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UN BENE DI TUTTI
Il problema principale da risolvere, perchè si
potesse procedere a lavori di restauro sul convento di Orsoleo, era il
passaggio di proprietà, almeno della sola chiesa con le opere d'arte in essa
conservate: né la Soprintendenza ai Monumenti, infatti, nè il Genio civile,
né qualsiasi altro ente pubblico poteva agire in alcun modo sul complesso
monumentale, fino a quando questo fosse rimasto proprietà privata. Si
cominciò a diffondere, perciò, non solo fra i vari amministratori che, man
mano, si avvicendavano al Comune e alla Provincia, ma anche fra i semplici
cittadini, l'idea che bisognasse, in ogni modo, trovare una soluzione al
problema, che diventava sempre più urgente man mano che, con il passare del
tempo, il degrado diventava sempre più evidente, e sempre più grave il
timore che, prima o poi, tutto rovinasse per sempre. Né, evidentemente,
poteva fare qualcosa l'Autorità ecclesiastica, trattandosi, appunto, di una
proprietà privata su cui non poteva intervenire in alcun modo. Ma proprio
sulla legittimità della proprietà di un luogo sacro da parte di privati
furono riproposti i vecchi dubbi; e si ripensò alla lettera del 16 febbraio
1965, con cui, dalla Prefettura, si ingiungeva ai proprietari di Orsoleo di
consegnare la chiave della Chiesa al Segretario Comunale di Sant'Arcangelo.
La questione fu riproposta, esplicitamente, nel 1968, quando, per
interessamento del Dottor Pietro Borraro, allora direttore della Biblioteca
Provinciale di Potenza, si costituì, in Sant'Arcangelo, per la prima volta,
un "Comitato per la valorizzazione del complesso monumentale di S. Maria di
Orsoleo". Il Comitato, purtroppo, non ebbe vita lunga: tenne, in tutto, tre
sedute, di cui la prima solo informale; ma ebbe il merito di proporre
all'attenzione pubblica, in modo, per così dire, ufficiale, la questione di
Orsoleo, e di invitare le Autorità competenti a livello locale, regionale e
nazionale, a una riflessione seria e fattiva.
Nella seconda seduta (9 aprile 1968) (1) intervennero, con l'organizzatore
Dottor Borraro, il Soprintendente ai Monumenti Prof. Arch. Mario Zampini,
Mons. Don Antonio Cesareo, parroco della Chiesa Madre, alcuni padri
francescani, fra i quali P. Daniele Murno, e qualche consigliere comunale,
fra cui il Sig. Teodosio Michele Galotta, assessore comunale e
comproprietario di Orsoleo.
La seduta si tenne nella sala delle riunioni del Comune.
Sul problema della proprietà della chiesa intervenne esplicitamente il P.
Murno, il quale, citando la legge del 1866 e varie circolari, sostenne che
non solo la chiesa, ma anche le relative pertinenze (i locali, cioè,
necessari al culto) potevano essere riscattati dalle competenti Autorità
ecclesiastiche, perchè illecitamente messi in vendita in quanto "Parte del
Patrimonio indisponibile dello Stato" (2).
Lo stesso concetto dell' "indebita detenzione da parte di privati del
Complesso monumentale di Orsoleo" sostenne, sebbene con altre parole e con
motivi più generici, il Soprintendente Zampini, il quale, dopo aver
accennato alle vie più semplici da seguire per la sistemazione giuridica
della questione, al fine di riscattare il complesso monumentale e poter,
così, avviare i lavori urgenti di restauro, propose una visita sul posto,
perchè tutti si potessero rendere conto delle condizioni in cui il
fabbricato si trovava (3). Così tutti i membri del Comitato, a chiusura
della seduta, si recarono a Orsoleo.
Il Comitato tenne (sempre nella sala della riunioni del Comune) un'altra
seduta, e fu l'ultima alle ore 10 del 7 settembre 1968 (4). Fra gli altri
era presente il Sen. Prof. Decio Scardaccione. Il Prof. Alfredo Borghini
rappresentava il Sovrintendente Prof. Zampini. La seduta si risolse quasi
tutta sulla discussione della proposta del Sen. Scardaccione, il quale,
anziché ritornare, come finora s'era fatto, sulle vecchie discussioni circa
la proprietà della chiesa, sottolineò "la necessita di acquisire la
proprietà del complesso monumentale di Orsoleo (nella sua interezza) nonché
il terreno per tutta la estensione, da parte dell'Ente Sviluppo, abilitato
all'uopo" (5). La proposta, che era veramente nuova e interessante, parve la
migliore soluzione, soprattutto perchè faceva guadagnare tempo e perchè si
riferiva non alla sola chiesa, ma a tutto il complesso e a tutto il
territorio, su cui, aggiunse esplicitamente il Relatore, si sarebbe
ripiantato il bosco distrutto. Concludendo il dibattito, il Sen.
Scardaccione aggiunse, tuttavia, di ritenere urgente "la consegna della
chiave della Chiesa onde poter eseguire i lavori di consolidamento da parte
della Soprintendenza ai Monumenti, con preghiera a quest'ultima di
approntare il progetto relativo"; assicurò, inoltre, ogni valido
interessamento per la costruzione della strada da parte dell'Ente
Irrigazione, con ogni sollecitudine". Il verbale (da cui si sono presi i
brani citati) continua, poi, in questi termini: "Il Senatore precisa che
appena gli attuali proprietari del fondo in cui è inserita la chiesa avranno
avanzato domanda all'Ente Sviluppo scatterà l'iter burocratico per giungere
all'acquisizione del medesimo sulla base della stima che ne sarà data, da
un'apposita Commissione".
