Il Monte Volturino
Un susseguirsi di cime, interrotte da
valichi e passi in rapida discesa verso valli e corsi d’acqua scroscianti
impetuosi dalle gole profonde, immerse in un verde ancora inviolato, separa
nettamente le valli dei fiumi “La Terra” e il “Piesco”, in celere corse
verso il Basento e il Metapontino, dalla piana dell’Agri, e più in là, dal
Vallo del Diano. Si configura ad una serra dentata, in un avvicendarsi di
picchi e sbalzi, che si stagliano nell’azzurro profondo di un cielo terso,
dai riflessi incantevoli e affascinanti.
Al centro della cordigliera,
dopo il passo detto “dei tre confini”, disegnato a lunetta s’innalza
improvviso, fino a 1836 m., un colosso maestoso, un tempo terribile vulano.
E’ il Volturino, un massiccio montuoso dalle due vette di quasi uguale
altezza, e intervallate da una ridente conca verde; l’una glabra, aspra e
rocciosa, dall’aspetto informe ed arcigno, che più che ammirazione suscita
avversione, domina la fertile vallata attraversata dal fiume Agri; l’altra,
pulita e verde, rotondeggiante e sottile, disegnata come vista in sogno, o
descritta dalla fantasia infantile, degrada per boschi folti di faggi, e poi
di querce e cerri verso la piana del fiume “La Terra”, prorompente dalle sue
viscere, con polle d’acqua sulfuree e ferruginose, refrigeranti e prodighe
di speranza ai cercatori di salute e di bellezze cutanee.
Un tempo si
arrivava in vetta solo se dotati di saldi garretti, o a dorso di mulo, lungo
sentieri incerti, appena segnati nella folta boscaglia. Ora la si conquista,
riposati e freschi, in comoda seggiovia, sbarcando nella conca tra le due
cime. Armati di alpestok e scarponi, si affronta la vetta più aggraziata,
ove lo scalatore si immerge in una atmosfera gioiosa e serena per l’infinito
spazio e i riflessi di luce e l’immensità del verde che riempiono gli occhi
e profumano l’alito, in un respiro profondo che scuote tutto l’essere.
Dall’alto lo sguardo spazia all’infinito per i quattro punti cardinali,
libero e sereno, in cerca del tremolar della marina ionica e salernitana che
si intravedono nette all’orizzonte, se libero dalle foschie notturne.
Il
Vulture, il Pollino, le montagne calabre e i sacri monti di Viggiano e Novi
Velia propongono all’estatico alpinista una visione di grandezza
impressionante.
I paesi posti nella visuale più limpida sembrano a
portata di mano. Ecco laggiù, distesa in una conca di verde lussureggiante e
profumata, CALVELLO di antica nobiltà tardo-medievale, punteggiata di
campanili, protetta da un severo maniero, ombreggiata da un folto
castagneto. E’ un paese carico di storia, ricco di arte, fiorente di
cultura. Le sue strade e i suoi vicoli, lindi e ordinati, splendono di
vetrine, sfolgoranti di luci e cristalli, la sua gente cortese e gentile,
amabilissima e operosa, è tutta presa dal suo passato pregno di storici
avvenimenti e di testimonianze in ogni campo delle più alte espressioni
umane.
Non si può passare per il comprensorio del Volturino senza
scendere in questa cittadina simpatica ed invitante, ospitale e schietta,
per arricchirsi della visione dei suoi tesori d’arte e dei fantasiosi
prodotti del suo artigianato.
Dall’alto dei 1836 m. del colosso
appenninico lucano, molti altri centri abitati, ugualmente interessanti,
punteggiano l’orizzonte sconfinato. E’ il cuore generoso della “Gens Lucana”
che pulsa forte in questa terra dura e aspra, ma genitrice prolifica di
Santi e di eroi.
