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GLI OSSERVANTI A TRICARICO TRA STORIA MUNICIPALE E RELIGIOSA - SECC. XV-XVI

1. Il materiale lapideo recuperato nel corso delle opere di consolidamento e restauro della chiesa di Sant'Antonio di Padova di Tricarico - annessa all'omonimo convento fondato dai Frati Minori dell'Osservanza sul finire del secolo XV - gravemente danneggiata dal terremoto del 23 novembre 1980, assieme ad una serie di fonti scritte venute alla luce durante recenti rivisitazioni d'archivio, consentono di disporre di elementi validi per ricostruire le fasi iniziali di questa comunità francescana lucana e della costruzione del suo monastero.
I lavori di restauro, conclusisi il 12 giugno 1993 con la riapertura al culto dell'edificio, alla presenza del vescovo di Tricarico Francesco Zerrillo e di un grande concorso di fedeli, furono condotti con metodo scientifico dal Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Basilicata (1 ) e con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Regione che, in quella circostanza, rafforzò la sua attenzione verso quel patrimonio storico-artistico prodotto dalla famiglia francescana durante la sua plurisecolare presenza in Basilicata (2 ). Nel corso del restauro della chiesa, notevole e determinante fu pure l'apporto di Pancrazio Toscano, sindaco di Tricarico all'epoca del sisma, al fine di recuperare e valorizzare ogni testimonianza utile per studiare scientificamente le fasi evolutive dell'edificio e cogliere quei legami tra le maestranze che operarono localmente ed il contesto delle produzioni extralocali, specie pugliesi.
Gli interventi hanno permesso la definizione di una cripta sottostante al vano della chiesa e ad essa cronologicamente antecedente, il ripristino delle strutture originarie di quest'ultima, tra cui l'antico rosone sulla facciata e sul bel portale in pietra, proveniente da botteghe di lapicidi "catalani" (3); il ritrovamento di varie pitture murarie e numerosi elementi architettonici lapidei ornanti l'altare della confraternita di Santa Maria del Rosario, ivi eretta nel 1574, nonché lo stemma attribuibile al cardinale Oliviero Carafa, che fu commendatario della Chiesa tricaricese dal 24 aprile 1510 per circa un quinquennio (4) . Va infine ricordato il ripristino sui capitelli della chiesa, della successione dei quattrocenteschi stemmi della storica casata dei Sanseverino, conti di Tricarico e principi di Bisignano, corrispondenti all'epoca di Geronimo e di Berardino (5), il primo dei quali era stato il principale promotore della fondazione di questo convento dell'Osservanza, al quale anche il figlio Berardino avrebbe, peraltro, fornito il suo contributo attraverso quella forma di mecenatismo tipica del tempo, in cui l'espressione della religiosità del principe s'intrecciava con l'affermazione del suo potere politico.
La sistemazione del pavimento ha, inoltre, posto in luce le sepolture ipogee, opportunamente conservate ed il ritrovamento di tre-quattromila scheletri - poi interrati nel cimitero del paese - assieme alle pietre tombali che chiudevano i sepolcri dei frati e di varie famiglie dell'aristocrazia locale, tra cui i Castellani (6). È andata, invece, irrimediabilmente perduta per incauti interventi precedenti al restauro, una significativa quanto rara traccia della presenza albanese nella cittadina d'inizio Cinquecento.
Si tratta della sepoltura, segnalata agli inizi del nostro secolo sulla parete sinistra della chiesa, entrando, del nobile Giovanni Mattes, condottiero di 300 stradioti albanesi, al servizio del re d'Austria, di sua moglie Porfida Mosaccia Scanderberg e del loro figlio (7) .
L'insieme di questi ritrovamenti lapidei sollecitano, dunque, la costituzione di un lapidario che valorizzi queste testimonianze e favorisca quegli approfondimenti e quei chiarimenti sui problemi aperti, che caratterizzano ogni restauro scientificamente condotto.
Del resto, le vicissitudini del convento di Sant'Antonio di Padova sono illuminanti per definire i termini della questione: soppresso in esecuzione della Legge del 17 febbraio 1861, risultava ancora abitato da 18 frati mendicanti - incuranti delle disposizioni governative - in una struttura valutata in buono stato di conservazione nel momento in cui con Legge del 7 luglio 1866 si giudicava conveniente scioglierlo subito per "motivi politici"(8) .
Incamerato dallo Stato, subì un lungo periodo di abbandono e di degrado, terminato nei primi decenni del '900, allorquando l'Amministrazione Comunale lo affidò al vescovo Raffaello delle Nocche e divenne la sede di due istituzioni tutt'oggi esistenti, la Casa Madre delle Discepole di Gesù Eucaristico (1923) e la casa di riposo per anziani e poveri del paese "Pia Opera di Sant'Antonio", fondata nel 1926 da don Pancrazio Toscano (9) . Gli antichi edifici monastici, in quella circostanza, subirono delle ristrutturazioni sulla base di contribuzioni volontarie del popolo tricaricese, sollecitate dal benemerito sacerdote (10) .
