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L'ANTICA LAVELLO DAGLI SCAVI DEL RENDINA AGLI ULTIMI RITROVAMENTI


Le tappe evolutive della vita e della produzione dell'uomo lavellese sono state scandite da tempo immemore dalle facilitazioni che apportavano il fiume Ofanto con i suoi affluenti, come l'Olivento, e il monte Vulture, di origine vulcanica.
Il connubio uomo-natura si è così protratto per millenni e per secoli con frequentazioni e testimonianze che di epoca in epoca hanno contribuito a fornire strumenti utili alla causa insediativa. È fuor di dubbio che alcune primordiali presenze riflettevano consuetudini di sopravvivenza umana basata sulla caccia e sulla pesca. A partire dal VII fino alla metà circa del III millennio a. C. alcune comunità di agricoltori ed allevatori neolitici si insediarono in questa media zona dell'Ofanto. Gli scavi del Rendina hanno contribuito ad evidenziare con fossati semicircolari (cosiddetti fossati a C) e con un fossato di recinzione del villaggio un aspetto iniziale di questo periodo storico (1).
Risultanze ceramiche e particolarità legate all'agricoltura, di stampo prevalentemente cerealicolo, e all'allevamento, sostanzialmente capri-ovino, hanno trovato corrispettivi insediativi nel territorio lavellese a: Sorgenti del Crapellotto, la Mezzanetta, Dragoncello, Masseria Carretta, Masseria Posticchia, Monte Quercia, San Paolo, Posta Scioscia, ecc. (2).
Inoltre nei pressi di un affluente dell'Ofanto, l'Olivento, è rintracciabile per una superficie di circa 3 ettari, un abitato del Neolitico Antico. Anche contrada San Felice, con elementi ceramici, ha ribadito attestazioni databili al IV e al III millennio (inizi dell'Eneolitico).
Dal III millennio, anche se in misura marginale, nuovi siti del territorio lavellese sono depositari di documentazioni archeologiche, come contrada Casino, il villaggio sull'Olivento, Monte Quercia e la zona del Calvario. In riferimento a talune fasi dell'età del Bronzo (XIX -XVI a. C.) invece l'agro lavellese è interessato da rinvenimenti sulla collina soprannominata Casa del Diavolo vicino l'Olivento, in località San Felice e in contrada Carrozze (3).
Sempre l'area di San Felice, oltre al luogo che ospita l'attuale Cimitero di Lavello può essere reputata in qualche modo custode di tracce appartenenti al Bronzo Finale (XI-X a. C. circa) e agli inizi dell'età del Ferro (IX sec. a. C.). Il clou archeologico a Lavello ha investito una segmentazione insediativa contraddistintasi per rinvenimenti ceramici e metallici, per strutture abitative e tombali, per insorgenze viarie, palazziali, di edifici sacri e di culto. Dall'VIII sec. a. C., quindi, fino ad un'esauriente romanizzazione (III-inizi II a. C.) parte dell'attuale abitato di Lavello, le aree di San Felice, Casino, Casinetto, Gravetta e Carrozze sono state i posti chiave di una frequentazione di epoca daunia. Varie tombe, un edificio a pianta semplice, ma di notevoli dimensioni (VI sec.), ed un nucleo abitato soggetto a sovrapposizioni hanno espresso contributi precipui in contrada San Felice (4).
Campagne di scavo sistematiche a cura della Soprintendenza Archeologica di Basilicata hanno dato l'opportunità di mettere in luce diversi fondi di capanna che hanno manifestato l'esistenza di strutture ampie, a pianta tondeggiante o ovoidale, caratterizzate da fosse di scarico o da fosse-focolari riferibili all'VIII sec. a. C. Il susseguirsi di un'organizzazione sempre più disciplinata e l'ammodernamento delle abitazioni, prima con fondamenta a secco (VI sec.) sulle preesistenti capanne e poi con strutture basate su solide fondamenta in muratura e coperture in tegole (V sec.), il ritrovamento di tombe "principesche" hanno dato elementi di valutazione più affidabili in vista di un progressivo ingentilirsi e civilizzarsi degli abitanti "lavellesi" (5).
Tutto ciò non ha dimostrato che il "lavellese" si sia saputo o voluto insediare in un centro urbano vero e proprio come altre "cittadine" daune, anzi la mancanza di resistenze difensive stabili e le connotazioni di abitato sparso forse fino alla romanizzazione hanno confermato ritmi evolutivi diversi (6).
Vari resti di strutture abitative di V e IV secolo in contrada Carrozze con tombe e soprattutto contributi vascolari e per la zona di Gravetta (con l'area dell'attuale cimitero di Lavello) recuperi di tombe anche a camera, di edifici (IV sec.), di selciati "a spina di pesce" e di strutture in genere sempre più "confortevoli" sono riusciti con il supporto letterario ed epigrafico ad aprire uno spiraglio storico-archeologico notevole verso l'identificazione di Forentum.
A questo punto frequentazioni vicine, Alfellum (secondo il pubblicista A. Di Ciccone: La storia di Lavello risalente al IV a. C. nei pressi dell'Olivento e Forentum senza dubbio più progredita e forse più popolata con un territorio di circa 200 ettari col nucleo più interessante sulla collina di Gravetta, hanno assicurato un tributo esclusivo di analisi variegata sotto il profilo storico-archeologico. L'acropoli di Lavello in contrada Gravetta ha rappresentato poi il baluardo estremo di un'area forse in mano ai Sanniti e non più dauna quando i Romani arrivarono tra 318/7 o 315/4 a. C. a conquistarla (7).
"Oltre alle sepolture (quelle femminili evidenziavano anche oggetti preziosi in argento e d'oro) in quest'area si sviluppò un complesso strutturale che manifestò una chiara funzione politico-sacrale", "In pratica, emersero qui, per la prima volta, le tracce di un'evoluzione socio-politica avvenuta tra V e IV secolo, indicatrice di una stretta affinità tra la situazione della Daunia e quella del coevo mondo italico, lucano in particolare" (8).
Detta acropoli con persistenze strutturali anche di rilievo, come due imponenti monumenti (sacello ed auguraculum) dediti "a sedi del sacro e del politico" ha rivestito per la comunità di Forentum un'accelerazione organizzativa basata su "modelli urbani" (9).
A poca distanza dall'acropoli dauno-sannita, sempre a Gravetta, nella parte alta dell'abitato in età repubblicana, si ha la costruzione di un santuario con due enormi cisterne per contenere acqua. Che l'edificio sacro sia stato dedicato ad una divinità avente con le acque qualche affinità è una delle ipotesi interpretative (10).
Il tempietto di III secolo ha esaurito la sua funzione verso la fine del II sec. a.C.
Con la venuta dei Romani l'acropoli ha cambiato la sua utilizzazione pubblica in un oppidum, secondo Tito Livio, o anche in necropoli (11).
Al lento abbandono di quest'area, a romanizzazione ormai consolidata nell'intera zona del "venusino", ha fatto da contraltare una pianificazione di svariate "ville rustiche" in gran parte del lavellese: Pozzo d'Alitta, Alicandro, Gaudiano, Masseria Cilenti, Acquarola, Finocchiaro e Casa del Diavolo (i cui ruderi fanno risaltare anche un chiaro impianto termale) nei pressi di contrada San Francesco. La fase imperiale, comunque, ha visto Lavello-Forentum inserito in una colonizzazione ed in una municipalizzazione
esemplare (20.000 coloni) e significativa.
 


