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H  O  M  E

 


I VINI MEDICINALI
nella cura delle malattie

ANTONIO MOLFESE
 

PREMESSA

Dai una bevanda forte a chi sta per morire, e vino a chi è triste. Lascia che beva, e dimentichi la sua povertà, e non ricordi più la sua miseria.
Libro dei Proverbi

I vini medicinali preparati dagli speziali e prescritti dai medici, hanno rappresentato, fino all’avvento dei farmaci preparati dalle industrie, rimedi utilizzati per la cura dei numerosi mali che affliggevano l’uomo.
Il vino, come ci ricorda la storia(1), era somministrato ai guerrieri prima e dopo la battaglia, era utilizzato nelle cerimonie religiose ed in tutti gli avvenimenti importanti della vita.
La raccolta di vini medicinali che si presenta, si ispira alle erbe medicinali, ai preparati minerali e chimici conosciuti all’epoca e ai loro congiungimenti, macerazione ed incorporazione col vino.
Nel Rinascimento le piante hanno avuto un’importanza notevole perché costituivano il principale mezzo terapeutico per la cura delle malattie. La loro conoscenza risultava quindi indispensabile per i medici, cui necessitava l’apprendimento non solo delle loro proprietà e virtù, ma anche la capacità di riconoscerne l’aspetto e le caratteristiche.
L’invenzione della stampa a caratteri mobili consentì ad editori e stampatori di diffondere tra un pubblico più vasto le opere fondamentali dell’antichità, salvate dal paziente lavoro degli amanuensi medievali. Troviamo così, accanto agli scritti più specificatamente naturalistici di Aristotele (IV sec. a. C.), quelli di Galeno (II d. C.) e Dioscoride (I. d. C.), dove l’interesse era prevalentemente focalizzato sulle capacità delle piante terapeutiche.
A questi autori del mondo classico si aggiungono le traduzioni dei testi arabi di Giovanni Mesue (?-857) e di Avicenna (980-1037) e l’edizione di quegli autori medievali che approfondirono la “Materia medica”, lo studio cioè delle piante medicinali.
Tra questi si segnalano il tedesco Alberto Magno (1193-1280), maestro di Tommaso d’Aquino, che insegnò a Parigi e a Colonia e che, per il suo specifico interesse per la natura, fu proclamato patrono dei cultori delle scienze naturali; l’italiano Pietro d’Abano (1267-1315), iniziatore in Italia dell’averroismo latino e che si occupò, tra l’altro, di veleni e di erbe aromatiche; infine il catalano Arnaldo da Villanova (1240- 1312 ca.), anticipatore con il Breviarium practicae di un’enciclopedia medica in cui significativo risalto era dato allo studio delle piante medicinali.
Ma le edizioni rinascimentali non si limitarono a riportare i testi latini o greci o le loro traduzioni in volgare; esse furono generalmente arricchite da commenti più o meno analitici da parte di medici o farmaceuti dell’epoca.
L’esempio più noto è quello dell’opera di Dioscoride (De materia medica) elaborata dal senese Pier Andrea Mattioli (1500-1577) ed apparsa a Venezia per la prima volta nel 1544 in un’edizione non illustrata, ma che successivamente fu più volte riedita con un corredo iconografico dove, per altro, le esigenze artistiche spesso prevalevano sul rispetto della botanica.
Lo stesso Dioscoride venne più volte commentato ed illustrato anche da studiosi stranieri, con edizioni nella lingua dei dotti del tempo, il latino, che ebbero ampia circolazione in tutta l’Europa.
L’uso delle piante per scopi terapeutici si perde nella notte dei tempi. Sin dall’antichità l’interesse per il mondo vegetale era quasi esclusivamente finalizzato all’acquisizione di conoscenze che consentissero di alleviare le sofferenze umane. È soltanto a partire dal seicento che le piante iniziarono ad essere considerate dai naturalisti a prescindere dalla loro possibile utilizzazione in medicina. Tale aspetto, tuttavia, rimase prioritario nelle farmacopee, dove accanto a prescrizioni e ricette di vari farmaci, si trovava la costante presenza dei “semplici”, cioè delle piante medicinali.
Esse vennero illustrate e commentate, ma soprattutto riprodotte graficamente, perché la “figura” in questo tipo di raccolte – fossero esse antidotari, ricettari, ecc. – attraverso la chiara descrizione delle caratteristiche morfologiche, consentiva un più facile riconoscimento del semplice, che si voleva specifico per la malattia considerata.
Il primo esempio a stampa di farmacopea fu il Ricettario Fiorentino del 1492; ma con l’acquisizione di nuove piante importate dall’America, i ricettari e gli antidotari si arricchirono e si rinnovarono.
Alla fine del secolo scorso, con l’avvento dei farmaci di sintesi, la farmacologia si evolse verso un codice di qualità del farmaco ed andò via via scomparendo dai testi il riferimento alle erbe.


Droghe e prodotti vegetali
Dal Conci (1934) leggiamo:" Il regno vegetale diede all'uomo paleolitico, all'uomo contemporaneo del mammouth, il primo cibo, le prime vesti, le prime armi di difesa e di offesa, i primi rimedi contro le malattie. In lotta aspra e continua con la natura, esposto alla fame, alle intemperie, ai parassiti, alle malattie, l'uomo preistorico imparò ben presto ad osservare il mondo vegetale che lo circondava ed a conoscerne, chi sa a costo di quante esperienze dolorose e disastrose! le proprietà utili e nocive”.
Nei papiri egiziani, nelle tavole ad iscrizioni cuneiformi, nei libri Vedici, nella Bibbia, nel Talmud, nelle tombe egiziane, nelle palafitte si trovano numerosissime documentazioni di queste conoscenze, che vennero tramandate al mondo classico per opera dei primi autori greci, Erodoto e gli ippocratici - e dai padri della botanica, Aristotele e Teofrasto.
Teofrasto è il primo autore che tratta scientificamente la Botanica. Nella sua "De historia plantarum" egli si occupa diffusamente dell'azione medicamentosa dei vegetali; ma l'identificazione delle specie citate, mancando una vera e propria descrizione perché era presupposta la loro conoscenza, riesce spesso impossibile. Di ben maggiore importanza è Pedacio Dioscoride (I sec d.C.) di Anazarbe in Cilicia, che può considerarsi come il più grande farmacognosta dell'antichità, l'alfa e l'omega della botanica applicata alla medicina. La sua classica opera "De Materia Medica" è divisa in cinque libri, che trattano dei diversi medicamenti provenienti dal regno vegetale animale e minerale. L'opera di Dioscoride fino a quasi tutto il secolo XVI fu la Bibbia e l'oracolo dei farmacologi, il tribunale supremo per la conoscenza delle piante medicinali.
La prima edizione dell'opera di Dioscoride fu pubblicata in greco nel 1499 a Venezia…. Il commento all'opera di Dioscoride più importante è indubbiamente quello del medico senese P.A. Mattioli che venne stampato in più di 60 edizioni….".

Droghe e prodotti animali
Il Mattioli (1573) nei “I Discorsi” di M. Pietro Andrea
Mattioli, medico senese tratta nel secondo libro sulla materia medicinale i composti di origine animale dotati di proprietà farmaceutiche. " In quefto fecondo libro fi dirà degli animali, del mele, del latte, de i graffi…".Il Calestani (1655) " Delle Osservazioni”, “nella quale con ogni facilità s' insegna tutto ciò, che fa dibisogno ad ogni Speciale, & ad una ben ordinata Speciaria", elenca tutti i prodotti di origine animale che lo speziale deve deve avere nella sua farmacia. "Deve lo speciale havere nella bottega le parti, et le specie de gli animali, che segueno, come è assungia di anitra, di occa, becco, gallina, acque di lumache, carne di ericio, carne di leone, carne di lepore, carne di volpe, cancri di fiume, cantaridi, castoreo, cauda tremula, cera bianca, cera rossa, cervelli di uccelli, coaugulo di capretto, coagulo di lepore, corno di capra, corno di cervo, corteccie di ovi, ebur, hepar lupi, fiele di aquila, fiel di becco, di grua, leompardo, lepore, sparaviero, testugine, toro, et di voltore; gluten di animali; grasso di bove, di vacca et di simili, ipotalnus, lana, lepore, margarite; medolla di pecore, di cani, di vitelli, di vacca, et d'asino; miele, mumia, osso di cor di cervo, ossi humani, ossi di sepia, pellicola interiore del stomaco delle galline, porcellione, pulmonè di volpe, sangue di becco, di capretto, humano, di testugine: scorpioni, scarabei, serpenti, sero di latte, spienza dì poledro, sterco di cane che mangia dell'ossa, sterco di colombo, sterco di lucerta, sterco di lupo, sterco di fanciulle, sterco di porco, tela di ragno; ventre di mergo, ungie d'asino, ungie di capre, urina di fanciullo, hirondine, et hissopo".

Droghe minerali
Dal Conci (1934) leggiamo: "Delle droghe minerali usate dai Greci e dai Romani ci informano ampiamente Plinio, Dioscoride, Celso, Galeno. Dioscoride nel V libro della Materia Medica, registra le seguenti: Cadmia (carbonato o ossido di zinco, puro o mescolato con solfuri di rame e di argento; se ne distinguevano qualità naturali e artificiali, come botrite, ostracite, placite, ecc.), Pomfolige (ossido di zinco analogo alla cadmia), Spodio (ceneri di zinco), Tuzia ossido di zinco più o meno impuro per carbonati e silicati), rame usto, fiore di rame (ossidulo), squame di rame, ruggine rasile (verderame acetato di rame), ruggine del ferro, schiuma e scorie del ferro, piombo lavato, piombo bruciato, scorie di piombo (mescolanza di vari ossidi) molibdoide o pietra piombaria, stimmi o stibio (conosciuto più tardi, per influsso arabo, col nome di antimonio), molibdena o piombaggine, scorie d'argento (ossidi di piombo con minime quantità d'argento), litargirio o schiuma d'argento (ossido di piombo, che, secondo il vario grado di ossidazione si distingueva in litargirio d'oro e litargirio d'argento), cerussa (carbonato basico di piombo), crisocolla (malachite), pietra armena, pietra cerulea (lapislazzuli, silicato sodio e alluminio), ocra (argilla contenente ossidi di ferro), cinabro (solfuro di mercurio, confuso talora con il minio) argento vivo o mercurio, terra lemnia, alcanto o atramento sutorio (solfato di ferro e miscela di solfato di ferro e rame), calciti (pirite di ferro), misi (pirite di ferro e rame naturale), sori (minerale contenente solfato di rame impuro) orpimento e sandracca (trisolfuro d'arsenico), allume, solfo, pomice, nitro (carbonato di soda; nel Medio Evo e più generalmente dal '500 in poi nitro, nitrum significò sal petrae, sal petrosum, sal nitri, cioè il nitrato di potassa), sale (cloruro di sodio), feccia (cremore di tartaro), calcina viva, gesso, cenere, alcionio, adarce, corallo, pietra frigia, pietra assia (formazioni tufacee), pietra pirite, pietra magnate, pietra arabica, pietra galattite pietra melilite, pietra morocto, alabastro, pitra tiite, pietra giudaica, amianto, zaffiro, pietra menfite, pietra selenite (gesso in masse lamellari, specchio d'asino), pietra aspide (diaspro), pietra aetite, pietra ofite (serpentino), pietra delle spugne, pietra otracite, pietra smiri, arena marina (smeriglio), pietra naxia, pietra geode. E infine le terre, con cui si indicavano vari silicati, ossidi metallici basici, residui della fusione, colori naturali, ecc."

Il concetto di farmaco tra antichità, età moderna e contemporanea
La concezione più compiuta del farmaco, inteso quale “sostanza che per le sue proprietà chimiche, chimico- fisiche e fisiche è dotata di virtù terapeutiche” (Zingarelli 1984, p. 704) è collegata alla Medicina, quale “arte di conoscere le malattie e di guarirle”, coniugata alla biologia, “scienza della vita e delle leggi che la controllano”, la quale, è nata quando la speculazione filosofica dalla materia cosmica (Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, Pitagora, Democrito) si è concentrata anche sugli esseri viventi (a partire da Alcmeone di Crotone, proseguendo in Sicilia con Empedocle), e soprattutto sull’uomo, di cui interessa indagare anche la malattia, che è il prodotto del turbamento delle leggi nel microcosmo, mentre esso nel cosmo dà luogo a cataclismi.
Ma la medicina non è ancora scienza, e, in mancanza della dimostrazione sperimentale, rimane di tipo razionalistico, permettendo la fusione delle enunciazioni in un complesso armonico.
Il farmaco nel periodo arcaico dipende da una medicina teurgica, le cui origini mitiche sono ricondotte a divinità: ad es., Peone, che guarisce Plutone dalla ferita provocatagli da Eracle, si ritiene lo scopritore della pianta peonia, utilizzata anche in epoca moderna per curare l’epilessia. Ma farmaco è anche, in alternativa, la purificazione del corpo con l’astinenza e la moderazione, e lamusica stessa, che crea armonia (Pitagora).
Si è comunque coscienti con Alcmeone che “delle cose invisibili hanno chiara conoscenza solo gli dei; a noi, in quanto uomini, è concesso solo congetturare”, determinandosi così la differenza tra la religione (il conoscibile) e la scienza (l’inconoscibile).
In Grecia, ove giungono le conoscenze mediche delle culture d’Oriente, già prima della Guerra di Troia, quando vive Asclepio ed i suoi figli (“Medicina eroica”) ed è documentata la medicina minoica, l’arte medica è riservata in un primo momento a pochi eletti, i sacerdoti, discendenti da Asclepio (divinizzato nel IX sec. a. C., ma il cui culto si diffonde in Grecia soprattutto dal V sec. a. C.) che, ritenendo le malattie un castigo divino, coniugano le cure con erbe e pozioni, i digiuni, i bagni ed i salassi a ritualità religiose. Da essi, che in tale terra non rappresentano una casta chiusa, la dottrina si divulga, grazie al concorso di più studiosi, dopo lo sforzo di dare una spiegazione razionale ai fenomeni. I sacerdoti sono affiancati da medici in luoghi ameni e operano in strutture che possono considerarsi i primi esempi di ospedalità, ove si approntano vere cartelle cliniche, contenenti l’indicazione della malattia e della cura; e se occorre, si interviene anche chirurgicamente, talora seguendo, così come per l’individuazione della malattia e di altri più comuni tipi di terapia, i suggerimenti di Asclepio, che si ritengono forniti al malato durante il sonno.
Il ringraziamento per le guarigioni miracolose si concretizza nei santuari (ad es. quelli di Epidauro, Olimpia, Cos etc.) nell’offerta degli ex voto anatomici , che si riferiscono agli arti non più“malati”.
L’attributo di Asclepio, il serpente, riflette l’essenza del farmaco, la sua natura velenosa, tossica, collegata al mondo ctonio, e quella benefica, incarnata dallo stesso dio della Medicina, figlio di Apollo, dalla natura ambivalente: “da un lato mandava la peste, dall’altro veniva pregato per mandarla via”.
Il termine farmaco, in una prima fase, denota “qualsiasi vegetale dotato di poteri magici”, come quello servito a Circe per trasformare in porci i compagni di Ulisse, o per uccidere o per “fugare gli spiriti del male”; difatti significa il medicamento o il “possibile veleno”. Piante sia medicinali che velenose coltiva Eracle ad Efeso, e la scoperta delle piante medicinali è ricondotta alla frigia Cibele, dea della Natura e madre di tutti gli esseri viventi.
La differenza tra gli elementi ed i farmaci consiste per Empedocle di Agrigento (metà V sec. a. C.) nel fatto che “ i primi sono per natura simili alle sostanze che costituiscono l’organismo umano e quindi possono essere assimilati, mentre i secondi sono estranei e vanno quindi sempre tenuti come veleni”. Nello stesso secolo con Ippocrate (nato a Cos circa il 460 a. C.) la medicina diventa razionale, svincolandosi da quella sacerdotale, e si basa sull’esperienza. Il farmaco deve prescriversi solo dopo aver compreso insieme alla situazione patologica tutto l’organismo, in connessione all’età ed al sesso del paziente; e quello evacuante, su cui scrive il trattato

