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Scriversi addosso - 03 - Ringraziamo la regione Lucania per averci regalato il fiorentino

Ovunque ti giri, ti siedi o guardi, c’è un sacco di gente che scrive e pochissimi altri che leggono.

Chi scrive lo fa probabilmente per farsi leggere, comunicare e ciò potrebbe giustificare lo sforzo profuso, ma quelli che meritano l’encomio, normale o solenne, sono quelli che leggono. Se non altro perché non si riesce a comprendere, e a capire, e nemmeno a sospettare, per quale scopo, ragione o tornaconto, lo facciano, in considerazione che le cose che vengono scritte oggigiorno sono, tutto sommato, diviso, sottratto e anche moltiplicato ed elevato all’ennesima potenza, quasi del tutto illeggibili, banali, scontate e ripetitive e, solo qualche brano (e questo testo rappresenta uno dei pochissimi, rari, se non unici, esempi degni d’attenzione) merita considerazione e rispetto.

Giudizio forse troppo personale, ma soggetto a variazioni e ripensamenti.

Oggi si scrive di tutto, per tutti e per tutti i gusti, retrogusti e tendenze: un gran casino.

Apro una parente (o un parente, a seconda dei gusti e delle tendenze personali o di cartello).
Gusto e gusti: discutibili e opinabili; in ogni caso personali e perdonabili senza necessariamente voler fare, o prendere in considerazione troppi personalismi, diatribe o affari pubblici o, più in generale, polemica politica. Più che altro, o mai esclusivamente, personale politica polemica.
Retrogusti: sapore che, dopo il sapore di contatto, o primario, permane, dopo.
Volendo fare sottilette (affettate e non) o sottigliezze il gusto vero, o più duraturo, permanente o di facciata, che lascia il segno e la sostanza; quello che deciderà se soprassedere, o arrendersi, o cercare di modificare con la sostanza, o raggiungere con la tendenza.
Tendenza e tendenze: quella (o quelle) che permane (o permangono) dopo il dissenso o, più propriamente, il disaccordo che cerca, o tende, al consenso.
Narcisismo a parte, o a diritta e a manca e, purtroppo, che quasi sempre manca (nel senso che non c’è e non a sinistra come il manca di prima, non quello tesserato PSI) specialmente nelle occasioni che contano (e non, ma che in ogni caso, per qualche ragione o per mero culo riscuotono consenso).
Roba soggetta a scadenza, come la panna o le mozzarelle. In ogni caso riciclabile, se bollita o (la famosa) ribollita. E, questa apparente, e apparentata contraddizione a giudicarla bene, o per il giusto verso, cioè quello apparentemente più contraddittorio e distante, è comunque una gran cosa.
La sostanza e lo strutto che permane.
Chiusa parente (o parente).

Scrivere non è mai stata, non é e mai sarà una faccenda, o una vicenda, trascurabile o inutile.
Chi scrive, come, perché e con quali risultati non importa; scrivere ha sempre, e in ogni caso, una ragione, una motivazione, una qualche logica. Importante è che lo si faccia con convinzione, per divertimento, passione e senza eccessive pretese.
Più che mai senza molte aspettative.

Nell’epoca globale di un mondo che vorrebbe globalizzare tutto, scrivere deve e significa lasciare un segno, tracciare un desiderio e dare una speranza. L’esercizio, per quanto inutile, sconclusionato, misero, pietoso e grossolano sia, è meritevole di rispetto.
Chi scrive merita la nostra stima per quanto possa sembrare compassionevole o illusorio il lavoro profuso, e il risultato ottenuto. Scrivere, ho già scritto in passato, è come far prendere aria all’anima e ciò può bastare per giustificare, accettare e rendere credibile ogni sforzo.
Il vero problema è un altro e tutt’altra cosa.

La vera domanda è: “Com’è possibile scrivere, oggi, scrivere qualcosa di sensato o di scritto bene quando non c’è nessuno che sembra aver voglia di leggere e di capire?”
Il mondo, infatti, sembra andare a rotoli e la scrittura… A puttane!
Io, poi, che scrivo per passione, e non per mestiere, che ho fatto e rifatto, scritto e trascritto, letto e riletto, copiato e ricopiato…..E cerco di scrivere della vita, di quello che succede, delle cose che sento, degli avvenimenti di cronaca e di qualche altra cosuccia, sempre a mio modo di sentire, molto attuale e vero, di questi tempi, mi sento spiazzato e mi chiedo:
“Che senso ha scrivere oggi? Come scrivere oggi? Di cosa scrivere oggi? Di politica? Economia? Informazione?”
Soprattutto mi chiedo:
“Come scrivere diversamente oggi? Vale la pena tentare di scrivere di cose e con uno stile “al di fuori” e “differente” da quello imposto e consigliato dalle “circostanze?”
“Si può e si deve tentare di scrivere in maniera, come dire, “spettinata” cercando di utilizzare la satira, o quella che ne è rimasta, in maniera di dire e riflettere sulle cose che nessuno sembra più aver voglia di leggere, sentire e parlare?”

La risposta, dieci volte su venti è:
“Credo di si”.
Non solo, sono sicuro che scrivere, o tentare di farlo, sia l’unica maniera di sopravvivere, e di pensare “fuori dal coro”.

E qui si manifesta, prevale e si evidenzia la “china” dello scrittore provetto “vieppiù” spettinato che “ introppica” nell’enfasi “scrittorea” ma si aggrappa alle proprie convinzioni traendo spunto, forza e coraggio dalla propria enfasi e dalla propria cocciutaggine.

Si, scrivere lontano e differente, di cose che altri non sentono o non vedono e non per fare “battute”, come gli altri sembrano intendere, ma per allontanare ed esorcizzare la paura, per sdrammatizzare questo mondo che sembra appiattirsi e allinearsi a schemi che tutti, a parole, rifuggono ma a cui tutti in buona sostanza tendono e devono rapportarsi per avere successo e mantenersi “nei media” della struttura.

E qui sono evidenti i sintomi degenerativi della malattia che sta invadendo la parte centrale del lavoro dell’artista spettinato a “botte di phon”.

Scrivere per allontanare e per esorcizzare la paura e il timore che il mondo si stia appiattendo e, facendolo, ho scelto la comicità, o qualcosa che ci rassomiglia.

Scrivere per me è un po’ anche questo, scrivere “contromano” o “controsenso”.
In altre parole scrivere e basta, senza curarsi troppo di piacere o dei consensi. Convinto e sempre titubante; comunque tentato e, per troppi e disdicevoli versi, affezionato a uno stile-non stile proprio delle teste di cazzo, caratteristico di quelli che faranno o subiranno la storia, o la gogna e tutto il resto. Restando in attesa, e aspettando.
Aspettare, si sa a volte può essere deprimente o esaltante. Io che ho aspettato tutta la vita non scanso quest’altra: attendere è un piacere che non ho mai evitato.

Se consideriamo la tristezza che inducono certi fatti attuali di cronaca e i commenti di alcuni scrittori (o sarebbe meglio definirli “autori” e basta) osservati, o letti, da una angolazione differente da quella “corrente”, quindi del tutto particolare dalla solita, visti tutto e tutti “contromano” o “controsenso” indubbiamente presentano aspetti “spassosi”,


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