2. La fondazione del convento tricaricese coincise con gli anni burrascosi della storia del Mezzogiorno d'Italia con cui terminava il Medioevo, mentre il Regno di Napoli, conclusasi la dominazione aragonese, si trasformava in un Viceregno e cadeva nell'orbita spagnuola. Le vicende politiche di Tricarico, sede di una delle più antiche ed importanti contee dello Stato dei Sanseverino, subito dopo la congiura dei baroni, furono contrassegnate da un periodo regio e dal breve infeudamento della città a Giovanni Borgia, duca di Gandia (1494) (11 ); in seguito al trattato di Granada (1506), si ebbe il ritorno degli antichi feudatari con la reintegrazione di Berardino principe di Bisignano in tutti i suoi feudi (12) .
Il lungo periodo di pace che aveva segnato la parte centrale del Quattrocento, caratterizzato dalla politica filocittadina e di riorganizzazione del Regno attuata dagli Aragonesi, nonché dall'incremento e dalla valorizzazione dell'economia signorile, avevano stimolato a Tricarico - come nel resto del Mezzogiorno - una positiva evoluzione del panorama sociale ed economico ed anche una significativa crescita demografica facendone, con i suoi 572 fuochi, uno dei più popolosi centri della provincia (13). L'Università aveva rafforzato le sue prerogative ed esteso le sue autonomie amministrativo-giudiziarie nei confronti del potere feudale e monarchico, attraverso una serie di privilegi che avevano dato agli Statuti cittadini maggiore consistenza ed organicità; valorizzando le risorse agro-pastorali del territorio, ridefinendo il sistema di esazione delle gabelle e regolamentando le fiere e i mercati periodici detti nundine, la città di Tricarico andava rafforzando la sua funzione di centro di produzione e di commercializzazione sia rispetto all'hinterland, che al circuito dello Stato signorile di cui, tra l'altro, rappresentava pure un rilevante referente burocratico-amministrativo (14). Sono documentati per questo periodo anche rapporti economici con altre aree d'Italia, attraverso compravendite di grano tra Tricarico e Pisa (15).
In un simile contesto, aveva assunto un grande rilievo anche la presenza, documentata tra il 1452 e il 1512, di una nutrita ed intraprendente comunità ebraica, che aveva fatto di Tricarico uno dei maggiori centri giudaici della Basilicata aragonese. La funzione di intermediario economico-culturale che la caratterizzò, si espresse attraverso il commercio dei preziosi ed il sostegno che le sue attività bancarie assicurarono all'economia locale, nonché mediante la trasmissione di conoscenze mediche e filosofiche assunte, com'è noto, dal mondo arabo, nell'ambiente culturale laico e religioso già di tono elevato, che aveva sempre caratterizzato la cittadina. Pur non mancando episodi di conflittualità e di tensione tra la giudecca di Tricarico ed il potere civile e vescovile per rivendicazioni di natura fiscale e religiosa - basti pensare alla controversia con il vescovo Scipione Cicinello per il discusso ampliamento della loro sinagoga (16) - la convivenza con i giudei come pure con gli albanesi - qui attestati al soldo delle armate dei Sanseverino e che sul finire del '500 avrebbero costituito un nucleo di 26 fuochi (17) - dovettero creare nella cittadina tricaricese quel clima fortemente stimolante, che caratterizza sempre l'incontro tra differenti culture (18).
È in questo contesto economico-culturale che si inserisce la fondazione della comunità degli Osservanti, innestandosi su una consolidata preesistente spiritualità, derivante dall'essere Tricarico il centro di una Diocesi di antica origine, caratterizzato già da altre presenze religiose come quella dei Gerosolimitani, facenti capo alla grancia della SS. Trinità di Tricarico (19) , nonché dall'Abbazia di Santa Maria de Pendino (20) e da ben due altri monasteri francescani, risalenti ai primi decenni del '300, quello di Santa Chiara e quello di San Francesco d'Assisi il quale ultimo, in seguito alla scissione dell'Ordine, sarebbe rimasto ai Conventuali (21) . La cittadina, dunque, avrebbe goduto fino alle leggi eversive, della contemporanea presenza dei Conventuali e degli Osservanti. Ad essi si sarebbero aggiunti pure i Cappuccini con il convento di Santa Maria delle Grazie, fondato tra il 1574 e il 1575 con la compartecipazione dell'università di Tricarico, del principe (Niccolò Berardino) e delle "elemosine di particulari" (22) , al pari di quanto era avvenuto già per quello degli Osservanti. L'incisività dell'apostolato minoritico aveva trovato, peraltro, a Tricarico nel 1448 un'ulteriore testimonianza in un gruppo di frati minori del Terzo Ordine collegato alla chiesa di San Nicola, che godettero di concessioni elargite dal vescovo di Tricarico Onofrio di Santa Croce (23) .
