IMMAGINI DELLA LUCANIA "INTERNA" ANNI 1910-1950
Siamo
alla scoperta della "Fotografia" come "arte democratica", in grado di
esprimere, a cavallo fra grandi trasformazioni e dibattiti, attraverso i
segni del bianco-nero, autenticità e fedeltà al reale, più di testi,
articoli di giornali, cronache quotidiane.
Nei primi decenni del novecento, infatti, tantissimi furono i libri editi
ed inerenti la tecnica e le regole magistrali di ripresa ed
inquadratura, ampliata ad altri settori anche non ricreativi (giustizia,
biblioteconomia, botanica, chimica, antropologìa, ecc.).
Gabriele D'Autilia nel recente volume "L'età Giolittiana" degli Editori
Riuniti, infatti, per la Collana "Storia fotografica della socíetà
italiana" traccia - con stile ed adeguata impostazione - un affascinante
e suggestivo "viaggio" fra i chiaroscuri e le immagini, a volte naif di
una società "in transizione". Ritratti di ambienti, luoghi, personaggi
minori e non, che hanno vivacizzato e diffuso la conoscenza di un borgo
di poche centinaia di anime, oltre il territorio regionale e nazionale
e, con la spedizione pionieristica di poche decine di casse con
bottiglie di acque minerali terapeutiche del Vulture, sino in America.
Rivisitiamo, attraverso la raccolta fotografica, la storia ed il costume
di una piccola frazione del Vulture (Monticchio Bagni) per captarne le
coordinate culturali e sociali specifiche: grazie ad una annosa e
paziente domanda, door-to-door, a scuole, famiglie, artigiani ed
intellettuali, coloni ed ex-coloni dei marchigiani "illuminati" della
famiglia Lanari, a fine Ottocento ivi immigrati, con le loro tecniche di
coltivazione e l'alacrità degli imprenditori e degli agricoltori locali
Avigliano, Pietragalla ma anche di Auletta (Salerno), Monteverde e
Aquilonia (Avellino).
Obiettivo essenziale: il recupero della memoria storica di una piccola
realtà lucana con l'innesto di una sollecitatrice e laboriosa
micro-comunità extra-regionale.
Primo esempio - scrive Costantino Conte - di immigrazione alla rovescia,
nel Mezzogiorno interno, fra primo e secondo dopoguerra.
Non solo un album di famiglia - i Lanari - bensì un mosaico di segni,
atmosfere, gesti, sorrisi, emozioni, umori, volti rugosi e anneriti
dalle fatiche, amazzoni marchigiane, baronesse e ricchi imprenditori a
caccia di lepri, daini e cinghiali, fra folti fogliami di tabacco e
granoturco, coltivazioni di baco da seta, pomari, querceti, castagni,
cerri, ippocastani e giardini curati e lussureggianti.
Oltre a tradizionali feste, perfettamente organizzate (con gli incontri in
occasione di matrimoni e prime comunioni) le riunioni conviviali tra
famiglie cooperanti per l'ammazza-maiale e la complessa operazione
manuale - i Lanari (Arnolfo, in particolare, coadiuvato da Mario) vi
importarono le primissime trebbiatrici a vapore "ORSI" per la mietitura
del grano; ed altre macchine più moderne per accatastamento di covoni e
balle di fieno per alimentare le folte mandrie di pecore e mucche di
razza marchigiana, durante i mesi della grande neve e dei prolungati
rigori invernali della montagna lucana. Per i lavori sui terreni,
infatti, si usarono aratri Sack e Oliver, voltaorecchio ed erpici a
catena.
Più di un clic, in particolare sulla plurisecolare festa, due volte
all'anno: 8 maggio e 29 settembre, in onore di S. Michele Arcangelo
nella millenaria Abbazia che si specchia splendente e bianca sul Lago
Piccolo e le non rare feste nuziali presso la chiesetta locale della
Madonna delle Vittorie.
Alcuni luoghi di socializzazione, in senso lato, evidenziano i punti alti
e significativi di una presenza imprenditoriale "dinamica", "forte",
"diversa", "ottimistica", non sonnecchiante, in un ambiente ed un
territorio dove lo sfasciume fa dire a Giustino Fortunato, fra l'altro,
che: "il mio pessimismo è determinato dalla conoscenza di un popolo
rassegnato, debole, incapace di avere uno scatto di orgoglio e di
plateale spirito libertario".