Ma, chi sa perché, non si fece niente, se non, per volere
dell'Amministrazione Comunale, il breve tratto di strada da S. Brancato a
Orsoleo (6). Del resto il Comitato stesso non tenne più sedute, e cosi,
praticamente, si sciolse, senza che nessuno avesse detto niente e senza che
nessuno se ne accorgesse. Ma ormai l'idea che fosse necessario e urgente
risolvere una volta per tutte la questione della proprietà del complesso
monumentale, che tutti volevano che diventasse un bene della comunità e non
restasse più a lungo proprietà di privati, era entrata in tutti, anche se
ancora non si sapeva, concretamente, come fare: alcuni pensavano che si
dovesse insistere, da parte dell'Amministrazione Comunale, presso le
Autorità competenti, perchè si emanasse un decreto di esproprio dell'ex
convento per pubblica utilità; altri proponevano, per far prima,
l'acquisizione diretta da parte del Comune o di altri enti pubblici;
qualcuno insisteva ancora sulla vecchia tesi, tante volte riproposta, che
almeno la chiesa dovesse semplicemente ritornare all'Autorità ecclesiastica,
essendo stata, a suo tempo, inclusa nell'atto di vendita illecitamente in
quanto bene non alienabile. Così, in una lettera del 28 ottobre 1968 (in
risposta a sollecitazioni da parte del Comune che, avendo, nel mese di
agosto, vietato, "a tutela della pubblica incolumità", l'ingresso nel
Santuario, chiedeva che si procedesse a restauri urgenti) il Soprintendente
ai Monumenti della Basilicata, Mario Zampini, mentre si riferiva
all'intervento del Sen. Scardaccione nella terza seduta del Comitato per
Orsoleo, dimenticava che il Senatore stesso aveva parlato non di
restituzione, ma di acquisizione di tutto il complesso e di tutto il
territorio circostante da parte dell'Ente di Sviluppo, e ritornava sulla
solita tesi che la chiesa dovesse semplicemente ritornare all'Autorità
Ecclesiastica. Diceva testualmente: " ....questo Ufficio, nel prendere atto
della chiusura della Chiesa di Orsoleo disposta a tutela della pubblica
incolumità, non può intervenire direttamente nei necessari lavori di
restauro del complesso, fino a quando non sarà giuridicamente risolta la
questione della proprietà, dovendo il monumentale sacro edificio essere
restituito all'Autorità Ecclesiastica, e fino a quando l'Ufficio Tecnico
Erariale non sarà messo in grado di rilasciare a tale Autorità il
certificato indispensabile per ottenere il finanziamento dei lavori dal
Ministero della Pubblica Istruzione.
In attesa di tale azione questa Soprintendenza redigerà apposita perizia dei
lavori di restauro da sottoporre alla Cassa per il Mezzogiorno, secondo
quanto consigliato dal Senatore Decio Scardaccione nell'ultima riunione del
Comitato per la valorizzazione del complesso in oggetto.
Per assicurare la conservazione dell'immobile si potrebbe anche intervenire
con la particolare procedura prevista dagli art. 14-15-16-17 della legge
1-6-1939 n. 1089, ma, nel caso in questione, si verrebbe a compromettere
l'azione di rivendica perchè si riconoscerebbe agli attuali proprietari il
diritto di proprietà che, invece, è nullo, come giustamente rilevato dalla
Prefettura di Potenza con lettera del 16-2-1965 n. 3785 Div. 16 diretta ai
Sig. Galotta e Pace" (7). Ma poi non si parlò più di questa rivendicazione
giuridica e si cominciò, con più insistenza, a parlare di "esproprio per
pubblica utilità". Il 25 ottobre 1974, il Ministero per i beni Culturali e
Ambientali comunicò alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e
Architettonici della Basilicata la propria disponibilità all'emanazione, se
ritenuta necessaria dal Comune di Sant'Arcangelo, della dichiarazione di
esproprio del complesso Orsoleo a favore dell'Amministrazione Comunale,
invitando la Sovrintendenza stessa a darne comunicazione all'Amministrazione
civica di Sant'Arcangelo. A questo punto i fatti cominciano ad essere poco
chiari, perchè di questa disponibilità del Ministero circa un possibile
esproprio, comunicata a Potenza in data 25 ottobre 1974, pare che non sia
stata data notificazione alcuna a Sant'Arcangelo; infatti solo nel 1977, con
lettera del 9 di febbraio (8) (cioè dopo un ritardo di circa due anni e
mezzo) la Soprintendenza, riferendosi a un'altra nota del Ministero, in data
19 gennaio 1977, faceva conoscere al Comune l'intenzione del Ministero circa
la possibilità di un esproprio. Forse a Potenza si erano dimenticati di
comunicare a Sant'Arcangelo la nota ministeriale del 25 ottobre 1974,
infatti, in risposta alla comunicazione del 9 febbraio 1977, il Sindaco di
Sant'Arcangelo diceva che al Comune non era pervenuta nessuna richiesta o
comunicazione in proposito, e aggiungeva testualmente: "Con l'occasione, si
ribadisce quanto già fatto presente da molti anni e cioè che bisogna
adoperarsi acchè l'importante patrimonio artistico in oggetto sia salvato.
Pertanto si rende necessario ed urgente procedere all'emanazione della
dichiarazione di esproprio per pubblica utilità di detto bene a favore di
questa Amministrazione Comunale" (9). La richiesta, come si vede, era chiara
ed esplicita; ma non ebbe nessuna risposta.
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Nel terremoto del novembre 1980,
il complesso monumentale (anche il campanile, per il quale si trepidava fin
dal 1972) quasi miracolosamente rimase in piedi, anche se, ovviamente, ci
furono nuovi, gravi danni nelle strutture murarie. E, finalmente, la
questione di Orsoleo arrivò al Parlamento Nazionale, anche se, ancora una
volta, per motivi contingenti non si ottenne niente di quanto si voleva e si
chiedeva. Il fatto, tuttavia, ha, per se stesso, una certa importanza,
perchè, almeno a livello ufficiale, si interessarono alla salvezza e alla
valorizzazione di Orsoleo, oltre a uomini politici della Regione, deputati e
senatori di fama nazionale e, alcuni, molto noti non solo in campo politico,
ma anche, e soprattutto, in campo artistico e culturale.
