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Ceneri di Civiltà Contadina in Basilicata
GIUSEPPE NICOLA MOLFESE

FESTE RELIGIOSE

Ad interrompere, ogni tanto, la monotonia dei consueti lavori dei campi e a dare un po' di riposo, a portare una atmosfera diversa distesa ed allegra nel paese erano le feste religiose.
I salariati fissi, che abitualmente stavano in campagna, risparmiavano sottraendo dal misero salario una piccola parte da consumare in occasione delle feste. La stessa cosa facevano i contadini e gli artigiani.
Durante l'anno ricorrono molte festività in occasione delle quali si effettuano le processioni; tra queste le più importanti erano e sono quella di S. Rocco e quella della Madonna di Orsoleo. Queste due feste, che costituivano un grande avvenimento per il mondo contadino ed artigiano, vengono celebrate ancora oggi ma con meno sfarzo e seguite dal popolo contadino con meno interesse di un tempo; in considerazione di ciò ritengo più opportuno accennare una descrizione di come erano una volta.
Partecipavano alla festa bande musicali famose, il paese era pieno di venditori ambulanti, illuminazioni policrome, un passeggio tumultuoso e animato, allietato dal suono della musica. Erano sempre concluse queste feste dai fuochi pirotecnici (è costituito sempre un vanto del mio paese dove vi era una fabbrica famosa non solo in Basilicata ma nelle regioni limitrofe).
Le feste iniziavano nel tardo mattino con la processione del Santo (alcune feste duravano due giorni, es. quella di Orsoleo). Una volta alla processione partecipava quasi tutto il paese.
Alcuni pastori accompagnavano la processione suonando le zampogne, precedendo o seguendo il «cirio» che in seguito meglio descriveremo.
La sera prima di alcune feste si facevano le «vestilitate» che abbiamo già visto altrove e che provengono probabilmente da un rito pagano in onore della Dea Veste.
Sin dal mattino i contadini indossavano il vestito della festa, che, come accennato, era quello che avevano indossato per il matrimonio e che di solito durava una vita intera.
La prima sosta si faceva in piazza dove tra loro si scambiavano le impressioni della festa e si facevano i convenevoli. Le donne erano in casa a preparare il cibo, pronte per raggiungere la Chiesa al tocco della campana che annunciava l'uscita del Santo, che veniva portato a spalla da più persone. Poiché erano numerose le persone che per devozione volevano portare il Santo, per operare una selezione, si procedeva secondo l'offerta in denaro: il maggior offerente aveva diritto a portare il Santo.
Il Santo, «vestito» di carta moneta offerta dai fedeli al Suo passaggio, era seguito dai devoti che avevano fatto voto di seguirlo scalzi, con i capelli sciolti se il voto era stato fatto da una donna.
Per fortuna è caduto in disuso un voto che procurava pietà e disgusto: percorrere il giorno della festa del Santo la Chiesa, dal sagrato all'altare, strisciando la lingua per terra. Tale spettacolo era veramente raccapricciante e mentre chi aveva fatto il voto lo faceva, anche se con sacrificio, con uno spirito religioso veramente sentito, gli altri lo osservavano con disappunto.
I sacerdoti del luogo hanno fatto di tutto per combattere tale voto ritenendolo non una pratica di pietà religiosa, ma una forma di fanatismo che rasenta la superstizione.
Le feste e le processioni in onore di S. Michele Arcangelo, S. Antonio, S. Rocco sono tra loro più o meno simili. Desidero descrivere gli avvenimenti della settimana Santa ed in particolare la processione del Venerdì Santo. Prima, però, desidero riportare quanto mi è stato raccontato: in occasione delle feste religiose venivano anche a Sant'Arcangelo i viggianesi, abili suonatori di arpa. Essi si avviavano con l'arpa sulle spalle, itinerando attraverso i paesi della Basilicata e del mondo per comunicare il delicato messaggio musicale che l'arpa riesce a trasmettere. A Viggiano, l'attività principale, secondo quanto mi è stato riferito, era la costruzione di arpe (di piccole dimensioni) e la coltivazione della terra. Alcuni viggianesi sono partiti, a piedi, dal loro paese recando sulle spalle l'amata arpa; hanno girato il mondo e sono ritornati ricchi. Mi piace ricordare i versi, che ho appreso da bambino, di Pier Paolo Parzanese:
«Ho l'arpa al collo, son Viggianese,
tutta la terra è il mio paese».

Il viggianese è l'ultimo trovatore o menestrello dell'era moderna.

