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TRAMUTOLA il paese dei Benedettini

Il paese dei Benedettini pagato con cera e incenso

A Tramutola siamo nel cuore dell’alta Vai d’Agri, e il verde che caratterizza tutta la zona lo si ritrova qui sulle pendici dei monti che circondano il paese, Farnete, Castelli, Manca, Chianello e Monticelio, appartenenti alla piccola catena che divide la Valle del Diano da quella dell’Agri. La sua storia e la posizione giustificano l’attuale impronta di paese orientato soprattutto su un’economia di tipo agricolo e zootecnico.

Tra le infrastrutture sportive è stato creato un centro sportivo polivalente, in località Caranna, con piscina per adulti 21x33 mt. e per bambini con giochi d’acqua, impianto di acquascivolo, bocce, tennis, area giochi attrezzata, bar campo di calcetto.

Le origini di Tramutola non sono molto antiche e si ricollegano alla penetrazione nella zona dei monaci benedettini. NeI 1144, un monaco della grande abbazia campana di Cava dei Tirreni, Giovanni di Marsico, che non aveva dimenticato le sue terre d’origine, convinse il vescovo di Marsico a donare al suo ordine una piccola chiesa dedicata a San Pietro e l’annesso romitorio.

Questi edifici, forse fondati dai basiliani, avevano raggiunto una certa importanza, perché stazione di sosta sulla strada — o sarebbe meglio dire un tratturo — che da Atena Lucana, attraverso Brienza, conduceva a Marsico.

Per rinunciare ai suoi diritti, la diocesi marsicana ottenne una libbra di cera, una d’incenso ed un maiale all’anno. La fama di santità che accompagnava i Benedettini e l’opera di bonifica compiuta in una terra contrassegnata da zone paludose — il nome Tramutola deriva da “terra motola”, cioè ricca d’acqua — contribuirono ad allargare il nucleo abitato.

La cura dei monaci favorì la coltura del gelso e l’allevamento del baco da seta che, con il lino e la canapa e una certa produzione tessile, furono per secoli i pilastri dell’economia locale.

La dipendenza dall’abbazia di Cava consentì alla comunità tramutolese una certa protezione dalle prepotenze che altri paesi subivano da parte dei feudatari “laici”.

L’abate di Cava esercitava il suo governo mediante un vicario, per gli affari ecclesiastici, ed un “bajulo” per tutti gli aspetti fiscali e finanziari. I capi delle famiglie potevano far sentire la loro voce attraverso un parlamento che si radunava due volte all’anno.



Dove sventolò il primo tricolore

Il dominio angioino comportò dei mutamenti a questa condizione “privilegiata”, quando al governo abbaziale subentrò quello dei conti di Celano e dei Sanseverino. Questa parentesi si chiuse nel 1501: in quell’anno per decreto del re Federico III, l’abate di Cava venne reintegrato nei suoi diritti.

Le idee di rinnovamento politico e sociale, caratteristiche della fine dei ‘700 e propagate dai numerosi giovani del paese che studiavano a Napoli, trovarono terreno fertile anche a Tramutola. Fra la popolazione, insieme alle visioni dell’illuminismo, circolarono anche i precetti del credo valdese, portati in questo lembo di Basilicata dai calderai provenienti dalla Calabria.

In una lettera dell’abate Mezzacane troviamo Tramutola definita “una piccola Ginevra”. Non sorprende quindi se la popolazione tramutolese fu tra le prime ad innalzare nel 1799, una volta proclamata la Repubblica Partenopea, I ‘Albero della Libertà.

In seguito alla legge del 1806 sull’eversione della feudalità, l’abbazia di Cava rinunciò a tutti i suoi secolari diritti: veniva quindi meno un legame storico che aveva impresso il suo segno sulle vicende di Tramutola, dal medioevo ai tempi moderni.

