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IL MUSEO DOMENICO RIDOLA E LA RICERCA NEL MATERANO

Il Museo nazionale archeologico "Domenico Ridola" nasce ufficialmente il 9 febbraio 1911.
E uno dei pochi musei italiani istituiti con una legge approvata dal Parlamento nazionale e voluta dal suo fondatore. L'ormai settantenne onorevole, orgogliosamente consapevole dell'importanza delle sue ricerche e dei materiali da lui raccolti per la conoscenza della preistoria e della storia del Materano e dell'Italia Meridionale, confermato in questa opinione dal giudizio degli studiosi di archeologia italiani e stranieri più illustri dell'epoca, volle infatti che la sua istituzione, ritenuta importante dal mondo della cultura, fosse riconosciuta tale anche dalla massima istituzione politica del Regno italiano.
Pochi mesi dopo l'approvazione della legge istitutiva, il 23 ottobre dello stesso anno, il Comune di Matera deliberò la cessione perpetua e gratuita allo Stato dell'ex convento annesso alla Chiesa di Santa Chiara affinché gli importanti reperti raccolti dal Ridola avessero una sistemazione più adeguata di quanto consentissero le quattro stanze messe a disposizione nell'ambito del Regio Liceo "Emanuele Duni".
L'originaria sede museale è stata successivamente ampliata con la donazione di piccoli vani prospicienti Via Ridola ed ebbe il giardino "...delimitato da muro di cinta per la integrità e sicurezza dell'Istituto medesimo...".
Fino al 1951 si susseguirono poi le numerose delibere comunali relative alle varie cessioni grazie alle quali il museo raggiunse le dimensioni precedenti gli ampliamenti costruiti exnovo a partire dalla metà degli anni '50. Grazie all'aiuto di preziosi collaboratori come il Sig. Michele Bruno, che fu insieme custode, restauratore, fotografo, ed il Prof. Enrico Mele, che eseguì rilievi di aree di scavo e disegni di reperti, i materiali archeologici furono sistemati in ordine cronologico in vetrine di legno prive di illuminazione interna, disposte nel lungo corridoio dell'ex convento, legati in gran parte con spago o filo di ferro su cartoni recanti, scritte a mano, le indicazioni relative ai luoghi di rinvenimento. I dati di scavo, corredati a volte da schizzi e grafici eseguiti dal Ridola stesso con straordinaria precisione, erano annotati su bigliettini di carta che, in assenza di ulteriore documentazione, ancora adesso sono l'unica fonte di informazione in merito a rinvenimenti mai resi noti con la pubblicazione. Le didascalie a corredo dei materiali esposti erano scritte con vivo senso del risparmio e con grafia minuta sul retro di biglietti da visita e cartoncini e spesso i nomi delle località erano decorati con deliziosi disegni acquerellati.
Nonostante fossero predominanti i reperti di età pre-protostorica provenienti dalle ricerche effettuate a Murgia Timone, Serra D'Alto, Tirlecchia, nella Grotta dei Pipistrelli, Timmari ed in varie località, sì da dare al museo la connotazione di "preistorico", la suppellettile raccolta dal Ridola era estremamente varia. Oltre a cospicui reperti archeologici di età storica (ad es. la ricca stipe votiva e le necropoli delle Colline di S. Salvatore e Camposanto di Timmari) nel museo sono confluite collezioni di vario genere: una raccolta di oggetti in legno di arte popolare, armi che le forze dell'ordine sequestravano a briganti e malfattori, campioni di minerali provenienti da varie parti del mondo, frammenti scultorei e di decorazioni architettoniche rinvenuti negli scavi effettuati sulla Civita di Matera in occasione della costruzione del nuovo Seminario, arredi e suppellettili di chiese in rovina. Al Ridola ed al suo museo, unica istituzione pubblica presente sul territorio lucano oltre il Museo provinciale di Potenza, veniva portato non solo da Matera e dal territorio circostante, ma talvolta anche dai vicini centri pugliesi di Laterza, Ginosa, Altamura, tutto ciò che si rinveniva e si reputava degno di essere conservato e custodito. Egli stesso effettuò scambi di materiali archeologici con altri musei italiani, ad es. il Pigorini di Roma, acquistò reperti ceramici di età micenea in Grecia, raccolse calchi in gesso degli strumenti litici rinvenuti nelle più importanti località preistoriche allora conosciute in Italia, curò l'allestimento di una sezione paleontologica. Dotò il museo di una biblioteca in cui, oltre alle riviste specifiche del settore archeologico, confluirono successivamente in dono preziose raccolte private dette "Lascito Giordano" e "Fondo Gattini". Curò anche la divulgazione delle più importanti scoperte in campo paletnologico su riviste specializzate, da solo ed insieme con il prof. Q. Quagliati.
