Avigliano e le sue chiese
CHIESE NON PARROCCHIALI
Oltre alle quattro Chiese parrocchiali summenzionate, nell'ambito del
territorio aviglianese, sia urbano che rurale, in epoche diverse dal 1200 ad
oggi, sono sorti altri edifici sacri, tutti aperti al culto, di cui vorremmo
tentare una breve descrizione storico-artistica, riordinandoli per
giurisdizione parrocchiale.
PARROCCHIA DI AVIGLIANO CENTRO:
Undici sono le chiese che ad essa appartengono, se si eccettua la piccola
cappella dell'Angelo ('ngape a l'angele), di cui non si hanno notizie, anche
se sorge nei pressi di una località chiamata "Pazìa", nella parte alta del
paese, forse per il fatto che in quel luogo doveva sorgere un'antica
"abbazia", di cui però non è rimasta traccia alcuna né in documenti scritti,
né come resti murari e neanche nella memoria degli anziani.
1) CHIESA DI SANTA MARIA DE CORNU BONU, conosciuta dal popolo come la chiesa
della Madonna delle Grazie.
E' la più antica chiesetta di Avigliano che si conosca, certamente anteriore
al 1240, anno in cui - come meglio è ricordato in altra parte del presente
libretto - la statua ivi venerata scomparve e venne trovata a Campagna, in
provincia di Salerno, dove ancora oggi è invocata con il titolo di San Maria
di Avigliano.
Di origine padronale, nell'aprile del 1569, morto don Cesare Martinelli,
l'ultimo proprietario, per disposizione del vescovo del tempo, mons. Tiberio
Caraffa, fu incorporata in perpetuo al capitolo di San Leonardo, l'attuale.
Chiesa Madre, e don Antonio Livisbella, arciprete di Ruoti, ebbe l'incarico
di darne il possesso.
Distrutta da un incendio, scoppiato la sera del 16 luglio 1934, fu riattata
alla meglio dalla famiglia Lacerenza e il 13 dicembre del 1938 una folla
imponente accompagnò nella sua antica dimora una nuova statua della Madonna
delle Grazie.
Nell'incendio, infatti, assieme a tutto il resto, era andata distrutta anche
l'antica cara immagine della Madonna.
La Chiesa trovasi fuori dell'abitato, sulla mulattiera che porta a Ruoti,
non molto lontana dalla fiumara ed è ancor oggi meta di numerosi devoti.
Oltre alla Chiesa, ad un'unica navata, di nessun pregio artistico, vi è
anche un piccolo appartamento per l'oblato.
2) CHIESA DI SAN VITO
Appena fuori dell'abitato, a poche centinaia di metri dal cimitero,
sull'attuale extramurale che conduce a Potenza, sorge su di uno spiazzo
elevato, in mezzo a due alture, la cappella dedicata a San Vito, ultimo
protettore, in ordine di tempo, della parrocchia di Avigliano.
Si racconta che Vito - assieme a Modesto e Crescenzia, suoi precettori - su
proposta del padre-pagano, fosse fatto atrocemente giustiziare da
Diocleziano, nella antica Lucania e precisamente dove il Tanagro confluisce
nel Sele.
Incerta la data di costruzione dell'antica primitiva chiesetta, sulle cui
rovine fu edificata intorno al 1500 l'attuale, ristrutturata e poi
modificata ulteriormente nella facciata negli anni cinquanta.
Due olmi, dal fusto altissimo, con circa 22 palmi di circonferenza ed una
quercia colossale, abbattutasi a seguito di un furioso temporale il 16
giugno 1780, costituivano per l'edificio sacro un pregio paesaggistico di
notevole bellezza, e per la gente, che il 15 giugno vi si recava a visitare
il Santo - consumandovi poi il pranzo al sacco - un sicuro riparo dalla
calura estiva.
A cavallo tra il settecento e l'ottocento, a ridosso dell'altare maggiore,
venne costruito un locale per la sacrestia ed un piano rialzato per
l'alloggio dell'abate.
Questi, oltre che del culto, si prendeva anche cura degli ammalati morsicati
da cani randagi e rabbiosi, ospitati in una specie di lazzaretto, sistemato
nell'alloggio costruito al piano rialzato sulla sacrestia.
La piccola chiesetta era sotto la giurisdizione dei Domenicani
dell'Annunziata e, secondo la RELAZIONE GAUDIOSO sulla BASILICATA, -del
1736, possedeva una rendita derivante cento vacche e cento pecore.
Si ha notizia di un quadro di pregevole fattura, raffigurante i martiri
Vito, Modesto e Crescenzia, che un forestiero, dietro offerta di una
cospicua somma di denaro, riuscì a farselo cedere.
Pare raccontasse l'episodio di uno schiaffo che Modesto avrebbe dato a
Crescenzia per un rimprovero fatto a San Vito.
Quando, però, stipulato il contratto, si andò a schiodare il quadro, si
racconta che le immagini divennero così brutte che il forestiero desistette
dal condurre in porto l'affare.
Non sappiamo se le stesse ripresero poi l'antico bell'aspetto, anche perché
non sono giunte fino a noi.
