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Adulti, ma solo per caso (noiosissima e stupidissima riflessione, più che altro banale e scontata)

Il termine adulto indica una persona cresciuta, un uomo o una donna che ha raggiunto il pieno sviluppo fisico e psichico e, più in generale, la maggiore età.
Il contrario di adulto è ragazzo, l'adolescente, il minorenne.
Nella nostra società si diventa “adulti” a diciotto anni; si tratta di una convenzione che non tiene conto delle differenze, delle esperienze personali maturate e di tutti quegli altri innumerevoli elementi, caratteristici e unici, di ogni persona che influiscono in maniera decisiva nella crescita e nella maturità di ogni individuo. D’altronde, vivere insieme comporta stabilire regole e norme generali che valgono per tutti e questa, fra le tantissime, non è nemmeno la più stupida e la più sbagliata.
E’ a partire da diciotto anni, dunque, che l’individuo è ritenuto completamente responsabile delle proprie azioni e gli sono riconosciuti alcuni diritti fondamentali, come quello di votare.
Da zero a diciotto anni, invece, si vive sotto la protezione dei genitori, che esercitano la podestà avendo il diritto, e il dovere, di provvedere agli alimenti e all’educazione. Anche per la legge, durante questo periodo della vita, l’individuo è ritenuto in parte incapace d’intendere e volere, tanto che molti dei reati minori sono ritenuti “non punibili” o "perdonabili" e, in ogni caso, giudicati da un tribunale per minori. In sostanza, sino a diciotto anni, secondo la nostra cultura e la nostra legge, si è nell'impossibilità di badare a se stessi ed è riconosciuta la possibilità di "sbagliare entro certi limiti".
In pratica, sino al raggiungimento della maggiore età sia l’uomo che la donna, sono considerati bambini e, di conseguenza, incapaci di prendere delle decisioni, fare delle scelte mature e distinguere perfettamente il bene dal male.
Quelli che hanno raggiunto e superato la maggiore età e che conservano ancora memoria dei desideri e delle aspirazioni dell’infanzia, ricordano certamente di quanto il tempo, in quell’epoca particolare della vita, sembra passare lentamente e della voglia di diventare presto “grandi”.
La mia generazione, sufficientemente diversa da quella di oggi, aspettava con impazienza di compiere i fatidici diciotto anni perché, a partire da quell’età, all’individuo erano riconosciuti alcuni diritti fondamentali come una maggiore libertà di spostarsi o frequentare in maniera autonoma posti che, sino a quell’età, rimanevano tabù.
Non fraintendetemi, parlo di locali come bar, sale di ballo e posti del genere; ancora oggi, alla mia età, non ho ancora frequentato “locali” di un certo tipo, oggi liberamente praticati con disinvoltura e massima libertà da quattordicenni.
Per le donne allora era molto peggio.
La donna a diciotto anni, e in molti casi in età ancora inferiore, entrava in una condizione di “controllo totale” giacché la famiglia e la società di allora aveva dei valori, o se preferite dei tabù, che la volevano illibata sino al matrimonio.
Non meravigliatevi e non fraintendetemi anche questa volta, neanche allora ci arrivava, solo che in quell’epoca quelle “faccende” si facevano di nascosto e non alla luce del sole come accade oggi.
Come tutti i bambini della mia generazione, anch'io non vedevo l'ora di raggiungere i diciotto anni per fare quello che volevo, ottenere la libertà e l'indipendenza e non dover essere soggetto agli altri.
Da qualche tempo ho raggiunto e, abbondantemente superato, la maggiore età e, solo oggi, riesco a rendermi perfettamente conto di quanto, in realtà, il tempo passi velocemente e di quanto sbagliate e irrealizzabili siano le idee e le aspirazioni, alimentate e custodite nei desideri e nelle attese di un adolescente.
La vita è assai differente da quella che immaginiamo e, inoltre, immensamente breve.
Gli anni, dopo i diciotto, passano tanto velocemente da non rendersene conto e, troppo presto, ci si ritrova nella condizione di aver passato la maggior parte della vita senza averla goduta a sufficienza.
Le buone intenzioni si scontrano con la realtà, totalmente differente da quella sognata, e le illusioni si frantumano.
Molto presto ci si rende conto di trovarsi in una società ancora peggiore di quella che conoscevamo, condannavamo e criticavamo e alla quale avevamo giurato guerra per cambiarla.
Le cattive vicende, i bisogni e le brutture della vita, nel frattempo, ci hanno trasformano pian piano, sino a farci diventare strumento di quell’egoismo e di quel sistema che non accettavamo e di cui, senza rendersene conto, siamo diventati parte integrante.
Se la giovinezza può essere ricondotta a quel forte bisogno di cambiamento e alla grande speranza di cambiamento la maturità, purtroppo, può essere associata alla disillusione di quei sogni e alla consapevolezza che la vita sia soltanto una breve e disillusa esperienza.
In età avanzata proprio quelle illusioni d’indipendenza e di coscienza, come il lavoro, la famiglia e le responsabilità ci legano mani e piedi a tutta una serie di doveri e obblighi che, di fatto, ci rendono ancora meno liberi e disponibili. Oggi, difatti, che sono finalmente diventato adulto ma non libero, come speravo, so che la libertà è soltanto una mera illusione e che sbagliare non è solo un errore dovuto all’età.
Da adulti non s’impara a non sbagliare; si perdono soltanto gli alibi e le protezioni di un tempo.
C’è, però, la soddisfazione di sbagliare da solo, da vero professionista e senza i consigli degli altri.


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