La Settimana Santa

Nella liturgia cattolica, è la settimana che termina con il digiuno della quaresima e precede la feste di Pasqua. E’ il periodo in cui la donna si dedica vieppíù alla casa; vengono fatte pulizie più accurate in casa, in campagna, si trascurano per un lasso di tempo i lavori dei campi per preparare i cibi da consumare dopo la Resurrezione: «il pastizzo» una pizza rustica fatta con uova, salame, formaggio, la «cornata» una grande ciambella con sopra delle uova sode.
Il giorno delle palme ci si reca in Chiesa per la benedizione del ramoscello di ulivo che si scambia tra i parenti ed amici. Nei giorni successivi si prepara il sepolcro ove vengono posti «o píattielle» di cui abbiamo già parlato.
Nei giorni di Giovedì e Venerdì Santo si fanno le funzioni religiose comuni in altri luoghi. I ragazzi girano per il paese con le «troccole», arnesi che fanno rumore al posto delle campane, che per due giorni tacciono in segno di lutto. Il Venerdì mattina poco prima dell'alba il Parroco, seguito da una lunga schiera di uomini, gira in processione per tutto il paese cantando il «miserere» seguendo una croce portata da un fedele. L'ho sempre vista, anzi immaginata, questa scena, come quelle comuni nell'antica giudea. I fedeli si recano in Chiesa per «le quarantore» : sono le ore intercorse tra la morte di Cristo e la Sua Resurrezione.
Il pomeriggio del Venerdì ha luogo una processione: dalla Chiesa Madre viene portata la statua di Gesù morto da uomini a spalle. Dalla Chiesa di S. Anna esce la statua della Madonna Addolorata, la quale ha sette spade infisse sul petto, portata a spalla dalle donne.
L'incontro tra madre e figlio avviene sulla piazza di Marrocco, dove il Sacerdote da un balcone descrive il dramma umano tra madre e figlio.
Durante la processione si canta una nenia narrativa religiosa secondo il testo che segue: il primo canto viene intonato (non sempre intonato) dal gruppo che segue il Cristo ed il secondo dalle donne che seguono la Madonna.

Lu Vernedia Santo

Lu Vernedia Sante non se canta
ch'è muorte Gese Criste 'npassione
l'hanno purtate a llu Sebbulche Sante
accumpagnate pi lu Sacramente
lu journe de le palme beneditte
Nostre Signore si ngi mese a lutte
lu lunedia cundannate a morte
lu martedia cummigliate forte
lu vernedia llu Sebbulche Sante
lu sabbato a mienze journe gheloria cante.

Quanne Maria si mese lu mande
si mese a camminade nu passe avande
truvaua a S. Giuanne pe ddanande
che hai matre Maria ca sempre chiange?
Che vogghie avede S. Giunne mij
Tu l'hai perdute e ij l'agge trovate
alla case de Pelate l'hanno purtate.
Si vuo' matre Maria ca ti ngi porte
sule ca ija', guarda' pe nnanze 'a porte
fece Maria aspetta' quase doij ore
chi li davia nu schaffa e chi nu remprovere.
Steze Maria quante le piacigue
deze 'na spenta forte a porte aprigue
quanne vidde lu figghiu miso alla Croce
figghiu quante dolore ch'ai avute!
Jj l'agge avute e mi lagge pigghiate
patruna di lu monne 'na Trinitate.

Il venerdì Santo

Il venerdì Santo non si canta
perché è morto Gesù Cristo in Passione
l'hanno portato al Sepolcro Santo
accompagnato con il Sacramento
il giorno delle Palme Benedette
Nostra Signora ci si mise a lutto
il lunedì condannato a morte
il martedì coperto forte
il venerdì al Sepolcro Santo
il sabato a mezzogiorno gloria canta.

Quando Maria si mise il manto
si mise a camminare un passo avanti
trovò San Giovanni davanti
che hai Madre Maria che sempre piangi?
Che voglio avere San Giovanni mio
Tu l'hai perduto ed io l'ho trovato
alla casa di Pilato l'hanno portato
se vuoi Madre Maria che ti ci porto
solo che dovrai guardare stando davanti alla porta
Maria aspettò quasi due ore
chi gli dava uno schiaffo e chi un rimprovero
stette Maria quanto le piacque
dette una spinta forte, la porta apri
quando vide il figlio alla Croce
figlio quanto dolore hai avuto!
Io l'ho avuto e me lo sono preso
padrone del mondo una Trinità.

Canto in italiano:

All'Addolorata

Colmo di genio che dà natura
niente ti posso fare o madre mia.
Il martedì che mi venne a mente
per consolar Maria che sta dolente
mi volto indietro e riguardai una donna
era Maria che venia piangente.
Quando da me partisti caro figlio
tutta la notte non chiusi le ciglia
la mente mi diceva pensi a tuo figlio
Gesù che la passione dov'è si piglia.
Quando Maria sentì quella chiamata
restò come colonna, e addolorata
pensando tutta intera la nottata
che Gesù Cristo male avia passata.
Mi alzai dal letto tutta tremante
lacrime agli occhi e il cuore piangente.
Aspetto un'ora, aspetto alle tre ore
sento bussà a la porta con gran furore.
Apro la porta con mano tremando
trovai a S. Giovanni quasi piangendo
capo inclinato e tutto addolorato
innanzi ai piedi mi era caduto.
Io gli dissi i tu che vai pensando
come un figlio parlami o S. Giovanni.
Tutta la notte io ho camminato
per portare a te la trista novitate
hanno pigliato a Dio carcerato
una fune alla gola gli hanno legato.
Quando Maria sente quella parola
era in piedi e gli cadeva il cuore.
O S. Giovanni chiaro tu m'hai parlato
se me lo dici chi me l'ha tradito.
L'ho visto io che era abbracciato
con il compagno Giuda e l'ha baciato
Partì Maria che era notte scura
piangendo il figlio suo con gran dolore.
Era in mezzo alla cena già presente
quando si fece il santo sacramento.
Tutti parlate al figlio con amore
ma in mezzo a voi c'è un traditore.
Quando S. Pietro prese la parola
«Maestro fossi io il traditore?».
Rispose Gesù con dolce parola
domando a Pietro chi è il traditore.
Vedi quanto è vero che l'hai tradito
il gallo canta e tu già l'hai negato.
Rispose Giuda che l'aveva pensato
Maestro fossi io il più sfacciato
tu lo dicesti e certo tu lo sei
meglio faresti Giuda che te ne vai.
Giuda si parte da tutti prese licenza
per andare all'orto a far la penitenza.
Per la strada incontrai dei belli fiori
ditemi dove si trova il redentore.
Tutti risposero con una bella voce
il Redentore è lui che porta la Croce.
Maria camminando per le strade
le pie donne la vanno a incontrare.
Di Gerusalemme siete o belle donne
certo il figlio mio voi piangete.
Questa è una cosa già desiderata
di incontrarti o donna per la strada.
Quando dalla città siamo partite
il figlio mio certo avete incontrato
quelle risposero con voce di tono
il Redentore è andato alla passione.
Quando dalla città siamo partite
davanti al re Pilato l'hanno portato
davanti a Giuda l'hanno presentato
corona e spine in capo e flagellato.
Maria rispose con poche parole
O S. Giovanni assai mi duole in cuore.
Piangendo e lacrimando per le strade
tutta la compagnia alla scappellata
perché il tuo maestro lo hai tradito
io l'ho tradito e feci un gran peccato
se mi perdoni o donna addolorata.
Quando trenta dinari m'hanno dato
tutte le mani mie m'hanno bruciato.
Quando il maestro era alla condanna
io dissi con quale fune mi devo appenne
per fai questa morte triste
abbi pietà di me o Gesù Cristo.
Quando Maria senti quelle parole
disse: «parte da me o peccatore».
Quando Maria arriva a la gran città
trova sangue sparso per la strada
e camminando ancora per le strade
sentiva i colpi allor senza pietà.
Mentre si avvicinava sentì una voce
vide il figlio suo sopra una croce.
Tutte le tre Marie accompagnate
ci venne meno solo l'Addolorata.
Fermatevi o ministri arrabbiati
vedete che il mio figlio insanguinato.
Giacché Maria fai questa parlata
per te son pronte trenta bastonate.
Risponde Cristo con cuore dolente
lasciate mamma mia che è innocente.
O mamma mia non mi contemplare
questa è la morte che io debbo fare.
Quando sul monte fummo arrivati
Gesù di tutti i panni fu spogliato.
Tutte le donne furo allontanate
le mani e i piedi a Cristo furon legati.
Quando l'Agnello fu messo alla croce
dal fondo del suo cuore spuntò una voce.
Chiamatemi a Giovanni che lo voglio
voglio raccomandar la madre mia.
Tu che sei stato il più fidato
a mamma mia ti resto raccomandata.
E a voi gente che restate a sente
il pianto di Maria vi resti in mente.

Il cirio

E’ una speciale costruzione su di una anima di legno poggiata su di un basamento anch'esso di legno con quattro braccia a forma di portantina. Detta anima di legno era addobbata con una vera e propria «costruzione» di ceri variamente dipinti o altri oggetti (es. S. Martino fatto di spighe di grano, nastri, oggetti policromi) a forma di albero.
Il cirio veniva costruito in uno o più rioni dove partecipavano per quota tutti i cittadini del rione, i quali, come corrispettivo avevano il diritto di portarlo in processione dietro il Santo, cantando ognuno canzoni; ricordo solo l'inizio di una canzone:

«Tu si gauta e porta lu cirie
ij so bascia e vagua direta».

«Tu sei alta e porti il Cirio
io sono bassa e vado dietro».

Talvolta lo stesso rione faceva più d'un cirio. È il caso del rione Mauro, dove vi era una vera gara, tra donne, nel fare il più bel «cirio».
Se il cirio era fatto da una sola persona questa, sul capo, lo portava per tutta la processione.
Fa parte di una tradizione che è un misto di devozione e dramma sacro (o risultante come reazione alla proibizione fatta prima del Concilio sinodale del 1629).

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