Questa la ricca eredità consegnata da Domenico Ridola a Matera quando un anno dopo la sua morte, il 1 luglio 1933, fu inviata a dirigere il Regio Museo la dr.ssa Eleonora Bracco.
Con il suo arrivo il museo cominciò a svolgere il ruolo di istituzione pubblica volta alla ricerca, alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio archeologico non solo di Matera e del suo territorio comunale, ma di una vasta area della provincia. Coadiuvata dal prof. Emanuele Masciandaro, che ha curato l'elaborazione della ricca e preziosa documentazione grafica di tutti gli scavi e dei materiali rinvenuti, ha effettuato durante i ventotto anni di direzione del museo importanti indagini a Matera, a Montescaglioso, a Calle di Tricarico, a Timmari.
Negli anni '47-'53-'57 con moderno rigore scientifico ha diretto e documentato vari scavi di vasto respiro a Montescaglioso in occasione della costruzione di abitazioni private e degli edifici per la scuola elementare e di avviamento arricchendo il museo di preziosi corredi funerari che hanno documentato le varie fasi di vita in età storica di quel vasto insediamento antico sottostante l'attuale centro abitato.
A Matera, pur non trascurando i rinvenimenti di varie epoche che venivano alla luce nell'ambito dell'area urbana, ha focalizzato la sua attenzione sulla necropoli alto-medioevale di Piazza San Francesco scavata negli anni 1947 e 1951.
Scavando prima e pubblicando poi i rinvenimenti di Calle di Tricarico ha affrontato per prima in Italia meridionale lo studio dell'età tardo romana ed altomedioevale.
Mostrando profondità di cultura e vastità di interessi pubblicò nel 1961 il volumetto "Arte di pastori" illustrato dal prof. Ugo Annona: una prosa meditata, raffinata, pensosa delinea il millenario mondo dei pastori, esalta la nobiltà di chi ha tramandato la sua sapienza di vita incidendo nel legno di oggetti nati per la quotidiana esistenza, immagini evocate e trasfigurate dalla fantasia, plasmate da una secolare capacità di sintesi formale.
L'aumento delle collezioni archeologiche dovuto alle intense e proficue ricerche richiedeva ormai spazi espositivi più ampi: per questo intorno alla metà degli anni '50 il Genio Civile di Matera costruì il grande e luminoso salone aperto sul lato sinistro del lungo corridoio conventuale ed il museo fu dotato di vetrine più ampie con illuminazione interna.
Trasferitasi a Roma nel 1961 la dott.ssa Bracco, la direzione del Museo Ridola da quella data fino al 1967 fu affidata al prof. Felice Gino Lo Porto che avviò un sistematico lavoro di catalogazione, sistemazione e pubblicazione di tutto il materiale esistente nei depositi, divenuto ormai ingente, e soprattutto dei materiali preistorici rinvenuti dal Ridola.
Intanto l'istituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata affidata nel 1964 al prof. Dinu Adamesteanu, oltre a dare un notevole impulso alla ricerca archeologica sul territorio regionale, determinò anche decisivi interventi relativi alla struttura museale materana.
