5 - COMPITO DI LATINO IN III F
Voi che di fronte a me scrivete, chino
il volto acceso, un po’ preoccupate
per la buona riuscita del latino,
ed un vocabolario mi sfogliate,
sappiate che vi guardo con amore;
che il mio occhio commosso vi accarezza,
farfalle ferme sopra arido fiore,
che per voi sento tanta tenerezza.
C’è tutto un agitarsi di testine,
un gigolar di banchi a quando a quando,
un sospirar sommesso; birichine,
il latino vorreste dare al bando;
e l’una guarda l’altra un po’ smarrita
poi tornate pazienti a lavorare,
prima che la versione sia finita,
avrete ancora un pezzo da sgobbare.
Scappa ogni tanto un suggerimento
a voce bassa e un’occhiata furtiva,
e noto il tentativo in un momento
di sbarcare una frase all’altra riva.
Allora, divertita, alzo la voce,
vi richiamo al dovere, all’obbedienza;
ma i detti miei in voi non trovan foce,
ché della colpa ognun sente l’assenza.
Vedo, talvolta, navigar nel vuoto
lo sguardo di taluna alla rincorsa
di un costrutto o di un verbo un dì pur noto,
in sé, però, non trova una risorsa.
E tutte ancora, ancor vi affaticate,
tormentate coi denti la matita,
il foglio spesso in mano rigirate
e il tempo passa e un’ora é già finita.
Povere bimbe, c’é chi vi comprende!
Che destino, quello di un professore,
che nell’animo sempre vi difende,
dover tenere a voi chiuso il suo cuore.
Ogni dì mi vedete al tavolino,
sempre pronta a iniziare la lezione,
a rispiegare il barboso latino,
a porre il veto alla vostra intenzione.
Ma se potessi via gettar la benda,
che di vostri timori é la cagione,
mi affretterei ad iniziar l’ammenda,
spoglia restando alfin d’ogni finzione.
Sarei monella e allegra quanto voi,
baderei meno alle frasi latine,
una lega si farebbe tra noi,
saremmo tutte quante chiacchierine.
E sfoglieremmo insieme la rivista,
parleremmo di Gassmann, di Angelini,
del Rock and Roll, il ballo primo in lista,
di Festival, di moda e di giardini.
La vostra gioia e la sete di vita,
richiamano dall’ombra il mio passato
pieno di attesa, da dolce fiorita
di azzurri sogni sempre costellato.
Se domani voi pure insegnerete,
vi sia cara ogni vostra scolaretta,
quest’oggi, sol con loro rivivrete,
ma d’esser grandi non abbiate fretta.
5 - COMPITO DI LATINO IN III F
Il cuore di una “madre-fanciulla” rimane tale in ogni luogo e a fronte di ogni particolare situazione. Anche nei confronti delle allieve Carmen prova l’amore che sente per le sue figlie, e tali le considera anche in circostanze all’apparenza fredde e burocratiche come un compito di Latino. Traspare piena la dicotomia in cui si dibatte, dovendo assumere atteggiamento da freddo censore, quando nel suo cuore ella si sente del tutto simile a quelle giovani, piccole donne. Con loro vorrebbe condividere ben altro che il freddo latino. Vorrebbe essere una di loro, perché tale è rimasta nel suo intimo più profondo. Ma anche se all’apparenza certamente, per professionalità connessa all’importante suo ruolo di insegnante ed educatrice, avrà dovuto assumere nei confronti delle sue allieve atteggiamenti formali, certamente non sarà stata capace di nascondere completamente la sua reale natura. E questo sarà arrivato, con certezza alle sue allieve, che avranno percepito l’amore per loro, da parte della loro insegnate, al di là di ogni atteggiamento formale. Tutte avranno conservato nel loro cuore solo questo aspetto, perché, quando tutto cessa, solo l’amore rimane. Una sola domanda: quante avranno colto la Leopardiana esortazione a non aver fretta a diventare grandi? Forse lei sola, che di quella strada ne aveva percorso già un buon tratto.
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