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TOPONIMI GRECI DI FERRANDINA E DI CASTRO (LE)
GIANLUIGI LAZZARIš, SOTIRIOS BEKAKOS²
šVia SS. Annunziata n.° 79 â 73030 Castro (Le) - Italia
²Via G. Lambrachi n.°8 â 18233 Rentis (Il Pireo) - Grecia
DA CASTRO A FERRANDINA: UN CASO GRECO
DELLâACQUA - AMBIENTI CARSICI E TOPONIMI
NELLâANTICA TERRA DâOTRANTO
âŚci hai preceduti nella Dimora Eterna allietata dagli Angeli,
e il tuo vivere, il tuo gioire, il tuo soffrire hanno indicato a noi
la strada dellâAmore.
Ad Angelo Fersini (1965-2006)
ââŚE dove se non dalla Magna Grecia, dalla culla della civiltĂ , dove ogni ulivo,
ogni pietra trasuda cultura, può provenire un segnale di rivolta, un segnale luminoso
dal faro di una identitĂ culturale millenaria. Ebbene, qui sono convinto risieda
ancora la coscienza umanaâŚâ
(G. LORUSSO, 2004, âDe verdulae operaâ, Bari, anno 0, num. 0)
RIASSUNTO
PerchĂŠ âDa Castro a FerrandinaâŚâ? Innanzitutto perchĂŠ sia Castro sia Ferrandina
(materano compreso) facevano parte dellâantica âMagna Greciaâ, poi perchĂŠ i toponimi
da noi analizzati si ritrovano nel territorio delle due cittĂ , il quale territorio
ha identiche caratteristiche geologiche e morfologiche. I due centri abitati sorgono
infatti su colli a preminente caratteristica carsica, con vore, grotte e torrenti
dâacqua sia sotterranei che di superficie. Ed è proprio la forte presenza dâacqua,
soprattutto sotterranea, che ha determinato il nascere e lo svilupparsi di locuzioni
come: pile, vasca di pietra o cisterna scavata nel masso per raccogliere lâacqua;
pilulaccu, luogo con grandi cisterne e laccare; pilaccio, piccola pila; cazzamaḍḍu
o cugnorivitale, canale basso e umido, torrente; Scarra o Scarrace, luogo collinare
e boschivo. Locuzioni le quali hanno dato luogo a toponimi e, di conseguenza, a
questo lavoro.
SUMMARY
Why âFrom Castro to FerrandinaâŚ?â First of all because both Castro and Ferrandina
(included the territory around Matera) made part of the ancient Magna
Graecia, then because the toponyms we have analysed are situated in the territory
of the two cities with the same morphological and geological characteristics. In
fact, both the cities rise on hills with a limestone mainly karstic, with caves and
superficial or subterranean water streams. Development of locutions such as:
pile, a stone basin or a cistern dug in the mass of stone to gather water; and just the
strong presence of water, above all subterranean water, it has determined the birth
and the pilulaccu, a place with big cisterns, and laccare; pilaccio, a small basin;
cazzamaḍḍu or cugnorivitale, a short and wet stream or channel, Scarra or Scarrace,
a woody and hilly place. These locutions gave place to some toponyms and,
as a consequence, to the present work.
INTRODUZIONE
Conoscere un territorio, percepirne le sfumature, significa anche comprendersi.
Proprio come lo speleologo scende nelle profonditĂ della terra cosĂŹ il Poeta si inabissa
nella Parola, intendendo questa come cavitĂ carsica del senso.
E che con questo lavoro si intervenga in un convegno sul carsismo e sulla speleologia
è segno evidente del comune intento verso la comprensione del Territorio
e della sua Storia, nei confronti della quale la scienza moderna deve, per quanto
piĂš possibile, essere omnicomprensiva.
