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POESIE di Salvatore Fittipaldi


          
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Prefazione di Silvia Denti a L' UOMO IN VESTAGLIA

Nella sua sublime raccolta di poesie, “L’uomo in vestaglia” che è per
Divinafollia Edizioni motivo di grande orgoglio, l’autore esplora con
maestria vertiginose profondità emotive, ancora più inquiete se possibile,
in cui l’ombra della morte aleggia costantemente e senza dargli tregua.
Tuttavia, l’amore, inteso come forza universale che unisce tutti gli esseri
viventi, emerge come un faro luminoso in questo suo mondo di oscurità.
In quasi tutti i testi, ciascun particolare evocativo è importante,
poiché i ricordi sono accompagnati da oggetti intangibili che raccontano
la storia di ogni singolo istante. L’autore si separa dalla società, deluso e
abbandonato come un piccolo granello ininteressante in una montagna
di sabbia.
Per chi sa apprezzare l’arte della parola, queste poesie penetranti
rappresentano un’esperienza intensa, in cui il tempo e lo spazio si
dissolvono, lasciando il lettore immerso in un mondo di pure emozioni
e pensieri profondi.
Mi viene spontaneo citare la poesia “Infinito in tre” di Edoardo
Sanguineti, uno dei suoi poemi più conosciuti e amati dagli appassionati
di poesia e dallo stesso Fittipaldi. In questa magnifica opera, Sanguineti
articola un viaggio emotivo attraverso l’uso di immagini forti e ricchi
giochi di parole, che riflettono la sua raffinata sensibilità letteraria.
Ma, se la poesia di Edoardo Sanguineti è caratterizzata dalla sua
profonda originalità e creatività, espressa attraverso una vasta gamma di
tecniche e di stili, dall’uso innovativo di metafore e simboli, all’impiego di
giochi di linguaggio, passando per l’attenzione per la forma e la metrica,
quella del Nostro amplifica le percezioni, le stritola disintegrando la
semantica, rendendo ancora più personalissima la sua modalità espressiva.
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Inoltre, è tutta sua la capacità di esplorare tematiche profonde in modo
inquietante e provocatorio, con un uso non convenzionale del linguaggio
e delle strutture poetiche.
La grande dote di Fittipaldi è quella di penetrare nel cuore stesso della
realtà, andando al di là delle apparenze e delle consuetudini, e proponendo
una visione del mondo radicale devastante di bellezza. Belle le immagini,
belle le vibrazioni, incantevoli soste in cui egli riesce a librarsi volando
altrove, molto al di sopra perfino di sé stesso.
Fittipaldi utilizza parole desuete e particolari giustapponendo suoni
e immagini in modo originale ed efficace, riuscendo così a rappresentare
nella sua poesia una gamma di emozioni e sensazioni che non hanno
eguali nella letteratura contemporanea. Inoltre, l’uso della punteggiatura
particolare e dei due punti sul finale, conferiscono un ritmo incalzante
e frenetico ai suoi scritti, regalando al lettore un’esperienza poetica
coinvolgente e avvincente.
Non va dimenticato Sartre, che è spesso associato alla filosofia
dell›esistenzialismo, e anche in questa silloge si avverte spesso la necessità
dell’importanza della libertà individuale. Secondo Fittipaldi l’uomo è
totalmente libero di scegliere e di definire il proprio destino, ma questa
libertà è anche fonte di ansia e disagio, perché ogni scelta implica una
consapevolezza morale. “L’uomo in vestaglia”, quasi come l’opera più
famosa di Sartre “L’essere e il nulla”, affronta il tema della libertà e della
responsabilità personale e critica aspramente la concezione tradizionale
dell’essenza umana come qualcosa di predefinito e immutabile. In sintesi,
anche per Fittipaldi, la libertà è un valore fondamentale dell’esistenza
umana, ma anche una fonte di angoscia e responsabilità morale.
A tale proposito tirerei in ballo Kafka (come già feci ne “L’Elogio
all’Inquietudine”, N.D.R) che l’Autore cita ancora in un suo testo:
“sembra sazio (abbastanza) di digiuno: lo evidenzio
(violando la privacy) come privazione del reale:
potevo farne a meno, ma il digiuno esige (dal digiunatore)
che si perda ogni natura, che la fame si affronti senza veli,
senza fingimenti e sotterfugi: e poi (il digiuno)
ha una sua naturalezza che fa apparire sazi
nella dimensione della fame: chi ne ha esperienza, dice
che ogni fame ha il suo digiunatore, con un suo corpo
(speciale) che afferma l’aspetto e l’effetto della sazietà
(e aggiunge che l’indifferenza ne nasconde la contraddizione.”
Ciò sublima i concetti dell’Autore, che sono a volte ipotesi sulla
comprensione dei suoi scritti, ovverosia possono essere interpretati
erroneamente, ma l’irrequietezza profonda di Salvatore Fittipaldi sgorga
con profondissime metafore mai banali, sempre e comunque pregni di
significato: ogni parola è ben studiata, sentita, misurata. Ciononostante,
in un alto passaggio del presente libro, egli sembra quasi gridare: “i mezzi
di difesa della bestia non sono, forzatamente/in relazione con la sua ferocia:
nessuno si cimenta/a scrivere la storia vera, sincera dei suoi ineffabili/dolori:
la parola esige rapidità, possibilità, agio/di dispiegamento: deve sentire forte
il bisogno/di essere adoperata, di assaporare il sale di/una lacrima o lanciare
al cielo una ultima/bestemmia: accidenti, accidenti a tutti gli aggettivi, i
verbi che si spezzano/in sillabe, in fonemi, in consonanti/con la loro vocale
naturale!
È indubbiamente un vero maestro dell’espressione, evidenzia il suo
profondo conoscere e il continuo studio su quanto mette su carta, laddove
l’uomo ricorda l’irricordabile (per citarlo ne “L’uomo che assomigliava ai

cani”) e nonostante si senta costantemente in vestaglia (il lettore troverà
tra queste pagine dei lucidissimi punti numerati che desteranno in lui
l’appassionarsi maggiormente a questa silloge) è l’uomo affascinante e
capace di emozionare, di captare le più minuscole sfumature della poesia
con un semplice tratto di penna. Fittipaldi ci sta regalando un volume
a cui nessuno dovrebbe rinunciare e che resterà vivo tra i tomi più
interessanti della letteratura italiana di questo secolo.
Silvia Denti


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