Il terremoto del 16 dicembre 1857 causò a Tramutola 180 morti. La lentezza e l’inadeguatezza dei soccorsi aumentò il risentimento della popolazione verso il governo borbonico. E di questo stato d’animo se ne ebbe una prova tre anni dopo, quando Tramutola fu il primo paese lucano a insorgere contro la monarchia napoletana. Il 13 agosto 1860, mentre le voci sull’avanzata di Garibaldi si facevano incalzanti, i patrioti tramutolesi innalzarono il tricolore e proclamarono decaduto il governo dei Borboni.

Le vicende postunitarie furono segnate, naturalmente, dalle due guerre mondiali, ma anche dai tentativi di riscattare Tramutola dagli stentati destini di tanti paesi del Mezzogiorno. A questo proposito vanno ricordate le indagini tecniche e le trivellazioni, condotte nel territorio per sfruttare le riserve di gas naturali e petrolio, che ebbero il loro culmine nel periodo precedente la seconda guerra mondiale.



Da quell’antica fontana il passato non scorre via

Una delle immagini più famose di Tramutola è quella del suo antico lavatoio in pietra, dove le donne, nell’età delle lavatrici, si inginocchiano ancora per lavare i panni: la memoria e la tradizione del paese è conservata anche in questo luogo e da qui si può partire per un giro nel centro storico di Tramutola.

Percorrendo strade strette, sorvegliate da palazzi in pietra, alcuni dei quali ingentiliti da portali decorati con stemmi, si giunge alle due chiese principali del paese. La chiesa Matrice ricorda nella sua dedicazione alla Trinità, uguale a quella della chiesa abbaziale di Cava dei Tirreni, i legami storici di Tramutola con questa “capitale” spirituale dei Benedettini nel meridione d’Italia. Nell’interno si trovano un cinquecentesco polittico di controversa attribuzione, raffigurante la Deposizione e conservato nella cappella del Santissimo Sacramento, ed un coro ligneo del ‘600, proveniente da uno scomparso convento dei Cappuccini.

Di fronte alla chiesa della Trinità si incontra la cappella intitolata alla Madonna del Rosario.

Dopo aver ammirato il pregevole portale in legno, decorato con angeli e altri motivi ornamentali e portato a termine nel 1671 — forse nel primo centenario dell’introduzione del culto della Madonna del Rosario — da Linardo Laraia, si accede nel piccolo interno dove l’attenzione è subito catturata dal grande altare sul fondo. La statua della Vergine ci appare attoniata da riquadri e lunette rappresentanti i 15 misteri del Rosario.



Processione in barca per la Madonna miracolosa

La festa religiosa più solenne è collegata ad un avvenimento miracoloso. La tradizionale processione che si tiene il 17 maggio celebra infatti la Madonna dei Miracoli. In un altro 17 maggio, quello del 1853, la processione venne organizzata per invocare la pioggia, dopo che un periodo di siccità stava compromettendo la fertilità delle campagne. I testimoni presenti quel giorno giurarono di aver visto la statua della Madonna indietreggiare da sola, mentre i portatori “sentivansi sospingere indietro da una virtù sensibile”. Questo fatto si ripetè 5 volte, in 5 punti diversi del paese. Dopo la processione, quando la statua era già stata riposta in chiesa, sul suo petto apparve una fiammella di un acceso color rosso. Il pomeriggio del giorno seguente la pioggia, tanto invocata, fece finalmente la sua comparsa. Da quell’anno il 16, quando le strade del paese ospitano la fiera e il 17 maggio sono per Tramutoia giorni di festa. L’ultima domenica di maggio, ancora nel nome della Madonna dei Miracoli, si svolge una particolare processione. La statua della Madonna è trasportata su una barca di rose, probabilmente a ricordare la devozione degli emigranti che a questo mezzo di trasporto affidavano le loro speranze per un futuro migliore.

Altre festività religiose sono quelle di Sant’Antonio, la domenica successiva il 13 giugno, e di San Rocco il 28 e 29 agosto. Suggestiva è anche la processione per la ricorrenza del Corpus Domini in giugno: il corteo avanza su un tappeto verde, composto di foglie verdi e petali di ginestre, mentre i lati della strada sono ornati con gli alberelli, collocati dagli abitanti dei diversi rioni.


tratto da: Comunità Montana Alto Agri

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