Il ROHLFS (1972) a proposito di Castro scrive: â[âŚ- cittadina a sud di Otranto,
nel medioevo sede di un vescovo; forse da identificarsi con Castra Minerve della
tavola Peutigeriana. Invece di pensare al latino Castrum, dobbiamo tener presente
che la voce latina fin quasi dal secolo II risulta anche (come antico latinismo) in
greco: Kάστρον. In Italia quasi tutti i toponimi composti con castro appartengono
al Mezzogiorno: Nicastro, Pagliòcastro, Palècastro, Catocà stro, Genicòcastro (oggi
Belcastro) tutti in Calabria; poi Castroreale, Castrofilippo, Castrocucco, Castrogiovanni,
Castronovo, Castrovillari. Dâaltra parte ci risulta Kάστρον sedici volte per
la Grecia, a cui si aggiunge Пαλαιòχαστρov (11 volte), Σίδηρòχαστρov (4 volte)
e Nεόχαστρov [âŚ-â. Il grande studioso tedesco, in una nota marginale al su citato
testo (1972), riporta inoltre che: â[âŚ-Nei diplomi medievali dellâItalia meridionale
(sec. X-XI) Kάστρον è il termine burocratico usato invece di Пoλισ; [âŚ-â.
Castro è dunque la città .
Infatti, nel linguaggio del luogo e dei paesi viciniori, sussiste ancora la forma
espressiva popolare âsciamu a CcasciuâŚâ, andiamo a Castro, per indicare la cittĂ ,
ma soprattutto per distinguere la stessa dalle altre zone dellâurbe.
Esichio (cfr. SCMIDT, 1998) ci riporta il termine Мύτιλoν, da cui anche Mitilene,
isola che si onora dâaver dato i natali a Saffo ed Omero, la cui antica capitale
era [email protected] la fortezza, â[. . .- o meglio la fortezza sulla cima di un colle
lungo e alto che in greco viene di solito chiamato MOYKOYPOYNE - Mucurune
[. . .-â (LAZZARI et al. 2003). Ed anche a Mitilene âYrcxpue K&ZQOV.. .â vuole significare
âandiamo a Castro.. .â, nella fortezza, nel luogo sacro difeso dalle mura
(Fig. 1).
Nella Magna Grecia questi luoghi erano generalmente messi sotto il protettorato
di Atena, la quale era di solito venerata come Promachos (che protegge durante
le battaglie) e come Parthenos (che preserva la verginitĂ , la purezza).
Fig. 1 Castro, la fortezza e il templo su pi77u Mucurune.
Ciò ci induce a pensare che siamo di fronte, per quanto riguarda il Salento, ed
in particolar modo Castro, ad un tipo di grecismo abbastanza arcaico.
Dâaltronde, lo stesso Heleno, nellâEneide, raccomanda ad Enea di fuggire queste
terre e queste sponde dellâitalo litorale poichĂŠ abitate dagli ostili Greci: âMa
queste terre, e questa sponda dellâitalo litorale, /questa che è bagnata dai flutti del
nostro stesso mare, / sfuggila: tutte le cittĂ sono abitate dagli ostili Greci; /qui i
locresi Naricii hanno costruito mura /e il Littio Idomeneo ha occupato con le sue
truppe i campi Sallentini; /qui è la famosa città del condottiero Filottete, / la piccola
Petelia sorretta da saldo muro.â (VIRGILIO, 29/19 a.C.)
Ed Enea, dopo aver assolto al dovere dâonorare dovutamente Atena, proprio
come gli era stato prescritto da Heleno, tempestivamente abbandonò i lidi con le
dimore della stirpe greca.
Castro fu con ogni probabilitĂ un porto dedicato alla Minerva-Atena, perchĂŠ
Atena era di solito venerata nei luoghi umidi e carsici, vicino ai fiumi, laddove i
naviganti potevano approvvigionarsi dâacqua.
Lo storico VARRO (116/27 a.C.), nel commentare i versi 530-536 del terzo
libro dellââEneideâ, afferma che: âLo stesso ci dice Virgilio nel terzo libro del-
161
162
lâEneide, dove narra che si sarebbero accostati per la prima volta allâItalia, secondo
lâauspicio da essi ottenuto, al campo di Minerva, che è una cittĂ sacra a Minerva,
dal che trae nome di Castrum Minervae, fondata da Idomeneo e dai Salentiniâ.
Certamente la questione rimane sempre aperta a molte interpretazioni, non ultima
quella di Mons. Francesco Antonio Duca (cfr. PACELLA, 1993), che, sia pur
con mille argomentazioni, in una lettera a Ferdinando IV di Borbone, cerca di dimostrare
al re e alla corte napoletana, presso la quale si dice avesse amici influenti,
la corrispondenza tra la grotta da lui scoperta ânelli monti della Zinzanusaâ e il
famoso tempio di Minerva.
