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VIAGGIO NEL MONDO DI LEVI

L’autobus diretto ad Aliano per una gita culturale, si fermò a metà strada, con l’obiettivo fotografico dovevo cogliere in chiave poetica, i punti più salienti del libro di Carlo Levi, “Cristo si è fermato ad Eboli“, in occasione delle celebrazioni del centenario della sua nascita.

Le nuvole si rincorrevano spumeggianti nello sfondo di un cielo azzurro. Il sole giocava a nascondino tra una nuvoletta e l’altra.
Dall’ultimo tornante in alto, potevo scorgere, l’inizio della strada che porta ad Aliano.
In lontananza, vidi una macchina salire lungo i tornanti. La mia fantasia volò a ritroso nel tempo. Nell’interno di quella automobile, ebbi la sensazione di vedere l’autore del libro, e di cogliere le sue emozioni…

“Sono arrivato a Galiano un pomeriggio di agosto portato in una piccola automobile sgangherata. Avevo le mani impedite, ed ero accompagnato da due rappresentanti dello stato. Ci venivo malvolentieri, preparato a veder tutto brutto…”.

Un promontorio di pietra bianca, coperto da una vegetazione piuttosto selvatica, affianca la strada.
Le sue grotte sembrano giganteschi occhi neri, abitate un tempo lontano dai briganti e oggi da corvi e pipistrelli.

“Al calar della sera, ombre misteriose si aggirano attorno alle grotte. L’aria, su queste terre deserte,è tutta piena di spiriti. Ma non sono tutti maligni e bizzarri come i monachicchi, ne malvagi come i demoni. Ci sono anche degli spiriti buoni e protettori, degli angeli.”

Il pulmann proseguì verso Aliano. Fra la scarsa vegetazione, spiccavano bianchi, i grossi massi di argilla.
Un piccolo agglomerato di case fantasma, fu la seconda tappa del viaggio, Alianello, piccola frazione di Aliano, completamente abbandonata. Case pericolanti con porte e finestre completamente in rovina,ma quelle anguste stradine piene di erbacce, ricordavano un lontano vissuto.

“Don Trajella il prete doveva fare due ore di strada, sul sentiero tra i burroni nella neve per celebrare a Alianello la messa di Natale. In quella frazione sperduta, il povero vecchio prete venne trattato con i dovuti onori, ebbe da bere quanto volle e questa volta si ubriacò davvero…”

Aliano apparve all’improvviso dietro una curva, l’auto si fermò sulla piccola piazzetta con la chiesa al centro. Poco distante la casa della vedova.

“Migliaia di mosche annerivano l’aria e coprivano le pareti, stava sdraiato in terra pieno di noia secolare. La stessa noia, e un disgusto, di ingiustizia subita e di orrore, stavano sul viso pallido della vedova…”

La piazza era veramente un piccolo slargo dell’unica strada del paese, situata nel punto più piano dove finisce Galiano di Sopra.

“Al crepuscolo, nel cielo volano i corvi e nella piazza arrivano per la conversazione serale i signori del paese.
Qui ogni sera si fermano a sedere sul muretto e, voltando la schiena all’ultimo sole, aspettano il fresco accendendo le loro sigarette.”

“Dall’altra parte, addossate alle case, stanno i contadini tornati dai campi e non si sentono le loro voci.”

In quell’ora del mattino, la piazza era quasi deserta, si poteva udire il cinguettio degli uccelli e il rumore dei passi.
Proseguìi oltre la piazza, seguendo il percorso in discesa fino a raggiungere un profondo precipizio. “La fossa del bersagliere”, così chiamata per esservi stato buttato un bersagliere piemontese, sperdutosi in quei monti al tempo del brigantaggio e fatto prigioniero dai briganti.

“La strada scendeva ancora dopo la piazzetta, finché arrivava ad un punto dove i due burroni di destra e di sinistra non lasciavano più posto alle case e l’occhio si perdeva nel vuoto e qui fra le due gole il vento soffiava violento in perpetuità”

La bianca fontanella che l’autore cita nel suo libro, si crogiola sotto l’ombra di un vecchio albero di ulivo dal tronco rugoso segnato dal tempo.

“Le donne stavano in gruppo attorno alla fontana alcune in piedi, altre sedute per terra, giovani e vecchie, tutte con una botticella di legno sul capo, e la brocca di terra di Ferrandina. Ad una ad una si avvicinavano alla fontana e aspettavano pazienti che l’esile filo d’acqua riempisse gorgogliando la botte….”

