A Policoro c’è un itinerario naturalistico unico
nel Meridione: il Bosco Pantano.
Fino agli anni ‘50, il Bosco si estendeva per 1600
ettari nella zona detta il “Pantano” (da cui deriva la sua
denominazione), dalla foce del fiume Sinni e attraverso la “rivolta”
fino alla foce del fiume Agri.
Esempio più unico che raro di una foresta con
specie igrofile che vegetano in un clima temperato umido, anomale,
quindi, in un clima caldo e asciutto, come quello della costa ionica.
Questo “monumento della natura” è rimasto
pressoché intatto fino all’inizio degli anni ‘50. Ecco come viene
descritto da due grandi naturalisti, al cui nome sono legate tantissime
battaglie per la salvaguardia del patrimonio naturalistico italiano.
Stiamo parlando di Fulco Pratesi e Franco Tassi, i quali nella “Guida
alla natura della Puglia, Basilicata e Calabria” (Mondadori editore -
1979), scrivono:
“La foresta di Policoro era un maestoso e
lussureggiante campione di foresta di pianura, umida, dominato da
frassini, ontani, pioppi, salici, olmi, querce. Chi vide questa
meraviglia della natura, ancora nel 1956 quasi intatta, descrive
l’eccezionale sviluppo della vegetazione, esaltando l’imponenza della
farnia, del cerro e della rovere presenti fin sulla riva del mare;
parlano di frassini di oltre trenta metri, di olivastri di oltre
quindici metri, di pioppi e salici spaventosamente grandi ed annosi,
regno selvaggio di cinghiali, caprioli, martore e lontre”.
Una “meraviglia naturale irripetibile”
Con l’avvento della riforma agraria negli anni
‘50, l’antica foresta venne in gran parte disboscata, bonificata e
trasformata in fertile terreno agricolo, da cui furono ricavate decine e
decine di aziende agricole.
“Una meraviglia naturale irripetibile” venne
distrutta tra l’indifferenza quasi generale. Ci fu qualche voce
allarmata dal mondo scientifico, ma rimase inascoltata, in un’epoca in
cui più che la coscienza naturalistica di oggi, prevaleva la “fame” di
terra.
A due passi dal mare, in compagnia dei gabbiani
Della foresta di 1600 ettari, furono risparmiati
poco più di 500 ettari.
E’
il “relitto” che resta di quella foresta, “ultimo lembo del bosco
planiziario con una originale composizione floristica ed unico
nell’Italia continentale”, che dà comunque un’idea di quello che era
l’antico bosco, costituito da pioppo, olmo, frassino, ontano, salice,
oltre a ginepro, ginestra, lentisco, mirto, rosmarino, macchia
mediterranea e agave americana.
Sono inoltre presenti esemplari plurisecolari di
cerri, farnie, frassini e diverse ceppaie di alloro. Il bosco
rappresenta anche un’area strategica per le migrazioni degli uccelli.
Negli ultimi tempi sono state censite oltre 170 specie (alcune rare) che
hanno messo su casa nel bosco e negli ambienti acquatici del fiume e
della costa.
Il bosco è a due passi dal mare, se ne può
respirare l’aria e ci si può tuffare, facendo il bagno in compagnia dei
...gabbiani, provando le sensazioni di una natura selvaggia.
L’oasi naturale del WWF
E’ in atto da alcuni anni una presa di coscienza
per la tutela e la conservazione di questo relitto di bosco.
Il Comune di Policoro, nel 1995, ha assunto una
iniziativa significativa, affidando i ventuno ettari di sua proprietà al
WWF, che ne ha fatto un' "oasi naturale”, consentendone una corretta
fruizione turistica, educativa e scientifica.
La fondazione dell’oasi, voluta
dall’amministrazione comunale, oltre che costituire l’avvio concreto per
l’acquisizione al patrimonio pubblico di quel che ancora resta dei Bosco
Pantano, in parte in mano ai privati e in parte appartenenti ad enti
pubblici, vuole impedire manovre di utilizzazione a fini speculativi,
sempre in agguato.
Gli altri enti dovrebbero seguire l’esempio del
comune, affidandone la gestione, per la parte di loro proprietà, al WWF
Italia, che dovrebbe quanto prima avviare le procedure per l’acquisto di
quella parte di bosco, che è in mano ai privati.