Comunque, Minerva o no a parte, quello che a noi preme evidenziare, anche attraverso
lo studio dei fenomeni linguistici e dei dialetti, è una certa continuità negli usi e
nei costumi delle genti, che, ad una scienza troppo specialistica, a volte sfugge.
Tra lâaltro, lâEvangelizzazione di queste terre, favorita di certo dalla comune
base linguistica del greco, avvenne attraverso una riproposizione dei vecchi culti
ellenici sotto nuove forme. E non è un caso che, a tuttâoggi, le cosiddette feste
patronali (per Castro ricordiamo quella di Maria SS. Annunziata) conservino sostanzialmente
elementi pre-cristiani.
Toponimi ed agionimi come Zinzinusa, Mucurune, Pile, Pilulaccu, Scarra,
Cazzamaḍḍu, Zzi Mita, Zzi Micu ecc. (Fig. 2) testimoniano a tanti secoli di distanza
lâenorme vitalitĂ e resistenza della cultura magnogreca.
âCosĂŹ, dunque, -scrive ancora il ROHLFS (1980) - la diffusa âidea della magna
Grecia Nunc deletaâ (Cicerone, Lael, 4, 13) è completamente falsa (Kahrsted 121).
Vale quindi anche qui, come per la conquista della Grecia, la famosa sentenza di
ORAZIO: Graecia capta ferum victorem cepit (Epist. II, 1, 156). La capacitĂ di resistenza
della lingua greca rispetto al latino dei dominatori è in netto contrasto con
la disponibilitĂ con cui popoli (Etruschi, Galli, Ispani) accolsero la lingua latinaâ.
Se determinate locuzioni sono ancora vive e ben radicate nel tessuto urbano e
sociale di una comunitĂ , al punto da costituire le tesselle vive dellâuniversalitĂ del
linguaggio della Parola, è segno evidente di questa resistenza.
Dâaltronde lo stesso utilizzo delle locuzioni non era mai estraneo al territorio,
il quale si poneva sempre e comunque in rapporto interattivo con le stesse.
Purtroppo, in seguito a determinate scelte maturate in seno alla controriforma
(1530-1565), che anche nel Salento registrò gli attacchi al libero pensiero e al
cristianesimo greco-ortodosso, questa interattivitĂ , che talvolta diveniva simbiosi,
venne frenata prima e quasi debellata poi. Era quindi lâinizio di quello scollamento
e di quella perdita di identitĂ e di rapporto che avrebbe avuto gravissime conseguenze
nel corso del ventesimo secolo.
Avvenne che il Sapere, nelle sue varie forme, anche quelle determinate dallâesperienza,
dovette, se non combattere ed essere combattuto, nascondersi nelle
pietre e negli anfratti di una civiltĂ orale che veniva a raccontarsi nel canto e nella
coscienza corale e collettiva del vivere.
Il focolare diventava allora cattedra maestra contro ogni forma di coercizione
culturale; un focolare, possiamo dire, oggi, violentato ed abbrutito dai parametri
163
Fig. 2 - Castro, planimetria con indicazioni toponomastiche (1930/40 circa), rielabor. G. LAZZARI, A.
RIZZO.
164
sociali di un capitalismo che rimodella lâambiente e la storia a suo uso e consumo,
perpetrando delitti e danni che mai umana coscienza aveva osato pensare. Fra i
tanti: la distruzione e lo scempio di Munte lâAcquaru, collinetta carsica a NE di
Castro, sulle falde acquifere della Zinzinusa, contro la quale, tra lâindifferenza
generale e delle istituzioni, lâeletta Anima dei Poeti nulla ha potuto.
RISULTATI
Pile, pilulaccu, pilaccio, canale-canali-cazzamaḍḍu,
cugnorivitale, scarra-scarrace
Con questi toponimi si indicano dei luoghi di Castro e di Ferrandina particolarmente
legati alla presenza e allâutilizzo dellâacqua, elemento da sempre legato al
carsismo di questo territorio.
In un interessante ricerca geomorfologia ed ambientale di LAZZARI et al.