E' invece a noi giunto un vasto affresco di autore ignoto, che raffigura la
gloria di San
Vito, di . pregevole fattura, risalente al 600, ben visibile sotto il
soffitto dell'attuale Cappella.
Si conserva pure in detta Chiesa, custodita in una teca d'argento, una
reliquia del braccio di San Vito.
La festa, anche esterna, viene celebrata il 15 giugno. Per tutta la durata
della novena di preparazione le funzioni venivano ufficiate in detta
cappella, avendo prima scambiate con la Chiesa Madre le rispettive statue
del Santo che solo a fine festa ritornavano processionalmente al loro posto
di origine.
3) CHIESA DI SANTA LUCIA
Scarse le notizie che si hanno intorno a questa Chiesa, certo fra le prime
costruite nelle immediate vicinanze del centro abitato, fuori porta Melfi.
La straordinaria devozione attorno a questa Chiesa è ancora oggi vivissima,
oltre che per il culto tributato alla santa di cui porta il nome, anche per
la presenza di una statua di Sant'Antonio eremita, meglio conosciuto come
Sant'Antonio del fuoco, in onore del quale si celebrano riti e alla cui
protezione si affidavano gli animali, che, proprio sullo spiazzo di detta
chiesa venivano benedetti il primo dicembre di ogni anno.
Lungo le pareti laterali dell'edificio vi sono degli altari in legno con dei
lavori ornamentali che si fanno risalire all'inizio del seicento.
La piccola chiesa, ad un'unica navata, termina con un abside che presenta
dentro la lunetta - sotto la tinteggiatura e gli intonaci sovrapposti - un
affresco originale di valore inestimabile, raffigurante l'incoronazione di
Maria e, in basso, sotto l'affresco, un graffito di Sant'Antonio eremita,
coperto dal tozzo altare maggiore di epoca posteriore, tutti del seicento.
Pregevole è anche il portale.
Sulla parete laterale destra si può anche vedere un'antica raffigurazione
della Madonna delle grazie, che ora si venera in Campagna sotto il titolo di
Santa Maria di Avigliano.
Opportunamente riattata la predetta chiesa si presterebbe bene ad agevolare
la pratica del precetto festivo e del culto feriale agli abitanti dei nuovi
quartieri che si vengono formando intorno alla stazione ferroviaria.
4) CHIESA DELLA SS. TRINITA'
Dietro "LE ROCCHE", a ridosso della "TORRE DI TACCONE", attigua al luogo
dove sorgeva il palazzo dell'antica famiglia VACCARO, trovasi una chiesetta
dedicata alla SS. TRINITA', eretta sull'orlo di un profondo precipizio.
Doveva essere di origine padronale se la chiave della chiesetta fu sempre
custodita dalla famiglia Telesca, che ebbe cura dell'ultimo rampollo della
famiglia Vaccaro, don Peppino, finché visse.
E' ad un'unica navata, con un altare a ridosso del quale troneggia un grande
quadro ad olio, di autore ignoto, della SS. Trinità, un vero ed autentico
capolavoro d'arte, come ebbe a definirlo il figlio di Vito Forlenza, un
grande pittore aviglianese che, qualche anno avanti la prima guerra
mondiale, ebbe l'incarico di ritoccarlo perché il tempo lo aveva
deteriorato.
In tempi di nebbia o di bufera, lo squillo della sua campanella, acuto
chiaro e vibrante, diffondendosi armonioso nella valle sottostante, serviva
come guida ai poveri contadini che ritornavano al paese.
5) CHIESA DI SAN BIAGIO
Sorge su di un cocuzzolo roccioso lungo la strada che dall'antica " porta re
pere " , immetteva verso le campagne bagnate dal torrente "pisciariello".
Da uno strumento di vendita stipulato dal notaio Francesco Genovese il 5
marzo 1666, si deduce che all'epoca la cappella abbisognava di restauri,
avendo un muro quasi diruto.
La curia vescovile di Potenza ne riconobbe l'urgenza e questi vennero
eseguiti. La costruzione originaria quindi doveva rimontare ad epoca
precedente.
Nel 1840 don Giulio Corbo la fece allungare di altri dodici palmi, ne
aumentò in proporzione l'altezza, facendovi costruire un nuovo tetto; fece
aprire un'altra porta, esposta a mezzogiorno, facendone murare l'antica ed
acquistò una statua di Santa Filomena, che si aggiunse alle altre già
esistenti di San Biagio e di San Cataldo.
Alla vigilia della festa si era soliti celebrare i Vespri e il giorno
seguente, nella Messa solenne, si benedicevano delle forme di pane da
mangiarsi per scongiurare il mal di gola e poi anche dell'olio che serviva
per ungersi il collo al medesimo scopo.
San Biagio, fu Vescovo di Sebaste (Sibus in Turchia) e una delle ultime
vittime delle persecuzioni romane. Il suo culto, popolarissimo in Italia e
altrove, è legato infatti alla benedizione della gola in ricordo di un
miracolo che la tradizione gli attribuisce: avrebbe salvato un bambino che
stava soffocando per aver inghiottito una spina di pesce.
Abbandonato il culto del Santo, in detta chiesa, pian piano la cappella andò
in rovina, non rimanendovi che poche pietre in piedi.