Onorevoli Senatori - L'abbazia di Santa Maria di Orsoleo in Basilicata,
situata in aperta campagna tra i comuni di Sant'Arcangelo e Roccanova, è uno
dei più illustri e più abbandonati monumenti della Basilicata. Attorno
all'impianto di una chiesa sorta sul finire del XII secolo si sviluppò un
complesso architettonico assai pregevole, costruito in successive fasi dal
1474 al 1646. Vi fiorì una comunità francescana, ospitò per alcuni periodi
il ministro provinciale dell'Ordine e fu sede di cultura filosofica e
teologica. Nel corso del secolo scorso, a seguito del processo di
liquidazione dell'asse ecclesiastico, il convento fu prima assegnato al
demanio e poi subì successive alienazioni a privati, ospitando, tra l'altro,
anche alcune delle rarissime istituzioni per l'infanzia del Mezzogiorno
d'Italia.
Intorno al 1930 ne era proprietario il Banco di Napoli che tuttavia,
nonostante le sollecitazioni della Soprintendenza, prima lasciò deperire il
patrimonio artistico e poi inopinatamente, durante il secondo conflitto
mondiale, se ne sbarazzò con procedure liquidatorie e sommarie, cedendolo ad
alcuni privati. Nel corso di questi ultimi decenni la Soprintendenza ha più
volte impugnato questa alienazione, sostenendo tra l'altro che il Banco di
Napoli non si era fornito del richiesto preventivo parere del Ministero
della pubblica istruzione, e sollevando quindi, insieme allo stesso prefetto
di Potenza, forti perplessità circa la legittimità della vendita. Solo nel
1954 fu posto il vincolo di tutela sul complesso monumentale con decreto del
25 ottobre di quell'anno; ma neppure tale vincolo divenne subito operante
essendo stato tra l'altro comunicato ai proprietari una ventina di anni
dopo.
Nel 1970 la questione relativa alla legittimità della vendita veniva risolta
in palese contrasto con le disposizioni di legge, invocando una non ben
definibile "usucapione traslativa".
Queste vicende caratterizzate da estrema indecisione e da contraddittorietà
di indirizzi hanno pesato negativamente sulla situazione di continuo degrado
del monumento, che attualmente persino sulle più accreditate guide
turistiche viene descritto sommariamente e quasi declassato a masseria. In
effetti gli attuali proprietari utilizzano in gran parte i locali per
l'organizzazione del proprio lavoro di campagna.
Nel 1972 un fulmine compromise seriamente il campanile della chiesa che da
allora è pericolante e ciò indusse la Soprintendenza a porre in salvo la
parte degli affreschi più esposti, circa 200 metri quadrati su un totale
complessivo di circa mille metri quadrati, che negli anni successivi e fino
al 1974 furono staccati e depositati presso il comune di Sant'Arcangelo
insieme ad altri oggetti d'arte di pertinenza dell'abbazia.
Il complesso monumentale è costituito da vari corpi di fabbrica articolati
attorno a due cortili quadrangolari. Il convento si sviluppa su due piani
con gli ambienti destinati ad ospitare una comunità di 20-25 religiosi. Nei
documenti sono segnalati una biblioteca, una farmacia, un mulino, due
cantine, magazzini, stalle e due grandi cisterne di supporto ad una fiorente
azienda agricola. La chiesa si sviluppa nel lato sud ad una navata, con
cupola absidale e con il campanile che si affaccia sul chiostro. La sua
ristrutturazione barocca è considerata di notevole pregio, con stucchi
policromi, ricco arredo degli altari, soffitto ligneo cassettonato e
pavimenti in ceramica. Un coro ligneo è datato 1614 ed ora è rimosso per le
medesime esigenze conservative di cui abbiamo parlato a proposito degli
affreschi. Questi ultimi, nonostante l'attuale situazione, appaiono in gran
parte recuperabili; tele, statue lignee ed arredi sacri completano il
patrimonio d'arte dell'intero complesso. L'attuale stato di conservazione è
pessimo e la presenza di un'azienda agricola privata, se ha scongiurato il
completo abbandono degli edifici, non ne ha certamente impedito il
progressivo pauroso degrado soprattutto del chiostro e della chiesa. Le
coperture lignee sono fatiscenti ed in parte sfondate, la presenza di
umidità produce continui effetti distruttivi sugli stucchi, sui legni e
sulla decorazione pittorica. La struttura muraria presenta fessurazioni
diffuse ed il paventato crollo del campanile, alto circa 30 metri,
comporterebbe danni irreparabili per il convento e la chiesa sottostanti.
La Soprintendenza ha più volte predisposto perizie per lavori urgenti, con
dettaglio e precisione di interventi. Ma le numerose difficoltà, derivanti
soprattutto dalle vicende legate alla titolarità del monumento, ne hanno
impedito la realizzazione.
Riteniamo quindi non solo giustificato, ma anche necessario questo disegno
di legge, che deve essere considerato come atto dovuto a titolo risarcitorio
che in qualche modo ripari alle vicende qui sommariamente richiamate.
Noi proponiamo che il monumento venga assegnato alla comunità montana
competente per territorio, riservandosi il Ministero per i beni culturali ed
ambientali, attraverso le Soprintendenze regionali, l'attuazione di un
programma di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso,
finalizzandolo ad attività varie di uso collettivo. Particolare rilievo ci
pare debba avere la creazione in loco di un museo archeologico che raccolga
le vistose ed importanti testimonianze sulle popolazioni elleniche ed
anelleniche presenti nella Valle dell'Agri, come soprattutto in quest'ultimo
decennio la Soprintendenza della Basilicata ha lodevolmente accertato e
documentato nei suoi programmi di scavi e di studio. Questa nostra proposta
infatti vuol essere anche un esplicito riconoscimento all'attività
istituzionale delle Soprintendenze della Basilicata, agli studi portati
avanti dai soprintendenti, dal personale, dai tecnici e dalle maestranze che
vi collaborano, e che lavorano spesso in condizioni non ottimali.