In aggiunta alle opere di straordinaria manutenzione, nel 1967 fu avviato un grande processo di ampliamento finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno, elaborato dall'ing. Piergiorgio Corazza e dall'arch. Vincenzo Baldoni, grazie al quale furono più che raddoppiate le superfici espositive già esistenti con l'aggiunta di due grandi saloni di nuova costruzione disposti su due piani, paralleli alla struttura conventuale.
Nell'ottobre 1976 il museo ampliato fu inaugurato contestualmente alla pubblicazione di una guida che presentava al vasto pubblico scientifico italiano ed internazionale le importanti collezioni del museo riordinate dalla dr.ssa Elena Lattanzi, direttrice a Matera dal 1973 al 1978 e poi Soprintendente della Basilicata fino all'agosto del 1981.
Superati i vecchi criteri espositivi volti a mettere in mostra le collezioni da cui ha preso origine il museo, il nuovo allestimento rese possibile la lettura della storia di Matera e del territorio attraverso una rigorosa selezione dei materiali acquisiti in vari decenni di scavi e ricerche, la predisposizione di un vasto apparato didascalico e soprattutto un meditato ordinamento topografico.
Museo topografico, quindi, non più esposizione di una collezione. Infatti, le ricerche avviate dal prof. Adamesteanu avevano determinato una svolta importante grazie all'uso della foto aerea: la conoscenza dell'orografia era la chiave interpretativa dell'origine e dello sviluppo dei centri antichi della Basilicata tutta e quindi anche del Materano.
Nelle due nuove sale espositive, chiamate "Valle del Bradano" e "Valle del Basento", in moderne vetrine corredate di didascalie, pannelli dattiloscritti e quadri luminosi contenenti foto aeree si leggeva la vicenda cronologica e la specificità culturale dei vari centri abitati sorti sulle alture dominanti le vallate fluviali percorse ininterrottamente fin dalla Preistoria da genti e merci.
Il salone costruito nel 1955 fu riservato ai rinvenimenti di età storica di Matera e del grande centro abitato antico di Timmari, la sua stipe votiva e le necropoli.
Venne anche allestita, come espressione tangibile di affettuosa gratitudine, la sala dedicata a Domenico Ridola. In una stanza conservata intatta con il suo arredo originario, i documenti esposti nelle vecchie vetrine raccontano la vita e l'opera intelligente di un uomo che ha saputo con pazienza ed amore scrivere una pagina non certo secondaria della storia di Matera e della Lucania tutta.
Nel decennio appena trascorso e tuttora l'attività di ricerca e tutela dell'Istituto museale è intensa e sistematica, imposta spesso dalle profonde trasformazioni agricole e dalle espansioni edilizie che interessano il territorio materano ed i suoi centri abitati, condotta in collaborazione con studiosi ed istituti italiani e stranieri, purtroppo condizionata dalla limitatezza estrema dei finanziamenti a disposizione.
L'esplorazione estensiva e continua dell'abitato di Camposanto e San Salvatore a Timmari avviata nel 1968 dal Prof. Adamesteanu in collaborazione con il Prof. U. Rúdiger e continuata dalla Dott.ssa Lattanzi nel decennio '70, oltre a chiarire le varie fasi di occupazione della collina ha portato al recupero di parte della vasta necropoli e di 7 tombe principesche una delle quali, la n. 33, rinvenuta intatta con il suo splendido corredo.
Quasi quotidiani sono gli interventi di scavo a Montescaglioso: nell'abitato sono state recuperate le necropoli di S. Antuono, Belvedere e, da ultime, le tombe "emergenti" dell'Abbazia Sant'Angelo; a Difesa San Biagio con lo scavo sistematico si continua a sottrarre al depredamento le ricche necropoli dell'abitato antico.
È stato avviato un vasto progetto di scavo e valorizzazione del ricco patrimonio archeologico di Tricarico: la città ellenistico-romana di Piano della Civita rivela un crescente interesse scientifico per la presenza nell'area dell'acropoli di un tempietto ed un edificio pubblico di età romana repubblicana, unici finora nella Basilicata interna; la città lucana fortificata di Serra del Cedro ha fornito importanti dati relativi alla sua vita svoltasi fra il VI ed il IV-III sec. a. C.; la villa romana tardo imperiale di Sant'Agata ha mostrato il perdurare della struttura produttiva della villa-fattoria a partire dal IV sec. a. C..