Rimedi”, seguendo la forza medicatrice della Natura, giova o, almeno, non nuoce. Inoltre “ogni purgante aveva il suo umore prediletto, e solo questo attirava”, procurando con la sua azione duratura, anche l’evacuazione di altri umori.
Tra i medicamenti dei suoi tempi sono compresi anche quelli di origine animale e minerale. Quanto alle donne, non sono pochi i preparati cosmetici, sull’igiene della bocca e dei denti e sulla cura delle rughe, tramite ingredienti basati su sostanze vegetali, ma anche animali (come l’urina umana o le corna di cervo), tramandati da pratiche spesso connesse alla superstizione. E nel suo Giuramento Ippocrate scrive chiaramente: “ … e non darò se mi si chiedesse un farmaco mortale, né proporrò un tal consiglio”.
Inoltre, con Filistione di Locri (Scuola di Cnido ,IV sec. a. C.) “ogni malattia va curata con il suo contrario … le malattie dovute ad eccesso di calore vanno curate con farmaci e cibi rinfrescanti “.Se nei primi tempi i medici stessi preparavano i farmaci, in seguito sono i rizòtomi (da riza, radice), poi detti farmacopòli, a raccogliere le erbe, ad essiccarle ed a farne pozioni, anche con l’aiuto del vino.
Ma se i contrari sono rimedi per i contrari, i simili guariscono i simili, scrive Ippocrate, che usa come terapie purganti, emetici, bagni, fomenti, salassi, “che rimarranno pressoché immutati per venticinque secoli”; anzi aumenteranno nei secoli, tanto che nel Medioevo essi hanno raggiunto un numero cospicuo.
Allora si introducono nuove droghe per purgare il sangue (cassia, tamarindo, manna, senna), che si aggiungono ai farmaci consigliati dal Maestro, che sarà il riferimento di tutta la cultura occidentale fino ai primi decenni dell’800; nel 1840 la cattedra che è imperniata sulle sue dottrine sarà sostituita con quella di igiene presso l’Università di Napoli. Evacuanti leggeri, come il latte, il decotto di cavolo o di melone, sono elencati insieme ai narcotici, diaforetici, diuretici ed emetici, che nella somministrazione devono essere usati con prudenza, tenendo conto dell’età, del sesso edello stato del malato, delle ore diurne o notturne.
Si usano inoltre medicamenti di origine animale, da cui si escludono quelli disgustosi (ad es. l’urina di toro, i bruchi), riducendosi a sei (bile, cantaridi, castoro, cera, grassi, miele), e minerali (ad es. lo zolfo già nell’Odissea è considerato disinfettante e deodorante per gli ambienti).
Comunque, nel Corpus Hippocraticum, la malattia debole ed il paziente forte possono far utilizzare un farmaco forte e viceversa, ma occorre tener conto anche della dose.
Il farmaco nelle ultime opere (De Flatibus) non è più soltanto l’espurgazione degli umori morbosi, ma “l’aggiunta di ciò che manca e la rimozione di ciò che è in eccesso”, e gli alimenti diventano essi stessi farmaci purgativi in particolari circostanze.

Il farmaco nell’antica Roma
Sin dai tempi più antichi, tutti i medici, anche i più illustri, preparavano ed andavano personalmente a cercare nei campi le erbe medicamentose. In seguito, quando le erbe impiegate si moltiplicarono, ed i conseguenti preparati medicamentosi divennero più complessi, si aprirono nell’antica Roma negozi specializzati in erboristeria, denominati HERBARII ( dedicati alla vendita di erbe medicinali di uso corrente), e RHIZOMATOI (dedicati alla vendita di radici di piante medicinali).
Successivamente questi negozi passarono dalla fase di sola vendita delle erbe, alla preparazione dei medicamenti ed incominciarono ad aprirsi dei veri e propri laboratori con tutte le apparecchiature necessarie per la preparazione di qualsiasi forma di medicamenti, denominate TABERNAE.
La fonte principale di materie prime per la preparazione di medicamenti proveniva dal regno vegetale, e quindi le piante impiegate con proprietà curative presero il nome di Plantae Officinalis, da "officina", ovvero luogo in cui venivano lavorate.
Tale era la diffusione della cura della persona ai tempi degli antichi romani che sorsero delle vere e proprie TABERNAE specializzate. Ricordiamo: UNGUENTARIA TABERNAE, specializzate nella preparazione di unguenti, ed i farmacisti preparatori venivano chiamati UNGUENTARII.
Vi erano inoltre, gli AROMATARII, mercanti di profumi e preparatori di oli e vini medicamentosi ed i PIGMENTARII, commercianti e preparatori di colori e profumi.
Nella letteratura latina i farmacisti erano denominati PHARMACOPOLA, le farmacie PHARMACOPOLIUM e i medicamenti PHARMACEUTICI.
Un altro termine utilizzato nell’antica Roma era SEPLASARII per indicare i farmacisti, SEPLASARIUM per la farmacia e SEPLASIUM per indicare il rimedio. Tale nome prendeva origineda una delle principali piazze di Capua, piazza Seplasia, dove avveniva il mercato di droghe e spezie.
Tra i medici illustri che si occuparono della farmacia, un posto importante va riservato a CLAUDIO GALENO (nato nel 120 d.C. a Pergamo, nell’Asia Minore, morì a Roma nel 201). Fu medico di Marco Aurelio e dei suoi successori Commodo e Settimio Severo. Egli deve la sua fama ai molteplici lavori nel campo della fisiologia e delle osservazioni cliniche; si può definire a buon diritto il padre della farmacia, avendo elaborato e catalogato numerose formulazioni col relativo modus operandi, tanto da annoverarsi tra i primi formulari che darà origine alle moderne farmacopee.
Dal suo nome deriva l’aggettivo "galenico" che ritroviamo assimilato a preparati galenici, tecnica galenica o farmacia  galenica, quest’ultima definizione ancora oggi utilizzata per indicare la scienza, l’arte di preparare, conservare e presentare i medicamenti.

Il vino e le bevande alcoliche
Il ruolo delle bevande alcoliche nella storia è stato ben diverso da quello di semplici generi voluttuari: esse costituivano i soli dissetanti sicuri spesso gli indispensabili integratori della dieta e risolutori dei mali che potevano affliggere l’uomo.
L’alcool etilico, contenuto in bevande, molto amate da fin troppe persone (sottoforma di vino, birra e superalcolici), è un «personaggio» dai volti molteplici e contraddittori: oltre a facilitare e riscaldare i rapporti interpersonali, può rendere asociali e perfino violenti: può essere un sofisticato compagno di tavola, ma anche sordido compare di stravizi: può essere un toccasana per cuore e arterie, e pure un terribile devastatore dell’intero organismo, specie del fegato.
È un genere di consumo dal carattere soprattutto voluttuario dei nostri giorni, tuttavia, il ruolo di questa sostanza è stato ben diverso: per millenni, le bevande alcoliche sono state infatti le più popolari e comuni forme di alimentazione liquida, addirittura indispensabili laddove non si poteva disporre di acqua sicura per la salute. Non per questo, i distillati alcolici sono stati genericamente designati in epoca medievale con le parole aqua vitae, «acqua della vita».
Processi naturali tali da produrre sostanze commestibili contenenti alcool sono all’opera sul nostro pianeta da milioni di anni. Il lievito, per esempio, metabolizzando gli zuccheri per produrre energia, dà luogo come sottoprodotto ad alcool etilico. Di conseguenza, anche gli animali selvatici hanno potuto assumere accidentalmente alcool, per esempio quello che si produceva in frutti parzialmente fermentati: sono stati del resto riferiti e descritti casi di uccelli e di mammiferi (specie elefanti) in evidente stato di ebbrezza.
La storia dell’alcool ebbe inizio per puro caso, quando, nel tardo Paleolitico, qualcuno si diede ad assaggiare il contenuto di un otre di miele un po’ «scaduto», ovvero rimasto da parte per un tempo sufficiente a far si che la fermentazione naturale potesse prendere avvio; quel primo assaggiatore trovò probabilmente gradevoli gli effetti del miele a bassa gradazione alcolica e forse cercò di replicare l’esperimento naturale con i datteri o dalla linfa di certe piante. La tecnica era semplice: bastava lasciare che una sostanza zuccherina fermentasse spontaneamente.
Per la birra, si dovette invece attendere ancora a lungo, vale a dire fino allo sviluppo delle colture cerealicole. Sui territori dell’Egitto e della Mesopotamia, periodicamente invasi dalle piene stagionali dei fiumi, fu possibile ricavare i primi ingenti raccolti di frumento e di orzo: la scoperta della fermentazione dei cereali fu inevitabile, forse propiziata ancora una volta da assaggi fortuiti. Prima del III millennio A.C., Egizi e Mesopotamici conoscevano sicuramente bevande simili alla birra, ottenute da orzo e frumento.
Normalmente, i succhi che si ricavavano dalle uve selvatiche avevano un contenuto in zuccheri troppo basso per rendere possibile la fermentazione del vino, ma la selezione della varietà sempre più dolci condusse infine a particolari uve adatte alla produzione di questa bevanda: l’acquisizione di vitigni adatti alla vinificazione è stata da alcuni attribuita a una popolazione insediata nell’attuale Armenia intorno al 6000 A.C.
Lo sviluppo dell’agricoltura permise di disporre, finalmente, di eccedenze alimentari, e ciò favorì l’aggregazione di gruppi sempre più cospicui in villaggi o città, che posero allora un problema pressante, che anche ai nostri giorni è ben lungi dall’essere risolto in buona parte del pianeta: quello dell’approvvigionamento di acque limpide e pulite per le necessità fisiologiche degli abitanti. Le risorse idriche a disposizione di ogni insediamento, contaminate dagli stessi rifiuti organici delle popolazioni, diventarono inevitabilmente pericolose per la salute. È impossibile valutare il numero di nostri progenitori morti per avere spento la propria sete con acque inquinate. Basta guardare alla falcidie causata ancora ai nostri giorni da dissenterie e malattie infettive provocate da risorse idriche contaminate da agenti patogeni per immaginare vagamente quanto grande sia stato nel corso della storia umana il tributo di vite da addebitare alle acque infette.
Un’attenta lettura dei testi biblici, rivela che esse non fanno praticamente cenno all’acqua in quanto bevanda; anche i greci menzionano assai raramente le qualità dissetanti dell’acqua, se si fa eccezione per alcuni scritti che vantano le particolari virtù di sorgenti montane. Ippocrate cita l’acqua di sorgente e quella dei pozzi profondi come sicura, al pari di quella piovana raccolta in cisterne; gli antichi dovevano avere imparato a proprie spese come la maggior parte delle riserve idriche non fosse per nulla idonea al consumo.
L’alcool e le bevande alcoliche, in esso contenute, potevano essere considerate alla stregua del latte materno: birra(2) e vino erano le uniche bevande da cui non ci si doveva attendere di contrarre ogni sorta di malattia. Inoltre, aggiungendo all’acqua questi prodotti di fermentazione, si riusciva a sanarla: evidentemente alcool e acidità riuscivano ad avere la meglio su molti microrganismi nocivi.
In Oriente, negli ultimi 2000 anni, l’abitudine alla bollitura dell’acqua, necessaria per la preparazione del tè, ha garantito la disponibilità di una bevanda potabile analcolica. Inoltre, la stessa genetica ha avuto un ruolo importante nel far sì che l’Asia tendese alla sobrietà: circa la metà delle popolazioni di quel continente manca di un enzima indispensabile per la completa metabolizzazione dell’alcool, il che rende l’esperienza del bere alquanto sgradevole.
Così, birra e vino acquisirono un rango prevalente solo nelle società occidentali e tali rimasero sino alla fine del secolo scorso.
Gli esseri umani sono dotati di un gene «apposito» per metabolizzare l’alcool, rappresentato dall’enzima alcool-deidrogenasi; questo semplice fatto induce a pensare che, nel corso dell’evoluzione delle specie, l’uomo sia stato a contatto con l’alcool in misura sufficiente a sviluppare un sistema di metabolizzazione specifico.
Anche il contenuto alcolico delle bevande alcoliche non deperibili deve avere avuto una notevole importanza dal punto di vista della nutrizione, per popolazioni che dovevano far fronte normalmente a carenze alimentari, in quanto garantivano l’apporto di micronutrienti essenziali, come vitamine e sali minerali.
L’alcool serviva ad alleviare la fatica ed il tedio della vita quotidiana e dava sollievo a dolori per i quali non esistevano altri rimedi; ma, fino al secolo attuale esso era il solo analgesico facilmente reperibile in Occidente.
Una tavoletta sumerica in scrittura cuneiforme, di argomento farmacologico e risalente circa al 2100 a.C., viene generalmente citata come la più antica testimonianza dell’uso di alcool a scopo medicinale, anche se alcuni papiri egizi potrebbero averla preceduta.
Il metodo terapeutico di Ippocrate prevedeva la somministrazione di vino come rimedio a quasi tutti i disturbi acuti o cronici noti all’epoca e la Scuola medica alessandrina incoraggiava l’uso dell’alcool a scopo medico.
Come riportato nel Nuovo Testamento, Gesù non si oppose al consumo di bevande fermentate, come attesta il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino; i suoi seguaci si diedero a moltiplicare le disposizioni per moderare l’uso del vino, ma non giunsero mai alla proibizione categorica. San Paolo e gli altri Padri della Chiesa persistettero in tale atteggiamento di moderazione. Più che condannare il vino in quanto pericoloso per la sobrietà dei costumi cristiani, essi tendevano a considerarlo un dono del Signore, per le sue proprietà medicinali e calmanti, che offrivano sollievo ai mali e alle ansie della vita quotidiana.
La birra fu per lungo tempo bevanda della gente più umile, mentre il vino era riservato a fasce di popolazione più agiate: il vino da uva, tuttavia, divenne disponibile per il cittadino romano medio dopo il secolo di espansione dei vigneti terminato intorno al 30 a.C. e questo vero e proprio «boom» fu giustificato dalla maggiore redditività della vite rispetto al frumento. L’enorme produzione fece scendere i prezzi, e finalmente anche il povero poté saziarsi di una bevanda praticamente gratuita. La viticoltura romana fu ridimensionata con il tramonto dell’Impero e venne ereditata dalla Chiesa cattolica e dalle sue istituzioni monastiche, le uniche ad avere sufficienti risorse per mantenere le vigne con la relativa produzione di uva e per circa 1300 anni, la Chiesa gestì i maggiori e migliori vigneti, con considerevole profitto.