Disegno di legge
Art. 1.
Il Ministro per i beni culturali ed ambientali, a norma dell'art. 54,
secondo comma, della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive
modificazioni, è autorizzato ad emanare decreto di esproprio (11), a favore
della comunità montana dell'Agri-Sauro in Basilicata, dell'intero complesso
monumentale di Santa Maria di Orsoleo sito nel comune di Sant'Arcangelo in
provincia di Potenza. Il decreto di esproprio di cui al comma precedente
deve riservare al Ministero dei beni culturali e ambientali parte del
complesso monumentale per l'allestimento di un "Museo archeologico delle
popolazioni elleniche ed anelleniche della Valle dell'Agri".
Art. 2.
Le Soprintendenze regionali e la comunità montana dell'Agri Sauro entro il
31 luglio 1985 predispongono un programma comune di utilizzazione del
complesso monumentale di cui alla presente legge, indicando le finalità
specifiche cui gli stabili saranno destinati, tenuto conto:
a) delle esigenze della comunità montana medesima, in ordine al reperimento
di sedi adeguate al suo funzionamento ed alle proprie attività;
b) della valorizzazione storico - ambientale del complesso architettonico e
delle opere d'arte in dotazione;
c) della necessità di costruire un "Museo archeologico delle popolazioni
elleniche ed anelleniche della Valle dell'Agri", di cui all'articolo 1 della
presente legge;
d) dell'opportunità di dotare la zona di strutture di uso pubblico per
attività sociali e culturali.
Art. 3.
Il Ministero per i beni culturali ed ambientali attraverso le Soprintendenze
regionali dispone il programma di restauro e valorizzazione del complesso
monumentale e delle opere d'arte mobili ivi esistenti, prevedendo:
1) le opere di consolidamento delle strutture secondo la perizia
d'intervento urgente elaborata nel 1980, con la stima aggiornata dei danni
provocati dal sisma del 23 novembre 1980;
2) Il restauro e la ricollocazione in loco degli affreschi staccati nel 1974
ed attualmente custoditi presso il comune di Sant'Arcangelo in provincia di
Potenza;
3) il restauro degli affreschi attualmente esistenti nel complesso
monumentale;
4) il restauro delle opere d'arte mobili e degli arredi che costituiscono il
patrimonio dell'abbazia;
5) ogni altro intervento di restauro, manutenzione e conservazione anche
finalizzato al programma di cui all'articolo 2 della presente legge.
Art. 4.
Il Ministro del tesoro è autorizzato alla spesa di cui alla presente legge,
iscrivendola a carico dei capitoli 2034, 2035, 8005 e 8010 dello stato di
previsione del Ministero per i beni culturali ed ambientali, in ciascuno
degli anni finanziari 1985,1986,1987,1988 e 1989, secondo la tabella
allegata alla presente legge.
Art. 5.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale".
La tabella allegata al disegno di legge indicava come spesa globale (per
manutenzione, conservazione, acquisti, espropriazioni, lavori di
ammodernamento ecc.) la somma totale di 9 miliardi e 400 milioni.
Ma, come è stato già detto, la proposta non andò in porto; così, per non
perdere altro tempo, si cominciò a parlare, con più insistenza, di acquisto,
anzichè di esproprio.
Nell' estate del 1986, dopo un convegno sulla valorizzazione del patrimonio
storico della media Valle dell'Agri, il Sindaco di Sant'Arcangelo, con una
lettera del 16 luglio, sollecitava l'Assessore alla Programmazione della
Regione Basilicata a non perdere altro tempo. Scriveva testualmente: "Il
giorno 11 u. s. in un importante convegno organizzato dall'Amministrazione
Comunale con la Soprintendenza ai beni archeologici sulla valorizzazione del
patrimonio storico della media Valle dell'Agri è emersa ancora una volta la
necessità dell'immediato recupero del complesso monumentale di Santa Maria
di Orsoleo, per il quale codesto dipartimento si è già tanto attivamente
impegnato, nella concreta prospettiva di farne un importante punto di
riferimento per l'itinerario artistico archeologico della Valle Dell'Agri.
Si chiede pertanto di accelerare al massimo le procedure dell'acquisizione
anche al fine di porre termine alle solite speculazioni dei ritardi
indefiniti e del disinteresse pubblico per i beni culturali...".
Così, dopo che, ovviamente, i proprietari avevano manifestato la loro
disponibilità alla vendita, si pensò seriamente all'acquisto, da parte della
Regione Basilicata; e all'acquisto si arrivò nell'adunanza del Consiglio
Regionale del 24 novembre 1987. Il Consiglio aveva all'ordine del giorno un
solo argomento: L.R. "Autorizzazione acquisto complesso monumentale Santa
Maria di Orsoleo, da adibire a sede del centro polivalente di attività
culturali".
Ecco, nelle parti salienti, il testo del verbale della seduta": "Il
Consiglio Regionale
Visto il testo di legge segnato in oggetto;
Sentito il parere della Prima Commissione Consiliare Permanente, espresso in
aula dal Presidente Schettini;
Sentiti gli interventi dell'Assessore D'Andrea e dei consiglieri Adamo e
Bubbico;
Visto l'esito della votazione sui singoli articoli e sul testo di legge
nella sua interezza, approvati con identico risultato: consiglieri presenti
21- votanti 21 - voti favorevoli 21;
delibera
di approvare la L. R. "Autorizzazione acquisto complesso monumentale Santa
Maria di Orsoleo, da adibire a sede del Centro polivalente di attività
culturali" nel testo allegato al presente provvedimento di cui è parte
integrante e sostanziale".
