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Tursi tra arte e architettura. Le chiese di Santa Maria Maggiore e San Filippo Neri

Tra i gioielli architettonici, artistici, religiosi del nostro territorio diocesano, degni di menzione sono la Chiesa Collegiata Insigne sotto il titolo di Santa Maria Maggiore, inizialmente Madonna della Cona e/o Icona, e il complesso oratoriale di San Filippo Neri in Tursi, Santo Patrono di Tursi e della Diocesi, monumenti molto articolati, situati in pieno centro storico.
La chiesa di Santa Maria Maggiore, situata nell’antichissimo rione della Rabatana, fu eretta a Collegiata dal sommo Pontefice Paolo III, con bolla spedita il 20 settembre 1546 (A. Nigro, 1854), ma essa ha origini molto remote in quanto parte integrante del nucleo centrale urbano più antico del rione
Rabatana.
La chiesa è a tre navate con abside piatta rivolta ad est, ha uno sviluppo planovolumetrico irregolare dovuto essenzialmente alla particolare orografia del sito.
Al di sotto dell’area presbiterale si estende la cripta che ancora oggi conserva le memorie più antiche e preziose della chiesa, che secondo molti studiosi risalirebbe al VII – VIII secolo (R. Bruno, La Rabatana, pag. 35), anche se attualmente gli ambienti, che nel corso dei secoli hanno subito forti mutazioni, rendono difficile una datazione certa se non quella riguardante i caratteri cinquecenteschi tuttora leggibili.
La cripta era raggiungibile da due scale poste al termine delle navate laterali (discesa e ascesa), oggi, dopo un restauro degli anni ’50, è rimasta solo la scala della navata destra. Il vano centrale della Cripta, un tempo cappella della famiglia De Giorgis, è completamente affrescato da cicli pittorici risalenti al 1550 che riproducono, sulle pareti, la vita dellaMadre Vergine, dalla nascita all’annunciazione, nel sottarco di collegamento al presepe, figure come San Giovanni Battista, Sant’Antonio Abate, Santa Barbara e San Nicola, sulla volta, gli Evangelisti, i Profeti, i Dottori della Chiesa e due Sibille disposte intorno alla figura del Dio Creatore.
Allo stesso periodo (XVI sec.) risale il presepe in pietra, collocato nel locale attiguo a quello degli affreschi. L’opera, attribuita ad Altobello Persio, riproduce il presepe con l’utilizzo di 35 figure in varie pose ed è contestualizzata in quanto ricalcherebbe, nel contorno in alto, l’aspetto urbano (castello e cinta muraria) dell’antico abitato della Rabatana.
L’interno della chiesa si presenta attualmente in veste di gusto barocco. Di recente egregiamente restaurata e riaperta al culto, accoglie sulle navate
laterali una serie di cappelle con altari realizzati in stucco baroccheggianti in continuità con le pareti della navata centrale.
L’altare Maggiore presenta un paliotto in scagliola attribuito al maestro lagonegrese Gaetano Vita che, a metà del 1700, operava anche nella chiesa di San Filippo e nella Cattedrale.
Allo stesso periodo, XVIII sec., risalirebbero gli affreschi sulla controfacciata, con gli Evangelisti ai lati del finestrone centrale e la strage di Sennacherib, mentre sulla parete di fondo della navata destra viene rappresentata la Cacciata dei
mercanti dal Tempio.
Tra le varie opere più importanti conservate, di origine tardo medioevale, di pregevole valore è, senza dubbio, il trittico raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra due angeli, affiancata da tre episodi del Battista e della Maddalena, attribuita al Maestro di Offida.Nel centro storico, come ho già detto, è ubicato anche il complesso di San Filippo Neri.
L’oratorio di San Filippo Neri è un’opera architettonica di indubbio valore storico artistico, trascurato e ripetutamente violato nella sua funzione e forma urbana, ad eccezione della annessa Chiesa che ha comunque sempre continuato ad esercitare la sua funzione religiosa e che ultimamente è stata ben restaurata.
L’oratorio di San Filippo Neri fu fondato nel 1652 da Giulio Cesare Modarelli ed originariamente dedicato a Santa Maria Maddalena penitente.