* * *

Il vino era noto agli ebrei, ai greci e ai romani da sempre: per quanto riguarda però le abitudini al bere nell’antichità, con la sola eccezione delle culture egiziana, etrusca e forse fenicia, nelle quali alle donne di condizione libera era consentito bere, si può dire che nella zona del Mediterraneo, in tempi antichi, alle donne non era consentito fare uso di bevande alcoliche.
Anche alle donne greche di condizione libera era assolutamente vietato bere, con eccezione delle Menadi (sacerdotesse di Dioniso), le quali, durante le Dionisiache - feste a carattere orgiastico -, potevano farlo; oltre ad esse potevano bere in pubblico solo le prostitute, le danzatrici e le musiciste. Gli uomini greci, viceversa, praticavano simposi, una specie di ubriacatura rituale, durante i quali bevevano il vino diluito con acqua nella proporzione di uno a tre. Fonti classiche ci permettono un calcolo sull’uso del vino durante tali riunioni: da un brano riportato nell’antologia palatina apprendiamo che in un simposio per otto persone erano necessari tredici litri di vino puro, che veniva allungato con acqua fino a un volume totale di quaranta litri. I greci del periodo eroico erano molto temperanti, ma il vino rientrava in tutte le solennità religiose (durante i sacrifici e dopo la cremazione si usava il vino per spegnere le fiamme, le spoglie dei morti infine venivano lavate con vino). A Sparta per mostrare ai giovani l’orrore del vino si porgeva loro il triste spettacolo di persone ubriache; Dragone condannava alla pena capitale gli alcolisti, mentre Licurgo proibì di bere prima dei rapporti coniugali, in quanto erano noti gli effetti della ubriachezza sul prodotto del concepimento.
Anche il clero beveva quotidianamente molto vino fino a cinque-sei litri al giorno; tale quantità non può essere valutata eccessiva, se consideriamo che nel tredicesimo secolo i monaci di Saint-Benigne in Borgogna furono messi “a stecchetto” con solo quattro litri di Borgogna (ovviamente puro) al dì per ogni monaco.
Nella Roma repubblicana l’uso del vino era molto raro ed era riservato principalmente - se non esclusivamente - al culto degli Dei: la vendemmia stessa era un rito sacro. Una legge che veniva fatta risalire a Romolo vietava l’uso del vino ai giovani sotto i trenta anni e alle donne per tutta la loro vita. I romani al tempo della repubblica furono di una rigidezza di costume esemplare. Infatti non si diventa un popolo di conquistatori se non attraverso un continuo controllo sulla morigeratezza dei costumi: l’addestramento alle armi e l’arte della parola erano gli esercizi che praticavano i giovani; però le rapide fortune ammassate dai romani durante le guerre vinte e soprattutto il contatto con la Grecia e l’oriente fecero sì che orge e vizio entrassero nella vita quotidiana, per cui il vino fece la comparsa nelle loro mense e da allora non scomparve più.
L’uso del vino si era trasformato pian piano in abuso, per cui uomini di legge si avviavano al foro brilli ed interrompevano ogni tanto le loro arringhe per correre alle anfore poste negli angoli appartati. Il senato nel 181 a.C. promulgò la lex Orchia contro le gozzoviglie e l’abuso del vino e delle bevande alcoliche. La sregolatezza romana si riflette anche nell’arte; non viene più cantata la vita dei campi ma si inneggia al bere ed al mangiare bene, come fanno Orazio e Tibullo. In epoca imperiale l’uso delle bevande alcoliche divenne sempre più libero e si diffuse tanto da essere abituale nei banchetti sino alle intemperanze ed alle sregolatezze che caratterizzarono le feste orgiastiche d’imperatori come Claudio, Caligola, Nerone.
Agli eccessi nel bere non erano estranei neppure i cristiani dei primi secoli; infatti l’apostolo Paolo riferiva che alcuni di essi sapevano dominare così poco la loro passione da ubriacarsi durante le Agapi sacre. Il padre della chiesa Novaziano nel III secolo scriveva che vi erano cristiani che bevevano già al mattino a digiuno, si versavano il vino nelle “vene ancora vuote” e diventavano ubriachi prima ancora di avere toccato cibo. “Non solo essi corrono da osteria ad osteria, ma portano un’osteria in se stessi e il loro divertimento consiste nel bere”.
Un’altra dimostrazione sulle abitudini dei primi cristiani è fornita dai vasi di vetro dipinti e dai piatti con incise in oro figure di Santi e brevi iscrizioni dei nomi dei santi, con le parole “bibe in pace”, che sono stati trovati nelle catacombe romane. Nel Medioevo le indicazioni sull’uso e sull’abuso del vino delle bevande alcoliche si fanno abbastanza frammentarie, e si riferiscono soprattutto all’uso ed abuso che nobili e clero ne facevano.
Antiche leggi babilonesi (codice di Hammurabi, 1800 a.C.) prescrivevano regole precise per i vinai. Con ogni probabilità il mondo antico ha conosciuto più l’ubriachezza che non l’alcolismo vero e proprio; questa affermazione può sembrare piuttosto paradossale, se non si tiene conto di alcune considerazioni: la prima di esse è che nel mondo antico alle donne era vietato bere - sia pure non in tutte le civiltà conosciute - ma almeno nella gran parte, e comunque alle donne di stato cosiddetto libero; anche in epoca romana, a Mileto e a Massigli (Marsiglia) era proibito alle donne di bere vino. La moglie di Egnatius Mecenius, che aveva bevuto del vino da una botte, venne ammazzata a colpi di bastone dal marito, che per questo delitto fu assolto. Pompilio Fauno fece pure bastonare fino alla morte sua moglie, che avendo bevuto un goccio di vino si era ubriacata; un’altra donna romana venne condannata dai suoi parenti a morire di fame solo perché aveva aperto un armadio che conteneva la chiave della cantina. I Locrii Epizefirici, i primi proibizionisti, promulgarono una legge, che proibiva di bere vino sotto la pena di morte se non in casi di prescrizione medica.

Un medicamento in auge: il vino medicinale
La storia del vino si confonde con la mitologia e questa è ricca di fantasiose leggende. Il Dio del vino è stato sempre raffigurato di belle sembianze, rubicondo, paffuto, incoronato di edera e di pampini, in atto di sollevare con una mano il tirso e con l’altra un grappolo d’uva o una coppa ricolma dell’inebriante liquore.
Leggiamo nella Bibbia: “ Noè incominciò ad essere agricoltore e piantò una vigna. Ed egli bevette il vino e si ubriacò”.
Gli antichi ebrei conoscevano la coltura della vite, e la vendemmia era un delle loro feste più liete.
Nell’Iliade e nell’Odissea vi sono frequentissimi accenni alla vite e al vino e si legge che sullo scudo di Achille vi era disegnata una vendemmia.
Ai guerrieri feriti nella battaglia il vino mescolato ad altre sostanze era offerto come benefico medicamento.
Non solo nelle leggende omeriche, ma anche nelle opere storiche e letterarie e nei testi medici dell’antica Grecia (Plutarco, Ateneo, Eliano, Strabone, Erodono, Esiodo, Teofrasto, Dioscoride) è viva e costante l’esaltazione del vino, come apportatore di salute, di vigore e di giocondità.
Nulla sappiamo sui primi uomini che piantarono in terra italica le prime vigne, né si può dire che siano stati i greci a far conoscere ai nostri progenitori la preziosa pianta; sembra anzi che la coltura della vite fosse già conosciuta fra noi prima che questi giungessero sul nostro suolo.
Certo è che nei primi anni di Roma, il vino era considerato come una preziosa rarità, se è vero che il Console Papirio, prima di dar battaglia ai Sanniti, promise di offrirne una piccola coppa a Giano, se fosse rimasto vincitore. Catone parla di otto varietà di uve conosciute ai suoi tempi e Plinio scrive di 41 specie di uve greche ed asiatiche, di 51 varietà di uve romane e siciliane e 8 altre di diversi Paesi d’Europa. I Romani distinguevano i vini della loro patria e dal colore, e ne avevano di rossi cupi, di rosei, di gialli e di bianchi. Li sapevano anche condire con aromi e celebre fra tutti era il vinum myrrhinum. Li conservavano in anfore di argilla ben lavate con acqua salata o acqua marina, fregate con ceneri di pampini e profumate col fumo della mirra. Catone raccomandava esplicitamente i vini ed i mosti medicati con erbe speciali toniche, ricostituenti, antisettiche, oppure preparati e bolliti con veratro nero. Interessante e curioso è il modo con il quale insegna a preparare un vino purgativo, piantando, cioè, tre fascetti di veratro ai piedi di una vite, che si segnerà, per non confonderla con le altre: il vino fatto con l’uva di questa vite purgherà gradevolmente, senza disgustare né disturbare. Quello preparato con ginepro è utile nelle nevralgie sciatiche, preparato col mirto giova alla stitichezza, nei dolori di fianco, nel flusso celiaco; se vi si infonderà, invece, il melograno, servirà contro i lombrici. Oggi possiamo confermare quest’ultima osservazione di Catone, perché sappiamo che la radice di melograno è in verità dotata di virtù antielmintiche e contiene un alcaloide, la pelletierina che, sotto forma di tannato, veniva adoperata nella pratica medica.
Tutti i grandi medici e naturalisti, greci e romani, che vissero nel tempo dello splendore e della potenza dell’Urbe, lodarono il vino non solo come deliziosa bevanda, ma anche come farmaco dotato di sovrane virtù salutari.
Ricordiamo le classiche opere di Dioscoride, di Plinio, di Celso, di Galeno. Plinio sentenziava che dal vino traggono giovamento le forze, il sangue e il colorito dei mortali (vini aluntur vires, sanguis colorque hominum).
Nei primi secoli del Medio Evo sorse la Scuola Salernitana, “la veneranda progenitrice di tutte le Università mediche e di tutte le scuole moderne”.
I Maestri salernitani, quando sedevano a mensa, preferivano all’acqua il limpido profumatissimo vino dei colli campani: ”È molto nocivo – essi dicevano – bere acqua durante i pasti; raffredda lo stomaco e rende il cibo indigesto (Potus acquae sumptus fit emendi valde nocivus; infrigidit stomachum, cibum nititur fore crudum)”.
A questi principi s’ispirava forse Francesco Redi, quando nel “Bacco in Toscana” lanciava la sua sonante invettiva contro la sciocca astinenza di certi medici astemi:

Vadan pur, vadan a svellere
La cicoria e i raperonzoli
Certi magri mediconzoli
Che coll’acqua ogni mal pensan d’espellere!

Era il vino dunque che giovava alla salute, purché bevuto con moderazione e purché buono. Ma quali erano queste bontà, nel pensiero dei Maestri Salernitani?
Eccone qualcuna: “I vini si giudicano dal profumo, dal sapore, dalla limpidezza, dal colore. Se desideri del buon vino, devi cercare in esso queste cinque qualità: sia spiritoso, pastoso, fragrante, frizzante, fresco (fortia, formosa, fragrantia, frigida, fresca)”.
Questo caldo elogio del succo d’uva non deve indurci a pensare che quei vecchi medici fossero dei crapuloni senza giudizio.
Tutt’altro. Avvertono anzi che il vino non deve essere troppo carico giacchè quello nero intontisce (corpus reddit tibi pigrum). Sia perciò piuttosto chiaro, stagionato, delicato,  maturo. Abbia giuste proporzioni di acqua, sia spumoso e soprattutto sia bevuto con parsimonia (moderamine sumptum).
E preferiscono i vini bianchi e dolci, perché più ricchi di sostanze nutritive (sunt nutritiva plus dulcia candida vina), ai vini rossi che, se bevuti in eccesso, gonfiano il ventre ed alterano la limpidezza della voce.
Comunque anche contro questi disturbi non v’è rimedio migliore del vino stesso, proprio secondo i concetti della terapia greco-romana: contraria contrariis curantur. Se il vino bevuto alla sera ti avrà disturbato, bevine ancora al mattino e ti gioverà come una medicina: si tibi serotina noceat potatio, vina hora matutina rebibas, et erit medicina.
Le virtù del vino che avevano avuto un così composto ed autorevole elogio nei versi del “Regimen Sanitatis Scholae Salerni” ebbero poi un’esaltazione rumorosa nei canti dei goliardi medioevali.