Nella "Relazione" che segue, prima si dice dell'importanza storica e
artistica di Orsoleo ("tanto da essere dichiarato in data 27-1-1954 di
interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1-6-1939 n. 1089 e
sottoposto a tutela da parte della Soprintendenza...") e dell'intenzione di
acquisto da parte della Regione Basilicata nell'ambito degli interventi
relativi al Programma Triennale 1985-1987 nel settore dei beni di interesse
storico ambientale"; poi si passa a una esposizione generale della storia
del Convento, ricalcando, più o meno, la descrizione premessa al già citato
disegno di legge al Senato; alla fine, con riferimento specifico, si dice
"non solo giustificata ma anche necessaria" la proposta di legge in oggetto,
da considerare "come atto consequenziale al deliberato CIPE del 2-5-1985"
che prevedeva "l'acquisizione ed il restauro del complesso monumentale"; e
si conclude dicendo che si affidava alla Soprintendenza per i beni
ambientali e architettonici della Basilicata "l'attuazione di un programma
di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad
attività varie di uso collettivo".
Seguono i tre articoli della L. R. che veniva approvata:
Art. 1
E' autorizzato l'acquisto dell'immobile descritto al successivo art. 2 di
proprietà dei Sigg. Galotta Teodosio Michele e Rossi Maria Giuseppa sito nel
Comune di Sant'Arcangelo da destinare a sede del Centro Polivalente di
attività Culturali al prezzo globale di £ 897.474.200. (14)
La spesa già prevista dal Programma Triennale di intervento 1985-87
approvato dal CIPE con la deliberazione del 2 maggio 1985, trova copertura
finanziaria sul Cap. 7316 del Bilancio di previsione per l'esercizio 1987.
Art. 2
Il complesso di cui all'art. 1 é costituito da:
a) fabbricati in agro di Sant'Arcangelo in catasto alla partita 581
particelle 13/2 e lett. A del foglio 30 del Comune di Sant'Arcangelo,
comprendenti:
un corpo A di mq 300
corpo B di mq 955
corpo C di mq 885
corpo D di mq 210 costituenti l'intero complesso monumentale di S. Maria
d'Orsoleo.
b) terreni per Ha 2.00 circostanti il complesso monumentale così come
delimitati nella planimetria allegata (15).
Art. 3
La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E'
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge
della Regione Basilicata. Segue la firma del Presidente Prof. Mario Di
Nubila.
Così, dopo più di un secolo, dopo tante tristi vicende e dopo tante speranze
di rinascita, l'antico Convento, anche se spogliato, ormai, delle
suppellettili che un tempo lo facevano ricco e sontuoso, privato di alcune
delle più belle e più significative opere d'arte, e malandato nelle stesse
strutture murarie; sul punto, quasi, della distruzione totale; misero e
spoglio; senza vita, senza preghiere e senza canti devoti, non ritornava ai
vecchi abitatori (cosa ormai impossibile) ma, per lo meno, ritornava di
utilità pubblica, diventava un bene di tutti.
Subito dopo l'acquisto, con ammirevole celerità si pensò al restauro degli
edifici, e già il 15 aprile del 1988, l'"Impresa Giardini" di Roma potè dare
inizio ai lavori sotto la direzione e la guida di esperti e di tecnici della
Soprintendenza. Finora si è proceduto solo a lavori di rinforzo delle
fondamenta, dei muri portanti e delle volte. Si spera che si vada avanti
senza le soste cui così spesso, purtroppo, si assiste nei lavori di
interesse pubblico, e che tutto il complesso dell'antico convento riprenda,
quanto prima, un aspetto dignitoso e decoroso che possa avviarlo a una nuova
vita, diversa, ovviamente, da quella per cui era stato fondato e che l'ha
caratterizzato per tanti secoli, ma, si vuole sperare, ugualmente nobile e,
anche se in modi certamente non immaginati da chi lo aveva voluto,
ugualmente utile per tutti gli abitanti della Valle. Perchè è necessario, se
veramente si vuol salvare Orsoleo, non solo restaurarlo, ma
"rivitalizzarlo", vivificarlo con energie ed attività giovanili, senza
dimenticare, però, l'antica funzione che sempre il complesso monumentale ha
avuto, di santuario mariano per tutti gli abitanti della zona.
Già si è notato come tutti quelli che si sono interessati al recupero di
Orsoleo, abbiano pensato anche alle funzioni a cui destinarlo: nella
proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 20 aprile 1983 e
nel disegno di legge comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica
il 10 maggio 1984, si diceva esplicitamente: "Noi proponiamo che il
monumento venga assegnato alla comunità montana competente per territorio,
riservandosi il Ministero per i beni culturali ed ambientali, attraverso le
Soprintendenze regionali, l'attuazione di un programma di restauro e di
rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad attività varie di
uso collettivo. Particolare rilievo ci pare debba avere la creazione in loco
di un museo archeologico che raccolga le vistose ed importanti testimonianze
sulle popolazioni elleniche ed anelleniche presenti nella Valle dell'Agri,
come soprattutto in quest'ultimo decennio la Soprintendenza della Basilicata
ha lodevolmente accertato e documentato nei programmi di scavi e di studio".
Cose più o meno simili venivano proposte nei vari convegni, più o meno
importanti, che, in diverse occasioni, si tenevano, a vari livelli, sia a
Sant' Arcangelo che nella stessa sede di Santa Maria di Orsoleo. Da parte
sua, il Consiglio Regionale, acquistando il vecchio monastero diceva di
volerlo "adibire a sede del centro polivalente di attività culturali" e
proponeva di affidarlo "alla Soprintendenza per i beni ambientali e
architettonici della Basilicata... (per) l'attuazione di un programma di
restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad
attività di uso collettivo". Ma sull'utilizzazione del Convento, una volta
restaurato, l'intervento più esplicito e più chiaro si è avuto con la
presentazione di un altro disegno di legge, da parte di ben quindici
senatori, comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 18
ottobre 1988. Il disegno di legge è stato presentato "d'iniziativa dei
senatori Coviello, De Rosa, Spitella, Manzini, Moro, Zecchino, Parisi,
Perina, Pinto, Toth, Mezzapesa, Leonardi, Tagliamonte, Boggio e Sartori"
(16). Il disegno di legge, presentato da tanti autorevoli parlamentari di
ogni parte d'Italia, propone non solo l'istituzione di un museo archeologico
nel vecchio edificio una volta restaurato, ma anche di un laboratorio e di
una scuola per il restauro. Il disegno di legge si intitola esplicitamente
"Istituzione del Museo archeologico nazionale delle Genti Italiche, del
Laboratorio e della Scuola per il restauro nel complesso di Santa Maria
d'Orsoleo in Sant'Arcangelo". E' preceduto da una relazione introduttiva:
"Onorevoli Senatori: Negli anni più recenti, ed in particolare dopo gli
eventi sismici del 1980, nell'area meridionale campano-lucana, per meglio
conservare la memoria storica e marcare una identità culturale che rischia
di essere rimossa, si è andato accentuando l'interesse delle comunità locali
verso i beni culturali e le istituzioni locali, e gli organi periferici
dello Stato stanno elaborando una forte iniziativa progettuale per il loro
recupero, utilizzando appieno la normativa speciale per la ricostruzione e
l'intervento straordinario nel Mezzogiorno.
