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Le masserie fortificate Aree interne e Metapontino

LE MASSERIE PALAZZO DELL'AREA INTERNA


"MASSERIA DI S. SALVATORE" - BERNALDA (MT)

La masseria, che è posta sulla riva destra del fiume Bradano a pochi chilometri della magno-greca Metaponto, è stata un valido insediamento produttivo, con una destinazione agricolo-residenziale secondo l'orientamento d'epoca (7/'800), finché è appartenuta ai benedettini di Montescaglioso (MT), per poi accusare, con la duplice eversione ottocentesca degli ordini monastici e della feudalità e con la relativa variazione di proprietà (comunale), un crescente ed inesorabile degrado che ancora oggi persiste con un doppio contraccolpo, il fallimento aziendale ed una ormai travolgente fatiscenza strutturale.
Ciò nonostante, la masseria mostra i segni di un glorioso passato, quali l'ampia corte, l'ingresso archivoltato a tutto sesto a mo' di torre con caditoia per la difesa piombante scandito da due lesene bugnate, ed infine la chiesa, a sinistra dell'ingresso, costituita da tre campate in stretta successione, coi tetti spioventi, e con campanile a vela; oltre alla chiesa, nella corte prospettano tutti gli altri ambienti un tempo destinati ai diversi servizi aziendali. Per un abbandono che dura da diversi decenni, come si è già detto, il complesso rurale versa in condizioni precarie che però possono ancora recuperarsi.

"TORRE DI MARE" - BERNALDA (MT)

II complesso di Torredimare, che sorse sul versante occidentale dell'antica Metaponto, la cui area con quella della "Siritide" veniva a comprendere la "Magna Grecia" lucana, non va semplicemente considerato una masseria fortificata, alla stregua delle altre che si attestano nel Materano. Si tratta di una masseria-casale che nel medioevo assurgerà ad una tale importanza strategica, nonché di sviluppo agricolo-commerciale, da progredire al ruolo di "castrum" e. particolarmente, a quello rilevantissimo di "Civitas" o di "Universitas Turris Maris", come si testimonia dagli atti inerenti il Metapontino. La successiva e letale azione della malaria endemica e la peste nel 1656-57 ne faranno quasi un deserto, così innescando un'irreversibile involuzione da florida e rigogliosa "civitas" a borgata pressoché disabitata, come pure un forte degrado del complesso edilizio che, tra l'altro, insieme alle rovine della città greca e del "castrum" romano, diverrà oggetto di saccheggio da parte della popolazione indigena, per ricavarne materiale edilizio.
Persistono ancora, malgrado tutto, alcune strutture superstiti che, non senza una traccia di nostalgia, rinviano all'antico sito fortificato (1) ed alla suo essenziale incidenza territoriale, ormai trascorsa per le vicende umane e sociali su esposte, per l'edacità del tempo e per la barbarie degli uomini; quelle malconce ma interessanti strutture consistono in tre gruppi di caseggiati, individuati nella piccola chiesa di S. Leone, nella taverna e nella caserma dei guardacoste.

1 Negli atti documentari del Metapontino, insieme alle voci di "casale" e di "castrum", si riscontra una terza denominazione: quella di "castellum" che, per qualità e consistenza numerica di apprestamenti difensivo-residenziali, vince le prime due e meglio si conviene al complesso considerato.

BIBLIOGRAFIA

M. TOMMASELLI, Masserie Fortificate del Materano, Editore De Luca - Roma 1986.
L. SAMBI, La casa contadina. Atlante, vol. V, Ed. Einaudi, Torino. 1976.



tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1991

Autore: Testo di Roberto Faggella

 

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