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IL SACCO DI LAURIA

Da "LA BASILICATA" di F. Di Sanzo - (primi del '900)

All'avanzarsi delle truppe francesi, gli insorti di Calabria vollero opporre la loro resistenza nel luogo che essi ritenevano il più adatto, presso Lauria, dove più facilmente avrebbero potuto avere anche gli aiuti delle truppe inglesi, che voci infondate asserivano essere, sui loro vascelli nel vicino porto di Maratea.

LA strada fu sbarrata con tronchi d'albero, travi, pietre, macigni, quasi alle porte di Lauria, presso il ponte che le truppe francesi dovevano obbligatoriamente attraversare per giungere in Calabria.

Il generale Massena, informato di questi preparativi, fermò le sue truppe al "Crestone della Seta", tre chilometri lontano da Lauria, e di la mandò dodici dragoni ad ordinare lo sgombro immediato del ponte.

I dragoni furono ricevuti a colpi di fucili, e due soli di essi, che trovarono scampo nella fuga, giunsero feriti e sanguinanti al campo francese per informare il generale dell'accoglienza ricevuta.

Massena, irritatissimo, ordinò l'assalto ed il sacco della città.

I ribelli opposero la più disperata resistenza, della quale è traccia in una lettera del generale francese de Montigny Turpin: "la massa degli insorti armati di fucile, è addossata ai muri; altri sono ai terrazzi ed alle finestre ed altri dietro i macigni. Il generale (Gardan) avanza; granatieri e fanti procedono sotto un nembo di fuoco fino alla barricata. I primi a giungere cadono ed altri li sostituiscono; la strada è ingombra di cadaveri".

Sfondato l'ostacolo sulla strada, le truppe francesi entrarono nella città, dove più accanita si svolse la lotta.

I ribelli sparavano dai balconi, dalle finestre, dai tetti, mentre nella chiesa di San Nicola giungevano lugubri e sinistri i rintocchi della campana, che una donna animosa, Angela Perrone, suonava a stormo per incoraggiare i combattenti.

I quali, alla fine, scoraggiati, feriti, privi di munizioni, cedettero alla prevalenza del numero e delle armi, mentre gli assalitori, ebbri di sangue e di furore, entravano nelle case, devastando, uccidendo, depredando.

Un bambino, Luigi Alagia, fu tolto alle braccia della madre e, preso sulla punta di una baionetta, fu gettato lontano in un cespuglio. Raccolto semivivo il giorno appresso, fu curato e salvato.

Un'altra madre infelice, rifugiatasi col figlio sotto un ponte, dovè raccogliere in grembo il capo della sua creatura fracassato con un colpo di fucile, mentre, a poca distanza dal paese, si levavano nel cielo le fiamme degli incendi che avvolgevano le case, la chiesa di San Nicola e il Convento dei Francescani.



Tratto da: "LA BASILICATA" di F. Di Sanzo - (primi del '900)

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