160 Lezione notturna di Botanica
Non mi piace,
quando non ti fai sentire.
Nemmeno a me, desiderabile creatura,
se non mi cerchi.
Che vuoi, che venga, coperta con un velo,
a farti la danza con il ventre?
Voglio vederti come in meditazione,
come per rapimento;
voglio vederti in trasparenza,
come una lastra ai raggi x,
come un fusto di zea-mais al microscopio.
In tempi non lontani, ho avuto in dono,
da te, filosofici semi e fantastiche radici
da cui ho tirato fuori fiori reali e surreali...
...e io ti ho messo in vaso - scusa l'nterruzione -
anche qualche pianta medicinale, come rimedio,
naturale, a questo leviatano, a questo mega-mondo
meta-reale.
C'è un però, però.
Sei stato ingenuo - lasciami dire -
a comprometterti con erbe e foglie, a dire poco,
poco poetiche, che a loro volta traggono termini
di confronto con vegetali che conosci poco.
Grazie, per la lezione di Botanica.
T'ho cercata io, stavolta, per aridità, però,
tra l'afa della notte e il voluttuoso odore
dei tigli in fiore. E' tanto intenso che
oltrepassa il cancello e, dalla strada,
s'insinua nel cortile.
Per quanto ne so,
l'aridità è l'esperienza stessa della notte
che il buio riempie, o vuota, di significato.
Tutti cercano il riposo, il silenzio delle ore piccole,
tutti temono i fantasmi che, dopo la mezzanotte,
si levano dai rami e dalle piante si sollevano,
bianchi come cadaveri.
Li temono e li evitano e, così, parlano di aridità,
di quella ruvida presenza che non è la semplice penuria
di parole, la semplice scarsezza di foglie,
sempreverdi, ma l'evidente mancanza di storia,
proprio, da raccontare.
Se davvero vuoi vedere i tronchi d'alto fusto,
entra nei dettagli delle foglie, penetra nelle pieghe
che possiede il bosco e segui il sentiero che
non porta in nessun luogo, fruga nei nascondigli,
nelle siepi, negli anfratti dove puzza l'aria,
nei posti dove nessuno è accolto, dove
niente resta, dove nessuno può restare.
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