46 - SENTO UNA FISARMONICA
Sento una fisarmonica che geme,
e chi la suona piange anch’egli in cuore
per una pena grande, senza speme,
stasera amara e piena di rancore.
Zampilla il suono triste ed accorato,
creato dal ricordo e dal dolore:
é un pianto lungo, mesto, appassionato,
é uno spasimo acerbo dell’amore.
Sono in ascolto il muro ed il balcone,
l’alberello e la strada polverosa,
la falce della luna ed il lampione,
la persiana e l’insegna luminosa.
Nell’aria si diffondono le note
vibranti e dolci come una carezza,
l’ultima carezza ad un sogno voto,
un breve addio fatto di tristezza.
E’ l’eterna vicenda dell’amore!
Entusiasmo febbril, speme tradita,
attesa, sempre attesa in tutte l’ore
d’un cuor che dietro un sogno s’é smarrito.
L’ultima nota sale prolungata,
po’ il silenzio buio, come la notte,
ma a quel motivo pur resto ormeggiata,
ché rivivono in me intime lotte.
46 - SENTO UNA FISARMONICA
Non è casuale il riferimento ad una fisarmonica per descrivere l'animo di Carmen, in questi versi tristi ed accorati. E' lo strumento che più di tutti unisce armonia a lamento. Tanto profonda è la tristezza che esprime che si addice, a quell'armonioso suono, una platea muta, quasi assente, certo distratta, impersonale, come il muro ed il balcone, l'alberello e la strada polverosa che, però, da elementi impersonali del paesaggio, si trasformano in spettatori partecipi ed anch'essi accorati. E' come se entrassero nello spirito della poetessa, che in essi vede gli stessi, muti, inerti spettatori delle sue più intime vicende. Conclude con una certezza: anche se l'ultima nota prolungata esprime la disperata conclusione di un intimo travaglio, allo stesso modo, ad essa, ella non può rinunciare, come, d'altra parte, giammai rinunciò ad affrontare e vivere fino in fondo le sue personali vicende.
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