Nel 1975 fu riedificata dal sac. don Peppino Stolfi, ma non è ancora
ufficiata.
Da questa Chiesa proveniva la bella Madonna dipinta dal Brescianino nel
1642, detta della Provvidenza, che ora trovasi, a Potenza, gelosamente
custodita dalla famiglia sorelle eredi Corbo.
6) CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI o dei Riformati, meglio conosciuta con
il nome di Chiesa del MONASTERO ("ri gli muonici" ).
La chiesa dedicata a SANTA MARIA DEGLI ANGLI, detta anche dei Riformati, fu
costruita con l'annesso convento nel sec. XVI, per i frati minori osservanti
(1580? ).
Nel 1614 passò all'obbedienza della Riforma, un movimento interno di
rinnovamento dell'ordine francescano che si riprometteva un ritorno allo
spirito primitivo e alla piena osservanza della regola.
Nell'ambito di questo rinnovamento religioso, detto convento, assunse
un'importanza notevole sia perché destinato a studio generale dell'ordine,
sia perché luogo di raccolta di studiosi, letterati e poeti, i quali avevano
libero accesso alla biblioteca, ricca non solo di opere a carattere
religioso e filosofico, ma anche di classici.
La relazione GAUDIOSO sulla Basilicata del 1736, parlando di Avigliano, dice
che all'epoca esistevano due conventi di frati, di cui uno dei minori
mendicanti di San Francesco con la famiglia di trenta frati.
Ancora prima, in documenti rinvenuti presso l'archivio parrocchiale di
Avigliano, si fa menzione del convento di Santa Maria degli Angeli in un
testamento di don Donato Corbo
del 10-1-1652 e in altro documento del 1687 si legge che il "convento dei
Frati Riformati" è "mantenuto dall'Università di Avigliano".
Ebbe in seguito molto lustro dalla permanenza di Mons. Luigi Filippi, un
frate di Avigliano, nato il 20 gennaio 1810.
Dopo aver avuto, appunto in quel convento, la prima istruzione, Vito Antonio
Sebastiano - questi erano i nomi ricevuti dai genitori nel battesimo - passò
prima a Potenza e quindi a Laurenzana per i successivi studi, per poi far
ritorno ad Avigliano, da provinciale dell'ordine, nel 1844, rimanendovi fino
al 1853, pochi anni prima della, soppressione del convento.
In quell'anno infatti ottenne la nomina a Vescovo dell'Aquila, nomina che
conservò fino al 1876, anno in cui la sua personalità ebbe un ulteriore
riconoscimento da parte della Santa Sede che lo elevò alla dignità di primo
Arcivescovo dell'Aquila.
La Chiesa, certamente posteriore, almeno nella struttura odierna del
frontale - come si rivela da una data sopra scolpita, A.D. 1786 - presenta
una facciata artistica ed articolata settecentesca con portali laterali, a
bugnato, di notevole fattura.
L'interno è a due navate, la centrale coperta a volta a botte, lunettata,
divisa da arcate, su pilastri; quella laterale, a destra, coperta con volta
a crociera
Il vano absidale è arricchito da un pregevole coro ligneo con sovrastante
cantoria ed organo di interesse artistico.
La fisionomia architettonica interna è caratterizzata da una sobria
decorazione a stucco, ricorrente su pilastri, archi e volte.
Nelle arcate laterali si possono ammirare 8 artistici altari barocchi in
legno, finemente decorati con dorature ed intagli, con interessanti tele
seicentesche, tra cui spiccano, per bellezza, la glorificazione della
Eucaristia e Santa Chiara che scaccia i saraceni dal tempio.
Di un certo interesse artistico è anche la statua di San Francesco, il
gruppo della crocifissione e una statua in legno dell'Immacolata di
pregevole fattura.
Sono anche conservati i monumenti sepolcrali in marmo di Domenico Vaccaro,
Nicola Maria Corbo e Chiara Gagliardi con il figlio Andrea Corbo, anch'essi
di un certo valore artistico.
7) CHIESA DI SANTA CHIARA o delle MONACHE, meglio nota sotto il nome di
Chiesa di San GIUSEPPE.
Nell'antico "borgo di Santa Caterina", a mezza strada tra le abitazioni
delle antiche famiglie SALINAS e MASI, e la Chiesa di San Giovanni, si
affacciava, probabilmente nei pressi della porta "re pere" , l'ingresso
della Chiesa, così detta, delle Monache, perché annessa ad un convento di
monache di clausura, meglio conosciuta con il nome di Chiesa di San
Giuseppe, santo ivi particolarmente venerato.
Fu inaugurata solennemente, insieme al convento, nel giugno del 1705 con la
partecipazione dell'Ordinario Diocesano, mons. Agnello Rossi, del Capitolo
recettizio al gran completo e dei frati francescani e domenicani, allora
presenti in Avigliano.
Celebrata la Santa messa e benedetti i locali, fecero ingresso in clausura
le prime sette giovinette di Avigliano, Agnese, Margherita e Domenica
Coviello, Isabella Masi, Anna e Margherita Gagliardi e Domenica D'Andrea. A
queste si aggiunsero altre due religiose professe; provenienti dal Monastero
di San Luca in Potenza, con le mansioni di Badessa e di Vicaria ed altre
ancora, fino a raggiungere il numero di 28 claustrali.