Ave color vini clari,
ave sapor sine pari,
tua nos inebriari
digneris potentia…
Ergo vinum conclaudemus
Potatores exultemus
non potantes confundemus
in eterna tristizia. Amen.

Questo canto chiassoso e spregiudicato in onore dei bevitori ci richiama alla mente la implorazione di Anacreonte (Odi XIX), arso dal desiderio del vino e che vede nella gioia del bere una delle armonie dell’universo, una delle leggi cosmiche della vita: “La terra beve l’acqua che la feconda, e l’albero beve a sua volta dalla terra la sua umidità. L’aria è bevuta dall’onda, dal sole che tramonta. Il sole abbevera la luna. Perché dunque, se tutti bevono così, voi amici miei, mi serbate rancore quando voglio bere anch’io?”.
L’uso del vino come veicolo di medicamenti è di acquisto antichissimo e i vini medicinali hanno tenuto un posto cospicuo nella terapia da Catone ai nostri giorni.
Dobbiamo dire in verità che ben poche sono le trattazioni mediche che si occupano in modo specifico ed esclusivo dei vini medicinali e delle loro applicazioni nella cura degli infermi.
Per venire a conoscenza dei vini medicinali, preparati dagli speziali e prescritti dai medici in quelle lontane epoche, abbiamo dovuto rivolgere la nostra attenzione alla “Farmacologia” del Mattioli che – come abbiamo già detto – è stato universalmente considerato come il testo più autorevole, per quasi due secoli, ed è tuttora una preziosa miniera di notizie per gli studiosi si storia della medicina e della terapia.

Vecchie ricette di vini medicinali
Un codice anonimo sui vini medicinali che risale al 1300 è conservato nell’Archivio Storico dell’Ospedale Maggiore di Milano. Esso non è solo una curiosità o una rarità, e neppure è soltanto un contributo alla conoscenza di un determinato capitolo di farmacologia o di terapia in un determinato periodo della storia. È anche la testimonianza di un’epoca, il punto di confluenza di diverse e lontane esperienze, cui han dato mano Galeno non meno che Dioscoride, Avicenna non meno che Arnaldo di Villanova, per non fare che i nomi di quattro capiscuola. Il codice è costituito da ben sessantaquattro capoversi, i primi nove dei quali sono dedicati a considerazioni generali circa i metodi, le norme, i criteri che debbono presiedere alla preparazione dei vini medicinali, in rapporto al tempo, alla qualità delle uve, alle indicazioni terapeutiche generiche.
Ad esse seguono le ricette vere e proprie, con le elencazioni dei vini speciali, le regole di preparazione caso per caso, le indicazioni curative: un piccolo trattato di farmacoterapia vegetale, fiorito di strane e suggestive locuzioni, dal quale esala !”il misterioso profumo degli hortuli medicinali, commisto alla voluttuosa fragranza dell’umor d’uva, il sovrano medicamento della tristezza “umana”. Circa la preparazione dei vini medicinali, c’è n’è per ogni forma morbosa, per ogni stagione, per ogni età ed esigenza, anche fuori del campo strettamente clinico. Ce n’è di quelle che si presentano con la insospettata freschezza di una scoperta o con uno strano sapore di attualità, altre sono pervase da uno scetticismo amabile e sorridente o da un tono polemico, tra perentorio ed ingenuo, che si richiama volentieri alla casistica personale, al ricordo storico, alla pratica deontologica, e non indulge quasi mai a suggestioni ciarlatanesche o soltanto di ispirazione astrologica. Il tutto in un latino che non è quello di Celso, ma ha tuttavia la sua icastica efficacia espressiva.
Anche la “Farmacologia” del Mattioli tratta ampiamente dei vini medicinali e viene universalmente considerato il testo più autorevole ed è tuttora una preziosa miniera di informazioni per gli studiosi di storia della medicina e della terapia.
I vini medicinali di comune uso, per la loro semplice e rapida preparazione, vengono elencati e riassunti secondo i precetti dell’Autore:
Vino melito – si beveva nelle lunghe febbri per le sue proprietà nutritive. E si otteneva facendo lungamente bollire 1 congio3 di miele con 5 congi di mosto, sul quale si spargeva a poco a poco 1 ciato(4) di sale.
Vino mulso – si preparava facendo bollire vino vecchio o mosto con miele.
Vino scillino – si faceva anzitutto appassire all’ombra la scilla squamata, indi si infondeva per 40 giorni in vino bianco. Se si voleva dolce si aggiungeva del miele. Aveva azione risolvente, stomachica e diuretica.
Vino con acqua marina – acquistava virtù solutive e lo si preparava trattando l’acqua marina sia con uve vendemmiate sia con uve passite.
Vino di mele cotogne – si preparava con mele cotogne tagliate in pezzi e lasciate a macerare per trenta giorni nel mosto, oppure mescolando al mosto la spremitura di cotogne pestate. Il vino che si otteneva dopo fermentazione e chiarificazione era consigliato come costrettivo nella dissentiera e ai malati di stomaco, di fegato e di reni.
Vino idromele – Era preparato con mele cotogne in acqua tenuta al sole nei giorni canicolari ed aveva le stesse virtù del vino.
Vino omphacomele – Buono contro i flussi dello stomaco. Si otteneva spremendo l’uva acerba con miele schiumato e si riponeva per un anno. “Ha virtù – scrive il Mattioli – di ripercuotere e d’infrigidire: giova agli stomachi rilassati e ai flussi stomacali”.
Vino Apijte – Aveva azione costrittiva. Si preparava con pere non troppo mature, o con silique o con nespole e con sorbe. Aveva virtù costrittive utili per lo stomaco e per ristagnare i flussi intestinali.
Vino Enantino – S’infondevano i fiori secchi di sambuco nel mosto caldo e si otteneva una bevanda stomachica e diuretica. Utile “agli stomachi deboli, alla nausea del cibo, ai flussi stomacali e dissenterici”.
Vino di melograni, detto anche Rhoite – Vi era una varietà di vino preparato con succo di frutti maturi, bollito fino alla riduzione a un terzo: aveva proprietà costrittiva. Un’altra  varietà si preparava facendo bollire il succo di melograno con uva nera fino a che si chiarificava.
Quello che si preparava con melograni di mezzo sapore, o vaiani, sedava la sete e unito ad acqua d’indivia o di buglossa o di piantaggine o di rose combatteva i flussi e le infiammazioni dello stomaco. Quello che si preparava con melograni bruschi, mescolato a miele rosato, si usava come gargarismo. Aveva virtù costrittive come i vini precedenti.
Vino rosato – Il vino che si otteneva ponendo nel mosto le rose secche racchiuse in un sacchetto di tela, diveniva buono dopo tre mesi ed aiutava la digestione. Quello che si preparava con succo di rose e miele prendeva il nome di Rodomele ed era usato contro l’asprezza delle fauci.
Vino di bacche di mirto – Si preparava facendo macerare in vino vecchio e acqua le bacche secche di mirto pestate e spolverate. Si preparava anche facendo cuocere il vino con le bacche mature, finché si riduceva a un terzo. Aveva proprietà costrittive.
Vino mirteo – Anche questo vino aveva azione costrittiva e s’usava contro il sudore, il mal d’orecchi e le infiammazioni delle gengive. Si preparava facendo bollire nel mosto, dopo averli frantumati, i rami, le fronde e le bacche di mirto.
Vino del lentisco e del terebintho – Venivano preparati con le bacche di queste piante, come il vino mirteo. Scrive il Mattioli: “Conferiscono ai flussi dell’interiora, della vescica e dello stomaco e similmente del sangue. Saldano, facendosene lavanda, tutte l’ulcere causate da flussi. Sedendovisi dentro, vagliono ai flussi matricoli e del sedere”.
Vino di dattoli (datteri) – Aveva azione costrittiva. Si preparava facendo macerare nell’acqua per dieci giorni, in appositi recipienti, dattoli bel maturi, e ripetendo la macerazione per due o tre volte. Similmente si preparava il vino di fichi secchi e si sceglievano i fichi di Cipro e i neri.  Acquistava proprietà solutive e diuretiche, ma era nocivo allo stomaco e produceva nausea. Alcuni usavano aggiungervi del sale o degli strati di finocchio e di timo
Vino resinato – Si preparava facendo bollire la resina nel vino. Era considerato come buon rimedio contro la tosse e il catarro ed anche come stomachico e diuretico. Diveniva dolce con l’invecchiare. Si otteneva un vino balsamico, mettendo in macerazione i frutti o le bacche di cedro, ginepro, cipresso, lauro, pino, abete.
Vino delle pine – Si preparava facendo macerare nel mosto le pine pestate. Effetti: gli stessi del vino resinato, “Oltre a ciò, se alcuno cuocerà le pine nel mosto, farà bevanda convenevole a coloro che sono tisici”.
Vino fatto di cedro e d’alcuni altri alberi e frutti – Si tagliavano al tempo che producono i frutti e si lasciavano sudare al sole, ovvero in bagno o al fuoco, i rami di cedro, ginepro, cipresso, lauro, pino, abete. Una libra di quell’umore si metteva per un congio di vino. Era utile alla tosse vecchia, ai dolori di petto e del costato, allo sputo della marcia, alle infiammazioni della matrice. Si usava anche instillarlo nell’orecchio per calmare i dolori.
Vino impeciato – Si lavava la pece liquida prima con salamoia finché diveniva bianca e poi con acqua dolce. Si poneva quindi del mosto. Il vino acquistava proprietà balsamiche.
Vino di assenzio – Si preparava facendo cuocere o macerare nel mosto o nel vino l’assenzio, da solo o mescolato al cinnamomo, ossia corteccia di palma. Era utile nei disturbi di stomaco, del fegato, dei reni.
Vino di issopo – Si otteneva ponendo nel mosto le foglie dell’issopo di Cilicia, racchiuse in un sacchetto di tela. Era molto pregiato nei disturbi polmonari. Alla stessa maniera si preparavano molti altri vini con svariate erbe, quali la betonica, il marrubio, il timo, la satureia.
Vino aromatico – Si preparava facendo macerare nel mosto per 40 giorni una o più erbe aromatiche, racchiuse in un sacchetto di tela (calamo, nardo, croco, cassia, ecc.) si usava come bechico e diuretico. Si preparavano anche vini con pepe, salvia, apio, finocchio, prezzemolo, elleboro, scamonea.
Vino guaiaco – Fu il Mattioli a consigliare, per il primo, l’uso di questo vino contro il mal francese, perché più efficace del decotto. Lo faceva bere durante i pasti e consigliava di prepararlo in due modi: o facendo bollire nel vino bianco il legno di guaiaco con nardo, capelvenere, scolopendra e cinnamomo, oppure gettando il vino bianco bollente su quelle droghe e lasciando il tutto in immersione per tre giorni.
Anche la Farmacopea Ufficiale del Regno d’Italia pubblicata nel 1882, riportava sette vini medicati (vino amaro, vino antimoniale di Huxham, vino chinato, vino con colchico, vino con rabarbaro, vino di marsala, vino oppiato composto).

FARMACOPEA DEL VINO
I vini medicinali possono essere preparati:
- per estrazione delle droghe vegetali con vino, generalmente per macerazione per circa dieci giorni;
- per diluizione di un estratto con vino;
- per soluzione diretta di farmaci in un vino.
Come già accennato la F. U. VI edizione riportava sei vini medicinali.
Per la loro preparazione era prescritto l’uso di vino Marsala per la sua diffusione a livello nazionale e per le sue caratteristiche ben precise e spesso costanti. Il suo sapore ed odore gradevole si prestava per altro a coprire sapori ed odori poco piacevoli dei farmaci.

Questi enoliti sono:

Vino di boldo (balsamico)
Estratto fluido di boldo p. 50
Tintura di arancio amaro p. 50
Vino di Marsala p. 900
Si lasci la miscela in riposo per cinque giorni, quindi si filtra su carta.

Vino chinato-vino di china (tonico)
Estratto fluido di china p. 50
Vino di Marsala p. 950
Si lasci la miscela in riposo per cinque giorni, quindi si filtri su carta.

Vino di china ferruginoso (tonico-ricostituente)
Estratto di malato di ferro p. 20
Vino di china p. 950
Si stemperi l’estratto di malato di ferro nel vino di china, si lasci a riposo per qualche tempo, quindi si filtra su carta.

Vino di cascara sagrada (lassativo)
Estratto fluido di cascara sagrada deamarizzato p. 200
Tintura di arancio amaro p. 50
Vino di Marsala p. 750
Si lasci la miscela in riposo per cinque giorni, quindi si filtri su carta.

Vino di condurango (tonico-analgesico)
Estratto fluido di condurango p. 50
Tintura di arancio amaro p. 10
Vino di Marsala p. 940
Si lasci la miscela in riposo per cinque giorni, agitando di frequente, quindi si filtri su carta.

Vino con rabarbaro (digestivo)
Estratto fluido di rabarbaro p. 50
Tintura di arancio amaro p. 50
Vino di Marsala p. 900
Si lasci la miscela in riposo per cinque giorni, quindi si filtri su carta.

VINI ABORTIVI
Vino di segale cornuta
Segale cornuta g 1.5
Vino generoso g 60
Si agita prima dell’uso. Un cucchiaio ogni 10 minuti nei parti laboriosi per inerzia uterina

Vino di segale cornuta (F. E. U.)
Segale cornuta in polvere p. 15
Vino bianco alcolizzato q. b.
Si inumidisce la polvere con quattro parti di vino e si cola aggiungendo vino fino ad ottenere cento parti di prodotto.

VINO AMENORROICO
Vino calibrato
Tintura di Marte tartarizzata g 30
Vino bianco g 500
Amenorrea, leucorrea, clorosi, scrofola. Dosi da 30 a 125 g al giorno.