(2003), si riporta che: âLâabitato di Castro è ubicato su un promontorio calcareo
sul margine meridionale della costa salentina e si sviluppa sulla dorsale collinare
ed in parte sui bordi di un piccolo bacino imbrifero, denominato âCanaloneâ che
lo attraversa per tutta la sua estensione sino alla costa. [âŚ- Lâarea di studio ricade
in una fascia climatica di tipo mediterraneo semiarido, caratterizzata da una
marcata incostanza delle precipitazioni e delle temperature. [âŚ- Le piogge non
sono uniformemente ripartite nellâarco dellâanno, ma sono concentrate nel periodo
ottobre dicembre, mentre nei mesi caldi tendono a diminuire sensibilmente. Sussistono
tuttavia numerose eccezioni, connesse a precipitazioni intense che cadono
in archi temporali molto brevi, compresi quelli estivi. Questi fenomeni mettono in
crisi il sistema di drenaggio naturale dellâacqua piovana, che tende a concentrarsi
nel tratto terminale del corso principale rappresentato dal T. Canalone, che si sviluppa
lungo un percorso pressochè rettilineo in direzione NW-SE, lambendo gli
abitati di Vignacastrisi e Vitigliano e sfociando nel porto di Castro. [âŚ- I deflussi
conferiscono al T. Canalone un carattere di spiccata intermittenza, connessa alla
presenza di acqua solo dopo forti piogge, che vengono rapidamente drenate ed
altrettanto rapidamente smaltite, dopo aver accumulato quantitĂ varie di sedimenti
e materiali vegetali nellâalveo, che in qualche caso hanno causato danni a strutture
e mezzi presenti nella parte fuori terra del T. Canalone [âŚ-â.
I documenti storici che registrano la presenza di questi toponimi partono a
tuttâoggi dal secolo XVII.
La âPlatea della cittĂ di Castroâ, redatta da Don Gregorio Gallo nel 1665, per
conto di Don Pietro Fernandez, conte di Lemos e di Castro, riporta i seguenti:
âCanali, Pile, Scarra, eccâ.
Nel âCatastoâ, redatto invece nel 1742/49, troviamo: âCanali, lo Scarraâ (LAZZARI,
1990). In un âElenco di possessioniâ del 1749 viene riportato, fra gli altri ,
âPileâ (Archivio, Chiesa Cattedrale Maria SS. Annunziata - Castro).
In un documento del 180 1, relativo ai âCensi e minutiâ da pagare alla Mensa
Vescovile, vengono riportati: âli Canali, Canali dei Scarris, Pile, ecc.â (Archivio,
Chiesa Cattedrale Maria SS. Annunziata - Castro)
Non troviamo invece âCazzamadduâ se non in un recente rilevamento catastale
dellâanno 2000 (ma come âCazzamadruâ), stante ad indicare lâintera area
carsica del Canale. Ă da dire comunque che âCazzamadduâ è sopravvissuto piĂš
nella tradizione orale che nelle carte, testimonianza viva della resistenza della millenaria
sapienza Magnogreca.
Gli stessi toponimi da noi studiati per Castro si ritrovano diffusi nel territorio
dellâantica Lucania Acrxwvkx - /1ayxavia: terra della luce - /lyxOo, o terra anche
dei lupi, data la comune radice Ay, in quanto gli indigeni di quei luoghi discendenti
dal figlio di Pelasgo e re dellâarcadia Licaone, il quale, secondo leggenda,
venne trasformato da Zeus in lupo. Durante il 1900 la storia dei toponimi della
Basilicata è stata studiata poco, nonostante la ricchezza culturale di questa terra le
cui tradizioni e radici sono preminentemente elleniche. Nel medioevo fu abitata da
popolazioni di origine diversa: greci (della Laconia, dellâEpiro e della penisola di
Mani), albanesi, longobardi e saraceni.
Tutti lasciarono impronte sul territorio della Lucania antica. Tantâè vero che
il nome della regione stessa fu sostituito in epoca bizantina dal termine Vaisilicòs
Arcòn, titolo ufficiale dellâImpero bizantino che equivale a Duca Reale, da cui
anche Basilicata (territorio reale). Altre testimonianze di questo susseguirsi di popolazioni
sono i cognomi, i toponimi e i nomi dialettali che designano gli usi e i
costumi della regione. Un esempio da studiare, dal punto di vista storico, è il paese
di Ferrandina (Fig. 3) e il suo nome carico di storia e di voci antiche. Dal punto di
vista della toponomastica è stato indagato poco. Il primo a occuparsene fu CAPUFig.
