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POLICORO - mare natura archeologia
Nicola Buccolo

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C’era una volta il Bosco Pantano

A Policoro c’è un itinerario naturalistico unico nel Meridione: il Bosco Pantano.

Fino agli anni ‘50, il Bosco si estendeva per 1600 ettari nella zona detta il “Pantano” (da cui deriva la sua denominazione), dalla foce del fiume Sinni e attraverso la “rivolta” fino alla foce del fiume Agri.

Esempio più unico che raro di una foresta con specie igrofile che vegetano in un clima temperato umido, anomale, quindi, in un clima caldo e asciutto, come quello della costa ionica.

Questo “monumento della natura” è rimasto pressoché intatto fino all’inizio degli anni ‘50. Ecco come viene descritto da due grandi naturalisti, al cui nome sono legate tantissime battaglie per la salvaguardia del patrimonio naturalistico italiano. Stiamo parlando di Fulco Pratesi e Franco Tassi, i quali nella “Guida alla natura della Puglia, Basilicata e Calabria” (Mondadori editore - 1979), scrivono:

“La foresta di Policoro era un maestoso e lussureggiante campione di foresta di pianura, umida, dominato da frassini, ontani, pioppi, salici, olmi, querce. Chi vide questa meraviglia della natura, ancora nel 1956 quasi intatta, descrive l’eccezionale sviluppo della vegetazione, esaltando l’imponenza della farnia, del cerro e della rovere presenti fin sulla riva del mare; parlano di frassini di oltre trenta metri, di olivastri di oltre quindici metri, di pioppi e salici spaventosamente grandi ed annosi, regno selvaggio di cinghiali, caprioli, martore e lontre”.

 

Una “meraviglia naturale irripetibile”

Con l’avvento della riforma agraria negli anni ‘50, l’antica foresta venne in gran parte disboscata, bonificata e trasformata in fertile terreno agricolo, da cui furono ricavate decine e decine di aziende agricole.

“Una meraviglia naturale irripetibile” venne distrutta tra l’indifferenza quasi generale. Ci fu qualche voce allarmata dal mondo scientifico, ma rimase inascoltata, in un’epoca in cui più che la coscienza naturalistica di oggi, prevaleva la “fame” di terra.

 

A due passi dal mare, in compagnia dei gabbiani

Della foresta di 1600 ettari, furono risparmiati poco più di 500 ettari. E’ il “relitto” che resta di quella foresta, “ultimo lembo del bosco planiziario con una originale composizione floristica ed unico nell’Italia continentale”, che dà comunque un’idea di quello che era l’antico bosco, costituito da pioppo, olmo, frassino, ontano, salice, oltre a ginepro, ginestra, lentisco, mirto, rosmarino, macchia mediterranea e agave americana.

Sono inoltre presenti esemplari plurisecolari di cerri, farnie, frassini e diverse ceppaie di alloro. Il bosco rappresenta anche un’area strategica per le migrazioni degli uccelli. Negli ultimi tempi sono state censite oltre 170 specie (alcune rare) che hanno messo su casa nel bosco e negli ambienti acquatici del fiume e della costa.

Il bosco è a due passi dal mare, se ne può respirare l’aria e ci si può tuffare, facendo il bagno in compagnia dei ...gabbiani, provando le sensazioni di una natura selvaggia.

 

L’oasi naturale del WWF

E’ in atto da alcuni anni una presa di coscienza per la tutela e la conservazione di questo relitto di bosco.

Il Comune di Policoro, nel 1995, ha assunto una iniziativa significativa, affidando i ventuno ettari di sua proprietà al WWF, che ne ha fatto un' "oasi naturale”, consentendone una corretta fruizione turistica, educativa e scientifica.

La fondazione dell’oasi, voluta dall’amministrazione comunale, oltre che costituire l’avvio concreto per l’acquisizione al patrimonio pubblico di quel che ancora resta dei Bosco Pantano, in parte in mano ai privati e in parte appartenenti ad enti pubblici, vuole impedire manovre di utilizzazione a fini speculativi, sempre in agguato.

Gli altri enti dovrebbero seguire l’esempio del comune, affidandone la gestione, per la parte di loro proprietà, al WWF Italia, che dovrebbe quanto prima avviare le procedure per l’acquisto di quella parte di bosco, che è in mano ai privati.

 

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