Artisti in Lucania

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Tursi

 

 

Albino Pierro

(1916 - 1995)

Quella di Tursi, il mio paese in provincia di Matera,
era una delle tante parlate destinate a scomparire.
Ho dovuto cercare il modo di fissare sulla carta i suoni della mia gente.

Mia madre, morì poco dopo la mia nascita.
La mia nutrice non aveva quasi latte.
E mi davano alle donne del paese, madri fresche, per una poppata.
Ancora oggi, quando torno a Tursi, incontro vecchiette che mi ricordano il debito:
"Don Albine, io ti ho dato il latte".

I Pierro
erano famiglia di signori, a Tursi. Abitavano nel palazzo ("u pahazze"). Finché era nei confini casalinghi, il giovane Albino era obbligato a parlare italiano: quello raffinato e coltivato d'una famiglia di giuristi e professori. Fuori delle mura, c'era il dialetto. "E io ne ero incantato" dice il poeta. "Mi piaceva ascoltarlo dai contadini: nei loro racconti, la descrizione d'un temporale, un evento naturale diventava un fatto terribile e misterioso, una fiaba". Così, al figlio dei signori, il popolo dette il latte e la poesia, il senso del magico. Era il cielo, non la fisica né la logica, a Tursi e nell'infanzia di Albino Pierro, a regolare il corso delle cose. "Venni dato per morto", narra il poeta. "Mi avevano già vestito e messo nella bara. La nutrice disse d'aver udito, a un tratto, il grido di mia madre morta. Io ne fui riscosso e tornai a vivere. Me lo riferiscono le mie zie. Ero troppo piccolo per ricordare". Suo padre si risposò, altre due volte: furono le zie Assunta e Giuditta ad allevarlo. "Avevo debole salute e gli occhi sempre arrossati. La mia nutrice tentò un rimedio popolare: impacchi d'ortica. Le cose peggiorarono. A quattro, cinque anni quasi cieco, fui costretto a restare sempre al buio. Imparai a suonare il mandolino. Cantavo bene. Più tardi, con i miei due fratelli, tenni concerti in paese. La gente veniva, - per la voce di Don Albine- ". Un oculista, a Roma, scongiurò il peggio: "il ragazzo potrà leggere tanto da diventare professore universitario, non cieco". E per Albino si aprirono la biblioteca di casa e quella, ancor più fornita, dei Capitolo, vicini e parenti stretti. "Durante l'estate, dopo pranzo, alla controra", rammenta, "si doveva dormire per forza. Io mi rannicchiavo vicino al balcone e, alla luce che passava dallo spiraglio, leggevo i russi. Anche Shakespeare, anche i francesi, ma i russi mi hanno formato. Calcolavo quante pagine ogni quarto d'ora. Oggi non tocco più un romanzo. Non si può, dopo i giganti, d.......

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le poesie

 

 



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pagina creata il: 27-04-2011