VINI ANTALGICI
Vino oppiato composto
Oppio p. 16
Zafferano p. 8
Cannella p . 1
Garofano p. . 1
Vino Marsala p. 144
Si fanno macerare le droghe nel vino per 7 giorni in recipiente chiuso, si cola, si spreme il residuo e di filtra. Un grammo contiene la parte solubile di 10 ctg di oppio. Dose massima: 1g per volta e 5g nelle 24 ore.

Vino canforato
Canfora p. 1
Vino di Lunel p. 576
Contusioni, brutte ferite.

Vino di coca
Foglie di coca g 60
Tintura di vaniglia gtt 1
Vino di Malaga g 1000
Si spezzano le foglie di coca e si macerano in vasi chiusi per dieci giorni ne vino agitando ogni tanto. Si filtra. Si prende un bicchiere da vino prima dei pasti principali.

Vino di coca e cola
Estratto fluido di coca g 15
Estratto fluido di cola g 50
Vino bianco generoso g 1000
Si miscela e si lascia in riposo 24 ore poi si filtra.

VINI ANTIANEMICI
Vino di acetato di ferro
Acetato di ferro liquido p. 1
Vino bianco p. 99

Vino marziale
Citrato di ferro ammoniacale g 5
Vino di Grenache (o Xeres) g 1000
Idem
Citrato di ferro ammoniacale g 40
Tintura di arancio dolce cc 60
Sciroppo semplice g 100

Vino bianco litri 1
Idem
Citrato di ferro ammoniacale g 5
Vino bianco g 480
Tintura aromatica g 15

VINO ANTIDIABETICO
Vino di uranio
Uranio nitrato g 7
Alcool 90° g 50
Glicerina g 50
Vino rosso g 500
Vino di Malaga g 1000
Si scioglie il nitrato di uranio in quantità sufficiente di acqua e si unisce il vino rosso, all’alcool e alla glicerina; si aggiunge poi il vino di Malaga; si lascia la miscela in riposo per 48 ore agitando con frequenza poi si filtra. Si prescrive nel diabete alla dose di 1-3 bicchieri al principio o alla fine dei pasti principali.

VINO ANALETTICO
Vino analettico di fosfato ferruginoso
Vino di calcio gelatinoso p. 25
Acido citrico p. 8
Citrato di ferro p. 2.5
Alcool p. 10
Vino bianco generoso p. 1000
Un bicchierino di liquore prima di ciascun pasto.

VINO ANTIEMETICO
Vino di cloroformio
Cloroformio g 2-4
Vino rosso o bianco g 15-30

VINI ANTIELMINTICI
Vino di assenzio
Assenzio p. 30
Assenzio alcool 60° p. 60
Si lascia a contatto per 24 ore e poi si aggiunge vino bianco generoso p. 1000, facendo macerare per 10 giorni.

Vino di assenzio antielmintico
Foglie secche di assenzio g 24
Vino bianco generoso g. 2000
Mezzo di bicchiere due volte al giorno.

VINI ANTIGONORROICI
Vino di semi di colchico oppiato
Vino di semi di colchico g 2
Tintura di oppio g 0.6
Contro la gonorrea a dose di 25-30 gocce 3 o 4 volte al giorno.

Vino di coppalba
Coppalba (copaire) g 80
Gomma arabica g 8
Vino bianco g 120
Vino di dittamo bianco marziale
Limatura di ferro g 12
Radice di dittamo bianco g 80
Vino bianco . g 500

VINO ANTIESSUDATIVO
Vino di cainca
Cainca g 50
Vino di Malaga g 500
Macerare per 8 giorni, filtrare. Un cucchiaio al dì.

VINI ANTIGOTTOSI
Vino antigottoso
Bulbi di colchico p. 30
Foglie di frassino p. 30
Vino di Malaga p. 300
Dopo macerazione per 8 giorni si aggiunge alla colatura p. 8 di tintura di aconito e p. 5 di digitale. Un cucchiaino da caffè, in una tazza di thè, mattina e sera.

Vino antigottoso di Anduran
Alcolatura di bulbi di colchico g 5
Vino bianco g 100
S. 10-20 g al giorno

Vino di coloquintide
Coloquintide p. 20
Alcool 22° p. 60
Vino bianco generoso p. 1000
30 g contengono 0.5 g di coloquintide.

Vino antigottoso
Vino di semi di colchico g 2
Vino antimoniato g 2
Estratto di aconico g 2.5
Liquore di carbonato di potassio g 15
Negli accessi di gotta si prendono 15-20 gocce ogni ora.

Vino di colchico
Specifico antigottoso di Reinold; tintura vinosa di colchico.
A seconda dei vari autori, Alvarez, Husson, Locher Reinold, Williams e le Farmacopee Spagnola, Portoghese e Svizzera la formula cambia con i seguenti componenti:
Bulbi secchi di colchico
Vino bianco
Vino di Malaga
Alcool
Vino di colchicina cristallizzata
Colchicina cristallizzata g 0.05
Vino di Vernaccia g 230
Un cucchiaio da caffè contiene g 0.001 di colchicina. Da 2 a 5
al giorno.

VINO ANTIIDROPICO
Vino antiidropico
Corteccia di sambuco g 50
Foglie secche di digitale g 8
Acetato di potassio g 15
Si macera 48 ore in:
Alcool g 100
Si aggiunge:
Vino bianco g 800
Si chiarifica, si filtra e si aggiunge: sciroppo alle cinque radici g 130. 2-6 cucchiai da minestra al giorno.

VINO ANTILEUCORROICO
China p 180
Acoro p 45
Quassio, cannella, fiori di sambuco ana p 24
Alcol p 1500
Acqua pura p 900
Dopo sufficiente digestione, si passava e si aggiungeva:
tintura di Marte p 365
acqua di fiori d’arancio, p 750
sciroppo semplice p 180
Se ne somministravano 60 g, al mattino a digiuno contro la leucorrea.

VINO ANTINARCOTICO
Vino di caffè
Aceto g 45
Caffè tostato g 2
Si cola e si aggiunge:
Zucchero g 8

VINO ANTIPIRETICO
Vino febbrifugo
China calisaia p. 125
Angostura vera p. 15
Alcool 50° p. 250
Si lascia a contatto per 24 ore e poi si aggiunge vino bianco di Borgogna p. 1000, facendo macerare per un mese.
S. 60-125 g come febbrifugo, 15-30 g come tonico.

VINI ANTIREUMATICO
Vino antireumatico
Vino bianco generoso g 500
Tintura di semi di colchico g 50
Tintura di gialappa g 80
Tintura di arnica g 80
Tintura di cipolla bianca g 15
Titntura di digitale g 15
Tintura di aconito fresca g 15
Si macera. A parte si tengono in infusione per 24 ore 30 g di foglie di frassino in 250 g di acqua facendo bollire; si cola e si aggiungono
Nitrato di potassio g 100
Ioduro di potassio g 150
Quando i sali sono disciolti si mescola il tutto e si filtra.

Vino antireumatico
Tintura di semi di colchico g 12.50
Tintura di foglie di aconito g 5
Tintura di foglie di digitale g 2.50
Vino bianco g 500
Si comincia con la somministrazione di mezzo cucchiaio mattina e sera, poi si aumenta la dose a due cucchiai al giorno.
Questo vino è molto utile nel trattamento dei reumatismi articolari acuti che tendono a passare allo stato subacuto.
Questa formula è una modifica del vino di Anduran. La sua azione, senza dubbio, è molto valida; non produce effetti purganti.

Vino antireumatico
(Formula dei medici tedeschi)
Vino di semi di colchico g 30
Estratto di aconito g 4

Vino di Andaran
Radici di colchico g 80
Foglie di frassino g 80
Vino di Malaga g 800
Dopo 8 giorni di macerazione si aggiunge:
Tintura di aconito g 8
Tintura di digitale g 5
Si filtra. due cucchiaini da caffè al giorno.

Vino di Barlow
Vino di colchico g 1
Vino emetico g 1
Acetato di ammonio g 15
Mistura alcool canforata g 15
Sciroppo di corteccia di arancio g 4
Si prende 4-6 volte al giorno.

Vino di Rapp
Vino di colchico g 80
Cloruro di mercurio g 0.05
Si usa nei casi tenaci di reumatismo.
Vino si semi di colchico
Le varie Farmacopee (Austriaca, Spagnola, Francese, Germanica, Olandese , Elvetica) danno dosaggi leggermente differenti di:
Semi di colchico g 1-80
Vino di Malaga g 80-200

Vino di semi di colchico
Semi di colchico g 60
Vino di Jerez g 400
Da 4 a 8 per gli adulti.

Vino di semi di colchico oppiato
Vino di sei di colchico g 12
Tintura di oppio g 2
Si prendono ogni 2 ore 20-25 gocce.

VINI ANTISCORBUTICO
Vino antiscorbutico
Erba coclearia recente g 15
Radice di rafano g 30
Erba nasturzio officinale g 15
Trifoglio fibrinofoglie g 3
Senape nera semi g 15
Cloridrato di ammonio g 7
Spiro di coclearia composto g 16
Vino bianco g 1000
Dopo 10 giorni di macerazione, si spreme e si filtra.

Vino antiscorbutico
Radice fresca di rafano p. 300
Foglie fresche di crescione p. 150
Foglie fresche di coclearia p. 150
Foglie fresche di menianto p. 150
Semi di senape p. 150
Cloruro ammonico p. 70
Vino bianco p. 10.000
S. 30-125 g al giorno.

Vino antiscorbutico composto
Foglie di crescione g 15
Foglie di coclearia g 15
Foglie di trifoglio g 15
Sale ammoniacale g 8
Vino bianco g 1000

Vino antiscorbutico
Vino di coclearia composto
Radice di rafano fresca p. 4
Foglie di coclearia fresca p. 2
Foglie di crescione p. 2
Foglie di trifoglio fibroso p. 2
Mostarda p. 2
Cloruro ammonico p. 1
Vino bianco generoso p. 96
Alcool di coclearia p. 2

Vino di coclearia
Alcolato di coclearia g 8
Vino bianco g 90
Vino di coclearia composto
Coclearia g 50
Semi di mostarda schiacciati g 12
Vino bianco g 300
Si lascia macerare per 2 giorni e si aggiunge:
Etere cloridrico alcolizzato g 6

VINO ANTISPASTICO
Vino di semi di stramonio
Semi di stramonio g 6
Alcool 60° g 5
Vino di Malaga g 25

VINO ANTITTERICO
Vino antitterico
Zafferano p. 4
Limoni p. 2
Vino bianco generoso p. 100
S. 60 g 2 volte al giorno.

VINO ANTISETTICO POLMONARE
Vino al guaiacolo
Guaiacolo g 13.5
Tintura di genziana g 30
Alcool g 250
Vino di Malaga q. s. a g 1000

VINI APERITIVO-TONICO
Vino aperitivo-tonico
Corteccia di frassino g 60
Corteccia di tamerice g 60
Sommità fiorite di iberico g 60
Vino rosso litri 8

Vino aperitivo
Tintura di genziana g 10
Tintura di china calisaia g 10
Quassia g 10
Corteccia di arancia g 10
Vino generoso g 950
Si mesce e si filtra. Un bicchierino prima del pranzo per
stimolare l’appetito.

VINI ASTRINGENTI
Aloe socotrino p. 25
Genziana radice p. 15
Zafferano fili p. 13
Gomma mirra p. 15
Corteccia di arancio amaro p. 15
Vino Marsala p. 1000

Vino aromatizzato tannico
Vino aromatico g 100
Tannino g 1-5

Vino astringente
Allume g 10
Zinco solfato g 5
Pepe g 5
Vino g 1000

Vino di catecù
Tintura di catecù p. 1
Vino rosso p. 20
Si usa alla dose di 50-100 grammi.

Vino di cipresso composto
Noci verdi di cipresso g 45
Cortecce di melograno g 15
Foglie di rosmarino g 15
Foglie di mirto g 15
Rose rosse secche g 15
Melograno g 15
Si fanno digerire a basso calore in:
Vino rosso g 700

Vino astringente di Swediaur
Coppaiba (copaive) g 2.4
Aceto dei 4 ladroni g 8
Si versa goccia a goccia sopra 6 chiare di uova fresche e dopo averle ben battute si aggiunge:
Vino bianco: g 460

Vino astringente
Corteccia di melagrana g 2
Melograno g 2
Rose rosse g 2
Solfato alluminico potassico g 1
Alcool vulnerario g 24
Vino rosso generoso g 250
Si usa per fomenti.

VINI BALSAMICI
Creosoto g 20
Vino di Malaga g 100
Sciogli a caldo ed agita. Ogni cucchiaio contiene un grammo di creosoto.

Vino di eucalipto
Foglie di eucalipto p. 1
Vino Marsala p. 5
Far macerare. Dose 30-150 grammi al giorno come profilattico nelle zone malariche.

Vino di eucalipto
Foglie di eucalipto p. 3
Vino Malaga p. 300
Vino con miele
Miele p. 90
Vino p. 250

Vino di catrame vegetale glicerinato
Catrame vegetale g 500
Glicerina g 250
Vino generoso dolce g 222
Miele g 225
Acido acetico g 28
Acqua calda g 2250
Mettere il vino, il miele, la glicerina, l’acido acetico in acqua. Si fa bollire e scogliere il catrame agitando il tutto con forza per alcuni minuti. Si tappa il vaso e si lascia a b. m. per 1-2 ore ad una temperatura di 70° agitando ad intervalli. Si filtra con carta.

Vino al creosoto
Creosoto puro di catrame vegetale g 13.5
Tintura di genziana g 30
Alcool g 250
Vino di Malaga g 1000
Si usa nella tisi polmonare, prendendo da due a quattro cucchiai in un bicchiere d’acqua al giorno.

Vino al creosoto
Creosoto g 8
Alcool g 250
Sciroppo g 100
Vino di Malaga q. b. a g 1000
Vino di elenio
Radice di elenio g 32
Vino bianco g 1000
Alcool 21° g 32
Si spezza la radice e si macera nell’alcool per 24 ore aggiungendo il vino e lasciando macerare ancora per 8 giorni.
32 g di vino contengono 1 g di radice.

