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A Natale tutti buoni (e obesi)

Il Natale è la festa per eccellenza.
Sono in molti, infatti, quelli che la ritengono la solennità più bella dell’anno e la vivono con entusiasmo e trasporto ed altrettanti quelli che giudicandola triste, commerciale e ipocrita, la trascorrono con sofferenza, quasi con fastidio, augurandosi che passi in fretta.
Sarà perché la festività di Natale precede quella di capodanno o perché è l’inizio di un periodo di feste (natale, Santo Stefano, capodanno ed epifania), sarà perché ricorda la nascita di Cristo fattosi uomo per redimere i peccati del mondo e, dunque, è la più importante festività religiosa, ma questa ricorrenza, in ogni caso, è vissuta diversamente da tutti e da tutte le altre festività.
Il Natale, in comunque non passa inosservato.
Nessuno si dimentica che è Natale il giorno di Natale.

A me piace il Natale, anche se lo vivo sempre con una punta di malinconia e di tristezza.
La natività è una festa religiosa e dovrebbe rappresentare un momento di riflessione in un mondo sempre più egoista e cattivo mentre la confusione, l’ipocrisia e, sopra tutto, il consumismo la impoverisce.

La solidarietà di facciata, i regali, le abbuffate e gli sprechi sviliscono il significato vero del Natale giacché la partecipazione e la bontà non possono essere un gesto occasionale del singolo.
La guerra, la fame e la miseria nel mondo sono una condizione inaccettabile. La povertà è una realtà molto più complessa e diffusa di quella che possiamo immaginare e vedere anche nelle nostre città. Fare elemosina è differente che fare giustizia. E non risolve il problema e non può sanare la coscienza, il disagio e il senso di colpa.
In un mondo giusto e onesto la ricchezza sarebbe distribuita sull’intero pianeta e fra tutti gli uomini e non esisterebbero nazioni e uomini ricchissimi e nazioni e uomini poverissimi. Non ci sarebbe la fame e, forse, neanche l’obesità, la guerra e lo sfruttamento.
Il Natale dovrebbe essere e soprattutto un’occasione non solo per riflettere singolarmente ma anche per proporre cambiamenti radicali. Una vita e uomini giusti, cosa e come fare per cambiarli e cambiarci. Evitare le spese folli, l’ipocrisia e il commerciale di questo mondo d’immagini. Cercare quel vero, intimo e sincero che è rimasto ed è sopravvissuto dentro.
Questo dovrebbe essere, e non è, natale.
Non ho la pretesa d’insegnare niente a nessuno e non conosco la ricetta per guarire i mali della terra ma trovo davvero singolare, e un tantino stupida, l’abitudine di spendere tutta la tredicesima in regali inutili, abboffarsi sino a schiattare e fare elemosina per sentirsi buoni e a posto con la coscienza.
Quest’anno poi, con l’inflazione, la crisi e i licenziamenti sarebbe ancora più deprimente e di cattivo gusto, buttare soldi per cenoni, regali e feste.
Per questo molta gente è rimasta a casa, a guardare la tivù che, come ogni anno, ci ha “regalato” programmi interessanti e straordinari.
Oltre all’immancabile appuntamento con il Maurizio Costanzo e famiglia (al quale mi sono perfettamente abituato più di quanto sono riuscito a farlo con qualsiasi altro membro della famiglia) non ci hanno fatto mancare l’ennesima replica del film “Una poltrona per due” il film che, da almeno un decennio, programmano per la serata di Natale. Oltre agli altri spettacoli con tutti quelli del “Grande Fratello 1, 2, 3, 4 ,5 etc” (davvero deprimenti) e un film dell’indimenticabile Alberto Sordi, uno degli attori italiani più importanti e più amati.
Il caro bravissimo Albertone; quello che, forse più d'ogni altro, ha interpretato film di genere vario: comico, drammatico ed ermetico.
Anche quest'anno ho visto un suo film. Genere ermetico: “Er metico della mutua”.

Ciao, buon Natale a tutti!



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