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COME LUI NISCIUNO - Amore sulla Salerno Reggio Calabria*

Quel giorno era uno di quelli nei quali a Londra ci sono almeno quaranta gradi sottozero e a Ronco Bilaccio si schiatta dal caldo.
Londra e Ronco Bilaccio sono situati su due fusi orari poco o troppo distanti a seconda da dove andate a guardarli. Se siete ad Honululu o a Calcutta vi sembreranno situati sullo stesso litorale medianico empirico ma si tratta di una semplice impressione ottica onirica giacché tra i due posti ci passa almeno il Canton con tutto il Ticino se avesse i piedi e voglia di passeggiare.
In realtà tra Ronco e Londra ci sono poche affinità, pochissime similitudini e nessuna altitudine.
A Londra i Londinesi di Londra, nati e cresciuti a Londra, parlano l’inglese stretto con una leggerissima e poco caratteristica inflessione dialettale mentre i londinesi non proprio londinesi immigrati, provenienti dai paesi della provincia, delle frazioni dai borghi e dai sobborghi di Londra, parlano un inglese con numerose e sensibili inflessioni e genuflessioni dialettali.
A Ronco Bilaccio, invece, sia quelli che sono nati e sono vissuti a Ronco e, dunque, roncobilaccesi a tutti gli effetti, sia quelli che sono immigrati a Ronco dalla periferia e dall’interland ronchiano parlano il ronchese puro e il bilaccese barbarico che sono lingue provenienti entrambe dall’antica lingua latina con sporadiche aggiunte di austro ungarico misto a fiammingo sporco.
La parola Blue-jeans, difatti, tela genovese il cui nome originario era blu importata a Londra e ritornata col nome di blue-jeans, a Londra è chiamata blue-jeans proprio come a Ronco Bilaccio. Tuttavia tra i due paesi o città, o metropoli, vi sono state, ci sono e ci saranno sempre per tutti i secoli dei secoli, amen, numerosi ed innumerevoli prefissi e suffissi storici e stoici.
E’ noto, per esempio, che nella capitale inglese i tram, gli autobus, le metropolitane e i taxi sono tutti a due piani con la scala interna a chiocciola in ferro rivestita di legno e questo è uno tra i non tanti motivi che la riconducono ai contenuti e alle usanze di Ronco.
Le scale, in genere, servono per salire o scendere piani e quest’esercizio movimentale motorio è, appunto, un’attività che va eseguita lentamente e con molta cautela onde evitare cadute o scivolamenti; specie se si tratta di scale con pedate e alzate non omologate e non conformi alla normativa C.E.E. 787/5254, ex direttiva 878/5452, recepita dal DD.LL. 28542 del 14/12/1875 e convertita in Legge 754/53 del 14/01/1876 poi modificata dal DD.LL. 549/888 del 23/11/1978 e DD.LL. 550/889 del 24/11/1978 tutte quante modificate ed ampliate nei contenuti e nella sostanza dall’Ordinanza del Presidente della Repubblica n. 23 del 4/5/1979 e definitivamente trasformate in Legge 767/91 del 12/12/1991 comma I, II, III e MXXXCCCVMVVIII mai applicate da nessuno dei paesi membri e sempre all’ordine del giorno nelle sedute della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Anche a Ronco Bilaccio le abitazioni, costruite tra il 1234 e il 1324 d.c. dai muratori di quell’epoca con l’ausilio di manovalanza extracomunitaria moderna di ceppo bulgaro, rumeno e albanese secondo tecniche empiriche e buconiche ma già antisismiche di cui alla legge 219/91 e successive modifiche ed integrazioni contengono numerose e particolari accessi e “cargoils” che per uso e costume, numero, specie e sostanza possono riportarsi alle scale moderne dei “pullman” londinesi. Inoltre anche a Londra, cittadina inglese nota per il famoso Jack lo squartatore e per la principessa Daiana, ispiratrice della indimenticabile canzone “Oh, Daiana, solo tu” vincitrice del festival di Sanremo, Festivalbar e del cantagiro di quell’anno, la circolazione auto ferro tranviaria e quella su pneumatici e su pattini a rotelle nelle ore di punta, ed anche in quelle di tacco, é particolarmente difficoltosa e lenta tanto che è facile trovarsi imbottigliati nel traffico se avete scelto di usare le scarpe invece degli stivali delle sette leghe e questa situazione, che in Francia viene chiamata “ambuteiage” e in tutta Italia “imbottigliamento”, da non confondere con la più nobile pratica della messa sotto vetro del vino, è identica a quella che normalmente trovate a Ronco Bilaccio in ogni giorno e in ogni ora dell’anno sia che la percorriate nella direzione sud sia che la percorriate in qualsiasi altra direzione.
