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Il Carnevale di Tricarico

"...

          Prima dell'alba i giovani vestiti da vacca sono stati benedetti. Dalla chiesa di campagna, alle prime luci si muove verso il paese: è una carovana. Le maschere sono le vacche del padrone che scasano, col favore del Santo (S. Antonio Abate), dalla montagna alla marina. Il padrone e la padrona in calesse, poi il fattore, il massaro Saverio e sua moglie: una giovinetta sull'asina che regge una bambola addormentata, ha il 'pannicello' un castorino adorno sulle spalle, ha le gote tinte.

          Le vacche indossano mutande lunghe e maglie bianche, un gran fazzoletto di seta sul capo e un velo bianco sul volto e tutta una specie di criniera di nastri variopinti.

          La carovana si ferma sulla piazza principale, dove il massaro con tanto di vecchia barba e col bastone sollevato griderà gli ordini ai dipendenti, la baronessa sarà ferma come una statua e i contadini intorno si inchineranno nell'ossequio, cercando di sapere a chi di loro è figlia la bella baronessa.

          Il vaccaro rincorrerà per ore intere tra la folla una vacca e il toro che si son messi a far l'amore.

          Il  giovane vestito di nero è il toro, fa ridere come salta dietro la vacca.

           Il tumulto contadino non cesserà qui. Incolonnate le maschere fanno il giro in tutte le case. Le case rintronano del suono dei campani per tutto il giorno. Tutte le feste e i giochi contadini sono pesanti e faticosi. Le maschere guadagneranno la giornata, avranno salsicce e pezzi di formaggi e il vino per il banchetto comune della sera, allietato dai balli al suono della zampogna e del tamburello.

Un vero barone dovette, nei tempi, introdurre questa festa allo scopo di render grazie al Santo per la guarigione della sua mandria.

Da questa sera, davanti le porte delle case canteranno le serenate col cupi-cupi fino al giorno delle Ceneri. Lunghe serenate che si spengono all'alba."

 

                        Rocco Scotellaro

                                                                        Da "JOURNAL", febbraio 1950 - Losanna

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"... Il paese era svegliato, a notte ancora fonda, da un rumore arcaico, di battiti di strumenti cavi di legno, come campane fessurate: un rumore di foresta primitiva che entrava nelle viscere come un richiamo infinitamente remoto; e tutti salivano sul monte uomini e animali ...."

                              Carlo Levi 

                                              Dalla Prefazione  a 

                                             Chi è devoto, M. Codice - R. De Simone, Napoli, 1974

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