In seguito, - siamo al 1920 - ridotte di numero e senza alcun mezzo di
sostentamento, le monache, per sopravvivere, si dedicarono a confezionare
dolci.
Sei anni dopo e precisamente nel 1926 il convento venne chiuso
definitivamente e le poche claustrali superstiti vennero avviate ai
Monasteri di Potenza e di Trani, aggregandole in altre congregazioni
religiose. Solo due lasciarono l'abito.
La Chiesa annessa al convento era dedicata a Santa Chiara, dal popolo però
veniva indicata - come abbiamo già detto - con il nome di Chiesa di San
Giuseppe, in onore del quale si celebravano particolari riti in occasione
della festa, preceduta da una novena di preparazione, particolarmente
accorsata da gente proveniente dai vari rioni del paese.
Vi erano degli altari di pregevole fattura, uno dei quali è stato montato
nella Chiesa del Carmine, sul monte omonimo, e soprattutto di notevole
valore artistico era una pala d'altare dedicata a Santa Chiara, firmata da
fr. Giordano, attualmente collocata all'ingresso della Chiesa
dell'Annunziata.
Dopo aver dato posto fin dal 1910 ad una scuola materna, gestita dalle suore
betlemite del Sacro Cuore e successivamente ad una Scuola di Avviamento
Professionale a tipo industriale, attualmente il Monastero e la chiesa sono
stati demoliti per dare posto ad un edificio per altre scuole, cancellando
così, purtroppo definitivamente, tre secoli di storia patria.
8) CHIESA DELL'ANNUNZIATA con annesso l'ex convento dei padri domenicani.
E' l'unica Chiesa che insieme al convento attiguo non fu fatta costruire a
cura del popolo, ma per interessamento di un signore, o, meglio, di una
signora, Zenobia Scaglione, vedova di Giuseppe Caracciolo, signore di
Avigliano e di Ruoti.
Sorge in mezzo al paese, nell'antico borgo omonimo, tra la "lavanga" , la
"piazzetta" e la "piazza".
Risale - come risulta da un atto notarile, stipulato da Francescantonio Masi
- al 1605.
Motivo della costruzione: la difficoltà da parte dei domenicani di Venosa di
recarsi ad Avigliano, specie nella cattiva stagione, per ascoltare le
confessioni della vedova, che li aveva a propri padri spirituali.
Così vennero anche i domenicani ad Avigliano.
La relazione GAUDIOSO sulla Basilicata del 1736 annota questo convento "dei
padri domenicani colla famiglia di 14 religiosi che tiene la rendita di
ducati 1500 che ricava da censi ed affitti di case, oltre delle industrie di
vacche, pecore e giomente".
Ad esso era soggetta - come abbiamo già ricordato - anche la cappella di San
Vito, fuori dell'abitato.
I domenicani, una volta andati via, lasciarono però traccia della loro
permanenza sia nel linguaggio che nei costumi.
Così, ancora oggi, per dire che uno si prende un giorno di festa gratis,
fuor dell'ordinario, si dice prendersi "i quatte r'auste", alludendo al
giorno in cui i domenicani - festeggiando il loro patrono san Domenico -
aprivano le porte del convento ed offrivano gratis - a quanti volevano
partecipare, specie tra la gente bisognosa - un sontuoso banchetto nel
cortile che affianca la Chiesa.
Il nome di "Domenico" poi è ancora oggi molto comune tra i nostri cittadini,
assieme a quello di Vito, Antonio e Carmine.
Durante il regno di Gioacchino Murat il convento fu soppresso e il 1 °
novembre del 1809 i locali furono adibiti a Real Collegio fino al 1821, anno
in cui la bella istituzione fu definitivamente trasferita a Potenza.
Nel 1851, poi, lo stabile fu destinato ad ospitare un Orfanotrofio
Provinciale, funzione cui tutt'ora è adibito.
La Chiesa è a tre navate. Il soffitto - a volte - è a cassettonato con
fiore. Ha sei altari in finto marmo, oltre quello centrale.
Oltre ad altre tele di un certo interesse artistico, ospita il dipinto di
fra Giordano, raffigurante Santa Chiara, di rilevante valore, proveniente
dal monastero delle Clarisse, ora demolito, come altrove abbiamo ricordato.
Titolare della Chiesa è la Madonna Annunziata: dal 1814 al 1831 ha ospitato
la parrocchia del Rosario, eretta da Mons. Bartolomeo De Cesare e poi da lui
stesso soppressa dietro ricorsi del clero, del Sindaco e della
confraternita, con decreto di Ferdinando II del 10-12-1831 nel quale si
legge: "Il vescovo proceda canonicamente alla soppressione della parrocchia
del SS. Rosario eretta nel 1814 nel Comune di Avigliano e alla riunione di
essa alla Chiesa Matrice".
9) CHIESA DI SAN GIOVANNI
Ai piedi del paese, nell'antico "casale", prossima al luogo su cui sorgeva
l'antico tempietto dedicato a Santa Caterina, donde il "borgo" prendeva il
nome, esisteva fino al 1978 una chiesa dedicata a San Giovanni Battista.
