OLIVETO LUCANO
Camminando per le vie del centro
storico, dove purtroppo non abita quasi più nessuno, il visitatore attento
rimane incantato di fronte a questi portoni, che si sono meravigliosamente
conservati nel tempo, sopravvivendo alle mode e al progresso tecnologico. La
loro straordinaria bellezza è preziosa testimonianza di una tradizione ormai
scomparsa e di un passato lontano, che però resta vivo nel ricordo di coloro
che l'hanno conosciuto, e che può solo vagamente essere immaginato da chi
oggi incuriosito si ferma ad osservarli.
Posti all'ingresso di un'abitazione o all'ingresso di una cantina, i
portoni avevano un significato estetico, oltre che un valore pratico. Oggi
molti di questi portoni sono stati sostituiti dalle saracinesche, ma quelli
che sono rimasti costituiscono una delle bellezze storiche più originali di
Oliveto Lucano.
Oliveto Lucano è un piccolo centro,
prevalentemente agricolo, che non conosce nè industrie nè caos cittadino, ma può senz'altro vantare un patrimonio artistico e culturale vasto e ricco di
tradizione. Un elemento che sintetizza arte, cultura e tradizione è
certamente costituito da antiche porte in legno, finemente intarsiate e
lavorate, visibili in alcune strade del paese, che risalgono al periodo
compreso tra la fine dell'800 e l'inizio del 900. Queste porte sono state
costruite da artigiani locali detti Maestri d'Ascia su commissione di
persone, spesso di alto rango. L'opera richiedeva un lungo ed accurato
procedimento di fabbricazione: dalla scelta del legno ai ritocchi finali
della porta ormai ultimata trascorreva un periodo variabile da una settimana
a 20 giorni; ma soprattutto esigeva una perizia e una competenza particolare
da parte dell'artigiano. Era innanzitutto necessaria una grossa abilità
tecnica a partire dalla scelta del tipo di legno da utilizzare. Si sceglieva
prevalentemente il legno di fama, un tipo di quercia tipica della zona, perchè risultava il materiale più adatto per la costruzione di un portone:
infatti è molto resistente all'acqua e all'umidità e dunque ottimo per
l'esterno; ma veniva adoperato anche il legno di castagno o di cerro che
possiede caratteristiche simili. Il legname necessario era reperibile nei
boschi che attorniano il paese, specialmente in quello comunale. Per
ottenere la qualità migliore del legno gli alberi venivano tagliati in un
periodo specifico dell'anno: nella seconda metà del ciclo lunare di gennaio,
oppure di agosto, poichè in questi periodi che la vegetazione è assente. Il
taglio veniva eseguito con 'l'accett' e con una particolare sega
detta 'strung'; i tronchi venivano poi sfaccettati, tagliati con
un'altra sega, la 'travana', e ridotti in lunghe tavole. Queste,
successivamente, esposte al sole durante il giorno, e riportate
pazientemente all'interno, durante la notte, venivano fatte stagionare e
disidratare. Occorrevano complessivamente circa cinque tronchi, di cui
almeno due per il solo telaio. Una volta conclusa questa procedura, le
tavole erano pronte per essere lavorate, Il falegname tagliava, limava,
intagliava, rifiniva: le forme che ai portali venivano date, non erano fisse
e monotone, ma cambiavano secondo le esigenze dei clienti o la fantasia del
'maestro d'ascia' stesso. Come serratura di sicurezza, i portoni
venivano muniti di un lucchetto particolare, fatto anch'esso
artigianalmente, 'il cardo', fissato alle due ante delle porte con
due chiavistelli, in cui si inseriva la chiave. Le porte, ormai terminate,
erano verniciate con olio di lino che dava un colore più naturale ed era più
adatto per proteggere il legno dalle intemperie. Un intenso lavoro, dunque,
per realizzare un portone, il cui prezzo, comprendente il materiale e la
manodopera, si aggirava tra le 50 e le 150 lire (valore dell'epoca).
Associazione Culturale "Raffaello Delle Nocche"