3. Le fonti scritte fanno risalire la fondazione del convento di Sant'Antonio di Padova al 27 settembre 1479, anno in cui Sisto IV emanava da Roma la bolla "Sincere devotionis affectus", con destinatario Nicola Solimene, vescovo di Venosa; ne era motivo la supplica di Geronimo Sanseverino, conte di Tricarico e principe di Bisignano che, animato da profonda religiosità e da riverente ossequio per i Frati Minori dell'Osservanza, desiderava costruire per loro, che non avevano ancora una dimora nella città, un convento con l'annessa chiesa, nella speranza che le forme del loro apostolato, espresse nella "laudabili vita,conversatione, Divinorum assidua celebratione, praedicatione verbi Dei, monitionibus, consiliis, et audientiis confessionum", fossero di beneficio agli abitanti di Tricarico (24). La bolla, inoltre, concedeva al Principe la facoltà di erigerlo dentro o fuori le mura cittadine e, secundum more dicti Ordinis, scegliendone il sito assieme al Commissario della provincia di Basilicata e costruendolo "cum ecclesia, campanili humili, campana, cimiterio, claustro, dormitorio,refectorio, portis, hortalitys, et aliis necessarijs officiis" (25). Il principe Geronimo "manum statim admovit operi, perfecitque cito sub sancti Antonii de Padua invocatione" e la fabbrica del complesso conventuale, i cui lavori furono presenziati da padre Bonifacio da Moscufo, commissario dei Frati Minori di Basilicata, fu completata in poco più di dieci anni con il finanziamento dello stesso principe e di altri cittadini, che per questo beneficiarono di particolari indulgenze concesse dalla Sede Apostolica (26) . In particolare, per la costruzione della chiesa il principe Geronimo aveva messo a disposizione un suo terreno, ricordato come la "vigna della Corte", ovvero della Principal Corte (27) .
Di questa partecipazione comunitaria alla costruzione di un convento che, in ottemperanza al breve pontificio "Significasti nuper" (7 aprile 1479) doveva essere "accettato" dai Frati Minori dell'Osservanza, e che venne concluso ufficialmente il 1491, fa fede l'insegna cittadina ancor oggi presente sul portale del convento e la sua epigrafe: "Hoc opus fieri fecit comunitas Tricarici. Anno Domini 1491" (28).
La città dovette dunque presentare quelle prerogative - la generosità del principe e dei cittadini facoltosi, la disponibilità dell'Università e l'agiatezza diffusa che avrebbe garantito il sostentamento dei frati, la centralità topografica, un'accettabile percorribilità viaria del territorio che, facilitandone i collegamento col resto della provincia e con la Puglia, la rendeva meno isolata degli altri centri lucani - che favorirono la fondazione del convento e, soprattutto il suo mantenimento nel tempo (29). I primi venti frati che lo abitarono, continuarono a godere della generosità di quel principe munifico che fu Geronimo Sanseverino, figlio di Luca, alla cui morte era subentrato nel governo del suo potente Stato feudale con il titolo di 7° conte di Tricarico, conte di Altomonte, Chiaromonte e Corigliano, 4° duca di San Marco e 2° principe di Bisignano (30). I beni detenuti da questi frati, negli anni seguenti alla fondazione sarebbero stati oggetto di severa difesa da parte del Pontefice (31), mentre nel 1580 il vescovo Antonio Capriolo avrebbe emanato una concessione concernente la loro chiesa (32).
I lavori della fabbrica del convento si protrassero, comunque, anche nei primi decenni del '500, sempre ispirati ad una forte compartecipazione tra istituzioni religiose, civili, signorili, aristocratiche e videro in primo piano la potente famiglia dei Corsuto, a cominciare da Mattiace II che, al momento della morte (1510) era procuratore di questo monastero, oltre che procuratore principale del Principe e governatore della città, "per ordine de li quali faceva fare li lamie di l'inclaustri di Sant'Antonio, havendone lui cura di detta fabbrica".(33) .
Va poi ricordato fra Paolo Corsuto, figura emblematica di tutto quel travagliato movimento di riforma che predicava il ritorno all'osservanza della primitiva e più rigorosa Regola francescana, che si sarebbe concluso nel 1517 con la divisione dei Minori in Conventuali ed Osservanti.