Il villaggio neolitico di Trasano, da anni indagato in collaborazione con l'Università di Pisa ed il CNR francese, ha offerto importantissimi risultati relativi alla varie fasi del neolitico materano.
Proficue campagne di scavo sono state effettuate a San Mauro Forte, Garaguso, Monte Irsi, Croccia Cognato.
Nell'ambito dell'area urbana di Matera importanti interventi di scavo sono stati condotti a San Nicola dei Greci dove è stato rinvenuto uno scarico di preziose ceramiche geometriche di VIII-VII-VI sec. a. C. e a Piazza San Francesco dove è stata completata l'esplorazione della necropoli altomedioevale parzialmente scavata dalla dott.ssa Bracco.
Il Museo si è arricchito di recente, nel 1990, di una pregevole collezione privata di monumentali vasi italioti a figure rosse acquistata dallo Stato che costituirà insieme con altri reperti una sezione dedicata alla produzione vascolare magno-greca di V e IV sec. a. C..
È stata così acquisita in quest'ultimo decennio un enorme quantità di materiali archeologici di altissimo e intrinseco valore scientifico che ha reso del tutto insufficienti non solo le superfici espositive, ma soprattutto i depositi. Si è resa poi evidente una grave carenza di spazi destinati a tutte quelle attività che il museo deve svolgere, finora ricavati in modo inadeguato ed insufficiente nell'ambito dell'edificio storico: laboratori per il restauro e la documentazione, ambienti di lavoro per la catalogazione, spazi per le esigenze amministrative di un Ufficio da cui dipende la tutela di 13 Comuni della provincia di Matera, per la divulgazione e la didattica.
La struttura architettonica monumentale inserita in un lembo di tessuto urbano denso e ricco di edifici e monumenti, la constatazione che oggi al museo si chiede in modo più pressante che in passato di essere un luogo privilegiato di formazione della cultura attraverso la conoscenza, la necessità di utilizzare i più moderni mezzi di comunicazione per facilitare la comprensione e la lettura dei dati storici forniti dalla ricerca archeologica e stimolare un rapporto più vivo e dinamico tra l'istituzione museale ed i destinatari dei suoi servizi, soprattutto i giovani e la scuola, sono le idee portanti alla base del noto progetto di ampliamento del "Ridola" inserito nel FIO '85 "Matera-Cultura".
L'inserimento del museo in un progetto dal titolo significativo, articolato in 5 segmenti, riflette una realtà già da tempo operante: il Museo Ridola dopo l'istituzione in Basilicata negli anni ' 70 degli altri Uffici periferici del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali (Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, ai Beni Ambientali ed Architettonici, ai Beni Archivistici) non è più l'unica istituzione pubblica presente a Matera istituzionalmente delegata a tutelare l'immenso e differenziato patrimonio culturale della città e del territorio, che è un museo archeologico. Questa specificità lungi dal costituire una limitazione in un momento in cui la ricerca, la tutela e la conservazione devono servirsi di conoscenze e tecnologie specialistiche, valorizza, a ben pensare, la funzione che il museo deve per il futuro svolgere, rispettandone nel contempo l'originaria finalità sottolineata dalla legge istitutiva.
L'edificio a quattro piani di nuova costruzione inaugurato l'8 ottobre '91, pur essendo solo parte dell'intero progetto, permette di sistemare in nuovi magazzini finalmente capienti, protetti e razionalmente attrezzati con nuove scaffalature, i materiali accumulatisi in oltre cento anni fino ad ora sistemati in modo del tutto inadeguato nei locali dell'edificio storico al piano terra che, una volta liberi e ristrutturati, diventeranno anch'essi superficie espositiva.