3 Veduta panoramica della cittĂ di Ferrandina.
165
TI (1870), il quale tracciò un profilo storico dai tempi della Magna Grecia sino al
suo, riportando testimonianze di inestimabile valore per la storia delle origini della
cittĂ . Altro insigne studioso delle origini elleniche di Ferrandina fu CENTOLA
(193 1). Negli anni â70 furono intraprese campagne di scavo archeologico mediante
le quali furono riportati alla luce reperti greci e romani; sul colle ferrandinese di
Uggiano fu scoperta una necropoli greca con tombe risalenti allâetĂ del ferro. Di
fondamentale importanza per la conoscenza della città e della sua storia è anche il
libro di BARBONE-PUGLIESE e LISANTI (1987).
NellâantichitĂ Ferrandina non esisteva. Essa sorse nel XV secolo intorno ad alcune
aree giĂ precedentemente urbanizzate: Uggiano, sul colle omonimo, e Troilia
(Troia Parvula secondo CENTOLA,
1931). Troilia si trovava nel luogo
attualmente chiamato La Piana, che
conserva ancora i resti di una chiesa ĂŹ,
bizantina detta dello Spirito Santo o
di Santa Maria di Troilia (Fig. 4).
STRABONE di Amasea nella
sua âGeografiaâ (63 a.C./20 d.C.)
racconta che dopo la caduta della
cittĂ di Troia, nellâAsia Minore,
Filottete, re della Tessaglia, arrivò big, 4. F errandina, Chiesa di Santa Murm dl Truilm.
nella Lucania e vi fondò le città di
Petèlia (Strongoli), Calasama, Grumento, Vertina e Venosa.
Filottete e i suoi compagni, quando arrivarono nella Lucania, raggiunsero il
colle di Uggiano e vi si stabilirono fondando anche un centro ed una piccola fortezza.
Questa fortezza era talmente imponente ed alta che sembrava davvero una
punta innalzata: dal greco Ăno Ăvelos (punta slanciata verso il cielo).
Nel Medioevo Troilia fu dapprima colpita dalle scorrerie dei longobardi e poi
abbandonata per il castello di Uggiano, dal quale, di certo, gli abitanti potevano
meglio difendersi. Uggiano ebbe vita sino al 1456, quando un terremoto la rase al
suolo. Il re di Napoli, Ferrante 1 dâAragona, provvide subito al trasferimento della
popolazione sotto il colle e, nel 1494, vi fondò unâaltra cittĂ alla quale diede il
nome di Ferrandina, la cittĂ di Ferrante. Lâiscrizione commemorativa posta sopra
la porta del palazzo comunale testimonia ai posteri questo evento. Secondo altri
studiosi venne invece fondata da Federico figlio di Ferrante.
Ferdinando V, detto il cattolico, re di Napoli e successore di Ferrante al trono di
Napoli, donò la città di Ferrandina ad un principe greco, oriundo della Tessaglia: Joannis
Castriotis, uomo valoroso e prode. Questa donazione fu fatta il 4 aprile 1505.
Nel corso dei secoli, con lâistituzione del latino e dellâitaliano come lingue
ufficiali, Ferrandina perse gradualmente lâuso della lingua greca; però molti cognomi,
come: Grammatico e Piretti, e molti toponimi come: Vaccareccio, Cugno
Rivitule, Fonnoncelli, Scarrace, Piluccio, Camarda, la Piana ecc. conservano tuttâora
lâorigine greca.
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Il dialetto di Ferrandina e quello di Castro rientrano nel cosiddetto âdominio
apuloâ, la cui base linguistica risulta essere lâantico dialetto dorico.
ANALISI FILOLOGICHE
Pila, Pile, Pilulaccu, Pilaccio
Secondo il KARANASTASIS (1991) il termine è attestato in diversi comuni della
provincia di Lecce (Calimera, Martano, Martignano, Sternatia, Zollino). Nei
dialetti salentini è entrato attraverso il greco antico πίλα, termine che indica la
vasca di pietra o, comunemente la bacinella. Lo stesso termine si riscontra anche
in Lucania, nella zona di Ferrandina, come toponimo e come termine che denota
la fontana zampillante dâacqua. Questa parola, passando dal greco al latino, ha
voluto indicare anche il mortaio oppure il luogo pieno di fonti dâacqua.
