome Rocco, tuttavia risulta inserito nell'onomastica medievale, perciò é preesistente al periodo di tempo preso in considerazione dal Fliche.

Tentiamo allora di ricostruire l'affascinante itinerario di viaggio del Nostro, servendoci di notizie attinte da varie fonti. Dopo aver perduto entrambi i genitori, Giovanni e Libera Rog, morti a breve distanza l'uno dall'altra, Rocco viene accolto in casa dallo zio Bartolomeo, il quale lo indirizza agli studi medici ed alla frequentazione dei Canonici regolari e della Chiesa della Madonna delle Tavole, situata nella sua città. Sulla scia di S. Francesco d'Assisi, di cui si dice fosse diventato terziario, rinuncia al patrimonio ereditato per distribuirlo agli indigenti del posto, così come rifiuta la nomina a Console di Montpellier, assunta successivamente dallo zio. Da quando Bonifacio VIII ha indetto il I° solenne Giubileo, numerose schiere di pellegrini e salmodianti attraversano l'Europa per visitarne i più famosi santuari. Rocco si accoda ad essi con l'intento di raggiungere Roma, non trascurando però tappe altrettando significative.

In territorio francese si ferma dapprima ad Arles, terza città dell'impero romano, poi a Tarascona, dove prega sulla tomba di Santa Marta, custodita nell'omonima chiesa; infine ad Aix, dove é situata una grotta consacrata alle penitenze di Santa Maria Maddalena, la cui testa é conservata nella chiesa di S. Massimino. Attraversando la Costa Azzurra Rocco si reca in Riviera di Ponente e Toscana, dove gli giungono le prime notizie della peste che devasta l'Europa e in particolare l'Italia. L'esercizio ascetico di Rocco termina allorquando, giunto ad Acquapendente, alle porte di Roma, di fronte allo spettacolo disumano provocato dagli effetti del morbo, si muove a compassione verso le sue vittime, decidendo di donarsi completamente ad esse. Si reca perciò all'ospedale del luogo, divenuto ormai un lazzaretto, per offrire aiuto. E' da questo momento che, grazie all'intervento divino, affiorano in Rocco doti taumaturgiche inusitate. Con un semplice segno di croce sulla fronte di ogni appestato ed una formula esorcizzante ( "Dio ti distrugga fin dalle radici, ti strappi, ti faccia allontanare dalle cose che possiedi e ti cancelli dalla terra dei viventi in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen" ), il giovane pellegrino permette agli sventurati di riconquistare la salute del corpo e dell'anima. Il suo destino risulta ormai segnato: egli è il guaritore degli appestati. Cesena, Rimini e la Romagna in genere sono i luoghi in cui sosta successivamente per prestare la sua opera soccorritrice. Segue una visita alla tomba di S. Francesco d'Assisi e poi l'agognato ingresso nella città santa, di cui, bacia la terra seguendo l'esempio dei Romei che l'hanno preceduto. Anche la capitale è minacciata dal contagio, si suppone a causa dell'abbandono delle fogne; così, tappa indispensabile divengono ospedali e ricoveri di fortuna. Al S. Spirito Rocco fa la conoscenza di un cardinale, uno dei pochi rimasti a Roma, visto il trasferimento della sede papale ad Avignone. Guarito, egli accoglie, il pellegrino nella propria residenza, permettendogli di trattenersi a Roma circa tre anni, dopo i quali riprende la via della sofferenza, risalendo l'Italia.

Una volta a Parrna gli giunge notizia della peste a Piacenza, città soggetta a quarantena. Nella chiesa di S. Anna dei Servi di Maria si conserva un dipinto raffigurante una visione della Madonna che si presume Rocco ebbe mentre pregava nella stessa chiesa. Il frequente contatto con gli appestati non può esimerlo dal contrarre egli stesso il morbo. La narrazione dei fatti presenta, a questo punto, due versioni nettamente contrastanti: alcuni sostengono che Rocco, con la gamba lacerata da una piaga, si rifugia in riva al Po, nella zona adiacente Piacenza, abbandonandosi alla volontà di Dio. Attinge acqua da una polla, sfamandosi con il cibo che un cane randagio,presente in quasi tutte le raffigurazioni del santo, gli procura. Secondo altri, Rocco si ferma in una località chiamata Sarrnato, presso il fiume Trebbia, trovando riparo in una modesta capanna nascosta in un boschetto. Un cane da caccia, di proprietà di un nobile abitante della zona, scopre il rifugio in cui Rocco, nonostante le atroci sofferenze, lo accoglie. Da allora la bestia lo raggiunge ogni giorno portandogli un pezzo di pane per sfamarlo. Accade, a un certo punto, che il padrone, un certo Cottardo Pallastrelli, segue le tracce del fido animale, risalendo alla verità. Presta così il dovuto soccorso allo sconosciuto, in cambio di parole talmente confortanti da assicurargli non la salute del corpo ma quella dello spirito. Convertito al cristianesimo e assumendo come uniche virtù la povertà e la carità verso il prossimo, Cottardo diviene uno dei primi discepoli di Rocco, nonchè l'artefìce della sua completa guarigione. Perfettamente ristabilito, e lasciandosi dietro la fama di santo, il nostro viandante prosegue il suo viaggio verso le regioni oppresse dall'epidemia; si reca perciò a Novara e ad Angera, sul lago Maggiore, dietro indicazione del cardinale di Roma conosciuto al S.Spirito.

Varca i confini dell'Italia e ritorna nella terra d'origine dove il quadro politico è sconvolto dalle lotte civili e dalla persistente minaccia del re di Francia verso il re di Majorca, a cui intende sottrarre il feudo. Si immmagina quindi il clima di diffidenza che circonda gli stranieri in arrivo in città. Rocco, irriconoscibile nel volto, emaciato per la malattia,vestito di pochi stracci consunti, viene sorpreso all'uscita di una chiesa ed arrestato da alcune guardie, a cui rifiuta di dire il proprio nome. Neanche lo zio Bartolomeo Rog, ancora governatore, lo riconosce, e lo condanna al carcere fino a che non sarà scoperta la sua incerta identità. Il codice Belfaziano riporta l'episodio di un angelo che reca conforto al santo durante i suoi cinque anni di prigionia. Lo stesso codice, poi riferisce che sotto il capo di Rocco, dopo il suo decesso, viene rinvenuta una tavoletta su cui sono scolpite le parole: " coloro che, colpiti dalla peste ricorreranno all'intercessione del beato Rocco prediletto da Dio, ne saranno immediatamente liberati ". La tradizione vuole che le campane della città suonassero a festa quando, spalancatasi la porta della angusta cella, apparve ai presenti il corpo esanime di Rocco, il cui volto palesava serenità. I funerali furono celebrati, sempre secondo la leggenda, dal vescovo della città, mentre lo zio Bartolomeo si impegnò a fargli erigere nella vicina Megnalone una cappella funeraria per riparare all'errore commesso. Nel "Martirologio Romano", che lo annovera tra i suoi santi prendendo atto delle varie testimonianze a riguardo, si attesta che la morte di Rocco avvenne il giorno 16 Agosto e che lo si iniziò a commemorare a partire dal 1440.

Autore: Prof. Antonia Zuccarella

 

[ Home ]  [Scrivici]