Si vanno, così, ripristinando e rendendo valide strutture monumentali, alle
quali non solo viene dato rilievo culturale, ma viene anche riconosciuto il
valore di risorsa proficuamente utilizzabile per la crescita economica e
sociale delle popolazioni locali.
Insieme alla riscoperta si va esaltando il loro ruolo, affidando al bene
culturale non solo il valore di testimonianza isolata di un avvenimento, ma
anche la funzione di risorsa legata al contesto storico ambientale che lo ha
prodotto.
In questo quadro, la tutela del bene si lega sempre più alla valorizzazione,
alla promozione e crescita socio-culturale dell'area, perseguibili
attraverso l'attività di pianificazione e gestione dell'ambiente in cui si
situa.
Da qui derivano la necessità e l'utilità della stretta collaborazione tra lo
Stato, che detiene la competenza in materia di tutela e conservazione dei
beni culturali, e le istituzioni locali, in primo luogo le regioni, che
hanno la responsabilità della programmazione economica e territoriale.
La linea qui appena indicata viene perseguita in Basilicata, dove si sta
realizzando un vasto programma nel settore dei beni archeologici e
monumentali e dove si sta validamente sperimentando una positiva convergenza
tra il recupero, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio
attraverso la destinazione funzionale in rapporto alla necessità di
promuovere ed allargare i servizi culturali nel territorio. Il programma del
recupero corrisponde al disegno di sviluppo che la regione si è dato e che è
indicato nel piano di assetto economico e territoriale.
Va così prendendo corpo un progetto di sistema museale a scala regionale, ma
con orizzonte operativo agganciato agli itinerari culturali del Mezzogiorno;
un sistema articolato territorialmente in un disegno organico legato
intimamente alle caratteristiche storiche del territorio, che esalti i ruoli
del Ministero per i beni culturali e ambientali, delle sovrintendenze, delle
regioni, degli enti locali e della Chiesa nell'ambito delle rispettive
competenze.
L'area sud-occidentale della Basilicata, a ridosso del confine con la
Calabria, non rientra certo fra le entità territoriali più favorite da quei
processi di sviluppo che si vanno affermando in molte zone del Sud. Così
come in altre parti del Mezzogiorno, si può anzi affermare che il processo
storico marca qui una radicale differenza rispetto al passato classico;
questi stessi territori hanno infatti costituito a lungo un punto nodale
nella vicenda della Magna Grecia.
Per comprendere tale favorevole posizione, occorre partire dalla
trasformazione naturale dell'area, caratterizzata dalla presenza dei due
bacini fluviali dell'Agri e del Sinni, volti in direzione dello Ionio, che
si diramano dalle alture dell'Appennino affacciate invece sul Tirreno; com'è
facile rilevare, un'ottima via di transito tra i due opposti versanti
marittimi.
Come indicano i ritrovamenti delle grotte di Latronico, in queste due ampie
vallate la presenza umana è certo molto antica; perchè si dispieghino
appieno le potenzialità naturali di crescita occorre tuttavia giungere ai
secoli successivi all'VIII avanti Cristo.
Lungo le coste dei mari meridionali verso quell'epoca si verifica infatti
uno degli avvenimenti storici che più ha inciso nella definizione stessa
della nostra civiltà: la colonizzazione greca...". Segue una breve
esposizione storica generale sulle colonie greche del litorale ionico e
sull'importanza delle valli dell'Agri e del Sinni nello sviluppo economico e
civile della zona nei tempi antichi. Quindi il relatore continua: "La
riscoperta dell'esistenza stessa delle culture italiche costituisce... uno
dei più rilevanti successi dell'archeologia italiana del secondo dopoguerra,
reso ancora più significativo dal recente, accresciuto interesse per le
sorti del nostro patrimonio culturale.
Nel caso specifico dell'area in esame, un vero e proprio salto di qualità
dell'attività di ricerca può essere riconosciuto nell'attuazione dei
provvedimenti di ricostruzione e di sviluppo successivi al terremoto del
1980 (legge n. 219 del 1981 e legge n. 80 del 1984, di conversione del
decreto-legge n. 19 del 1984).
A definirlo possono essere indicativi alcuni dati quantitativi. Dal 1982 ad
oggi, in una sola delle varie necropoli di Aliano, sono stati scavati 900
complessi tombali enotri, per un totale stimato di circa 15.000 reperti.
Così come meritano di essere segnalate tutte le nuove scoperte effettuate
dal 1980 in poi, in particolare le forme insediative: le fattorie con
relative aree di necropoli di Aliano-Alianello (Maria Santissima della
Stella) Armento, Castronuovo, Gallicchio, Guardia Perticara, Missanello,
Montemurro, Roccanova, S. Chirico Raparo, S. Martino d'Agri e
Sant'Arcangelo, nella valle dell'Agri; e Cersosimo, Chiaromonte, Episcopia,
Noepoli, S. Giorgio Lucano e Teana in quella del Sinni; i piccoli santuari
rurali di Santa Maria d'Anglona, Armento, Chiaromonte ed Episcopia. Gli
abitati fortificati di Roccanova-contrada Marcellino, Serre e Tre Confini;
Cersosimo Latronico-Colle dei greci e Agromonte Magnano.
