Carmen nasce a Banzi, all'epoca in provincia di Matera, ora di Potenza, il 9 ottobre del 1921. L'ambiente in cui si affacciò la sua esistenza era quello di un piccolo paese della Basilicata a cavallo tra due grandi guerre. La povertà diffusa, il duro lavoro per la pura sopravvivenza caratterizzarono le povere vite dei suoi compaesani.
Pur vivendo in una condizione relativamente privilegiata, ella non potè fare a meno di interiorizzare la condizione difficile dei suoi coetanei, soprattutto nei primissimi anni di vita. Il padre Rocco, amatissimo per la sua sensibilità, cultura ed intelligenza, non solo da lei ma dalla gran parte di coloro che lo conobbero e frequentarono, apparteneva alla classe "impiegatizia". Era uomo di "penna", laddove lo strumento di lavoro dominante in quei luoghi era la zappa per lavorare la brulla terra, o il bastone per condurre al pascolo le greggi.
Anche per questo era considerato tra i "notabili" del paesino, ma non si vestì mai di un ruolo che, per altri, sarebbe stato logico, conveniente e, per certi versi, culturalmente opportuno. Anche la madre, Luigina Festa, era fra le pochissime donne del paese in grado di maneggiare con disinvoltura "penna e calamaio", tanto da permetterle di attendere, oltre alle esigenze della sua piccola famiglia, a lavori normalmente destinati a persone di diversa cultura (trascrizione di sentenze legali, etc).
Unica figlia della coppia, a seguito della evidente propensione agli studi manifestata fin dai primi anni della sua vita, intelligentemente, ma non senza sacrifici da parte dei suoi genitori, fu avviata agli studi classici, subito dopo il conseguimento del diploma della scuola media. Questo comportò l'abbandono di quel piccolo microcosmo in cui aveva trascorso i primissimi anni della sua adolescenza, per trasferirsi in collegio, ad Altamura. Furono per lei anni difficili, per le condizioni ambientali del luogo e per la difficoltà intrinseca del tipo di formazione che andava affrontando.
All'epoca gli studi classici avevano struttura e contenuti di gran lunga più importanti e complessi di quelli attuali. Si era in piena epoca "fascista", periodo in cui venivano oltremodo esaltati gli ideali di Patria. Gli aspetti legati alla tradizione ed all'enorme produzione letteraria italiana si riflettevano immediatamente anche sulle difficoltà che gli allievi dovevano affrontare per conseguire la "sospirata" licenza" liceale. A questo si unirono le difficili condizioni economiche e finanziarie in cui si muoveva tutta l'Italia di quel periodo storico, che nel meridione in generale, e nella Lucania in particolare, trovavano modo di amplificarsi a dismisura.
Ciò nonostante, papà Rocco e mamma Luigina riuscirono a pagare regolarmente le rette dell'istituto religioso (le "Ancelle del Sacro Cuore"-Caterina Volpicelli-) in cui Carmen fu ospitata fino al 1940. Sarebbe stato questo, già un traguardo molto apprezzabile, ma lei, supportata dai suoi, non si fermò. Il suo sogno era quello di laurearsi in Lettere Classiche e, all'epoca, la sede universitaria più qualificata, e relativamente meglio raggiungibile da Banzi, era Napoli. Il suo trasferimento in casa di amici, dove fu ospite "pagante" per tutto il periodo universitario, avvenne proprio quando le nubi orrende della seconda guerra mondiale si profilavano chiaramente all'orizzonte di un'Italia che ancora non aveva del tutto assorbito i nefasti effetti della prima.
Napoli, in particolare, fu nel mirino dei bombardamenti alleati proprio quando Carmen era impegnata nella fase più delicata della sua carriera universitaria. Conobbe la paura della corsa repentina nei rifugi, l'orrore dei morti sotto i bombardamenti, tra cui anche persone a lei note, e del crollo di interi edifici sotto le cui macerie, imprigionati, tanta povera gente si lamentava ancora chiedendo inutilmente soccorso. Ma i suoi studi proseguirono, insieme al tentativo quotidiano di costruire una normalità del tutto sconosciuta agli studenti di oggi, fortunatamente dobbiamo dire. Fu così che, nel giugno del 47, riuscì a conseguire il sospirato dottorato in Lettere Classiche e, quando fece ritorno al paesello, si accorse che, oltre a lei, l'unico laureato era il medico condotto.