Subito dopo la sua fondazione subentrarono i Padri sotto la regola di San Filippo Neri che ottennero nel 1665, per il tramite del Capitolo della Cattedrale e con concessione della Santa Sede dopo un periodo di pestilenza, anche la nomina del Santo, come Patrono della città di Tursi e della Diocesi (A. Nigro, Memoria topografica istorica della città di Tursi, 1854).
La Chiesa fu consacrata nel 1661, abbellita e internamente ricostruita da Mons. Francesco Antonio De Luca.
Tutto questo è ricordato da un’iscrizione latina su lapide di marmo situata sul secondo pilastro a sinistra entrando: Francesco Antonio De Luca di Molfetta – questa chiesa in onore di San Filippo Neri eresse dalle fondamenta – a sue spese con singolare pietà – nell’anno del Signore 1661.
Dalle cronache del tempo apprendiamo che il Vescovo mons. De Luca fece decorare il soffitto della navata centrale e istoriare le sovrastanti finestre.
La pianta della chiesa è basilicale a tre navate di cui la centrale termina con una profonda abside e al suo interno si svilup-pa il meraviglioso mondo architettonico delle volte.
Quella della navata centrale è voltata a botte lunettata o unghiata, capolavoro sia architettonico per ottenere l’illuminazione naturale dell’aula, che statico per ridurre il peso e deviare le linee isostatiche che altrimenti graverebbero in chiave sulle quattro campate di arcate portanti sottostanti che separano la navata centrale da quelle laterali.
Le navate laterali, come i due transetti, presentano altro tipo di copertura a volta, infatti esse sono voltate a padiglione (cupola) su base quadrangolare. Qui infatti vi era la necessità spaziale di coprire un vuoto a pianta quadrata e le soluzioni possibili erano di coprirle o con volte a padiglione, come i transetti e il presbiterio o a cupola, come le navate laterali.
La chiesa conserva pregevoli stucchi barocchi di influenza napoletana avente capacità di dar forma a cornicioni, dar vita a putti, creare elementi floreali naturalistici ed architettonici decorati con foglia oro, il tutto con materiale economico, ma di elegante impiego, utile nell’imitazione di materiali più nobili (marmi).
Ai lati dell’altare maggiore, nell’area presbiterale, sono preservati quattro affreschi che raffigurano i quattro Evangelisti attribuibili al pittore Domenico Simeone Oliva di Tursi (1783-1842), mentre nel transetto sinistro, al di sopra del lato di ingresso in sagrestia, vi è riprodotto San Filippo e il cardinale Cesare Baronio.
Agli altari dei transetti, sinistro e destro, sono anteposti dei paliotti monolitici in scagliola con una decorazione in finissimo stile rococò di eccellente fattura, con tralci vegetali fogliati che dal centro si snodano verso i lati senza incontrare nastri o tarsie marmoree.
L’altare maggiore è circondato da altro splendido paliotto in scagliola su supporto ligneo.Nelle navate laterali, in corrispondenza di ogni volta a cupola, vi sono le cappelle con altari decorati con elementi naturalistici ed architettonici con stucco barocco.Le grandi proporzioni della
facciata in stile barocco, con
le sue lesene e decorazioni,
non vengono percepite facilmente,
visto che manca davanti
alla chiesa un sagrato
di adeguate dimensioni, ma
oggi, dopo il restauro, la fac-
ciata ha ripreso il suo spazio
urbano ed è ritornata a dominare
con la sua maestosità gli
spazi dell’antistante piazza
Plebiscito.
Gli ultimi restauri architettonici
hanno restituito alla
chiesa di San Filippo e quella
di Santa Maria Maggiore, un aspetto piacevole e
ricercato, ricco e originale, secondo quella volontà
di voler catturare con le arti e il buon restauro il
bello che emoziona e... non posso non pensare ad
un’altra meraviglia del nostro patrimonio architettonico
che è un tutt’uno con il centro storico e
una perla della storia del passato, che ha appassionato
la mia ricerca ed è stato oggetto della mia
tesi di laurea, “Il Monastero dei Minori Osservanti
dedicato a San Francesco”. Il mio auspicio è che
possa essere riportato al suo antico splendore:
perché non continuare crederci?

Autore: architetto FRANCESCO SILVIO DI GREGORIO

 

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