Vino di elenio aromatizzato
Radice di elenio g 30
Buccia di arancia g 15
Vino bianco g 530
Dopo 24 ore di macerazione si cola.

Vino di eucalipto
Foglie secche di eucalipto g 80
Alcool 60° g 60
Vino bianco generoso g 1000
Si lasciano macerare per 24 ore le foglie nell’alcool, si aggiunge il vino e si lascia a contatto per 10 giorni prima di filtrare.

Vino di fellandio acquatico
Frutti di fellandio g 100
Vino bianco generoso g 1000
Si macera per 8 giorni e si filtra. da 50 a 100 grammi.

VINI CARDIOCINETICI
Vino di digitale composto
Digitale foglie, polvere grossa p. 1
Squame di scilla p. 7.5
Ginepro bacche p. 7.5
Potassio acetato p. 50
Vino Marsala p. 900
Alcool 60° p. 100
Idem
Digitale foglie, polvere g 10
Squame di scilla contuse g 15
Bacche di ginepro contuse g 150
Acetato di potassio g 100
Vino bianco g 200
g 20 di questo vino corrispondono a circa g 0.10 di digitale e contengono 1 g di acetato di potassio.

VINI CORDIALI
Vino ippocratico
Mandorle dolci p. 125
Cannella p. 45
Zucchero p. 900
Acquavite p. 360
Vino Marsala p. 720
Si fa macerare per 10 giorni ed alla colatura si aggiungono ana p. 0.09 di muschio e di ambra grigia.

Vino cordiale
Tintura di cannella p. 1
Vino rosso p. 9
Vino cordiale
Cannella g 10
Pepe nero g 2
Cardamomo g 2
China g 30
Radice di ratania g 20
Vino di Lunel g 1000
Vino di cannella
Cannella g 30
Alcool 80° g 60
Vino rosso g 2000
Si spezzetta la cannella e si versa sopra l’alcool lasciando in contatto 24 ore. Si aggiunge quindi il vino e dopo altre 24 ore si cola e si filtra.

Vino di cannella composto
Alcolato di cannella g 8
Alcolato di melissa g 5
Sciroppo g 30
Vino rosso g 95
È un eccitante da non usarsi nei casi di irritazione del tubo digestivo.

VINI DIGESTIVI
Vino di rabarbaro composto
Estratto fluido di rabarbaro p. 80
Estratto fluido di arancio p. 20
Tintura di cardammono p. 125
Vino Xers q. b. a p. 1000

Vino di rabarbaro composto
Rabarbaro contuso p. 8
Corteccia di arancio amara p. 2
Semi di cardammono p. 1
Vino alla pepsina
Pepsina p. 50
Acqua p. 50
Acido cloridrico p. 25
Vino Marsala p. 900
Sciogli e filtra. contiene 0.5% di pepsina. S. g 20-40 al giorno dopo i pasti.

Vino alla pepsina
Pepsina p. 24
Glicerina p. 20
Acqua p. 20
Acido cloridrico al 25% p. 3
Sciroppo di zucchero p. 92
Tintura di arancio amaro p. 2
Vino Xeres q. s. a p. 1000

Vino di colombo
Radice di colombo contusa g 30
Vino di Malaga g 1000
Dopo 8 giorni di macerazione, si cola, si spreme, si filtra.

Vino di colombo composto
Estratto di colombo g 5
Estratto di genziana g 2.5
Zucchero g 100
Acido cloridrico al 25% g 5
Tintura di china composta g 40
Vino bianco g 850
Vino di aloe
Tintura sacra.
Aloe g 30
Cardamomo minore g 4
Zenzero g 4
Vino di Malaga g 1000
Questo vino, con il nome di Tintura sacra, varia all’infinito sia per la qualità che per la quantità degli aromi. Si usa nella dispepsia, disappetenza, indigestione, infiammazione delle mucose, pirosi. Un cucchiaio in veicolo appropriato.

Vino di aloe
Aloe in polvere g 60
Cannella g 15
Vino di Jerez g 1250
Vino digestivo
Pancreas fresco di maiale g 200
Bicarbonato di sodio g 2
Pepsina pura g 10
Glicerina g 70
Vino dolce g 1000
Triturare il pancreas con il bicarbonato, aggiungere il vino conservandone 1.000 grammi. Lasciare riposare la mistura e poi colarla a pressione. Il residuo si usa per i 10 g di vino lasciato; si strizza e si aggiunge la pepsina.

Vino di Chassaing
Pepsina acida g 10
Diastasi g 1
Vino di Frontignan g 1000
Un bicchiere di Madeira contiene: 40 ctg di pepsina e 20 ctg di diastasi e può trasformare 40 g di fibrina (120 g di carne e 40 g di fecola).

Vino di pepsina
Per questo vino le varie Farmacopee (Spagnola, Francese, Tedesca e il Jerez) danno diverse formule.
Pepsina g 4-50
Vino dolce g 200-1000
Glicerina g 10
Acqua g 10
Acido cloridrico g 1
Si macera da 1 a 6 giorni e dopo filtrazione si usa da 30 a 60 grammi nella dispepsia atonica.

Vino di pepsina composto
Pepsina g 60
Acido cloridrico g 8
Glicerina g 176
Tintura di corteccia di arancia amara g 96
Acqua di fiori d’arancio g 96
Sciroppo g 640
Alcool g 544
Vino di genziana q. b. a g 4500

Vino nutritivo
Vino di Malaga g 1000
Pepsina amilacea g 30
Farina di malto g 30
Corteccia di arancia amara g 10
Si scioglie la pepsina ed il malto nella metà del vino. Dopo alcuni minuti si filtra. A parte si lascia macerare il resto del vino con il luppolo e la corteccia di arancio pestata in infusione. Dopo 6 giorni si filtra e si mescolano i due vini. Si prendono 2-3 bicchierini dopo ogni pasto.

Vino di pepsina
Vino di Malaga g 95
Pepsina secca g 5
Si può usare anche vino di Madera, Frontignan, Moscato, ecc.

Vino digestivo
Vino di china g 100
Sciroppo di oppio g 30
Acido cloridrico puro g 1
Da 2 a 6 cucchiai dopo il pranzo. Si usa nella dispepsia degli anziani quando il succo gastrico non è sufficiente alla digestione degli alimenti.

Vino di pepsina
Pepsina pura g 10
Vino bianco generoso g 1000

VINI DIURETICI
Vino idragogo maggiore
Gialappa p. 8
Scilla p. 8
Vino bianco p. 1000
S. 3 cucchiai al giorno.

Vino idragogo minore
Ginepro p. 60
Nitro p. 12
Vino bianco p. 1000

Vino amaro diuretico o scillitico
China p. 60
Corteccia di vintera p. 60
Corteccia di cedro p. 60
Radice di vincetossico p. 15
Radice di angelica p. 15
Assenzio p. 30
Scilla p. 15
Ginepro p. 15
Macis p. 15
Melissa p. 30
Alcool 60° p. 200
Vino bianco p. 4000
S. 30-50 g nelle idropsie e negli edemi.

Vino diuretico
Nitrato di potassio g 15
Bacche di ginepro contuse g 50
Vino bianco g 750
Fa macerare per 12 ore, filtra. S. 2 cucchiai, 2-3 volte al giorno.

Vino diuretico
Bulbo di scilla g 10
Corteccia di frutto di arancio g 10
Frutti di ginepro g 15
Erba di assenzio g 5
Radice di angelica g 5
Rizoma di calamo g 5
Vino meridionale secco g 1000
Fa macerare per 8 giorni le droghe nel vino, poi spremi il miscuglio e filtra il liquido.

Vino scillitico laudanizzato di Tessier
Polvere di scilla g 4-8
Vino bianco g 500
Laudano gtt XL-LX
S. un cucchiaio al mattino a digiuno e uno la sera 3 ore dopo il pasto in un bicchiere di acqua zuccherata. L’effetto si fa sentire per lo più dal secondo al terzo giorno.

Vino diuretico
Radice di vince tossico g 15
Radice di angelica g 15
Bulbo di scilla g 15
Corteccia di Winter g 60
Foglie di assenzio g 30
Foglie di melissa g 30
Frutti di ginepro g 15
Macis g 15
Cortecce fresche di cedro g 30
Alcool 60° g 200
Vino bianco g 4000
Si facciano macerare le droghe nel vino e nell’alcool per 10 giorni in recipiente chiuso ed agitando spesso, poi si spreme il miscuglio e si filtra il liquido.

Vino diuretico
Bulbi di scilla g 3
Foglie di digitale g 6
Frutti di ginepro g 30
Acetato di potassio g 9
Alcool a 60° g 50
Vino bianco g 400
Macera per 4 giorni.

Vino di bucco
Foglie di bucco g 3
Vino di Granache g 100
Ridurre le foglie in polvere e porle a macerare nel vino per 10 giorni agitando frequentemente. Si pressa e si filtra.

Vino diuretico
Bucco g 30
Digitale g 10
Acetato di potassio g 30
Vino bianco g 1000
Macerare le foglie nel vino per 8 giorni. 1-3 cucchiai di vino diluito in altrettanta acqua zuccherata servono contro le diverse forme di idropsia.

Vino diuretico
Caffè poco tostato e polverizzato g 500
Vino di Chablis q. b. a g 1000
Aggiungere:
Seconda corteccia di sambuco g 400
Mischiare e filtrare. Prendere in 6 giorni in piccole dosi, diminuendole se vi è un effetto purgante. Si dolcifica a piacere.

Vino di digitale
Foglie secche di digitale g 30
Vino bianco dolce g 1000
Può dare nausea.

Vino di Smith
Vino di salsapariglia composto.
Estratto fluido di specie sudorifiche g 300
Olio volatile di sassafrasso g 1
Vino bianco generoso g 700
Si mischia e si filtra. è diuretico, stimolante e sudorifero, impiegato alla dose di 20-60 g al giorno.

Vino diuretico
Bulbo di scilla g 10
Corteccia di arancia amara g 10
Bacche di ginepro g 16
Radice di angelica g 5
Risoma di calamo g 5
Vino di Jerez q. b. a g 1000
Si prepara per macerazione. È un liquido trasparente di odore aromatico. E sapore amaro. È diuretico, balsamico e diaforetico alla dose di 20 g ripetuti 3-4 volte al giorno.

Vino di cantaridi
Cantaridi g 1
Vino bianco g 500
Si somministra alla dose di 16-32 g in un bicchiere di acqua
zuccherata.

Vino diuretico di cipolle
Cipolle 2
Vino bianco g 1000
Si macera e si filtra.

Vino di digitale
Foglie secche di digitale g 30
Vino bianco generoso g 1000
Diuretico nauseabondo.

Vino di digitale composto
Vino diuretico di Hotel Dieu: vino di Trousseau.
Digitale g 5
Scilla g 15
Bacche di ginepro g 5
Acetato di potassio g 50
Alcool g 100
Vino bianco g 900
20 g contengono un g di acetato di potassio e 0.10 di digitale.

Vino diuretico
Foglie di diosma g 30
Foglie secche di digitale g 10
Acetato di potassio g 80
Vino bianco g 1000
Si macerano le foglie nel vino per 8 giorni. Si filtra con pressione. 1-3 cucchiai in acqua zuccherata.

Vino diuretico
Scilla g 8
Digitale g 8
Cannella g 12
Acetato di potassio g 15
Vino di Madera g 500
Da 1 a 4 cucchiai la mattina digiuno.

Vino di ginepro
Vino con miele g 150
Estratto di ginepro g 10
Si scioglie a bagnomaria.

Vino diuretico di ginepro
Ginepro g 15
Mostarda g 15
Rafano g 2
Vino bianco g 4000
Si filtra dopo alcuni giorni di macerazione.

Vino di ginepro alcalinizzato
Carbonato di potassio g 15
Ginepro g 80
Vino bianco g 750
Si filtra dopo 12 ore di infusione.

Vino diuretico minore
Bacche di ginepro g 30
Nitrato di potassio g 6
Vino bianco g 500
Si fanno macerare le bacche per 5 ore, si filtra, si spreme e si scioglie il nitrato, si filtra ancora.

Vino amaro diuretico
Vino bianco g 4000
Alcool 86° g 60
Corteccia di limone g 60
Corteccia di Winter g 60
China in polvere g 30
Radice di vincetossico g 30
Radice di angelica g 30
Scilla g 30
Bacche di ginepro g 10
Macis g 10
Foglie secche di assenzio g 2
Foglie di melissa g 2
Si pestano le sostanze e si fanno digerire a bagnomaria per 24 ore agitando di tanto in tanto. Si filtra, si spreme, conservando il liquido in recipienti ben chiusi. 4 cucchiai al giorno aumentando successivamente. Si usa contro l’idropsia.

Vino di scilla
Questo vino a seconda delle Farmacopee (Spagnola, Francese, Portoghese) ed i diversi autori (Dorv, Richard, F. Mej, F. Neer) è formulato a diversi dosaggi.
Scilla secca g 1-30
Vino generoso g 11-500
Corteccia di arancia g 8
Calamo g 8
Ossimiele scillitico g 60
Alcool g 1-2
Zucchero g 1
È diuretico alla dose di 4-8 g

Vino di scilla composto
Scilla in polvere p. 8
Gialappa p. 7
Nitrato di potassio p. 15
Alcool p. 100
Vino bianco p. 900
Si macera per 10 giorni la scilla, la gialappa, l’alcool e il io. Si filtra a pressione e si aggiunge il nitrato. Si filtra ancora.

Vino di scilla composto
Scilla g 30
Corteccia di arancia amara g 12
Radice di iris g 12
Bacche di ginepro g 8
Vino bianco g 1500
Si macera per 3 giorni, si filtra e si aggiunge:
Ossimiele scillitico g 60
Si usa come diuretico alla dose di 10-50 g

Vino di scilla e sambuco composto
Vino anitiidropico di Fuller.
Corteccia di sambuco g 60
Corteccia di Winter g 60
Bulbo di scilla g 46
Foglie di coclearia g 30
Gemme di abete contuse g 30
Alcool di coclearia g 60
Birra fresca g 1345
Si macera per 4 giorni e si filtra.