Già nel corso degli anni precedenti, anzi, fin quasi dalla sua fanciullezza, aveva allacciato un rapporto affettuoso ed amorevole con un giovane del suo paese, Michele Frieri. Di pochi anni più grande di lei, egli conobbe la durezza e l'asprezza della guerra combattuta in Grecia e in Albania col grado di tenente. Singolarmente affettuoso e partecipe della loro condizione fu il rapporto di Michele con i suoi sottosposti, la cui incolumità e salvezza, nella difficilissima situazione in cui si trovavano fu, per lui, priorità assoluta. Si salvò, evitandola per miracolo, dalla campagna di Russia, dove tantissimi giovani italiani come lui trovarono morte orrenda. Gli riuscì di studiare laddove molti altri riuscivano solo a pensare alla propria sopravvivenza. Si sposarono nell'anno della laurea di Carmen, nel 47. Lui avrebbe concluso i suoi studi solo due anni dopo. Nel frattempo, dopo la maturità classica, avendo conseguito anche il diploma Magistrale, lavorò nel loro paese di origine come maestro. Molti suoi allievi lo ricordano ancora per le sue doti culturali ed umane.
Nel 49 nacque il primo figlio, Duilio, che sopravvisse solo un paio di mesi ad un parto prematuro. Nel 50 e nel 54 nacquero le loro due figlie, Delia e Myriam. Il 57 fu l'anno del suo dolore più grande, la morte dell'amatissimo padre, Rocco. Intanto aveva già cominciato a lavorare, come insegnante di Lettere, a Barletta, facendosi subito apprezzare per le sue particolarissime doti di educatrice in un ambiente non sempre propenso ad accettare quanti provenivano da altri luoghi.
Ma lei riuscì sempre a non dare appliglio alle malignità, mostrandosi aperta e disponibile al dialogo ed all'amicizia con tutti. Particolare fu la sua disponibilità ad accettare l'insegnamento in classi "difficili", laddove confluivano allievi di estrazione sociale ed educazione non propriamente tranquilli, quelli che altre sue colleghe chiedevano cortesemente alla dirigenza della scuola di assegnare ad "altri" insegnati. Proprio in quegli anni si manifestò la sua vena poetica, da cui fu generata la quasi totalità della sua produzione.
Certo il "materiale" prodotto e da lei pubblicato fu solo una parte limitata del suo lavoro. Sempre nel 57, l'intera sua famiglia, rimasta frammentata fra Barletta e Banzi, si riunì nella città pugliese. Seguirono anni in cui Carmen si dedicò solamente al lavoro ed alla famiglia, seguendo le figlie negli studi e non manifestando alcuna ambizione, neppure nell'ambito lavorativo. E' possibile che a farla rientrare in una sfera esclusivamente "privatistica" sia stata proprio la perdita dell'amatissimo padre. Il confronto con quel dolore da un lato fu il motore per la produzione di alcuni dei suoi brani più belli, dall'altro la portò, probabilmente, a perdere ogni interesse per quanto non fosse immediatamente ed unicamente riconducibile ai valori veri, che animarono tutto il resto della sua esistenza.
Non le furono risparmiati ancora grandi dolori, come la perdita del marito in un incidente stradale, nell'84, e la tragica vicenda del primo nipote, Moreno, figlio di Myriam, nato nell'85 e vissuto solo 14 anni. Fu questo, forse, il periodo più doloroso della sua vita. Non si risparmiò nell'assistenza del bambino, sorreggendo e supportando in maniera decisiva e determinante anche i genitori, nel difficilissimo compito di cui si fecero carico, decidendo di assisterlo fino all'ultimo giorno della sua breve e dolorosa esistenza. Poi la grande consolazione della nascita di altri due nipoti, che la sostennero nell'ultimo periodo della sua vita, dandole motivazioni e gioie profonde.
Ha lasciato questo mondo all'età di 90 anni, il 7 gennaio 2012, dopo un ultimo anno passato lottando contro i postumi di gravi problemi di salute, trascorso senza perdere mai il suo sorriso fiducioso e rassicurante, ed un senso religioso vivo e profondo, per nulla mai riconducibile a bieco bigottismo.