Fatto della massima importanza, al salto quantitativo ha corrisposto anche
un netto progresso delle tecniche di scavo; nel caso delle sepolture più
ricche e complesse si è, ad esempio, messa a punto una procedura di recupero
che consente l'asportazione integrale della tomba con tutta la sottostante
zolla di terreno. Il prelievo degli oggetti può così essere differito e
venire eseguito in laboratorio, con l'ausilio di tutti i mezzi di
ricognizione, restauro ed analisi.
In una situazione che non ha possibilità di confronto in nessun altro sito
mediterraneo, si dispone così di un complesso di deposizioni - al momento
già cinquanta casi - che possono essere oggetto di un microscavo di assoluta
precisione ....
La conclusione logica cui si perviene, in vista di simili prospettive
scientifiche e dopo uno sforzo finanziario comunque non trascurabile, è
certo quella di porre un tale patrimonio culturale a disposizione dei
cittadini, come fonte di conoscenze, ma anche quale risorsa da valorizzare
sotto il profilo turistico.
Allo stato attuale delle cose, non esiste tuttavia alcuna istituzione
museale in grado di ospitare i reperti di cui si è detto; per il museo di
Policoro, già largamente insufficiente, le possibilità di ampliamento sono
remote (data la sua ubicazione all'interno dell'area archeologica di
Heracleia), mentre il quasi ultimato museo di Grumentum appare lontano e già
del tutto impegnato dalle potenzialità della città romana cui si affianca.
Unica soluzione del problema è quindi la nascita di una nuova struttura
espositiva.
In coerenza con il principio sia culturale che economico del recupero delle
strutture monumentali già esistenti, per essa lo stesso territorio della
Valle dell'Agri offre una sede ottimale, con il complesso monastico di Santa
Maria d'Orsoleo, in comune di Sant'Arcangelo (Potenza), di recente acquisito
dalla regione e in fase di avanzato recupero".
Il relatore passa poi a parlare, per sommi capi, dell'origine, della storia,
dell'importanza del convento di Orsoleo nel corso dei secoli. Quindi
continua: "Con il presente disegno di legge si pensa di utilizzare il
complesso come istituzione a funzioni plurime:
1) come istituto museale, non più solo destinato alla conservazione ed
esposizione di oggetti, ma atto a concentrare in una stessa sede la
biblioteca e l'archivio, come la documentazione e l'informazione relative
alle risorse culturali del territorio, la didattica e l'attività di
promozione sociale e culturale;
2) come laboratorio per il recupero dei beni archeologici;
3) come centro di formazione professionale di giovani o di unità, già
operanti nel lavoro di recupero archeologico, impiegate dalle istituzioni e
dalle imprese che lavorano in questo settore nella regione.
Il recupero del monumento, reso possibile a seguito dell'intervento
straordinario, offre questa possibilità. Il restauro e la destinazione d'uso
dell'edificio sono infatti gli aspetti prettamente interdipendenti
dell'attività di conservazione del monumento legati il primo, a metodologie
storico-critiche e tecnico-scientifiche e, il secondo, alla individuazione
di un uso che sia compatibile con le caratteristiche tipologico-distributive
proprie dell'edificio.
La destinazione museale e comunque socio-culturale dell'edificio appare
senz'altro la più idonea a produrre la pluralità di effetti descritti, che
vanno dalla possibilità di una corretta finalizzazione dell'intervento di
restauro alla produttività culturale conseguente alla riappropriazione
sociale dell'edificio storico-rappresentativo, alla economicità globale in
termini di costi-benefici dell'operazione, che concorre anche all'obiettivo
di rivitalizzazione del centro storico e dell'intera media Valle dell'Agri.
Tale destinazione, che vede concordemente favorevoli sia gli organi
periferici del Ministero per i beni culturali ed ambientali interessati che
la stessa regione Basilicata, consentirebbe i seguenti risultati:
esposizione in tempi brevi dei reperti archeologici;
restituzione di una funzione pubblica ad uno dei più notevoli complessi
monumentali della regione, finora escluso da ogni fruizione;
nascita di un polo di interesse nella media Valle dell'Agri, quasi a metà
strada fra i due comprensori archeologici di Grumentum e di Policoro, già
dotati di strutture museali.
Grazie alla peculiarità dei complessi recuperati nella loro totale integrità
ed alla particolare natura dei reperti, il museo - che merita senz'altro il
nome di Museo archeologico delle genti italiche - potrebbe venire allestito
secondo criteri fortemente innovativi, proponendo la ricostruzione al vero
di un lembo della necropoli e realizzando un sorta di esposizione di quelle
forme di esibizione della ricchezza attraverso gli oggetti esotici e
l'abbigliamento che costituiscono uno degli atteggiamenti più singolari ed
affascinanti di queste genti.
Con un'adeguata preparazione ed un'informazione mirata, sarebbero notevoli
le possibilità di ricaduta sul piano della fruizione turistica, anche ad
ampio raggio.
Da quanto detto in precedenza appare chiaro come la scelta della badia di
Santa Maria d'Orsoleo quale contenitore espositivo si riferisce alla
sistemazione delle sole strutture di visita.
Accanto, appare molto importante la disponibilità di ambienti per il
restauro, l'analisi e la documentazione dei reperti.
Anche in questo caso, la situazione presente appare drammaticamente
inadeguata; per fornire uno spazio operativo all'équipe dell'Istituto
centrale del restauro, che affianca la soprintendenza archeologica della
Basilicata nel trattamento di questi materiali, si è di recente ricorsi
addirittura all'impiego di una delle sale di esposizione del museo di
Policoro, sottratta così al pubblico.
La creazione di una scuola-laboratorio può avvenire anche utilizzando allo
scopo la struttura convittuale della scuola professionale agraria di S.
