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Antonio Carcuro


           
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SUONI ANTICHI

Eppure a volte dall’incessante rombare
del traffico che ogni altra voce soffoca
e vuole cancellarti perfino dalla memoria
sento levarsi suoni antichi.

La pioggia che scendeva con riposante fruscio
o ticchettando allegra sul tetto e contro i vetri
il gorgoglio della fontana nella notte
i fantastici concerti del vento quando furtivo
s’intrufolava trombante dalla ciminiera
per uscirne sibilante tra fessure di porte e finestre.

Lo sfrigolante scoppiettare del ceppo nel camino
i latrati dei cani ed il pianto dei gatti
i versi sinistri della civetta
il risuonare dei miei passi nella strada deserta.

I chicchirichì dei galli che rivelavano il giorno
il chiassoso cinguettare dei passeri
le grida del venditore ambulante e del banditore
lo scalpiccio dei cavalli e delle greggi
i loro nitriti, belati e scampanellii
i garriti delle rondini che ti sfrecciavano
a schiera sulla testa, la cantilena delle galline
quando alla sera volevano rincasare.

I canti spensierati delle ragazze
che spalancavano l’uscio di casa
per farvi entrare il sole e lo sposo
le loro risate innocenti piene di gusto
il festoso vociare dei bimbi in gioco
il rimbalzare sonoro dei cerchi per le strade
la musica della fanfara alla festa del patrono.

L’eco della mia voce che restituiva
il lato opposto della valle
il crepitio delle stoppie brucianti
il frinire delle cicale sotto il cocente sole
lo stormire delle querce nel bosco
il brusio dell’unico pino del paese
il limpido saltellare delle acque del ruscello.

Il sordo colpo della zappa del contadino
ed il sicuro fendente dell’accetta
gli stornelli che egli cantava nell’aia
le nenie ai piccolini per farli addormentare
le serenate degli amanti ed il trillare
del solitario grillo vicino casa.

I nomi dei figli declamati dalle mamme
per farli rientrare a casa per il pranzo e la cena
il brillante martellare del fabbro sull’incudine
il ronzio delle mosche, il corno del fornaio
che chiamava le massaie per cuocere il pane
il rapido rintoccare della campana
che sollecitava in chiesa zitelle, vedove e vecchiette
il segreto silenzio nel quale vagheggiavi
la tua donna amata e concepivi sogni infiniti.


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