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VITTORIO LA ROTONDA - da: La Basilicata nel Mondo - 1924-1927

Un eroe
VITTORIO LA ROTONDA


Nel nostro numero speciale dedicato ai combattenti di Basilicata, per un deplorevole svarione tipografico, uscirono alterate le generalità del sottotenente Vittorio La Rotonda, sotto il cliché di lui pubblicato. Nella volontà di riparare al torto involontario, riproduciamo il cliché del giovine Eroe, con l’aggiunta dei suoi dati biografici e della sua breve, gloriosa epopea di combattente.

Vittorio La Rotonda fu Carlo, sottotenente di artiglieria, nacque nel 1895 a Stigliano e cadde combattendo a Paiievo sull’Isonzo, il 6 agosto del 1917.

Fra queste due date, che concludono la sua vita e il suo destino, è tutto l’olocausto ardente della sua giovinezza, è tutto il fiore dell’anima sua, fervida di patriottismo e d’ideale.

In quel maggio fatidico della Patria, in cui tutto il popolo italiano si levò a esprimere dal più profondo del suo cuore la sua più grande volontà di ascendere ai culmini più gloriosi e radiosi della vita e della storia, e gettò nella fornace ardente della guerra, a centinaia di migliaia, le sue vite più giovani e migliori, dalla nostra arsa e ferrea terra di Basilicata si mossero le sacre legioni nostre verso i confini d’Italia, per portarli più innanzi, fin dove fossero genti nostre, italiane, e fondere il loro sangue e il loro entusiasmo col sangue e con l’entusiasmo degli italiani di tutte le altre regioni, a consacrazione della più alta fraternità italica. Erano i figli della terra, i nostri contadini, erano i figli dei monti, i nostri pastori, erano i nostri piccoli artigiani, erano i nostri professionisti, erano i nostri studenti, col canto di amore e la strofa di guerra sulle labbra e nel cuore. Andavano, insieme confusi, sentendosi fratelli, ancora caldi dei baci delle mamme, delle sorelle, delle spose, nella carezza del vento e del tricolore.

Con essi, perduto fra essi, immenso cuore in un tumulto di cuori, Vittorio La Rotonda marciò. La canzone del maggio fiorito era nella sua anima alta, e il suo sorriso illuminava la sua fede gagliarda. Non pensava al ritorno: pensava al fatale andare. E si consacrava da sé all’olocausto.

Tutto il sangue, tutto il dolore, tutta la vita, per la vita, e per la gloria d’Italia.

I suoi studi gli avevano addolcito l’animo, aperta l'intelligenza alle grandi idealità della vita. “Nulla dies sine linea,, aveva detto il Poeta, e Vittorio La Rotonda aveva fatto della parola ardente il suo motto, la sua divisa. Sempre più in là, sempre più in alto.

Non forse morì cantando questo giovinetto sognatore gentile? Non aveva ancora vissuto: aveva solamente sognato, e la morte, forse, lo prescelse anche per la sua purità. Che cosa fu la sua vita, se non la sua morte? e che cosa è più viva della sua morte?

Vittorio La Rotonda, infatti, è vivo per la sua morte gloria, che ci appare come superamento della vita stessa, nell’ardore dell’offerta sanguinosa.

Del giovanissimo eroe, poco più che adolescente, potrebbe quasi dirsi che “ morì qual visse.

Sorridente, partì per il fronte, fra i primissimi, nel maggio 1915, primavera fatidica d’Italia, e, dopo ventisette mesi di vita di combattente, sempre in prima linea, affrontando e sopportando ogni pericolo e ogni sacrifizio, senza mai chiedere nulla di speciale per alleviare le sue fatiche e le sue sofferenze, sorridente e con la sigaretta fra le labbra cadde colpito nel petto dalla mitraglia nemica, mentre, serenamente, con tutto l’ardore della sua età e conscio del grande dovere da compiere, attendeva all’appostamento delle artiglierie, che dovevano spianare al nostro esercito glorioso la via per la conquista della Bainsizza.

Gli eroi maggiori della nostra guerra, cui arrise la fortuna di potersi cimentare negli eventi più clamorosi, rappresentano come il frontespizio del nostro albo d’oro, ma devesi riconoscere che senza le virtù e lo spirito di sacrifizio di tante migliaia di più modesti artefici della vittoria, come il La Rotonda, non potrebbe oggi l’Italia assidersi fra le più grandi potenze del mondo.

Le spoglie gloriose di Lui furono dalla famiglia trasportate a Roma nell’agosto del 1924 e il Suo nome figura scolpito sul riuscitissimo monumento che Stigliano ha voluto dedicare ai suoi eroici figli caduti per la Patria.

Alla memoria dell’eroico ufficiale noi rivolgiamo reverenti il nostro animo e il nostro saluto.

E siamo sicuri che alla evocazione del giovinetto eroe si assocerà in ispirino tutta la, Basilicata, ognuno ritrovando in Lui il ricordo del proprio caro caduto, e la fierezza di averlo immolato per il più grande destino d’Italia.


da: La Basilicata nel Mondo - 1924-1927

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