Tale movimento, che in Basilicata espresse negli anni 1430-1446 i suoi momenti di più convulso contrasto ed incomprensione tra Conventuali ed Osservanti, i quali non volendo la divisione dell'Ordine premevano per l'attuazione della riforma, si diffuse poi con molta intensità fin dal 1472. La fondazione del convento di Sant'Antonio di Padova avvenne, dunque, a Tricarico sull'onda di questa entusiastica adesione allo spirito dell'Osservanza e prima ancora che si istituisse la Provincia francescana o Vicaria di Basilicata (1484) (34). Questo cenacolo di religiosità tricaricese visse, pertanto, una stagione storica di protagonismo anche attraverso la personalità spiritualmente determinata e fortemente organizzativa di fra Paolo ( õ 1534), dottore in Teologia, che fu padre superiore e prelato dei Frati Minori dell'Osservanza, nel cui ambito per oltre venti anni ricoprì cariche prestigiose: fin dal 1512 fu per due volte in otto anni Ministro della Provincia di Basilicata, per i successivi sei Commissario generale dell'Ordine dell'Osservanza nel Regno di Napoli e per gli otto seguenti rivestì la carica di Commissario generale d'Italia dello stesso Ordine. I legami col convento di Tricarico rimasero sempre intensi da parte di questo frate dell'Ordine di S. Francesco "osservantino" che: "(...) fu di tanto gravità e esperienza, che papa Clemente VII li voleva bene e nel tempo primo deli ordinationi di Natale fu chiamato da sua Santità per darli remuneratione di suoi fatiche patiti per la religione e piacque al Signore, arrivato fu in la Roma detto padre, sua Santità si morse e tornatosi subito detto padre in Tricarico nell'istesso anno puro esso finì la vita sua in santa gloria, lasciando detta famiglia Corsuti pieni di dolore, essendo perso per noi uno tanto padre. Questo padre era molto affectionato del principe Pietro Antonio Sanseverino e lo proponeva in ogni dignità e havendo ornato la chiesa di Sant'Antonio di Padua di Tricarico e molti altri lochi di la Provincia con paramenti, come si vede in Tricarico da li armi di la famiglia Corsuti, quali tutti forno fatti da esso il tabernacolo con il digito di Santa Caterina havutolo dal Monte Sinai e molti calici e altre argenterie" (35) .
4. Fonti iconografiche (36) e fonti scritte cinquecentesche ci illuminano sul sito extra moenia della contrada di San Barbato ove venne eretto il convento, in un habitat caratterizzato da vigne e "vignali", orti e "giardini" ossia frutteti, che: "Incomincia dal ponte della Fontana, e dal predetto ponte della Fontana predetta discendendo verso borea per il curso d'acqua di Sant'Antonio ferisce alle iungitore dell'acque di Sant'Antonio, e dalle fontane predette, e dalla predetta iungitora oriente, ferisce alla fontana, dove era a quel tempo, che hoggi è la botte della predetta fontana reedificata sopra lo ponte, e dalla predetta fontana un poco descendendo, ferisce allo ponte predetto, e conclude con il primo fine"(37).
Nei pressi del complesso monastico, al di qua e al di là del vallone del torrente Milo che separava la contrada di San Barbato dall'abitato fortificato con possenti mura di cinta, si innalzavano le chiese di Santa Maria dei Martiri con l'ospedale e di Sant'Antonio di Vienna, la chiesa diruta di San Barbato, le chiesette di San Leonardo e di Santa Maria Maddalena; negli ultimi decenni del '500 era tutto un pulsare di vita agro-pastorale e commercial-artigianale con la calcara, le consarie e le cosarie de' coramini, le numerose fornaci de' vasari, i mulini, utilizzanti le acque sorgive che alimentavano a loro volta le pubbliche fontane e il lavatoio; fiere e mercati nel periodo 1-15 ottobre (nundine di San Francesco) e 12-27 giugno (nundine di Sant'Antonio) sul Piano dell'acque caminando verso borea per la via publica della calcara, ferisce al Vallone dello Piano di Taccolara, e dallo predetto vallone per lo vallone vallone sagliendo verso occidente, ferisce alla via publica, per la quale si va da Potenza a Tricarico, e dalla predetta via publica transversando verso mezo giorno, ferisce alla chiesa di San Barbato, e dalla predetta via discendendo per la via via verso demaniale di Sant'Antonio, ove l'Università permetteva pure il pascolo dei piccoli armenti e degli animali da soma. Si trattava di un vero quartiere extramurale che, mediante la sua intricata viabilità dipartentesi da Porta del Monte, da Porta della Fontana e da Porta della Rabata - comprendente pure la "via vecchia, che andava per avanti la porta di Sant'Antonio"- e diramantesi verso le contrade dell'agro, percorsa da greggi e da mandrie, favoriva il vitale interscambio tra la città e la campagna, come testimonia questa ulteriore descrizione:
"La chiesa di Sant'Antonio di Padua è fondata nella vigna della Corte, sopra il giardino di detta Corte, nel qual giardino antiquitus fu fondata la chiesa di Santa Maria delli Martiri con l'hospidale, e il detto giardino comprendeva di terreno, che era della predetta Corte videlicet: da oriente confinava con l'horti di iudice Andriace Corsuto, che oggi è quello proprio dietro la fontana, che lo possedevano l'heredi di Scipione Corsuto, verso borea cola via publica, che si va da Tricarico alla fontana, che è quella che va hoggi da la Porta del Monte, e per la fontana che all'hora non vi era detta via alla fontana vecchia, dove hoggi è la botte della fontana di sotto, che fu fatta ultimamente nova sotto li celzi, e alli fornace, e detta via per li chiaciti di San Barbato ad alto, e verso occidente feresce, e confinava detto giardino con la predetta fontana, che è la botte predetta, e verso mezo giorno confina cola vigna della Corte, quale hoggi (resta) del giardino del monastero, e il restante è edificata la chiesa, e monastero di Sant'Antonio. Il piano di Sant'Antonio confinando sopra la fontana vecchia ove è la botte vi è la vigna comprata da Berardino Cecire con tre altri vignali reddititij a San Giorgio in certo vino musto, che hoggi l'Università ni paga a detta chiesa, et al rettore di essa due tarì e tutto il detto piano confinando sempre con la strada grande, che va a San Barbato e verso occidente, e mezo giorno cole vigne di Giovanni di Sforza, e Geronimo Valletta si comprende, e tiene per pascuo, e per la fera di Sant'Antonio e ancora il piano avanti Santa Maria delli Martiri insino alla fontana vecchia, e si serva tutto per demanio della città."(38).
La chiesa degli Osservanti, referente della più genuina spiritualità francescana in un simile contesto, si dotò proprio in quegli ultimi decenni del Cinquecento di un imponente altare in tufo bianco "cum diversis figuris ex opere elevate de Testamento Veteri", cui faceva capo una confraternita post-tridentina, come ci descrive il vescovo Giovan Battista Santonio negli Acta della visita pastorale del 1588 (39) (Cfr. Appendice documentaria).
Anche nella realizzazione di quest'opera, in piena epoca tridentina, ritroviamo il riflesso di quella tradizione di compartecipazione ampiamente diffusa, peraltro, nella Basilicata dei secoli XV-XVI, attraverso i tre stemmi che corredavano la cappella stessa, quello dei Sanseverino di Bisignano, quello dell'Università di Tricarico ed un terzo per il quale si può ipotizzare l'attribuzione a Goffredo Zotta (40).
Il convento di Sant'Antonio di Padova di Tricarico, dunque, assieme a quelli di Miglionico, Tursi, Pietrapertosa, Stigliano, Viggiano e "S. Maria di Orsoleo", all'epoca del Commissariato e prima ancora che si istituisse la Provincia dei Frati Minori dell'Osservanza di Basilicata, rappresentò l'avanguardia nel processo di diffusione delle presenze minoritiche, che si concentrarono nell'area sud-orientale della regione.
Nell'ambito del travagliato dibattito interno al Francescanesimo, sarebbe stato poi concesso nel 1593 e per un breve lasso di tempo ai Riformati (41) . Questa testimonianza della religiosità del popolo di Tricarico e del suo forte legame con i Frati Minori si sarebbe consolidata nel secolo XVI, allorquando espandendosi l'Osservanza, verso le nuove aree di irradiazione centro e centro-occidentali della provincia, il numero dei suoi conventi avrebbe raggiunto - secondo il Wadding - la sua punta massima nel 1587 con ben 28 centri, che avrebbero permesso alla Basilicata di allinearsi alla media delle altre Province minoritiche d'Italia (42) .

Note

1 Essi furono diretti dall'ing. Saverio Riccardi, con la collaborazione del geom. Giuseppe Pentasuglia ed il coordinamento nei restauri da parte degli ingegneri Antonio Bruno Zagaria, Sergio Fittipaldi, Mario Martorano, e condotti su progetto redatto dall'Ufficio operativo di Matera del Provveditorato alle Opere Pubbliche di Basilicata. L'opera, realizzata dall'Impresa C. C. P. L. - Consorzio Cooperative di Produzione e Lavoro di Reggio Emilia, attraverso la consociata cooperativa di produzione e lavoro "Alternativa Coop. a r. l." di Miglionico (Mt), beneficiò delle provvidenze della Legge 14/5/1981, n. 219. Va rilevata la grande sensibilità ed il pieno coinvolgimento delle maestranze nell'eseguire con scrupolo ogni fase dell'intervento.
