Storie di Donne Lucane
"racconti di figlie, madri, nonne."

Maria Schirone

 

 

Senza lamenti, senza lacrime: La storia di Rosina Mamma contadina, mamma cittadina… Esperienze e sentimenti di una discendente di Lucani Una Visita a Montemurro

Una visita a Montemurro

 di Maria Isabel Damasco Falotico
(originaria di Montemurro; n. a Montevideo, Uruguay)

        

Sono stata invitata da mio marito a viaggiare in Italia per visitare e conoscere la terra dove sono nati i miei genitori.

Una volta arrivati a Potenza abbiamo proseguito in macchina e abbiamo fatto il percorso di tutti i paesi per i quali bisognava passare prima di giungere a Montemurro. Tra gli altri, ricordo Montesano, Moliterno e il suo castello, Corleto… paesi che sembrano appesi alle montagne e che per averli tanto sentiti nominare rimangono registrati nella memoria per sempre. Quelle strade serpeggianti, quanta bellezza ci circondava! Sono rimasta meravigliata da tutto ciò che vedevo.

Finalmente una domenica mattina arriviamo a Montemurro e per fare una sorpresa a mia zia Rosina ci presentiamo d’improvviso al suo bar, in piazza, dove lavorava con i suoi figli.

Mio cugino, che si chiama Gino, era allora il sindaco del paese. Fu lui ad accompagnarci a conoscere tutti gli angoli, le case dove sono vissuti e dove hanno lavorato i nostri genitori e i nostri nonni. Nonostante fosse giorno festivo ci aprì la porta del municipio per mostrarci i libri dove erano annotati e iscritti i nostri parenti; cercò nomi e cognomi e date di nascita. Dalla finestra potevamo ammirare il paesaggio, per noi inconsueto, e fotografarlo.

Da tutto il paese si poteva contemplare il monte Sirino con la cima coperta di neve.

Tutti i componenti della famiglia di mio padre ci invitarono a rimanere un tempo più lungo con loro, nella loro casa… nella loro terra natale.

I miei genitori si adattarono all’Uruguay come furono capaci, lavorando di ciò che sapevano fare; la nonna e la figlia lavoravano nel magazzino al quartiere del Prado, che aveva un cartello ovale e luminoso che diceva “Almacen Rialto Comestibles por mayor y menor”[1].

I figli maschi, prima di recarsi a lavorare al mattino presto in tram, andavano al mercato a prendere le verdure e la frutta per rifornire il magazzino.

Hanno fatto molti sacrifici per sopravvivere e loro stessi si sono costruiti le proprie case, giacché sapevano fare un po’ di tutto: erano costruttori, muratori, elettricisti.

Per la nonna materna la guerra è stata un castigo: soffrì molto per i suoi figli maschi più giovani. Uno di loro fu fatto prigioniero in Ungheria: durante quattro lunghi anni non si seppe più nulla di lui e tutti lo credettero morto; poi quando la guerra finì si ripresentò a casa, sano e salvo.

L’altro figlio partecipò nella divisione fanteria nella regione di Trieste e Trento. Da questo zio abbiamo ascoltato racconti sui momenti vissuti durante la guerra.

Erano cattolici, le domeniche non mancavano mai alla messa delle otto del mattino nella chiesa de Las Carmelitas: la nonna ci svegliava presto per essere in orario… e noi, niente. Lei ci diceva “Meglio la volontà che la forza”, ci ripeteva alzatevi, alzatevi. In casa si era severi per quanto riguardava la religione: dovevamo partecipare a tutte le cerimonie e processioni…

Ricordo una  messa al porto: si trattava delle celebrazioni nei giardini dell’Ospedale Italiano, con i marinai delle navi e con mille bandiere italiane e uruguayane che sventolavano nelle mani di bambini e adulti. Non ricordo i nomi delle navi, ma quanto erano belle!

L’ultimo membro della famiglia di mia madre, lo zio Carmelo, nell’anno 1999 avrebbe compiuto cento anni; purtroppo non ce l’ha fatta per poco. Lo ricorderemo sempre con grande affetto anche perché è stato lui a raccontarci con molto amore la maggior parte di queste vicende famigliari.


[1] “Magazzino Rialto – Alimentari all’ingrosso e al dettaglio”,

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