Padre CASSONI (1999) ci riporta: âpίla, s.f. vasca di pietra, usata per lavare e
risciacquare; vd. R. 402, s.v. π ιλάkιον - ed ancora: pilĂĄcci, s.n. dim. di pila, vasca
impermeabilizzata per contenere lâacqua da cui attingere per vari usi in campagna.â
ROHLFS (1976) per pila ci riporta allo stesso significato, ma aggiunge anche
lâanalisi di: âPilĂĄci (L co)n. vasca in cui si raccoglie il mosto che esce dal palmento;
v. pilacciu; pilĂĄcciu (Lar, ms, ot, sal, tu BIT a), pilĂĄciu (L mu, sq), pilacci
(L cu), palĂĄcio (T1), pəlaccə (T3), pilĂĄggiu (B8) m grande vasca per raccogliere il
mosto â pilacci (L3) vasca per innaffiare [gr. πιλάkιον, dim. di πιλα..-â.
In Grecia il termine si trova nei dialetti del SW del Peloponneso (Laconia-
Mani), ed esso sta ad indicare la vasca di pietra, usata per raccogliere lâacqua o per
abbeveratoio per gli animali. Inoltre la pila era usata anche per lavare i panni o i
piatti. Un altro significato che è attribuito è quello di bacinella, usata nei palmenti
per pigiare lâuva.
Il diminutivo di pila è π ιλάkιον, da: ΠIΛΑ + AKION (desinenza greca usata
come diminutivo o come vezzeggiativo: es: Petrakios: piccolo figlio di Pietro;
Bekakios: lâuomo dal piccolo becco, da cui Bekakos, cognome della Laconia). Il
termine âPilakionâ è attestato in molti comuni del Salento (Calimera, Corigliano
dâOtranto, Castro, Martano, Sternatia). Lo stesso si riscontra anche in Calabria
(zona di Bova) e in Lucania (Ferrandina e dintorni). A Ferrandina, nei pressi del
fiume Basento, troviamo la masseria âFonnoncelliâ dove è situata la fontana detta
âPilaccio dei fonnoniâ ricchissima di acqua ed ancora usata dai pastori in transumanza.
Unâaltra fontana la si trova nei pressi del castello di ObelĂ no, dopo la
chiesa di San Domenico (in stato di rovina), giĂš a valle, ed è detta: âPilaccio di
Uggianoâ.
A Castro abbiamo invece il toponimo Pilulaccu, zona nei pressi della quale
sorge attualmente il palazzo municipale. Anticamente in questa zona vi erano delle
grandi cisterne, o pile, nelle quali convogliava lâacqua piovana, alcune delle quali
erano anche usate come deposito di vettovaglie. Si notano ancora i resti di un
arco murato (Fig. 5), corrispondente
probabilmente ad unâantica conduttura
delle cisterne, una nicchia con
la raffigurazione della Vergine SS.
Addolorata (Fig. 6), ed una fontana.
PILULACCU - dal greco
lIZAòAAKKO~- PILĂLACCO.
Deriva da PĂŹlos + LĂ ccos, con
oscuramento della desinenza finale,
fenomeno proprio dei dialetti meridionali
e salentini.
Nella lingua greca LĂ ccos vuole
indicare la cavitĂ , la pozzanghera, la
cisterna, lâipogeo, il sotterraneo, il
deposito, il lago.
Fig. 5 - Castro, zona Pilulaccu, part. dellâarco di
unâantica conduttura dâacqua.
LĂ ccos deriva dalla radice greca LĂ knos
$
AAKKOS - greco antico
$
AAKKOYBA - greco moderno
i
LACUS -US - latino classico
i
L A C U N A -AE â
i
LOKY - antico slavo
i
LACCO - italiano dantesco.
A Castro, inoltre, esiste il so-
Fig. 6 Castro, zona PiIuIuccu, part. della nicchia della
Madonna Addolorata.
prannome pilari ad indicare i proprietari dei terreni ricadenti nellâarea denominata
pile (Fig. 7). Lo stesso termine pare anche che si possa riscontrare in alcune filastrocche
dialettali proprie, al momento,
di questa cittĂ : âSutta pilizzi,
piloui, pilaui, ânc âè nna vecchia ca
llava li lazzi, llava le pezze, llava li
lazzi, sutta pilizzi, pilozzi, pilazziâ;
âChiove chiove, le cabdine fannu
lâove, e lle fannu sutta la pila, vene
lu monicu e sse le tira, e lle fannu
mmenzu la chiazza, vene lu monicu
e lle scafazza.â
A tal proposito PANARESE
(1984) ci informa che: âTra cogno- Fig. 7 Castro, antico pagliaro in zona Macchin di Pile.