2 Tale Soprintendenza, con la partecipazione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici e di quella Archivistica della Basilicata, nonché degli Archivi di Stato di Matera e di Potenza, ne aveva già avviato l'indagine con particolare riferimento alle complesse relazioni tra studio delle fonti e dei movimenti spirituali del Francescanesimo ed analisi delle fabbriche, MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, Insediamenti francescani in Basilicata. Un repertorio per la conoscenza, tutela e conservazione, voll. 1-2, Matera 1988. Per la scheda relativa al convento tricaricese in esame e alle pregevoli pitture del suo chiostro, Ivi, pp. 248-255.
3 A. GRELLE IUSCO (a cura di), Arte in Basilicata. Rinvenimenti e restauri, Ministero per i beni culturali e ambientali, Soprintendenza per i beni artistici e storici della Basilicata, Matera, Roma 1981, p. 61; si Cfr. anche A. RESTUCCI, Itinerari per La Basilicata, Roma 1981, p. 239.
4 Italia Sacra sive de episcopis Italiae, et insularum adjacentium. Tomus Septimus. Auctore Ferdinando Ughello, Venetiis, apud Sebastianum Coleti, MDCCXXI, coll. 155. Sullo stesso si Cfr. pure Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni. Opera del canonico Giuseppe Cappelletti veneziano, vol. XX, Venezia 1866, p. 486.
5 Della complessa bibliografia su questa famiglia di origine normanna, tra le più illustri del Regno di Napoli, il nostro riferimento è a quella concernente il ramo che interessò la contea di Tricarico nei secoli XV-XVI: tra le fonti narrative si Cfr. G. GATTA, Memorie topografico-storiche della provincia di Lucania colla serie genealogica dei serenissimi principi di Salerno e di Bisignano dell'illustre famiglia Sanseverino, Napoli MDCCXXXII, pp. 184-206; tra quelle di inquadramento generale e dei genealogisti, si Cfr. V. SPRETI, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano 1928-36, pp. 104-110 e G. MARESCA, I principi di Bisignano, in "Rivista araldica", LIII, 1955, pp. 161-163; tra quelle di tipo archivistico, il riferimento è a R. FILANGIERI, L'archivio dei principi di Bisignano, in "Notizie degli Archivi di Stato", 8, fs. 2-3, 1948, pp. 98-100 e a J. DONSÌ GENTILE (a cura di), Archivio Sanseverino di Bisignano, in ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Archivi privati. Inventario sommario, vol. I, Roma 1967, pp. 1-112.
6 F. VON LOBSTEIN, L'antica città di Tricarico e le sue nobili famiglie, in "Rivista araldica", LXXXVII, 1989, p. 135.
7 V. DE CICCO, Tricarico. Il convento di Sant'Antonio, in "Arte e Storia", XIX, 3, 1900, p. 22. Sulla figura del nobile albanese, figlio di Lazzaro, che fu anche capitano alle dipendenze di Berardino Sanseverino, conte di Tricarico e principe di Bisignano, A. CAMPOLONGO, Lazzaro Mattes fondatore di comunità albanesi, in "Katundi Ynë", XIX, 64, 1988/2.
8 A. LERRA, Chiesa e società nel Mezzogiorno, Venosa 1996, pp. 66-68.
9 P. PERRONE, Raffaello delle Nocche, vescovo di Tricarico, Milano 1990, pp. 158-168.
10 Su questa significativa figura, Cfr. AA. VV., Don Pancrazio Toscano, Matera 1967; A. TOSCANO, Don Pancrazio di Tricarico, Roma 1972; R. MAZZARONE, Don Pancrazio Toscano (12 maggio 1883-18 settembre 1961). Opere compiute e disegni desattesi, in fase di pubblicazione.
11 J. MAZZOLENI, Regesto della cancelleria aragonese di Napoli, Napoli 1951, pp. 115-116.
12 DONSÌ GENTILE, Archivio Sanseverino di Bisignano, cit., p. 16.
13 G. e V. SEBASTIANI, Dati e note storiche sul movimento demografico del Materano nell'ambito generale della Basilicata, Bari 1979, p. 158.
14 ARCHIVIO VESCOVILE DI TRICARICO (A. V. T.), Inventario, seu descrittione, et notamento di tutti beni stabili, mobili, scritture, privileggij (...) della magnifica città di Tricarico (...) per me Ferrante Corsuto tradotto, e cacciato da tutte le scritture dell'Università, (...) per me ordinati, e registrati, secondo in esso si contiene, nell'anno presente del 1585, cc. 1ss. Per un quadro generale dell'epoca, Cfr. E. PONTIERI, Per la storia del Regno di Ferrante I d'Aragona re di Napoli, Napoli 1968, pp. 85ss.