In detta chiesa era custodita una croce di pietra che il sac. Vito Lovallo
fece erigere in sostituzione di una colonna lignea posta a ricordo del luogo
su cui sorgeva l'antico tempietto dedicato alla diva Caterina, tempietto
come si legge sull'iscrizione appostavi, in latino - unito alla vicina
Chiesa di San Giovanni.
La sostituzione fu fatta nell'anno del Signore 1791 e l'opera fu curata dal
maestro Vito Manfredi.
L'origine, dunque, della prima costruzione di questo edificio sacro è .di
molto anteriore all'anno 1791.
Molto probabilmente, non appena venne a formarsi il borgo, si provvide ad
erigere un tempietto votivo, quello appunto dedicato a santa Caterina; in
seguito si pensò ad erigere una Chiesa, quella di san Giovanni, e per un pò
di tempo coesistettero insieme, il tempietto e la Chiesa.
Più tardi, cadute le case, il tempietto fu unito alla vicina Chiesa di San
Giovanni e, "affinché dal luogo sacro (dove sorgeva) non fosse strappata la
religione, fu posta una lignea colonna" sostituita poi, come anzi detto, da
una croce di pietra.
La Chiesa, in seguito rimaneggiata ed ampliata, è giunta a noi a due navate;
molto più tardi fu innalzato il campanile, l'unica e sola opera, purtroppo,
che oggi ci rimane, essendo stata la Chiesa demolita allo scopo di allargare
_La strozzatura di una curva molto pericolosa della strada che passava
accanto, con la promessa però di ricostruirla in luogo più adatto. A
tutt'oggi la promessa non è stata mantenuta, lasciando così sprovvista di un
luogo di culto tutta quella gente che fa capo all'antico "borgo di S.
Caterina".
10) CHIESA DEL CALVARIO
E' un tempietto votivo, dove si venera il Crocifisso, voluto dal compianto
Mons. Luigi Filippi per far dimenticare un luogo troppo malfamato,
denominato "ngape a lu 'mbise", e portato a termine soltanto nel 1904 con la
cooperazione - si legge in una iscrizione posta all'interno della Cappella -
di Gianturco Francesco fu Vito e Stolfi Michele fu Nicola.
L'ultimo restauro radicale fu effettuato nel primo ventennio del secolo.
Eretta sul punto terminale della collina ai cui piedi sorge il paese, la
Chiesetta riveste un particolare valore paesaggistico.
Internamente ha una forma circolare, sfaccettata all'esterno con lati
tagliati ad otto angoli, tutti lavorati in pietra da taglio e concordati a
due a due da una colonnina, sempre in pietra, leggermente emergente.
Pregevoli sono pure il portale e il reggi-campana, anch'essi realizzati in
pietra da taglio.
Si accede al tempietto per un sentiero a tornanti, lungo il quale sono state
sistemate le quattordici stazioni della "via Crucis", tutte in marmo, che
sostituiscono le vecchie edicole in legno.
Notevole è il culto che gli aviglianesi tributano alla passione di Cristo,
specie nel periodo della quaresima in cui si va al Calvario, in mattinata, a
fare - si dice - la "quarantana".
Dopo il secondo conflitto mondiale, il tempietto si è arricchito di un
arazzo russo, di buona fattura, raffigurante l'ultima cena, portato dalla
Russia dal tenente Colonnello Luigi Emanuele Gianturco, allora comandante
dell'Armir, la cui famiglia si è sempre interessata alla cura della
chiesetta.
11) CHIESA DI SAN ROCCO
Gli aviglianesi che risiedono "fuori terra" ritornano spesso -con il
pensiero alla piccola campana della Chiesa di San Rocco desiderosi di
ascoltarne il suono assurto ormai a simbolo della loro nostalgia per la
città natale, ove rientrano, appena possono, per risentire appunto "lu
dinghe dinghe" di San Rocco.
Veramente, questa chiesetta che sorgeva nella piazza, a ridosso del
monumento che nel 1926 gli aviglianesi eressero al grande figlio della loro
terra - Emanuele Gianturco - originariamente, già dal 1711, era dedicata a
San Sebastiano, come lo si deduce da una lapide ancora visibile
nell'oratorio che oggi porta il nome di San Rocco.
Successivamente nel 1787 fu ampliata in onore di San Rocco e di bel nuovo
restaurata nel 1855.
Cento anni dopo, e precisamente nel 1955, la chiesetta fu ristrutturata in
oratorio, per ospitare le organizzazioni giovanili di A. C. con le varie
opere annesse.
La campanella, però, è sempre lì, intatta, a ricordare a tutti - suonando
varie volte al giorno - l'attaccamento degli aviglianesi al proprio "borgo
natio".
Durante le feste patronali venivano innalzati sulla sua facciata dei
tempietti votivi con l'effige di san Vito o della Madonna del Carmine e vi
rimanevano ininterrottamente dall'inizio della novena a tutto il tempo dei
festeggiamenti per tener desta l'attenzione dei cittadini.
Ora sulla facciata dell'oratorio spiccano in due nicchie, in alto, le
sculture di San Rocco e di San Vito.