Ovattata da sottile caligine , si staglia lontano la
“oraziana”, nobile Acerenza, carica di storia, madre del Cristianesimo
lucano, ricca di arte e custode vigile dei valori eterni.
(La sua lunga
mano giunge fin qui, materna e sollecita a sostenere queste comunità che le
appartengono nella fede). Quando l’estate declina, la luce si attenua e le
brume autunnali si accaniscono contro la lussureggiante bellezza dei boschi,
e le foglie si indorano di un giallo di morte, il Voiturino si nasconde
sotto un manto di nubi fino a scomparire alla vista. Poi, quando i venti
dell’autunno cederanno e l’azzurro si sarà stabilizzato sereno e profondo,
il colosso montuoso esce dalla coltre rivestito di un nuovo look. Si
presenta ammantato di un bianco purissimo. Le nevi che abbondanti si sono
depositate in larghi strati, ricoprendo anche i picchi e le groppa
affioranti dal suo complesso massiccio e duro, riflettono la luce del sole
come cristalli scintillanti.
E’ l’inizio delle corse sulle nevi giù per
chilometri di piste, delizie e sogni degli sciatori accorsi da ogni dove. E’
un frenetico avvicendarsi di gare, competizioni e divertimenti vari, sempre
gioiosi e sereni, che la gente in ansiosa ricerca di svaghi e salute, crede
di trovare lassù.
Il polo appenninico dei Volturino, posto al centro
della regione Lucania, a sua volta situata quale cerniera al malleolo della
penisola nazionale, oltre alle evidenti bellezze naturali, ancora indenni
dalla speculazione dei cemento, custodisce in sé tesori di storia gloriosa.
E’ un sicuro punto di riferimento cui le genti delle regioni limitrofe: la
Campania, la Puglia, la Calabria, oltre naturalmente l’intera Lucania,
guardano con occhio attento in cerca di serenità e di pace.
Sulla vetta
del sacro monte di Viggiano (1700 m.) e su un caratteristico picco (1320 m.)
alle propaggini del Volturino, due gloriosi Santuari, dedicati alla Gran
madre di Dio, diffondono luce sui vasto comprensorio. L’uno custodisce
d’estate la Regina e Padrona della regione Lucania, l’altro, il Monte
Saraceno, è il sacrario di una scultura lignea bizantina, la più pregiata
della Basilicata. Entrambi i Santuari con i preziosi Simulacri, tesori e
vanti della comunità di Viggiano e Calvello, sono mete di innumeri
pellegrini che vi si recano devoti in cerca di pace, e ritornano alle loro
sedi di partenza ricchi, dei veri valori ritrovati o niscoperti, certamente
altamente incidenti nella vita.
Per le valli che il Volturino domina
dall’alto, risuonano ancora i canti e le gesta di autentici ed eroici
testimoni della fede: i monaci basiliani e i benedettini pulsanesi. Di
quest’ultimi restano, anche se in doloroso abbandono i ruderi
dell’importante cenobio di San Pietro a Cellaria, e la recuperata badia di
Santa Maria “de piano”, entrambi in agro di Calvello, un giorno centri di
notevole, intensa attività sociale, culturale ed artistica.
Essi furono
edificati dai figli di San Giovanni da Matera che in queste valli, difronte
al Volturino, vigile e naturale baluardo di difesa da incursioni, diffusero
tanta fede e lasciarono così ricchi segni di laboriosità, sempre fedeli al
motto del loro Padre San Benedetto: “Ora et labora”.
Le moderne
generazioni, distratte dai tanti problemi che condizionano la vita di tutti
i giorni, immerse in un bailamme da cui il più delle volte non si riesce ad
individuarne l’uscita, frustrate da tanti inviti ed allettamenti, da tante
voci confuse ed inconcludenti, riscoprino quanto Dio ha sparso nel mondo e
nella sua storia, e ne ascoltino il messaggio di pace.
da: "Calvello - storia,
arte, tradizioni"
di Luigi De Bonis