15 MAZZOLENI, Regesto della cancelleria aragonese, cit., p. 5.
16 C. COLAFEMMINA, Documenti per la storia degli ebrei a Tricarico nei secoli XV-XVI, in "Studi Storici Meridionali", III, 1983, pp. 111-126.
17 A. V. T., Inventario, seu descrittione, cit., c. 42.
18 Per una recente significativa sintesi ed una bibliografia ragionata su questo tema, V. VERRASTRO, Una società multietnica nella Basilicata medievale e moderna, in Lucani nel mondo, Basilicata Regione notizie, XI, 1-2, 1998, pp. 199-206.
19 G. ANGELINI, Note sull'Archivio dell'Ordine Gerosolimitano conservato nella Malta National Library, in "Rassegna Storica Lucana", X, 12, 1990, p. 162. La Chiesa di San Giovanni Gierosolimitano, seu Ecclesia della Santissima Trinità di Tricarico è testimoniata anche nella seconda metà del sec. XVI, A.V.T., Inventario, seu descrittione, cit., cc. 6, 13r., 19, 23r., 47r., 53.
20 D. VENDOLA (a cura di), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Apulia-Lucania-Calabria, Città del Vaticano MDCCCCXXXIX, p. 175. La stessa Abbazia è testimoniata ancora nella seconda metà del sec. XVI, A.V.T., Inventario, seu descrittione, cit., cc. 60, 60r., 61, 61r.
21 C. BISCAGLIA, I Minori Conventuali a Tricarico e il complesso monastico di S. Francesco, in "Rassegna Storica Lucana", X, 12, 1990, pp. 79-105.
22 A.V.T., Inventario, seu descrittione, cit., c. 13r. Per questo convento cappuccino, MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, Insediamenti francescani in Basilicata, cit., pp. 255-258.
23 A. V. T., Visitatio illustrissimi et reverendissimi domini Johannis Baptistae Sanctonio, episcopi Tricaricensis. Anno 1588, c. 107r. Per questo vescovo che resse la diocesi di Tricarico negli anni 1448-1471, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, cit., coll. 154-155.
24 Bullarium Franciscanum. Nova Series, III, 617, n. 1220.
25 Ibidem.
26 M. A. BOCHICCHIO, L'origine e lo sviluppo della regolare osservanza francescana in Basilicata. 1472-1593. L'intervento dei vescovi, baroni e popolo, in "Studi Francescani", 74, nn. 1-2, 1977, pp. 30-32.
27 A. V. T., Inventario, seu descrittione, cit., c. 13.
28 L'autenticità di questa testimonianza è attestata in A. V. T., Inventario, seu descrittione, cit., c. 13, ove un'aggiunta marginale al testo del manoscritto reca: "Monasterio di Sant'Antonio è fondato dall'Università nel 1491 e vi è la lapida sopra la porta del monasterio".
29 BOCHICCHIO, op. cit., pp. 48-49.
30 Su questo principe, vittima della sua politica antiaragonese, Cfr. G. PALADINO, Un episodio della congiura dei baroni. La pace di Miglionico. 1485, in "Archivio Storico per le Province Napoletane", S. II, 4, 1918, pp. 44-73 e ss.
31 "Papalis excomunicatio facta a Leone X de anno 1513 contra occultos detentores bonorum ecclesiae Sancti Antonii de Padua Tricaricensis", in A. V. T., Visitatio, cit., c. 109.
32 "Concessio facta Capitulo per rev.mo dominum episcopum Capreolum de ecclesia Sancti Antonii, anno 1580", in A.V.T., Visitatio, cit., c. 108. Su questo vescovo della diocesi di Tricarico negli anni 1554-1585, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, cit., coll. 157.
33 BISCAGLIA, I Corsuto da Tricarico (secc. XIV-XVI), in "Rassegna Storica Lucana", 23, 1996, p. 53.
34 BOCHICCHIO, op. cit., pp. 43-47.
35 BISCAGLIA, I Corsuto da Tricarico, pp. 54-55.
36 " Tricaricum Basilicatae civitas", Tav. 17, in G. BRAUN e F. HOGEMBERG, Theatrum Urbium praecipuarum mundi, liber VI, Colonia 1618.
37 A. V. T., Inventario, seu descrittione, cit., c. 52r.
38 Ivi, cc.13-13r.
39 A. V. T., Visitatio, cit. cc. 229-229r. Su Giovan Battista Santonio, vescovo di Tricarico negli anni 1586-1592, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, cit., coll. 157. Per una visione d'insieme del fenomeno confraternale pre e post tridentino a Tricarico e per la societas in questione, BISCAGLIA, La confraternita di S. Maria del Lettorio e l'ospedale di S. Giovanni della Croce a Tricarico, in "Rassegna Storica Lucana", 21, 1995, pp. 33-36.
