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STIGLIANO - LA BASILICATA SETTECENTESCA NELL'ITINERARIO DI GIUSEPPE ANTONINI, BARONE DI S. BIASE

Giuseppe Antonini, barone di S. Biase (1683-1765) è l'autore di un'opera pubblicata a Napoli nel 1745 col titolo La Lucania seguita da una seconda edizione undici anni dopo ma con la stessa data della prima. L'A. suddivide la trattazione in Discorsi circoscritti ad aree individuate generalmente dai bacini dei fiumi. La maggior parte del contenuto è preso dalle rievocazioni storiche tratte da documenti di archivio, fonti numismatiche ed epigrafiche di cui l'A. sembra debitore all'opera inedita di Luca Mandelli, autore alla fine del '600 di una Lucania sconosciuta, così come Costantino Gatta che pubblicò nel 1723. una storia della Lucania di cui l'A. fa menzione con una certa stizza nei così in cui, come per Potenza e Corleto (Corleto Perticara) gli pare che il Gatta abbia già detto tutto; così nel primo caso "avendo lungamente scritto il S. Gatta nelle sue memorie ha tolto a noi la briga di dire altro" e nei secondo "avendo scritto F. 347 non lascia luogo di dire altro". Se per Potenza se la sbriga, con Matera se la cava col dire che essendo già nota l'importanza della città non vale la pena dedicarle ulteriore spazio. L'intento di fondo sembra quindi quello di far conoscere soprattutto i centri 'minori' della regione, portando alla luce di ogni località trattata qualche particolarità che la potesse caratterizzare fosse essa storica, economica, etnica, ambientale, e climatica in poche espressioni stringate che rappresentano, se vogliamo, il lato dilettevole di un'opera con la quale si voleva fare essenzialmente sfoggio di erudizione. Innanzitutto l'importanza dei centri abitati è in proporzione del numero di monasteri, chiese e palazzi; Si dà anche notizia delle possibilità produttive del suolo circostante sia per l'agricoltura che per il pascolo da cui dipende la qualità dei formaggi, sui quali l'A. spesso esprime i suoi giudizi di gusto. Ma vediamo da vicino questi itinerari lucani con l'avvertenza che ci limiteremo all'area regionale attuale mentre l'A., sulle orme della tradizione precedente, estende la sua trattazione alla Lucania nei confini, assai più estesi, dell'età antica.
Cominciando pertanto dal Discorso sul Sinni l'A., evidenziata l'importanza dell'abbazia di Basiliani greci di Carbone, segnala le frane di Calvera "paese più di ogni altro cretoso onde la terra giorno per giorno s'abbassa e cade giù con evidente pericolo di casma". Di Tursi insieme con la prosperità ed industriosità dei suoi abitanti ricorda gli aromi del suo ameno e fertile circondario "tutto coverto di rosmarini, di timo e di serpillo onde il miele è odorosissimo ed i formaggi di ottima qualità". Rapidi i cenni dedicati ai resti degli insediamenti greci della costa, interpretati come "spessi vestigi di antichissime fabbriche" visti dentro il bosco di Policoro presso il quale anticamente sorgeva Eraclea. Su terreni ferocissimi ma abbandonati dall'uomo affiorano per ampio tratto "avanzi di ruine, ma senza che ci abbia mai veduta cosa riguardevole". osservazione che si trova anche altrove e la dice lunga sul modo di concepire l'archeologia tra gli eruditi del Settecento limitata ancora solo agli aspetti più appariscenti o solo curiosi dell'antichità. Passando alla Val d'Agri rileva la posizione climaticamente fredda ed esposta ai venti di Marsico Nuovo, l'abbondanza e la purezza delle acque nonché l'eccellenza dei Formaggi. "Saporose trote e anguille" costituiscono invece il cibo degli abitanti di Saponara (Grumento Nova) a breve distanza dall'antica colonia romana di Grumento. Qui l'A. riconosce "due anfiteatri, uno più grande e l'altro più piccolo d'opera laterizia e gli avanzi di edifizi che l'opera anche laterizia si trovano tutto giorno fra quei vigneti" che costituiscono, a suo dire, la testimonianza più eloquente del suo antico splendore. Inoltre ci riferisce del casuale ritrovamento, oltre "le reliquie grandissime di antiche cose", di enormi quantità di ossa con un pezzo di dente di elefante identificabili con ossa fossili di proboscidati appartenenti ad esemplari dell'elephas antiquus di età preistorica e non di elefanti africani appartenuti ad Annibale come si voleva credere, mentre l'A. riconosce nel toponimo Sarconi di origine greca (da sarx che significa carne) il luogo della carneficina di Cartaginesi narrataci da Livio. Segnalata poi la straordinaria industriosità dei cittadini di Moliterno e il sapore squisito della frutta di Montalbano, osserva come a Viggiano le vigne siano tenute "con tal proprietà che fanno invidia a quelle di Toscana". l'esistenza di "qualche vestigio di antichità" a Marsico Vetere induce l'A. a proporre una probabile identificazione con vestina di Strabone. Stigliano possiede la caratteristica di avere le abitazioni "tutte crepate" a causa degli smottamenti del terreno. Avvicinandosi alla costa e salendo verso il Basento l'A. non può fare a meno di osservare il degrado ambientale che ha reso inabitabili queste aree costiere che godevano fino al medioevo di una relativa prosperità per non dire nell'antichità classica. Di Pisticci si ricorda il tragico evento del febbraio 1697 quando a causa di una intensa nevicata una parte del paese cominciò quasi a sprofondare e circa 600 persone furono seppellite. "Bellissime" sono definite le campagne e piene di cervi "che l'A. testimonia di avere cacciato come pure i beccafichi caccia da lui" più volte goduta" presso Miglionico. Appare particolarmente colpito dal popolo