I luoghi privilegiati, in fotografia, sono:
il botteghino di tabacchi, chinino di Stato, gioco del lotto; la sala per
il cinematografo domenicale; la sede della squadra di pallone per
inalberare l'orgoglio della propria riscattata identità; il giro
ciclistico con la maglietta sponsorizzata dalle acque minerali di
Monticchio; il circolo cacciatori; il magazzino dei concimi e delle
sementi e per l'essiccazione del tabacco; le botteghe di falegnameria,
l'ufficio delle Regie Poste, il campetto per la partita di pallone, i
giocatori di bocce, le pionieristiche acque termali (fredde e calde,
oggi abbattute per dare spazio al modernissimo complesso alberghiero
"Parco Eudria"), la battuta di caccia al cinghiale e le lunghe "pause"
ristoratrici, il treno che parte dalla vicina stazione FS di Monteverde
(ancora oggi operante, a dispetto dei "rami secchi") nella commozione di
chi resta a Monticchio, colonne di birocci trainati da possenti buoi.
Ancora un posto, a parte, per alcune istantanee su donne e uomini che
trovano nel tepore delle acque terapeutiche sollievo ad acciacchi
diversi.
Poche ma significative, inoltre, le foto di casali e case coloniche dirute
o con i segni del terremoto (1930) che, vero flagello, devastò il
territorio del Vulture interessando anche il piccolo borgo di Monticchio
Bagni.
Qualche flash relativo alla 1a Festa Nazionale della Montagna che, nel
1956, portò alla ribalta ed alla positiva scoperta di questo minuscolo e
rigoglioso "Eden", da alcuni giornali definito "Piccola Svizzera",
illustre la partecipazione alla Fiera Campionaria di Milano (1925) di
alcune bottiglie delle salutari acque minerali di Monticchio, in una
ingenua e, per l'epoca, creativa "esposizione" di produzioni delle varie
località italiane; alcuni bozzetti artigianali di locandine
pubblicitarie (ora in archivio), protagoniste tre sorridenti ragazze
"lucane", riportano i primi tentativi di "comunicazione commerciale"
delle bibite e aranciate Lanari, poi vendute con un marchio
inconfondibile e di grande suggestione: il logo Gaudianello Monticchio
sovrastato dalla figura trionfante dell'Arcangelo Michele che schiaccia
la testa del serpente (incarnazione del Maligno): seguono alcune riprese
fotografiche inerenti il "vecchio" stabilimento e le primissime linee
per l'imbottigliamento "misto" (meccanico-manuale) e bene in vista, in
attesa di essere riempite, pile di caratteristiche cassette di legno.
Qualche panorama riporta il minuscolo borgo sprofondato in uno spesso
mantello di neve ed alcune scolaresche, fra i rustici banchi di una
pluriclasse di campagna del secondo dopoguerra, arricchiscono il quadro
della rassegna fotografica qui presentata.
Inoltre, foto di persone che si preparano ad emigrare verso le Americhe e
di agricoltori ed imprenditori marchigiani ed aviglianesi immigrati
nella "Tenuta Lanari", microcosmo di sviluppo e diversificazione
zootecnico-colturale. La grande "Croce" in ferro eretta, agli inizi del
secolo, per il Giubileo (oggi ancora off-limits come zona militare NATO)
ed una rara foto di reduci militari della 12 guerra mondiale.
Alcune istantanee su composti e smilzi cortei nuziali che, attraverso i
viottoli di campagna ed il bosco di Monticchio, si inoltrano, con la
sposa rigorosamente al braccio del capofamiglia (una festa con le
bancarelle a Sgarroni di Monticchio) verso la chiesetta della Madonna
del villaggio o, approfittando della generosità momentanea dei Lanari,
vicino alla prima FIAT Balilla 501 messa a disposizione, una tantum, di
due giovani coloni del borgo vulturino. Ed il resto è a sorpresa!
A proposito Lello Mazzacane ribadisce che, le foto d'archivio, non sono
una premessa liturgica sul tempo andato; al contrario sono il valore
determinante della dimensione storica, nei fattori vivi ed operanti
della memoria individuale e collettiva.
Una memoria di cui le foto rappresentano le tessere del mosaico di segni e
significati interno all'universo semantico e simbolico della vita, della
cultura sociale e familiare lucane.
Le foto, al di là della consapevolezza di chi vi è ritratto o di chi le ha
scattate, possono essere il filo di Arianna per ricomporre a ritroso un
quadro d'insieme.
E nella filosofia della innovativa "Visual Anthropology", infatti,
evidenzia la celebre antropologa Margaret Mead in New lives for Old
(Crescita di una comunità primitiva)
New York, 1956: " non si insisterò mai abbastanza sul fatto che
l'identificazione del fotografo è non meno essenziale
dell'identificazione del soggetto".
E, anche da qui, l'opzione di introdurre, nello schema complessivo del
volume, una scheda dettagliata sul foto-reporter con il papillon.
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