40 Egli è attestato a Tricarico nel 1596 quale procuratore di Fulvio Caracciolo di Napoli, che aveva affittato le terre di Calciano, Albano e il feudo di Brindisi, BISCAGLIA, L'archivio privato dei Putignano e degli Armento di Tricarico. Secc. XVI-XIX, Venosa 1994, pp. 68-69.
41 BOCHICCHIO, Conventi e ordini religiosi mendicanti maschili in Basilicata dal XVI al XVII secolo. Vita materiale e rapporti col popolo, in AA. VV., Società e religione in Basilicata, vol. II, Roma 1977, pp. 79-81.
42 BOCHICCHIO, L'origine e lo sviluppo della regolare osservanza, cit., pp. 94-96.

APPENDICE DOCUMENTARIA

"Visitata postea fuit cappella Confraternitatis Sanctae Mariae de Rosario erecta in ecclesia Sancti Antonii de Padua, monacorum Ordinis Minorum Sancti Francisci de Observantia existente in contrata Sancti Barbati super fontem civitatis Tricarici quod est a parte septentionali, et cappella ipsa extat a latere dextero intrando ecclesiam prope portam parvam per quam intratur in conventu, et reperta est satis decenter ornata constructa ex lapide nuncupata tufo bianco cum diversis figuris ex opere elevate de Testamento Veteri et habet duas columnas de simili materia, laboratas per totum opere elevato diversorum foliorum cum suis capitellis decentissime laboribus, et in dicta cappella extat ycona magna cum figuris beatae Mariae Virginis in medio tenentis filium suum in sinu cum diversis aliis idem Sanctorum figuris hinc, et hii nec non circum circa cum figuris quindecim misteriorum rosarii hornatis auro, et econa haec est in tela, et habet cornices ligneas deauratas per totum; extat altare constructum ex lapidibus et calce, et repertum est coopertum tribus tobaliis lineis satis decentis, ac pallio ex tela bambagina cum franciis de simili albis, et duobus candelabris ligneis supra decentibus eo altare huiusmodi satis honorificum, et amplum est, habetque sgabellum ligneum competentem.
Ad perquisitionem de supra facta fuit testificatione quod in eadem cappella erecta est societas personarum laicarum sub invocatione beatae Mariae de Rosario, et in eadem comprehenduntur multi viri, et multae mulieres. Ad altare prefatum fuit dictum que singula prima dominica cuiuslibet mensis ad instantiam confratrum celebratur sacrum cantatum solemniter, et singulo die celebratur etiam sacrum unum ad instantiam Joffredi de Zotta ex terra Calciani, pro qua celebratione singulo anno soluit ducatos novem monacis dicti monasterii Sancti Antonii, et dicto die dominico primo cuiuslibet mensis ad instantiam eorumdem confratrum habetur processio circum circa claustrum monasterii predici; supra cappellam ipsam repertum est baldachinum ex tela turchina pictum diversis stellis, et continue detinetur ibidem et ante dictam iconam adest pannus lineus turchinus ad hoc ut possit suis loco, et tempore longius cooperiri et ipsa ycona et eadem cappella per totum et quia repertum est altare portatile non decens supra dictum altare, propterea idem dictus Visitator mandavit que de cetero cum dicto altari portatili non celebretur, sed de alio magis competenti, et decenti provideatur sub penis iniunctis a canonibus etiam eodem arbitrio reverendissimi domini Episcopi infligentis; quod notificatum fuit monacis ibidem assertum et primibus dicta Confraternitas postea assertum fuit, erecta est ab annis quatordecim circum vel circiter, et fuit iniunctum ac dictum ut ostendat privilegia et citentur Magister, et Gubernator.
Habet habitus ex tela alba longos usque ad tallones cum caputio ad formam mozzette, et pileo albo, cum insigne Rosarii in pectis, quod insigne est corona cum rosa; et habet spoliatorium in dicta ecclesia a parte sinistra intrando, ubi dicti confratres conveniunt et habitus ac alia bona reponuntur; et quia non aderant Gubernator et Magister sed tum sopranominati, et multi monaci di dicto monasterio propterea dictum spoliatorium non fuit visum; sed per dictum Visitatorem fuit decretum que citentur Magister, Gubernator, et confratres ad exhibendum rationem de omnibus que per ipsos confratres geruntur et fiunt ac etiam de omnibus bonis".

ARCHIVIO VESCOVILE DI TRICARICO, Visitatio illustrissimi et reverendissimi domini Johannis Baptistae Sanctonio, episcopi Tricaricensis. Anno 1588, cc. 229-229r.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1998"

Autore: Carmela Biscaglia

 

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