Levi lasciò la casa della vedova dopo una ventina di giorni, la nuova casa aveva il vantaggio di essere in fondo al paese lontano dallo sguardo continuo del podestà e dei suoi accoliti.

Viveva accudito da Giulia, una donna alta e formosa. Il viso rugoso per gli anni. Conosceva tutti e le case del paese non avevano segreti per lei. Con le sue stregonerie e superstizioni, la donna trascinava anche il giovane Levi, in un mondo di spiriti e magie.

“Misteriosi influssi di stregonerie e un misero vissuto di stenti e povertà. Un mondo di morti senza tempo.”

“Sulla mia terrazza, il cielo era immenso, pieno di nubi mutevoli,” scrive Levi, “i grandi calori andavano passando in quel Settembre avanzato, e cedevano al primo fresco precursore dell’autunno. I venti mutavano direzione, non portavano più l’arsura bruciante dei deserti ma un vago sentore marino…”.

“Contento della nuova solitudine stavo sdraiato sulla mia terrazza e guardavo l’ombra delle nuvole muoversi sulle crete lontane…..”

Levi era solito trascorrere le assolate giornate estive all’ombra delle fosse nel cimitero.
Con penna e pennelli scriveva e dipingeva fino al calare della sera.

“Dietro i loro tetti giallastri spuntava la costa di un monte al di sopra del cimitero, e di la..., si sentiva il vuoto della valle.”

Un’atmosfera di magia, ti avvolge, visitando ancor oggi quelle antiche case, logorate dal tempo.
Dietro le anguste porte e piccole finestre, si ha la sensazione di vedere Giulia, intenta a fare i suoi incantesimi;

“Nella cucina misteriosa dei filtri, Giulia era maestra: le ragazze ricorrevano a lei per consiglio per preparare i loro intrugli amorosi. Conosceva le erbe e i poteri degli oggetti magici…”

“In questa atmosfera passavo le mie ore, protetto dagli angioli la notte, e dalla sapienza stregonesca di Giulia durante il giorno. Curavo i malati, dipingevo, scrivevo, in quella solitudine abitata dagli spiriti e dagli animali…”

Dalla sua casa, poteva vedere il sentiero in fondo al burrone e i contadini muoversi come formiche che andavano e venivano dai campi. Quei contadini che tanto amava e da loro riamato.

“Dinanzi a me, verso occidente dietro le larghe foglie verdi del fico dell’orto e i tetti delle ultime catapecchie digradanti in pendio, sorgeva il Timpone della Madonna degli Angeli…”.

Nello sfondo un immensa distesa di candidi massi d’argilla, coperti a chiazze verdastre di ulivi e cipressi.

Ed è vita sulla nuda creta. Dei verdi cespugli una rinnovata gioia.

Il sole brilla sui bianchi calanchi e dissolve il grigiore della solitudine.

Rivivendo emotivamente luoghi ed eventi descritti dall’autore in “Cristo si è fermato a Eboli” ho colto nell’opera di Carlo Levi il sentimento poetico e il suo profondo amore per la terra lucana e la sua gente.

Sulla cima del burrone, chiamato “la Fossa del Bersagliere”, all’ombra dei cipressi, riposano le spoglie di Carlo Levi. L’autore, che con il suo libro << Cristo si è fermato a Eboli >> a fatto conoscere al mondo, la dura realtà del sud , suscitando, oggi, anche qualche risentimento.

L’ultimo sole indorava i bianchi massi dei calanchi e le ombre della sera calavano sugli assolati tetti di cotto. Le desertiche sfumature del bianco, l’immensa distesa dei calanchi, le malinconiche ombre della sera, annunciavano l’ora del ritorno a casa.

E’ stata per me,una giornata carica di forti emozioni e profonda empatia. Sulla strada del ritorno diedi un ultimo sguardo al piccolo cimitero abbarbicato in cima al burrone. Immaginai quanto doveva aver sofferto Levi, abbandonare la gente e la terra che amava per tornare nella sua ricca Torino.

Malinconia...
di un triste ritorno
scendono le ombre
al calar del giorno
addio rapidi tramonti
ombre misteriose
di neri presagi
addio gente mia del sud
terra amara e amata.

Con profondo affetto e grande passione, Levi continuò a lottare per poter risolvere i grandi problemi dell’Italia meridionale.
Il suo ultimo desiderio fu quello di essere seppellito nella terra che aveva tanto amato.

Alita il vento
fra i grigi calanchi
svaniscono nel tempo
le memorie...
un lume fra gli sterpi
nella sera
una solitaria tomba
una muta preghiera.

Autore: Virginia Grassi

 

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