PARROCCHIA DELLA SS. TRINITA' in LAGOPESOLE
Ha cinque Chiese, oltre la cappella del Castello, che di originale ha solo
il portale - designato con estrema semplicità nel trionfo dell'angolo e
della spezzata, - ben poco restando, all'interno, dell'antica costruzione.
Di queste, solo quella di PIANO del CONTE conserva la primitiva originaria
struttura, le altre o sono recentissime e di nuova istituzione, come quella
di Stagliuozzo e di Montalto, o, pur essendo di istituzione non tanto
recente, come quella di Frusci e di Sarnelli, non hanno nulla della vecchia
costruzione, essendo state rifatte di sana pianta in luogo diverso.
Ma vediamole ad una ad una.
1) CHIESA DI SAN FILIPPO NERI in PIANO DEL CONTE
Venendo a Lagopesole e prendendo - subito dopo la stazione ferroviaria - la
prima strada, lungo la statale 93, a destra, dopo circa quattro chilometri
si arriva a PIANO del CONTE, l'antico fondo lacustre, ora bonificato, del
lago pensile, dal cui ristretto bacino ha origine il Bradano.
Scendendo, verso il centro della conca si vede la croce di una chiesa: è la
cappella di San Filippo.
Sorta per interessamento del principe Filippo Andrea Doria Pamphjli - perciò
dedicata a San Filippo - nel conteso di un complesso di costruzioni,
designato, organizzato e diretto con sacrifici immani e passione di
agricoltore innamorato del suo ideale, quale fu il Dott. Luigi Croce, la
Chiesa fu inaugurata nel 1928.
Nel processo di bonifica integrale in atto - secondo il Croce -
l'educazione, non solo agricola, del contadino doveva avere gran parte.
E perciò oltre alla costruzione di una stalla razionale per l'allevamento
dei bovini, di un caseificio e degli alloggi per gli addetti all'azienda
agricola, oltre ad una scuola agraria con annesso convitto per gli orfani di
guerra, già passati per le istituzioni dell'Opera Nazionale del Mezzogiorno
- diretta amorevolmente e con fede, prima dalla signorina Panceri, poi dai
discepoli di Padre Semeria - si pensò anche alla costruzione di una chiesa.
Si compone di una sola navata, con un bell'altare in marmo bianco,
affrescata dal prof. Mario Barberis, con simboli richiamanti l'attività
agricola, sottolineati da versi ricavati dal cantico di frate sole di San
Francesco d'Assisi.
Qualche anno dopo, però, chiusa la scuola ed il convitto, la chiesa fu
abbandonata, interdetta al culto ed usata come magazzino di derrate.
Riattata a cura dell'Ente di Sviluppo per la Riforma Fondiaria in Puglia e
Lucania, nel 1954 fu riaperta al culto per dare un'assistenza religiosa nei
giorni festivi ai numerosi mezzadri, divenuti nel frattempo assegnatari dei
terreni della vecchia azienda agricola del principe Doria.
Una mano poco esperta tentò - ma con scarso successo - di riprendere i
dipinti del Barberis, lungo le pareti della Chiesa, che quindi rimasero per
sempre compromessi.
Tuttavia si conservano del Barberis due belle tele, dipinte sul luogo
all'epoca della costruzione della Chiesa, su cui sono ritratti San Giovanni
Battista e San Pietro Apostolo.
Un altro dipinto di autore ignoto, meno pregevole, raffigura La Madonna di
San Filippo attorniata da bambini. Vi è anche un crocifisso dipinto su tela
da una mano di artigiano locale.
Nel 1958 fu acquistata una statua di San Filippo in carta pesta, per
portarla in processione il giorno della festa che cade il 26 maggio.
Attualmente, la chiesa è chiusa al culto perché inagibile a causa.
dell'evento tellurico del 23 novembre 1980.
Evidenti segni di dissesto si notano in tutte le murature: in particolare è
in condizioni di maggiore instabilità l'arco di muratura prospiciente
l'altare a causa di profonde lesioni ai reni e in chiave. Ci si augura che
presto possa essere riattata e riaperta al pubblico.
2) CHIESA DI SAN VINCENZO FERRERI in SARNELLI
E' stata costruita dall'Ente di Irrigazione in Puglia e Lucania nel 1962.
Titolare è San Vincenzo Ferreri, la cui festa patronale si celebra la
domenica dell'Ascensione, forse perché era il giorno della festa dei
pastori, in cui il latte degli armenti non veniva lavorato, ma distribuito
gratuitamente agli amici e conoscenti.
La prima cappella, infatti, oggi trasformata in sala di riunione, fu fatta
costruire dalla famiglia Corbo, per agevolare la pratica del precetto
festivo alle famiglie dei suoi pastori, che stanziavano nei dintorni.
La vicina BUFALARIA prende appunto tale nome perché nella località v'era un
allevamento di bufali appartenente proprio alla famiglia Corbo.
Risaliva alla fine dell'ottocento, a detta degli anziani del luogo, però la
troviamo menzionata per la prima volta in un decreto del 19 febbraio del
1903 in cui Mons. Ignazio Monterisi concedeva il privilegio della binazione
a coloro che andavano a celebrare a Sterpeto. Inforchia, Frusci, Sarnelli,
Filiano, Lagopesole, Sant'Angelo, Lavangone, Giuliano e Viggiano, Serviva
oltre Sarnelli, le borgate di Bufalaria, Canarra e Pauladoce, ora sotto la
giurisdizione parrocchiale di Possidente.