di Ferrandina "civilissimo e ricco" provvisto di "un decorosissimo clero". In Tricarico, un centro decaduto rispetto a due o tre secoli prima come testimoniano palazzi, chiese e mura, l'A. riconosce uno dei "migliori luoghi" della Basilicata grazie alle sue campagne e ai boschi ai quali è possibile allevare maiali, possibilità che l'A. non limitò solo a questa zona ma "per tutta la regione trovano e cerri e faggi e querce con moltissime castagne per farne simil'uso". A suo dire il miglior grano del Regno è prodotto a S. Chirico, località abitata da Albanesi di rito greco. Denominato Saragolla provoca un intenso movimento commerciale verso Salerno. Questa affermazione tuttavia contrasta con quella secondo cui il miglior frumento della Basilicata si ha a Genzano da qui viene che le paste lavorate da quelle moniche sono d'una straordinaria bianchezza e bontà". A Laurenzana, posta su un'altura di cui l'A. riconosce l'intenso dilavamento e conseguenti frane, nasce l'uva della varietà moscata che si conserva in grotte per molti mesi secondo la testimonianza dell'A. che l'avrebbe assaggiata nel mese di maggio.
II discorso sul Bradano di cui l'A. testimonia il totale disseccamento estivo, grazie al quale però fu possibile scoprire un lungo tratto di strada antica, si apre con le modificazioni del letto riconoscibili sul terreno. Alla storia del suo corso si lega la storia del più importante sito archeologico della regione che si trovava sulle sue rive: Metaponto. I resti dell'antica città sono localizzati nei terreni di S. Salvatore e di Torre a Mare; tra le vestigia sparpagliate intorno s'innalzano le "14 colonne ancora in piedi sulla piccola eminenza lontana mezzo miglio dal fiume". L'A. non può fare a meno di osservare lo stridente contrasto tra la vastità dell'area interessata dai resti dell'antica città e lo squallore dell'epoca provocata dall"'area cattivissima" certamente sconosciuta all'epoca dello splendore della città antica. Ma nonostante tutto ciò il nostro subì il fascino di quell'eccezionale panorama di rovine tanto che non poté fare a meno di dedicarsi a ricerche sul campo col fine, di trovare il reperto appagante sotto il profilo estetico o dello straordinario: la delusione è evidente dalle sue parole: "per molte diligenze fatte fra quelle macchie, non m'è riuscito trovarvi cosa riguardevole, sebbene non pochi vestigi d'opera laterizia vi si scorgono: solamente in mezzo d'alcuni cespugli trovai un pezzo di colonna di granito da 5 palmi alta, triangolare". Quello che sembrava finalmente costituire con la sua 'unicità' un premio per l'appassionata ricerca del barone si rivela qualcosa di già conosciuto per cui si resta indifferente: "mi ricordai dell'altra, che sta in uno dei portici di Pesto, sicché non era cosa così strana e rara".
Da questa espressione si vede bene sotto quale ottica ('uomo colto del Settecento si ponesse con quelle che si chiamavano anticaglie. Non è poi molto tempo che l'archeologia ha cominciato a dare importanza a quegli aspetti ritenuti meno 'nobili' di essa tutta presa com'era dalla ricerca dei 'pezzi artisticamente più significativi. L'area di Metaponto proprio perché spopolata ha costituito uno dei pochi siti archeologici rimasti 'intatti'. Paradossalmente la malaria l'ha salvaguardata fintanto che nel dopoguerra l'arrivo del DDT e dei trattori muniti di aratri devastanti ha letteralmente massacrato quell'immensa distesa di rovine di superficie insignificanti agli occhi del barone di S. Biase e di cui lamentiamola perdita. Lasciata Metaponto, attraverso Bernalda arriva a Montescaglioso col suo celebre monastero dei Benedettini con "vaste e belle campagne altissime per la semina d'ogni specie di frumento e sopra ogni cosa a meraviglia riesce la bombagia". Ma la migliore qualità di questa, a detta sempre dello stesso A., si trova a Pomarico "la migliore della Basilicata". Attraverso Montepeloso (Irsina) roccaforte della presenza bizantina nella regione e Genzano coi suoi eccezionali grani, l'A. arriva ad Acerenza con il suo panorama definito "la più bella veduta dei mondo" . Ma la più curiosa, originale e caratteristica riconosciuta dall'A. ai centri d'ella Basilicata credo che sia quella attribuita ad Avigliano paese "freddissimo" ma coi formaggi migliori del Regno grazie alle sue "donne generalmente bellissime e d'una riguardevole statura" il cui colorito chiaro appare esaltato dal loro abito tradizionale di panno nero. inoltre vi si trova una razza di buoi rinomati per la loro bellezza e forza. Di Potenza è caratteristico l'inverno freddo e l'esposizione ai venti ma ha terreni adatti al pascolo ed i suoi formaggi sono di "squisita qualità". Nel concludere l'itinerario l'A. ricorda una cava di marmo a Picerno "terra posta in bel sito ed abitata molto bene" mentre i centri più interni come Baragiano e la Bella sono caratterizzati da "freddo sensibile" nell'inverno. Alla luce delle osservazioni qui sintetizzate mi pare che al barone di S. Biase vada riconosciuto il merito di aver cercato di porre all'attenzione del suo tempo alcuni valori storico-ambientali della Basilicata con un fine senso di osservazione volto a cogliere la peculiarità dei siti ritenuti più significativi e per molti dei quali si era assistito a sicuro declino: il necessario recupero delle memorie del passato si unisce poi con un quadro ambientale multiforme che offre della Basilicata un'immagine di gradevole varietà.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1994

Autore: Testo di Giangiacomo Panessa

 

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