Se avete, avete avuto o avrete dunque la sfortuna e l’opportunità di vivere o di passare da quelle parti per un qualsiasi motivo, ragione o solo per pura e semplice curiosità saprete o scoprirete di cosa si parla.
A Ronco Bilaccio se non è successo un incidente, un imprevisto o un’altra fra le tante fatalità della vita e del traffico ci sono dei lavori in corso o, come minimo, una nebbia fitta, ma talmente fitta che potrete spalmarla come companatico su una fetta di pane e fare colazione durante l’attesa.
In fatto di code Ronco non è secondo a nessuno, nemmeno alla Salerno Reggio Calabria e proprio per questo motivo uguale identica a Londra.
Inoltre la nebbia londinese è talmente fitta e onnipresente che è sempre stata descritta dai poeti e dagli scrittori con opere memorabili ed indimenticabili tra le quali ricordiamo fra tutte “La nebbia agli irti colli piovigginando sale a Londra soffia il maestrale e a Ronco biancheggia il mare…” che rappresenta il “cult” della letteratura mondiale in generale, ronchese in sergente e londinese in tenente.
Lui non era nato a Ronco e non era mai stato a Londra, non conosceva e non sapeva niente di quei posti e di quelle tradizioni eppure quelle due città tanto distanti e apparentemente tanto differenti tra loro furono inserite nel suo viaggio di nozze la prima dal caso e la seconda dalla moglie ed entrambe gli lasciarono ricordi indimenticabili.
A Ronco Bilaccio trascorse la prima notte di nozze ingabbiato in una coda lunga trentaquattro chilometri, quarantatrè centimetri e tre-quattro millimetri a causa della contemporanea presenza di tutte le disgrazie che hanno reso famoso quella città nel mondo: la nebbia e un grave incidente stradale causato proprio dalla nebbia e dai lavori perennemente in corso e a Londra tre giorni in un albergo in periferia nel periodo più brutto dell’anno durante il quale la nebbia e il traffico intenso sono i veri e i soli padroni di quella città.
In quei tre giorni piovve ininterrottamente tanto che non riuscirono a vedere la città, la regina Elisabetta, le guardie in divisa e neanche il Big ben e lui ritornò con la convinzione che l’Inghilterra non è poi tanto diversa da Ronco Bilaccio con la differenza che si mangia peggio pagando molto di più.
Sulla strada del ritorno, nei pressi di Pontecagnano, in provincia di Salerno, tra Napoli e Buccino, molto dopo di Avellino e molto prima dello svincolo per Sala Consilina, sulla Salerno Reggio Calabria, al chilometro diciassette del tredicesimo svincolo in rifacimento e chiuso ed all’ennesima sosta in doppia fila parallela, continua e contigua sulla carreggiata a senso unico ed alternato per ingannare il tempo e dare un po’ di tono alla serata spense la radio che sintonizzata su “onda azzurra onda chiara” avvertiva di altri interruzioni e di altri incidenti sulla strada che stavano percorrendo e che li avrebbe trattenuti per altri due mesi e cinquantaquattro giorni ed accennò la canzone “O sole mio” di Sergio Bruni.
La moglie smise immediatamente di far finta di dormire e lo guardò prima con meraviglia e poi con un certo interesse che non era troppo ma nemmeno pochissimo ma così e così e sorridendo disse:
– Adesso ricordo perché ti ho sposato, amore…-
Lui allora le prese la mano, la strinse con tenerezza e guardandola negli occhi continuò a cantare quella bellissima canzone. Erano sull’autostrada del sole, sotto una pioggia torrenziale che sembrava il diluvio universale o una sua versione riveduta e corretta e non avevano l’arca ma soltanto l’accompagnamento del tergicristalli anteriore che era vecchio e non tergeva il vetro ma emetteva un rumore che bene s’accordava alla voce melodiosa di lui.
La felicità è fatta di piccole cose e, a volte, può ritrovarsi in una voce ben intonata: come cantava lui quella canzone nemmeno Peppino di Capri era capace!





Come lui nessuno - *(Storia d’amore liberamente tratta dalla canzone "O sole mio" di Sergio Bruni ) - Versione in Italiano corrente - Traduzione originale dell’autore.


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