In questo nuovo fabbricato, il piano terra è riservato ai laboratori in cui vengono svolte le varie fasi di lavorazione sui materiali archeologici: smistamento, restauro, documentazione grafica e fotografica, catalogazione; il primo piano ospiterà la sezione della ceramografia magnogreca, il secondo piano sarà uno spazio riservato alle mostre che verranno allestite di continuo per presentare i risultati delle ricerche sul terreno. Sarà possibile anche ospitare manifestazioni non esclusivamente limitate al settore archeologico.
Negli anni '80 il museo è stato chiuso al pubblico per lunghi periodi: prima i danni causati dal sisma del 23/11/80 e poi la necessità di adeguare l'impiantistica alle norme di legge vigenti in materia di sicurezza degli edifici pubblici hanno determinato imponenti lavori di consolidamento statico e di ristrutturazione in tutto l'edificio storico inaugurato il 1975.
Per lunghi anni i materiali archeologici dei magazzini, delle esposizioni e degli scavi in corso sono stati più volte spostati, le attività dei laboratori, la divulgazione dei risultati delle ricerche, la documentazione e la catalogazione hanno subìto rallentamenti.
Ultimati i lavori, entro la fine del 1992 tutte le superfici espositive, riallestite, saranno riaperte al pubblico.
Se l'esposizione relativa alle età storiche presentata al pubblico nel 1975 rifletteva l'impostazione metodologica della ricerca scientifica avviata da Adamesteanu sottolineando la stretta relazione tra i fiumi Bradano e Basento, le loro vallate e gli insediamenti urbani sorti e sviluppatisi sulle alture e sui crinali, il nuovo piano espositivo permetterà di valutare appieno la lungimirante validità della formula seguita attraverso la fruizione dei preziosi materiali rinvenuti grazie alle esplorazioni effettuate.
Il Museo Ridola inoltre, inserito nel piano museale lucano, sarà ancor più visibilmente che in passato un'istituzione legata oltre che alla città di Matera al territorio che ad essa fa riferimento individuato dal medio corso dei fiumi Bradano-Basento-CavoneSalandrella.
Il distretto territoriale apulo-lucano lungo l'asse Bradanico, il comprensorio della montagna materana con i suoi centri fortificati saranno le aree culturalmente omogenee individuate dall'indagine archeologica presenti nel nuovo allestimento.
Il lungo corridoio del convento riservato alla Preistoria si presenterà sostanzialmente invariato rispetto al precedente allestimento; vi troveranno però posto i materiali relativi ai recenti scavi di Tirlecchia e Trasano. La grande sala costruita negli anni '50 che avrà il nome della dott.ssa Bracco sarà riservata tutta ai rinvenimenti di Timmari di cui si presenteranno oltre che la già nota stipe votiva, i preziosi corredi tombali rinvenuti di recente ed i materiali relativi all'abitato. Nella sala già detta "Valle del Bradano" continueranno ad essere esposti i materiali archeologici provenienti da Miglionico, Monte Irsi, Irsina, privilegiando i reperti acquisiti con le nuove ricerche non ancora presentati al pubblico, ma sarà riservato ampio spazio alle ricche e vaste necropoli di Montescaglioso esplorate di recente.
La sala Ridola rimarrà invariata nel suo allestimento e nella sua denominazione.
Al piano inferiore, nella sala chiamata "Valle del Basento" saranno esposti i materiali provenienti dai siti archeologici dell'area della Basilicata interna individuata dal medio corso dei fiumi Basento e Cavone-Salandrella, caratterizzata dai primi rilievi montuosi dell'Appennino Lucano. È questa l'area in cui si addensano le città fortificate lucane: Croccia Cognato, Garaguso, Serra del Cedro e Piano della Civita di Tricarico. Particolare risalto sarà dato agli importanti dati topografici e storici della città di Civita di Tricarico.
Il lungo corridoio a piano terra sarà dedicato alla necropoli aristocratica dell'Abbazia di S. Angelo di Montescaglioso.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1996"

Autore: Testo di Maria Giuseppina Canosa

 

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