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CARMEN DI GIULIO


          
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37 - LA GUERRA

…E fu la guerra!
La truce guerra che per sé reclama
dal mondo innumerevoli tributi
d’uomini e cose e la morte a sé chiama
compagna inseparabile, dai muti
rapidi passi. “Guerra” si gridò
sotto ogni cielo e la lotta infuriò.

Soldato fu la folla senza nome
che vasta sulla terra lasciò
orma di sangue, che fra l’onde dome
l’animo suo gigante inabissò
e nel fulgido azzurro trovò il nero
della notte infinita e un sonno fero.

Il ciel, la terra, il mare furon rogo,
baratro orrendo a tanta giovinezza,
che, in supremo olocausto al natìo luogo
i sogni offrì, la vita a nuova ebbrezza
ancor protesa, aperta alla speranza,
sfavillante di luce e d’esultanza.

Militi colti e ignari, affratellati
dal sacrificio immane, si trovaron
nelle fredde trincee rannicchiati;
l’ombra di morte tutti contemplaron,
unica sera ai giorni senza fine,
triste scenario all’eterne mattine.

Con occhio attento e l’arma in pugno stretta,
stremato il corpo e coraggio titano
l’un prode contro l’altro in tutta fretta
corse all’assalto, lanciò bombe a mano;
seguirono lamenti d’agonia,
scoppi, urli, tonfi, schianti nella via.

Piagato nelle membra, mutilato,
il funebre origliere tu chiedesti,
Fante, alla nuda terra e appagato,
vitreo l’occhio, a un volto sorridesti,
un nome pronunziasti e si compì
con un destino un dramma. Anche ruggì

sconvolto il mar da colpi di cannoni,
nella sventrata nave s’inoltrò
con terribili, cupo urlar di tuoni;
inerti corpi seco trascinò
per l’onda bruna nella fosca notte
con braccia a croce, alle fatiche rotte.

Chetata l’acqua cullò il marinaio,
gl’infiorò d’alghe l’ultima dimora,
gli cantò inoltre con un ritmo gaio
l’inno dell’eroismo e ancora, ancora
l’inno d’amore e della libertà.
Eco del cuore dell’umanità!

Lo spettro della morte spiegò il volo
su, su nel ciel, che campo di battaglia
divenne anch’esso e orchestrò da solo
palpiti d’ali, scrosci di mitraglia.
Velivoli qual aquile furenti
volteggiarono e fecero sgomenti

bombardarono, abbattendo, fulminando
i nemici, giungendo di sorpresa;
e le bombe, uccidendo, frantumando,
piovvero giù, ma tosto alla difesa
altri caccia s’alzarono e non pochi:
che turbinio di eliche e di fuochi!

Quanta messe di eroi mieté la guerra!
Quante vite divelte dal miraggio
d’un ideal, l’avello oggi rinserra!
Quale sublime ai posteri retaggio,
che, di monito, ai popoli sarà
di coraggio, di fede e di libertà.



37 - LA GUERRA
La dimensione della Guerra fu vissuta da Carmen, come da tanta parte dei suoi amici dell'epoca, in un senso pieno, sfociante quasi in una orribile normalità. Già il padre aveva partecipato alla "Grande Guerra" e lei, sicuramente, dai suoi racconti aveva assorbito gli orrori di quella tragica successione di eventi dolorosi e nefasti. Le terre del meridione d'Italia fornirono, purtroppo, tante giovani vite ad una "causa" che, molto spesso, non erano in grado di comprendere, nella interezza e in tutte le sfumature storiche; quelle scelte erano state operate in contesti culturali e politici così lontani. Erano considerati, quei giovani innocenti e profondamente legati alla loro famiglia, semplice "carne da cannone", buona solo per essere sacrificata ciecamente. Per la II Guerra mondiale, da questo profilo, gli eventi subirono una evoluzione più "leggibile". Tanti suoi compagni di studio si fecero coinvolgere attivamente, e con tragico entusiasmo, nell'orribile gioco al massacro, che provocò il loro "non ritorno" alla terra natia. E poi il marito, allora fidanzato, combattente su vari fronti, con cui mantenne il contatto in maniera affettuosa e costante, e ancora, i bombardamenti in quella Napoli che l'accolse ed ospitò durante gli anni dei suoi studi proprio quando subì, quella città, l'onta selvaggia degli eventi più cruenti. Ella convisse con quella dimensione per tutta la sua infanzia, giovinezza e prima maturità. Fece i conti con essa, non lasciandosi mai sopraffare, pur non perdendo di vista gli orrori che ad essa si accompagnarono. Questa poesia ne è prova indiscutibile.


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