168
mi, soprannomi e toponimi câè una stretta relazione. Per questo motivo il soprannome,
invece di essere visto come piccante curiositĂ , come fatto scandalistico e
pettegolo, va studiato come valido documento socio-linguistico, capace di fornire
alcune informazioni sulla vita di una comunitĂ e quindi sulla sua storiaâ.
Cazzama&u - Canale - Canali - Cugnorivitale - Vèna - Bèna
MINAS (1994) riporta: â@va, rj [. . .-vena 6 xavcih [. . .-â. Nei documenti greci
medievali dellâItalia meridionale sono attestate varie forme della parola, le quali,
comunque, tutte si riconducono al significato principale di canale (tubo, fognatura,
ma anche ruscello, torrente dâacqua).
Il ROHLFS (1980), a proposito di ciò, scrive: âCunaZicchiu (Castro): piccolo
canaleâ.
A Ferrandina, inoltre, troviamo come toponimo Cugno Rivitale ad indicare
un canale, un torrente: KOYNI REMATELLA - CUGNOREMATALE - CUGNORIVITALE.
Termine originario: KANAAIPEMATAAION
i
KANAPEMATAAI
i
CANAREMATALI
i
CUNUREMATALE
i
CUNURIMITALE
i
CUGNURIMITALE
i
CUGNORIVITALE.
A Castro, come suddetto, ad indicare
il canale (Fig. 8) che sfocia
nel porticciolo abbiamo il toponimo
CAZZAMAQQU (Fig. 9).
Termine originario:
Fig. 8 Castro, Crinale.
KATO KANAAION - Kdtw
Kavdhov
$
KATQKANAAOY
K&wkav&hLou
I
KATSAKANĂDOX (la t greca Fig. 9 - Castro, ulweto a Cazzamaddu.
in epoca medievale diventa Z(T -ts, e si legge, come in molti casi zzi. Questa è una
caratteristica dei dialetti del Peloponneso nord-occidentale.
i
169
La h diventa invece 6)
KAZZAKAMADOU (la v è sostituita dalla PC-
i
KAZZAMALIz)U (la ou diventa u)
i
CAZZAMALIz)U (la k, essendo debole, viene sostituita dalla c)
Scava - scarrace
Searra: toponimo a Castro indicante
unâarea boschiva e carsica con
flora e fauna anche da sottobosco
(Fig. 10).
Scarrace: toponimo di Ferrandina
che, preceduto dal sostantivo
TYMBOZ, indica un luogo collinare
e boschivo.
ââ0 oxĂ po 0â oxapouâ, o l t r e
che bosco, significa anche pascolo o
capanna di pastori sui monti, e con
questi vari significati lo ritroviamo
spesso nel Peloponneso, nellâEpiro e nella Grecia continentale. Ă un termine che
ricorre spesso nellâOpera di Omero.
SCARRACE: deriva da ZK4PPO~ + AKION
J
ZKAPPAKIO
J
SGARRACI
i
SCARRACE
i
SCARRA.
CONCLUSIONI
Dopo le fatiche di Zinzinusa, Zzi Mita, Zzi Micu e Mucurune, ecco ne unâaltra,
proposta ai gentili lettori e studiosi con onestĂ intellettuale e scientifica, aperta
come sempre al dibattito proprio della Ricerca, che ci piace congedare con una
acuta e profonda riflessione dellâamico Poeta e Filosofo muntrunese ANTONIO
MARGIOTTA (2005): â. . .Le parole sono come frammenti di un impulso antropico
di volontĂ originaria.
Come tali, esse vagano silenti nellâuniverso, senza tempo, senza direzione,
senza voce: finchĂŠ non trovano il tempo della loro direzione e le vibrazioni della
loro voce, secondo le coordinate prestabilite dallâEterno per incontrare il destino
dei sensi. Che le fanno vivereâŚâ.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia:
lâUniversitĂ degli Studi di Lecce e la rivista -Thalassia Salentina-per la pubblicazione
sito web:http://siba-ese.unile.it/index.php/thalassiasal/article/view/i15910725v29supp159/1977Autore: Sotirios Bekakos - Gianluigi Lazzari