Brancato. Quest'ultima nell'anno scolastico 1988-89 ha subito un
provvedimento di soppressione, poi revocato, per limiti numerici di alunni
convittori.
L'utilizzo di questa struttura anche per la scuola di restauro consente una
felice integrazione di attività procurando l'esaltazione funzionale
scolastica del centro, che diffonde i suoi benefici effetti su un territorio
molto vasto.
L'impiego del complesso scolastico di S. Brancato, disponibile con
fabbricati di tipo comunitari, consente l'abbattimento dei costi e
l'accelerazione dei tempi operativi. Esso, oltre a fornire indispensabile
supporto logistico alla nascita ed alla vita del Museo, può divenire un
centro di riqualificazione del personale e di formazione giovanile, in
funzione sia della sovrintendenza che dello stesso Istituto centrale del
restauro, che potrebbe così iniziare nel concreto quella politica di
decentramento sia didattico che operativo che è già nei suoi obiettivi
strategici".
Segue una esposizione generale degli articoli proposti che, testualmente,
sono così enunciati:
Disegno di legge
Art. 1.
1. Sono istituiti in Sant'Arcangelo, presso il monastero di Santa Maria
d'Orsoleo e il collegio-scuola di San Brancato, in provincia di Potenza, il
Museo archeologico nazionale delle genti italiche, il Laboratorio di
restauro dei beni archeologici, quale sede distaccata meridionale
dell'Istituto centrale del restauro, e la Scuola professionale per la
formazione degli operatori nel settore del restauro dei beni culturali.
Art. 2.
1. Il Museo, il Laboratorio e la Scuola operano in collaborazione con la
regione Basilicata e nell'ambito delle rispettive finalità sulla base di
intese tra i competenti organi statali e regionali.
2. Il Museo provvede alla raccolta, alla conservazione ed al restauro del
patrimonio archeologico rinvenuto nelle Valli dell'Agri e del Sinni,
promuove, anche in collaborazione con la regione Basilicata e gli enti
locali, studi e ricerche sulla storia antica delle Valli dell'Agri e del
Sinni e sulla storia delle genti italiche, nonchè le connesse iniziative per
la promozione culturale dell'area.
3. La scuola provvede alla formazione professionale del personale addetto al
restauro dei beni archeologici. L'attività della Scuola è svolta in
collegamento, sul piano scientifico e tecnico, con l'Istituto centrale del
restauro avvalendosi con apposite convenzioni dell'opera di istituti
universitari e di altri istituti specializzati.
4. La Scuola, che si articola in un corso triennale, provvede
all'insegnamento del restauro in particolare di quello relativo ai beni
archeologici ed antiche opere d'arte minore.
Art. 3.
Il Museo, il Laboratorio e la Scuola si avvalgono, per il proseguimento
delle proprie finalità, anche di contributi finanziari di enti e di privati.
Art. 4.
1. Col decreto del Presidente della Repubblica, adottato, su proposta del
Ministro per i beni culturali e ambientali, con la procedura prevista
dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è emanato il regolamento
per l'esecuzione della presente legge. Sullo schema di regolamento la
regione Basilicata esprime il parere entro sessanta giorni dalla
comunicazione.
Art. 5.
1. Il Ministro per i beni culturali e ambientali è autorizzato a stipulare
una convenzione con la regione Basilicata per l'uso del convento di Santa
Maria d'Orsoleo quale sede del Museo.
Art. 6.
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire
1000 milioni annui a decorrere dal 1988, si fa fronte, quanto a tale anno,
mediante parziale riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del Tesoro, all'uopo utilizzando
l'accantonamento "Istituzione dell'Agenzia per il controllo dell'attuazione
dei trattati internazionali relativi alla libertà e ai diritti civili per
l'informazione nei Paesi a regime dittatoriali", e corrispondenti capitoli
per gli anni successivi.
2. Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio. -
Questo è il disegno di legge presentato il 18 ottobre 1988 alla Presidenza
del Senato della Repubblica dal Senatore Coviello e da altri 14 Senatori
d'ogni parte d'Italia.
Per quanto riguarda, dunque, la riutilizzazione del complesso di Orsoleo,
una volta restaurato, l'opinione prevalente è che il vecchio monastero sia
destinato a funzioni socio-culturali e, più specificamente, a sede di un
museo archeologico e a scuola di restauro.
lll
NOTE DEL
CAPITOLO 10
1) II verbale della seduta è in ACS, fascic. " Orsoleo" .
2) Idem
3) Idem.
4) Anche il verbale di questa seconda seduta è in ACS, fascic. "Orsoleo".
5) Idem
6) Di una strada carrozzabile che portasse a Orsoleo si parlava da anni;
nella seduta del 9 aprile era stata caldeggiata esplicitamente dal Comitato.
7) A.C.S.; fasc. "Orsoleo".
8) Tutti questi dati sono riscontrabili in varie carte raccolte nel
fascicolo "Orsoleo" in A.C.S.
9) A.C.S., fasc. "Orsoleo".
10) Camera dei Deputati, Atti parlamentari, VIII legislatura - Disegni di
legge e relazioni Documenti - N. 4068.
11) Come si vede, questo disegno di legge prevedeva l'esproprio, non
l'acquisto per libera vendita del complesso di Orsoleo.
12) Senato della Repubblica, - Atti parlamentari, IX legislatura, N. 710.
13) Copia in A.C.S., fasc. "Orsoleo".
14) Per curiosità si può notare che nella tabella allegata alla proposta di
legge al Senato (della quale si è ampiamente detto) alla voce "Spese per
acquisti ed espropriazione, ecc." si assegnavano in tutto solo 100 milioni
di lire!
15) Si ricordi che il territorio di Orsoleo è di circa 200 ettari. I due
ettari acquistati sono, perciò, veramente pochi.
16) Senato della Repubblica - Atti parlamentari - N. 1361, com. alla
Presidenza il 18 ottobre 1988 - X legislatura - disegni di legge e relazioni
- Documenti. |