Vino di Stoerk
Scilla fresca g 15
Cannella g 8
Corteccia di Winter g 8
Radice di enula campana g 2-4
Vino bianco g 500
Si macera per 24 ore, si filtra e si aggiunge:
Sciroppo delle cinque radici aperitive g 45
Alcool nitrico g 15
Sciroppo di menta g 30

Vino diuretico
Scilla g 8
Nitrato di potassio g 5
Vino bianco g 1000
Si lascia in macerazione 24 ore, si cola e si filtra.

Vino diuretico
Squame di scilla g 8
Foglie di digitale g 8
Cannella fina g 12
Acetato di potassio g 15
Vino di Madera g 500
Da 1 a 4 cucchiai la mattina a digiuno.

Vino diuretico di Trousseau
Scilla g 15
Digitale g 15
Bacche di ginepro g 75
Acetato di potassio g 50
Vino bianco g 900
Alcool 90° g 100
Da 5 a 20 g al giorno.

Vino diuretico inglese
Cannella in polvere g 12
Radice di zedoaria g 8
Carbonato di potassio g 6
Scilla g 4
Rabarbaro g 4
Bacche di ginepro g 4
Vino bianco stagionato g 1000
3-4 bicchieri al giorno.

Vino scillitico alcalino
Carbonato di potassio g 15
Scilla g 1
Cannella g 6
Vino bianco g 240
Si lascia in infusione per 12 ore e si filtra. 1 o 2 cucchiai ogni 2-3 ore.

Vino scillitico aromatico
Squame di scilla g 1
Bacche di ginepro g 1
Calamo aromatico g 2
Vino bianco g 240
Si macera per 4 giorni, si spreme e si filtra. è diuretico alla dose di 20-60 g 2-3 volte al giorno.

Vino scillitico composto
Squame di scilla secche g 30
Corteccia di arancia amara g 12
Radice di gladiolo g 12
Bacche di ginepro g 8
Vino bianco g 1500
Si macera per 3 giorni, si filtra e si aggiunge:
Ossimiele scillitico g 60
La dose è di 10-50 grammi

Vino scillitico composto
Corteccia di sambuco g 30
Corteccia di Winter g 30
Squame di scilla g 30
Radice di elenio g 15
Radice di iris g 4
Elleboro negro g 4
Gialappa g 4
Agarico bianco g 2
Foglie di senna g 1000
Vino di Chablis g 1000

Vino di guaiacolo
Legno di guaiacolo g 60
Radice di elleboro negro g 60
Cardamomo g 30
Corteccia di arancia g 30
Vino bianco g 2000
Alla dose di 3-6 g è uno stimolante idragogo.

Vino di guaiacolo con elleboro
Elleboro negro g 60
Guaiacolo g 60
Cardamomo g 30
Bucce di arancia g 30
Vino bianco g 2000
Si filtra dopo12 giorni. Un cucchiaio la mattina e la sera.

VINO ECCITANTE
Vino di cannella
Cannella in polvere p. 30
Vino di Malaga p. 500

VINI EMETICI
Vino benedetto
Tartaro stibiato p. 1
Vino di Malaga p. 300

Vino stibiato
Tartato di antimonio e potassio p. 1
Vino di Marsala p. 249
Vino emetico-stibiato di Gilbert e Michel
Tartaro emetico g 1
Vino Malaga ( oXeres o Marsala) g 300
15 g contengono 5 ctg di emetico

Vino antimoniale
Tartato antimonico potassico g 0.05
Vino di Malaga g 30
Da 1 a 2 g in veicolo appropriato al giorno.

Vino di antimonico tartarizzato
Tartaro antimonico potassico g 1.2
Acqua bollente g 125
Vino g 180

Vino di tartrato antimonico potassico
Tartaro antimonico potassico g 1.5
Vino bianco g 345
Può essere irritante. Si usa in clistere diluendo 30-60 g in liquido appropriato.

Vino di elleboro bianco
Elleboro bianco g 1
Vino bianco g 15
Alcool 21° g 1
Si versa l’alcool nell’elleboro e si filtra dopo 24 ore aggiungendo il vino, lasciando poi macerare per alcuni giorni.

Vino di elleboro bianco
Radice secca di elleboro g 250
Vino di Jerez g 910
Si macera per 8 giorni, si cola e si filtra.

VINO EMMENAGOGO
Vino emmenagogo
Tintura di zafferano p. 20
Acetato di ammonio p. 20
Sciroppo di artemisia p. 125
Vino bianco generoso p. 500
S. un bicchierino da liquore 2 volte al giorno.

VINI EUPEPTICI
Vino amaro
Assenzio p. 1
Centaurea p. 1
Camedrio p. 1
Cortecce di arancio p. 1
Alcool 36° p. 3
Vino rosso generoso p. 48
S. 25-50 g al giorno.

Vino amaro alcalino
Cortecce di arance p. 75
Estratto di assenzio p. 20
Estratto di cardo benedetto p. 20
Estratto di centaurea minore p. 20
Carbonato di potassio p. 20
Vino di Malaga p. 1000

Vino eupeptico di Martin
Tintura di noce vomica p. 5
Tintura di vaniglia p. 15
Tintura china p. 15
Tintura di anice stellato p. 200
Vino di Lunel q. b. a p. 1000
S. un bicchierino da liquore alla fine dei pasti. Ottimo nelle convalescenze e nelle dispepsia iposteniche.

Vino amaro
Specie amare p. 4
Vino di Marsala p. 110
Per «specie amare» si intende la miscela di alcune droghe vegetali così costituite: sommità fiorite di assenzio p. 2, sommità fiorite di centaurea minore p. 2, corteccia di arancio amaro p. 2, foglie di trifoglio fibrino p. 1, radice di genziana tagliuzzata p. 1.
Fatte macerare le specie per 10 giorni nel vino si cola, si spreme, si filtra e si conserva in vaso chiuso.

Vino amaro aromatico
Assenzio 1 pugno
Cannella g 0.12
Noce moscata g 0.12
Zenzero g 0.12
Vino rosso g 750
Si fanno piccoli pezzi e poi un infuso per 24 ore, si filtra e si aggiunge:
Lilium di Paracelso g 15

Vino aromatico amaro
Assenzio g 15
Meniante g 15
Semi di cardamomo g 3
Vino bianco g 250
S. un bicchierino prima dei pasti.

Vino di boldo
Foglie di boldo g 30
Alcool 60° g 60
Vino di Burdeos g 150
Si macera il boldo nell’alcool per 8 giorni. Si aggiunge il vino e si lascia a contatto per altri 8 giorni. Si filtra. si usa alla dose di un bicchiere ai pasti.

Vino di china
Preparazione estemporanea.
Estratto fluido di china g 50
Vino bianco generoso q. b. a g 1000
Preparazione magistrale
Gelatina g 1
Acqua distillata g 10
Alcolato di china g 260
Vino bianco generoso g 800
Si scioglie la gelatina a caldo e si aggiunge il vino e la tintura.si lascia a macerare per 8 giorni in posto fresco agitando, si filtra. É tonico e eupeptico alla dose di 20-50 g al giorno.

Vino di china ferruginoso
Citrato di ferro ammonico g 10
Acqua distillata g 30
Vino di china q. b. a g 1000
Si scioglie il citrato in acqua, si filtra la soluzione e si unisce il vino.
Si usa alla dose di 20-50 g al giorno.

Vino di china fosfatato
Fosfato basico di calcio g 15
Acido fosforico officinale g 6
Sciroppo di china g 100
Vino di china g 900
Si scioglie il fosfato nell’acido e si uniscono a questa soluzione le altre sostanze. Si usa alla dose di 20-60 g al giorno.

Vino di china e cola composto
Estratto di china g 5
Estratto di cola g 0.66
Sciroppo semplice g 7
Glicerina g 2
Acqua g 16
Tintura di noce vomica g 5
Tintura di arance g 50
Sciroppo di lattofosfato di calcio g 200
Vino Malaga g 715
Si mescolano l’alcool, la glicerina e l’acqua e in questa soluzione si sciolgono gli estratti a bagnomaria aggiungendo poi le altre sostanze.
Si lascia riposare per due settimane e si filtra.

Vino di rabarbaro composto
Estratto di rabarbaro g 28
Estratto fluido di arance amare g 20
Alcool 90° g 20
Acqua g 32
Vino di malaga g 900
Si scioglie l’estratto di rabarbaro in acqua e alcool aggiungendo poi gli altri componenti. Si lascia in riposo per 2 settimane e si filtra. Si usa alla dose di 1-2 cucchiaini prima dei pasti come eupeptico, tonico e digestivo.
Vino di cenere di quassia
Cenere di quassia g 8
Vino di Malaga g 500
Si macera per 6-8 giorni e si filtra.

Vino di quassia
Quassia p 8
Vino bianco p 500

Vino quassia ferruginoso
Tintura di quassia g 30
Fosfato di ferro e di soda g 8
Vino di Malaga g 1000

VINO IPNOTICO
Vino di cloroformaldeide
Cloroformaldeide g 10
Vino generoso g 150
Si usa alla dose di 10-20 g aumentandola nei casi ribelli.

VINI PURGATIVI
Vino purgativo
Senna p. 30
Agarico bianco p. 6
Cremortartaro p. 12
Scilla p. 90
Enula campana p. 90
Marrobio p. 90
Iride p. 180
Zenzero p. 2.5
Tintura di genziana p. 12
Vino q. b. a litri 2.5

Vino colloquintide
I diversi autori: Boucher, Laville e Swediaur fanno diverse formulazioni.
Estratto di colloquintide p. 5-60
Chinino p. 5-60
Alcool p. 30-100
Vino di Malaga p. 400
Vino bianco p. 500-750
Si fa infusione per 8 giorni, si cola e si filtra. è un purgante drastico molto violento.

VINI RICOSTITUENTI
Vino calibeato o marziale
Limatura di ferro p. 30
Vino bianco generoso p. 1000

Vino ferruginoso di Hager
Glicerofosfato di ferro g 10
si stempera in:
glicerina purissima g 40-50
vino bianco di Spagna q. b. a g 1000
S. un bicchiere prima dei pasti.

Vino pruriginoso amaro
Citrato di chinina e ferro solubile g 50
Vino bianco g 500
Sciogli e aggiungi:
tintura di corteccia di arancio cc 60
sciroppo semplice cc 300
vino bianco q. b. a litri 1

Vino al glicerofosfato di calcio
Glicerofosfato di calcio g 10
Vino Xeres g 750
Aggiungi il soluto seguente :
Acido tartarico g 3
Vino Xeres g 250
Lascia a riposo e dopo qualche ora filtra.

Vino al fosfato di calcio composto
Fosfato di calcio g 10
Fosfato di sodio g 10
Estratto molle di china g 15
Glicerina g 50
Vino Malaga q. b. a litri 1
S. un bicchierino da liquore dopo ogni pasto.

Vino iodotannico
Iodio puro g 1.30
Ioduro di sodio g 2
Tannino puro g 2.6
Acqua distillata g 20
Sciroppo di corteccia di arancio g 160
Vino bianco moscato q. b. a litri 1
Si può aggiungere anche il seguente soluto:
Lattofosfato di calcio g 16.6
Acqua g 50
15 cc di tale vino contengono: iodio g 0.02, tannino g 0.4, ioduro di sodio g 0.3, fosfato di calcio g 0.25.

Vino all’emoglobina
Emoglobina purissima g 200
Acqua g 1000
Vino Malaga g 1000
Alcool 90° g 100
Glicerina g 100
Tintura di arancio amara g 50
Sciogli l’emoglobina nell’acqua indi aggiungi glicerina, il vino di Malaga, la tintura di arancio e l’alcool. Dopo 10 giorni di riposo decanta e filtra.

Vino di carne ferruginoso
Estratto di carne g 17
Sale ferroammonico g 4
Acqua g 20
Sciroppo g 8
Vino di Malaga g 60

Vino di ferro
Ferro in polvere g 1
Vino generoso g 20
Dopo 30 giorni di macerazione si filtra. S. 3-15 g.

Vino di rafano marziale
Rafani g 90
Limatura di ferro g 30
Zenzero g 6
Vino bianco g 70

Vino ferruginoso di Londra
Limatura di ferro g 120
Cannella g 15
Vino bianco g 250
Si lascia per un mese in un posto a bassa temperatura. Si agita più volte e si decanta.

Vino marziale
Limatura di ferro g 30
Vino bianco generoso g 690
Si pone in macerazioni i n un matraccio per 6 giorni agitando ogni tanto. Si decanta e si filtra. La dose è di 60-90g la mattina.

Vino marziale composto
Limatura di ferro g 30
Genziana g 15
Cannella g 8
Vino bianco g 300
Si decanta dopo 3 giorni di digestione.

Vino di acetato di ferro
Acetato di ferro secco g 1.6
Vino bianco g 500

Vino di acetato di ferro liquido
Vino generoso g 530
Acetato di ferro liquido g 8
S. un cucchiaio mattina e sera.

Vino di ferro arsenicate
Liquore di arseniato potassico g 1
Vino di ferro g 30
S. un cucchiaino 3 volte a giorno dopo i pasti.

Vino di citrato ammonico
Questo vino a seconda delle Farmacopee (spagnola, Francese ed Inglese e dei vari autori (Boral , Draper, G. de la Mata) ha diversi dosaggi:
citrato ferrico ammoniacale p. 1-10
vino generoso p. 18-530
tintura di corteccia di arancia p. 3
sciroppo p. 3
vino di arancia p. 55
vino di china p. 200

Vino ferruginoso bromurato
Citrato ferrico ammonico g 10
Bromuro di potassio g 4
Vino di Malaga g 100
S. un cucchiaio mattina e sera.

Vino nutritivo di ferro e carne
Estratto di carne Liebig g 30
Citrato ferrico g 10-15
Elisir semplice g 120
Vino di Jerez g 120
Si scioglie l’estratto nell’elisir e si filtra. A parte si precipita il tannino del vino con una soluzione di gelatina al 5% agitando continuamente fino a che il liquido filtrato non sia colorato dal cloruro ferrino. Si scioglie poi il citrato e si mescolano i due liquidi lasciando sedimentare, poi si filtra.