A seguito del movimento tellurico del 23 novembre 1980 si notano nella
Chiesa evidenti segni di rigonfiamento al pavimento, lungo tutto il lato
destro longitudinale per una lunghezza di mt. 1,50, e all'intonaco che si
trova ad immediato contatto con esso. Notasi altresì una lesione al muro
frontale sinistro.
3) CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTI STA in FRUSCI
L'attuale cappella è del 1960.
Si situa nel contesto di un centro di servizi sociali, costruiti a cura del
comprensorio di Bonifica Monte Carmine-Monte Caruso.
Oltre all'edificio proprio per il culto, costituito da un'unica navata, la
costruzione comprende anche un vano sagrestia ed un mini appartamento per il
sacerdote.
L'antica Chiesa, dedicata come l'attuale a San Giovanni Battista, era stata
costruita dagli stessi contadini sul finire del secolo scorso. Abbandonata,
sta andando in rovina: ci sono in piedi solo le mura perimetrali.
La festa si celebra, anche esternamente, il 24 giugno.
Oltre a FRUSCI, la Chiesa serve le borgate di Tuoppo e Canestrelle, tutte e
due sotto la giurisdizione della parrocchia di Possidente.
4) CHIESA DELLA MADONNA INCORONATA DI STAGLIUOZZO
E' stata costruita dall'Ente di Irrigazione di Puglia e Lucania nel 1962, ed
è dedicata all'Incoronata di Foggia, di cui si conserva una pregevole
statua, in legno, della scuola di Ortisei, seduta su di un leccio, dono del
sen. Vincenzo Verrastro.
La festa viene celebrata, anche con riti esterni, l'ultima domenica di
aprile.
Serve le contrade di Stagliuozzo e di Mandria d'Isca.
5) CHIESA DI SAN ROCCO IN MONTEMARCONE ALTO
La costruzione risale al 1962: ha come sfondo i ruderi dell'antico castello
di "mons marconis" e fu finanziata dall'Ente di Irrigazione di Puglia e
Lucania.
Titolare della Chiesa è San Rocco, di cui si conserva una bella statua in
legno della Scuola di Ortisei, dono del compianto senatore Donato Pafundi.
Si celebra la festa, anche esternamente, il 16 agosto.
Serve le frazioni di Montemarcone alto, Montemarcone Basso, Sassano,
Lacciola e Carpini.
A causa dell'evento tellurico del 23.11.'80 la chiesa è stata dichiarata
inagibile: profondi dissesti interessano tutte le murature; la
pavimentazione è quasi per intero rigonfiata e l'altare è completamente
dissestato.
Si spera nel più breve tempo possibile di riaprirla al culto, riattata e ben
sistemata.
PARROCCHIA DI MARIA SS. DEL ROSARIO IN FILIANO
Quattro sono le Chiese soggette attualmente alla giurisdizione di questa
parrocchia:
1) SANT'ANTONIO in Sterpeto
Sorge nella frazione omonima, detta - poi - Sterpeto di sotto.
Demolita l'antica rozza cappella che gli stessi contadini avevano costruito
alla fine del secolo scorso, sullo stesso suolo, nel 1979, è stata edificata
a cura del Genio Civile di Potenza una nuova Chiesa, più ampia e più
funzionale.
Molto originale per l'ingresso laterale, tramite il quale si accede
all'unico vano che forma il corpo dell'edificio sacro. Anche l'altare è
messo in posizione laterale e non centrale rispetto alla navata.
E' dedicato a Sant'Antonio di Padova, la cui festa viene celebrata il 13
giugno con un notevole concorso di gente, anche dai villaggi circonvicini.
Altra cappellina - dedicata allo stesso Santo - esiste a Sterpeto di sopra,
lontana qualche centinaia di metri dalla prima.
2) CROCIFISSO in Scalera
Sorge nel contesto di un centro di servizi sociali costruito a cura
dell'Ente di sviluppo in Puglia e Lucania, che comprende - oltre la Chiesa -
un edificio per le scuole elementari e per la scuola materna, uno spaccio di
generi alimentari, un Ufficio per le poste, una farmacia ed un alloggio per
il capo-azienda, ora donato alla chiesa.
Ha una caratteristica forma esagonale con un camminamento ai due lati dove è
sistemata la sagrestia ed un luogo adatto a ricevere le confessioni.
E' stata realizzata tutta in pietra da taglio locale, lavorata a bugnato.
Risale al 1958.
Nel 1966 fu eretta in vicaria autonoma perpetua con giurisdizione sulle
seguenti località: Scalera - Pian della Spina -Casone Perazzi Ortone -
Palladino e Gnucco.
La festa si celebra il 3 maggio, giorno in cui la Chiesa ricorda
l'Esaltazione della Croce.
Altra cappellina sorge ai piedi dell'antico borgo, dedicata a Sant'Antonio,
che i contadini stessi costruirono nel 1938.
