CHIESA DI S. ROCCO
Gli aviglianesi che risiedono "fuori terra" ritornano spesso -con il
pensiero alla piccola campana della Chiesa di San Rocco desiderosi di
ascoltarne il suono assurto ormai a simbolo della loro nostalgia per la
città natale, ove rientrano, appena possono, per risentire appunto "lu
dinghe dinghe" di San Rocco.
Veramente, questa chiesetta che sorgeva nella piazza, a ridosso del
monumento che nel 1926 gli aviglianesi eressero al grande figlio della
loro terra - Emanuele Gianturco - originariamente, già dal 1711, era
dedicata a San Sebastiano, come lo si deduce da una lapide ancora visibile
nell'oratorio che oggi porta il nome di San Rocco.
Successivamente nel 1787 fu ampliata in onore di San Rocco e di bel nuovo
restaurata nel 1855.
Cento anni dopo, e precisamente nel 1955, la chiesetta fu ristrutturata in
oratorio, per ospitare le organizzazioni giovanili di A. C. con le varie
opere annesse.
La campanella, però, è sempre lì, intatta, a ricordare a tutti - suonando
varie volte al giorno - l'attaccamento degli aviglianesi al proprio "borgo
natio".
Durante le feste patronali venivano innalzati sulla sua facciata dei
tempietti votivi con l'effige di san Vito o della Madonna del Carmine e vi
rimanevano ininterrottamente dall'inizio della novena a tutto il tempo dei
festeggiamenti per tener desta l'attenzione dei cittadini.
Ora sulla facciata dell'oratorio spiccano in due nicchie, in alto, le
sculture di San Rocco e di San Vito.
Testo tratto da "Avigliano città di Maria" di
Don A. Verrastro, 1983
Pubblicazione autorizzata dall'Autore |