Vino di ferro amaro
Soluzione di citrato di ferro chinato g 20
Tintura di corteccia di arancia dolce g 30
Sciroppo g 90
Vino bianco di qualità g 110

Vino di ioduro di ferro
Solfato ferroso g 27
Ioduro potassico g 26
Vino bianco g 100
Si riturano i due sali e si aggiungono al vino, poi si filtra.

Vino di ioduro ferroso
Ioduro ferroso g 15
Vino di Burdeos g 500

Vino iodo ferroso
Iodio p. 4
Limatura di ferro p. 4
Alcool p. 10
Vino bianco p. 150

Vino di tartrato ferrico potassico
Tintura di Marte tartarizzata.
Tartrato ferrino potassico g 2-4
Vino bianco generoso g 180
S. 15-30 grammi.

VINO SEDATIVO
Vino nervino di Andrews
Acido fosforico g 40
Glicerina g 200
Tint. di valeriana ammoniac. g 120
Vino di china g 250
Vino di Malaga g 400
Per le donne deboli ed isteriche. S. ai bambini 1-2 g al giorno.

VINI STIMOLANTI
Pozione stimolante
Tintura di cola g 2
Vino di Malaga (o Marsala) g 40
Sciroppo di fiori di arancio g 20
Acqua g 60
S. un cucchiaio ogni 2 ore.

Vino aromatico stimolante
Specie aromatiche g 100
Alcool a 60° g 100
Vino rosso g 950
Si somministra alla dose di 20-25 g. 4-6 volte al giorno.

VINI STOMACICI
Vino di china
China calisaia p. 100
Cortecce di arance amare p. 10
Camomilla p. 10
Alcool 80° p. 100
Vino bianco generoso p. 900

Vino di china composto
China p. 15
Acoro p. 15
Galanga p. 15
Zeodaria p. 15
Cortecce di arance p. 15
Assenzio p. 8
Centaurea p. 8
Camomilla p. 8
Alcool p. 60
Vino di Spagna p. 540

Vino ippocratico del Donzelli
Cannella g 42
Chiodi di garofano g 21
Cardamomo maggiore g 7
Cardamomo minore g 7
Noce moscata g 5
Macis g 5
Benzoino g 11
Zucchero bianco g 500
Trita il tutto grossolanamente, poni in vaso di vetro di vetro e versa sopra il vino generoso bianco o rosso per 3,5 l ca. tieni in macerazione per 3 giorni poi cola il liquore per filtro di stoffa o carta e conserva in recipienti ben chiusi.

Vino di aloe composto
Carbonato di potassio g 15
Aloe g 15
Zafferano g 15
Cloruro di ammonio g 12
Vino bianco g 1000
Si macera per 8 giorni. Si filtra. Un cucchiaio al mattino a digiuno.

Vino di angelica
Radici di angelica g 15
Vino bianco g 250
Dopo 24 ore si filtra e si aggiunge:
tintura di calamo aromatico g 15

Vino di zafferano
zafferano g 30
mollica di pane g 60
vino delle Canarie g 180

Vino ammoniacale di genziana
Sale ammoniacale g 10
Vino di genziana g 160
Vino contro l’atonia gastro-intestinale
Vino di genziana g 300
Vino di rabarbaro g 100
Alcolatura di radice di aconito g 8
Essenza di radice g 1
S. un cucchiaio dopo i pasti.

Vino di genziana
Genziana g 30
Alcool 36° g 60
Si macera per 24 ore e si aggiunge:
vino rosso g 1000
Si tiene in macerazione per 8 giorni.

Vino amaro di Parmentier.
Alcool di genziana g 8
Vino rosso g 100
S. 50-150 grammi.

Vino di genziana creosotato
Tintura di genziana g 30
Alcool rettificato g 250
Vino di Malaga q. b. a g 1000
Creosoto g 3.5
Un cucchiaio mattina e sera in un bicchiere di acqua.

Vino stomacico
Estratto di genziana g 1
Sciroppo di cortecce di arance amare g 45
Vino di china g 150
Alcolato di noce vomica gtt 6

Vino stomacico
Vino rosso di buona qualità g 1000
Radici di genziana g 180
China g 15
Corteccia di arancio g 8
Si macera per 3 giorni, si cola e si filtra.

VINO TONICO FEBBRIFUGO
Vino tonico febbrifugo
Caffè crudo g 1000
Tè g 60
Catecù g 30
Cannella g 20
Semi di angelica g 60
Corteccia di cascara g 120
Noce moscata g 5
Zucchero g 750
Corteccia di arancio g 12
Grappa g 300
Vino bianco dolce g 7.500

VINO TONICARDICO
Vino tonicardico di Huchard
Tintura di cola g 40
Tintura di coca g 30
Tintura di scilla g 10
Tintura di digitale g 800
Sciroppo di ciliegie g 100
S. 2-3 cucchiai al giorno nelle cardiopatie in periodo iposistolico.

VINI TONICI-RICOSTITUTIVI
Vino tonico-ricostituente di Yvon
Tintura di quassia g 30
Pirofosfato di ferro e sodio g 5
Vino Malaga g 1000
S. 50-100 cc prima dei pasti.

Vino tonico marziale
Tartrato ferrino-potassico g 10
Estratto di china g 10
Acqua distillata g 10
Glicerina g 40
Vino di Malaga litri 1
S. un bicchiere prima dei pasti.

Vino di china ferruginoso
Citrato di ferro ammoniacale g 5
Vino di china (Germ.) g 1000
S. dopo 8 giorni filtra; 1-2 cucchiai al giorno.

Vino di china ferruginoso
Pirofosfato di ferro citro-ammoniacale g 10
Estratto di china grigia g 5
Vino bianco g 1000
S. 1-2 cucchiai al giorno.

Vino di cola
Estratto di cola g 1000
Vino bianco generoso q. b. a g 1000
Si mescoli e si lasci riposare per molti giorni poi si filtri. È prescritto generalmente alla dose di 15-50 g al giorno.

Vino di peptina fosfato
Peptina di carne g 50
Glicerina g 50
Acido fosforico officinale g 6
Fosfato bicalcico g 15
Vino di Malaga g 1000
Si mischia la peptina con la glicerina triturando bene affinché non si formino grumi. Si unisce il fosfato con l’acido e una volta disciolto, si aggiunge al vino e poi al resto.
S. 1-3 cucchiai al giorno.

Vino iodotannico
Iodio g 1
Alcool g 25
Acido tannico g 10
Vino Malaga q. b. a g 1000
Si scioglie il tannino in acqua e lo iodio in alcool e si mescolano queste soluzioni scaldandole a bagnomaria a 60° fino a che il liquido diviene trasparente. Si aggiunge il vino e si chiarifica con un g di gelatina. Si lascia a riposo per 8-10 giorni e si filtra .
S. un bicchierino prima dei pasti principali.

Vino iotannico fosfatato
Vino iodotannico g 1000
Fosfato monocalcico g 20
Acqua distillata c. s.
Si scioglie il fosfato nella minor quantità di acqua possibile e si mescola al vino.
S. 10-40 grammi.

VINI TONICI
Vino di genziana composto
Estratto di genziana g 20
Tintura di corteccia di arancio g 50
Tintura aromatica g 130
Vino di Xeres g 900

Vino di condurango
Corteccia di condurango g 75
Corteccia di arancia g 2.5
Radice di cannella g 2.5
Radice di genziana g 1.5
Acido cloridrico al 25% g 1.5
Vino Xeres g 750
Dopo 3 giorni di macerazione spremi ed alla colatura filtrata aggiungi 60 g di sciroppo semplice.

Vino alla china
Estratto secco di china p. 5
Alcool p. 2
Glicerina p. 32
Acqua p. 11
Vino meridionale dolce p. 950
Vino tonico di cascarilla
Corteccia di cascarilla polvere g 5
Corteccia di frutti di arancio g 30
Corteccia di cannella g 10
Fa digerire in una bottiglia di vino Malaga.
S. mezzo bicchiere quattro volte al giorno.

Vino alla china
Estratto fluido di china p. 5
Vino Xeres p. 80
Tintura di arancio amaro p. 1
Zucchero p. 15
Acido citrico p. 0.1
Si mescolino i liquidi e si filtrino dopo una settimana: nel filtrato si sciolgano lo zucchero e l’acido citrico.

Vino tonico all’angostura
Essenza di angostura p. 30
Sciroppo di ciliegie p. 120
Vino rosso p. 850

Vino tonico di Vial
Lattofosfato di calcio g 20
Acqua distillata calda q. s.
Per ottenere soluzione aggiungi poi:
Estratto di carne Liebig g 25
Estratto fluido di china Wrii g 25
Vino di Xeres g 100
Vino di Malaga g 100
Glicerina g 60
Mescola, lascia alquanto in riposo, indi filtra. Ogni cucchiaio corrisponde a circa g 0.3 di lattofosfato di calcio, a g 30 di carne e a g 2 di corteccia di china.

Vino amaro tonico di Gallows
Estratto di quassia g 2
Estratto di colombo g 2
Vino Malaga g 500
S. cucchiai prima dei pasti.
Tintura vinosa amara
Assenzio p. 25
Centaurea p. 25
Corteccia di arancio amaro p. 25
Trifoglio foglie p. 125
Genziana radice p. 125
Vino di Malaga p. 1000

Vino di aloe composto
Aloe p. 30
Cardammono p. 4
Zenzero p. 4
Vino di Spagna p. 786
S. 25-50 g al giorno.

Vino Bravis
Estratto di coca g 2.5
Estratto di noci di cola g 10
Caffeina g 1
Teobromina g 0.0025
Vaniglina g 0.0025
Benzoato di sodio g 500
Vino Pedro Ximenes g 500

Vino di coca
Estratto fluido di coca g 30
Vino di Frontignano g 970

Vino di cola
Estratto di fluido di cola g 20
Estratto di fluido di coca g 10
Glicerofosfato di calcio g 20
Vino di Malaga q. s. a litri 1
S. un bicchierino ai pasti.

Vino di miele
Vino g 500
Miele rosato g 609
Aloe dg 6
Vino di aloe alcalinizzato
Mirra g 30
Zafferano g 30
Carbonato di potassio g 60
Si macera per 10 giorni e si filtra. Tonico amaro, eccitante.
S, 30grammi.

Vino di assenzio
Tintura vinosa di assenzio.
Assenzio secco contuso g 30
Alcool 80° g 30
Vino bianco g 900
Si versa l’alcool sopra l’assenzio e passate 24 ore si aggiunge il vino.
Si lascia macerare per 8 giorni. Si filtra a pressione. È un tonico eccitante ed ha un’azione anche antielmintica.

Vino di assenzio alcalinizzato
Corteccia di arancia amara g 120
Estratto di assenzio g 30
Estratto di cardo santo g 30
Estratto di centaura g 30
Estratto di genziana g 30
Carbonato di potassio g 30
Tintura di corteccia di arancio g 60
Vino di Spagna g 720
Vino di assenzio per fermentazione
Cime secche di assenzio pestate p. 5
Mosto recente p. 60
Dopo la fermentazione si filtra.
S. 30-120 grammi.

Vino tonico nutritivo
Estratto di carne g 4
Solfato ferroso g 1
Sciroppo di fiori d’arancio g 10
Vino Jerez g 85

Vino di caffeina
Caffeina g 2.5-5
Benzoato di sodio g 2.5-5
Vino di Malaga g 500

Vino tonico amaro
Estratto di Colombo g 2
Estratto di quassia g 2
Vino di Malaga g 500
Si scioglie e si filtra.
S. 2 cucchiai mezz’ora prima dei pasti principali.

Vino di coca
Foglie di coca contuse g 50
Alcool 60° g 80
Si fa macerare per 2 giorni, si filtra e si aggiunge vino di Malaga 870
grammi.
S. un bicchierino ai pasti.

Vino di coca composto
Foglie di coca g 300
Foglie di luppolo g 600
Tintura di china g 30
Acqua di fiori d’arancio g 20
Glicerina g 120
Bicarbonato di sodio g 3
Acqua, zucchero e vino di Jeres q. b. a g 1000

Vino di coca composto
Foglie di coca g 50
Thè nero g 10
Acqua g 200
Vino di Lunel g 1800
Sciroppo g 100
Alcool 90° g 60

Vino tonico
Centaura minore g 48
Cardo santo g 48
Anice g 48
Trifoglio g 48
Camomilla g 10
Elleboro nero g 16
Senna g 16
China g 30
Cremortartaro g 21
Vino bianco g 1000
Acqua g 500

Vino di genziana
Estratto fluido di genziana g 30
Vino bianco q. b. a g 1000
Si mescola e si lascia in contatto molti giorni, poi si filtra. È un tonico aperitivo e stimolante delle funzioni gastriche.
S. 50-100 grammi al giorno.

 

1 Anche ai nostri soldati, durante la II Guerra mondiale, prima di ogni assalto, veniva somministrato del cognac.

2 Tavolette di argilla di provenienza mesopotamica, risalenti a più di 6000 anni fa, riportano ricette per la fabbricazione della birra, addirittura complete di illustrazioni.

3 Misura per liquidi usata nell’ antica Roma, equivalente a 3, 283 litri

4 Bicchiere o vaso munito di un lungo manico usato nell’antica Grecia e nella Roma antica per attingere il vino dai crateri; era anche una capacità di misura per i liquidi, equivalente a circa mezzo decilitro



Bibliografia essenziale
AIAZZI-DONATELLI, Trattato di Farmacologia, Vallardi, 1971

ALDROVANDI U., Dendrologia, 1668;

ALEXANDER TRALLIANUS, Ioanni Quinrei Andernaco interprete, Lugduni, 1576.

BENEDICENTI A., Malati, medici e farmacisti, Hoepli Milano 1924.

ALPINO, P. De Plantiis Aegypti, 1640 ;

APULEIO PLATONICO, Herbarium, 1050 C., Londra, British Library, Ms. Cotton Vitellius C. III, ingl., ill., cm 30,5x23,5; ff. 140.

APULEIO PLATONICO, Herbarium, VI sec., Leida, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Lat. Q9, cm27x20, ff. 104.

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BAUHIN J. E J. H. CHERLER, Historia plantarum universalis 1650-51.

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