Bibliografia
1 - M. CIPOLLONI, Dal Neolitico alla prima età del Ferro, in, AA.VV., Civiltà Antiche del medio Ofanto, Tipolito "La Buona Stampa", Napoli 1986, p. 11 e ss.;
2 - M. CIPOLLONI SAMPO', La Preistoria, in Forentum Lavello, Finiguerra Arti Grafiche, Lavello 1987, p. 6;
3 - Ibidem, p. 8 e ss.;
4 - G. TOCCO, L'età del Ferro e la cultura daunia, in, AA.VV., Civiltà Antiche del Medio Ofanto, op. cit., p. 17 e ss.;
5 - A. BOTTINI, Principi guerrieri della Daunia del VII secolo, Riemme industria Grafica, Manduria 1982, p. 16 e ss.;
6 - M. GIORGI, La topografia di Lavello in età antica, in, Forentum I, Tipolito Alfagrafica Volonnino, Lavello 1988, p. 33;
7 - A. BOTTINI - M. TAGLIENTE, Fonentum ritrovata, in, Bollettino Storico della Basilicata, Roma 1986, p. 70;
8 - A. BOTTINI, Forentum ritrovata, op. cit., p. 71;
9 - M. TAGLIENTE, L'acropoli di Lavello e i suoi monumenti, in, AA.VV., Forentum II, Tipolito Alfagrafica Volonnino, Lavello 1991, p. 25;
10 - M. TAGLIENTE, II Melfese, in, AA.VV., Da Leukania a Lucania - La Lucania centro orientale tra Pirro e i Giulio-Claudii, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1993, p. 2.; M. P. FRESA, Lavello, Gravetta - Santuario, in, AA.VV., Da Leukania a Lucania, op. cit., pp. 16 - 17;
11 - M. TAGLIENTE, L'acropoli di Lavello e i suoi monumenti, in, AA.VV., Forentum li, op. cit., p. 26.
 

 

Testo di Giuseppe Catarinella               
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1996


 

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