3) MADONNA DEL BELVEDERE in Dragonetti
Risale al 1958. E' stata costruita a cura dell'Ente di Sviluppo per la
Riforma Fondiaria in Puglia e Lucania nel quadro di una idonea assistenza
religiosa a quegli assegnatari che per soddisfare alle loro esigenze di
culto dovevano recarsi nel centro parrocchiale distante un paio di
chilometri.
La costruzione è molto semplice: si accede mediante un portico sul quale si
innalza la facciata molto slanciata, a ridosso della quale è stato ricavato
un locale sopraelevato per la cantoria.
La navata è unica e termina con l'altare posto su un piano rialzato.
E' dedicata alla Madonna del Belvedere, che si venera nell'antico Santuario
omonimo nei pressi di Oppido Lucano. Serve, oltre Dragonetti, Pizzutella,
Carciuso e jazzi di Corbo.
La festa viene celebrata la 4a domenica di Maggio.
A causa dell'evento tellurico del 23 novembre 1980, la Chiesa ha subito vari
danni: parte è crollata dal lato del campanile e parte è stata dichiarata
pericolante per cui si è proceduto all'abbattimento, nella speranza che
presto il Provveditorato alle Opere pubbliche vorrà riedificarla.
4) CHIESA DELL'IMMACOLATA di Inforchia
Già sotto la giurisdizione ecclesiastica della Diocesi di Melfi, è passata -
in forza del riassetto avutosi nell'ambito della ristrutturazione generale
delle diocesi lucane - sotto quella di Potenza, in quanto civilmente la
frazione appartiene a Filiano, che, a sua volta, è sotto la giurisdizione
dell'Archidiocesi di Potenza.
La chiesa, molto angusta e di fattura artigianale non della migliore specie,
risale alla fine del secolo scorso: è dedicata alla Madonna Immacolata, la
cui festa cade l'8 dicembre, ma viene celebrata l'8 maggio.
Serve le contrade di Tittarella, Don Ciccio ed Inforchia.
PARROCCHIA DEL SACRO CUORE DI GESU' in POSSIDENTE:
Ha sotto la sua giurisdizione due chiese.
1) CHIESA DI S. MARIA DEL CARMINE in Sant'Angelo
Sorge in località GIANTURCO DI AVIGLIANO.
Demolita l'antica Chiesetta costruita dagli stessi contadini sul finir del
secolo scorso, sullo stesso suolo è stata costruita la nuova, molto più
ampia e meglio funzionale, nel 1958; a cura dell'Ente di Sviluppo per la
Riforma fondiaria di Puglia e Lucania.
La Chiesa ha una facciata molto slanciata, alla cui sommità, a destra e a
sinistra, si aprono due finestre nelle quali sono sistemate le campane.
Semplice e sobrio anche nel suo portico, l'edificio è ad un'unica navata e
termina, dietro una balaustra in ferro battuto, con una mensa d'altare
altrettanto semplice, ma abbastanza capace e di una evidenza composta e
devota.
E' dedicata alla Madonna del Carmine, la cui festa viene celebrata, con riti
anche esterni, la seconda domenica di maggio. Molto sentita è anche la
processione del 16 dicembre, che vien fatta a ricordo della protezione della
B.V. del Carmine accordata al popolo di Avigliano in occasione del terribile
terremoto del 16.12.1857.
Serve le contrade di Giardiniera Inferiore e Superiore, Marciello,
Masciangelo, Patacca e Pilonzo, appartenenti all'antica vicaria.
2) CHIESA DI SANT'ANNA in Badia Santo Angelo
La località dove sorge è comunemente intesa con il nome di CACABOTTE.
Nei pressi doveva esserci un'antica Badia (onde il nome ufficiale di BADIA
SANT'ANGELO dato alla borgata) e ciò è suffragato anche dal fatto che ancora
oggi esiste nella zona un luogo che gli abitanti indicano con il nome di
convento.
Molto probabilmente dovrebbe trattarsi della Badia di S. Angelo in Bosco,
elencata sotto il nome di Potenza nei Cartularii lucani, citata dal Vendola
in Rat. Dec. Italiae: Ap., Luc., Cal. 1939 fol. 45: 2201 e ricordata dal
Viggiano nelle "Memorie della Città di Potenza", Napoli MDCCCV, pag. 188 ss
e dal Pedio in "Vita di una città meridionale nel M.E.".
Fu costruita a cura dell'Ente di Irrigazione in Puglia e Lucania nel 1962 e
serve le contrade di Badia, Ciccolecchie e Lazzi e Spilli.
La festa viene celebrata con solennità anche esterna il 26 luglio.
La costruzione della Chiesa è tutta in pietra viva: dietro un portico di una
semplicità sconcertante, si accede ad un altare altrettanto semplice, in
marmo, posto sotto un arco in cemento armato di fattura irregolare.
A destra è sistemato un pergamo al quale si accede con una scala originale,
a gradini pensili, sistemati ad angolo tra la parete centrale e quella
laterale. Completa la costruzione un vano sagrestia con servizi annessi.
Fa parte di un blocco di quattro Chiese, tra loro simili, costruite tutte
dal 60 al '62 nelle borgate di Badia Sant'Angelo, Sarnelli, Stagliuozzo e
Montemarcone Alto.
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