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LA MASSERIA FORTUNATO A GAUDIANO


Nella realtà rurale di un periodo storico particolarmente ricco dello Stato Liberale Italiano si colloca la masseria Gaudiano (1).
Il suo toponimo "Gaudiano" deriva dall'area circostante più vasta e comprendente il territorio di Gaudiano, antico casale medievale, sorto in epoca alto-medievale (longobarda) ed attestato fino alla fine del Trecento su una collina denominata attualmente "Posta Scioscia" (2).
L'attuale Masseria Gaudiano è ubicata a 165 metri sul livello del mare in territorio di Lavello, è attraversata da una strada consorziale che, partendo dalla Strada Provinciale Gaudiano-Venosa, si collega con il territorio di Canosa
Fino alla fine del '700 tutte le terre circostanti la masseria risultano essere di "portata" e "poste", adibite quindi alla coltivazione e al pascolo di bovini ed ovini, il cui uso era gestito fino al 1806 da un ente pubblico, la "Dogana delle Pecore" con sede a Foggia (3).
Con l'abolizione della Dogana delle Pecore nel 1806 venne istituito il Tavoliere delle Puglie, ente che adottò per quasi tutte le terre della zona di Gaudiano la "censuazione", ossia la cessione delle terre in enfiteusi. In sostanza con questo sistema si sostituiva il fitto annuale per le terre ad erbaggio, introducendo per le terre
a pascolo la figura del "censuario", un nuovo proprietario (4).
Nel 1814 la famiglia Fortunato diviene censuaria del Tavoliere con l'acquisto di alcune terre in località Monte della Quercia; segue nel 1818 l'acquisto di 287 versure di terre a pascolo nella posta di Monte della Quercia. Nel Catasto provvisorio di Lavello è registrato l'acquisto nel 1837-38 di 380 tomoli di terreno a pascolo e di 50 tomoli di terreno seminativo nella zona "Posta di Monte della Quercia" (5).
Nel 1839 sempre nella zona di Gaudiano, Anselmo Fortunato (nonno di Giustino Fortunato) possedeva un altro fondo denominato "Coppe di Maltempo". Questo stesso anno segna il passaggio dei Fortunato da medi allevatori di bestiame a proprietari di un vasto latifondo.
Con un atto notarile del 14 maggio 1839, rogato dal notaio Tolomeo del Zio di
Melfi (6), il vescovo di Melfi del tempo cedeva in enfiteusi al sig. Anselmo Fortunato
tutte le terre della Mensa Vescovile di Melfi, poste nell'ex fondo di Gaudiano: Mezzana del Cantore, Valle Principe, Lampeggiano, Maggesaria, Geggiola, Geggiolella, Finocchio, Finocchiello, Bosco di Gaudianello (7).
In compenso il nonno di Giustino Fortunato si impegnava a versare al vescovo di Melfi e ai suoi successori il canone enfiteutico annuo di 2.800 ducati, canone che venne versato anche dopo il 1863, quando le terre di Gaudiano vennero affrancate da Tavoliere di Puglia (8).
Probabilmente il canone venne pagato fino al 1910, come risulta in alcuni documenti. Al 1842 risale la cessione della masseria degli Spagnoletti di Andria ai Fortunato (9) e solo una piccola costruzione rurale ad un piano è da farsi risalire al 1806-1842, situata accanto alla palazzina residenziale fatta costruire dai Fortunato tra il 1851 e il 1873 (10).
Tale palazzina, progettata da un architetto napoletano Gustavo Scelzo (11), è costituita
da un piano terra ed un primo piano (12).
La costruzione è in "tufo cozzigno" di Canosa con forma ad "L", il cui lato corto è in direzione sud-nord. L'ingresso principale si trova a nord, sormontato da un'epigrafe recante la scritta: "Domicilium solo animo contrahitur" (la dimora si raccoglie intorno allo spirito solitario) (13).
Sul frontale della casa è murata un'epigrafe in marmo, dettata da Giustino per eternare il ricordo del fratello Ernesto: "QUI DIMORÒ DAL 1873 AL 1913, /INFATICATO AMATORE DELLA /TERRA AVITA, /ERNESTO FORTUNATO /NATO IN RIONERO IL 1850 /MORTO IN NAPOLI IL 1921. /CHE LA PACE SIA ETERNAMENTE /CON LUI! PER OGNI UMANO DOLORE EGLI EBBE UNA LACRIMA, /PER OGNI UMANA MISERIA /UN SOCCORSO. ANCHE DOPO /ESTINTO IL NOME DELLA SUA/FAMIGLIA, RIMANGA QUI SACRA/LA MEMORIA DI LUI. /NELL'ANNIVERSARIO DELLA/SUA MORTE, 6 DICEMBRE 1922. /IL FRATELLO POSE" (14).
La facciata del primo piano è caratterizzata da finestre con archi a rilievo a tutto sesto. Al periodo florido della conduzione di Ernesto Fortunato (1873-1913) (15) risalgono i lavori di ristrutturazione di alcuni locali della masseria e la costruzione di nuove strutture. Tra il 1880 e il 1890 si datano i locali adibiti ad alloggi per i dipendenti e a stalle per bovini, situati all'estrema parte occidentale della masseria. Intorno al 1900 i Fortunato fecero costruire sul lato sinistro della strada (attuale proprietà del sig. Francesco Carretta) locali (un incendio distrusse l'antico "lamione" deposito della paglia) che dovevano essere utilizzati come deposito delle macchine e degli attrezzi agricoli. Oltre a questi locali, alcune fonti attestano la presenza nella masseria di un trappeto e di un mulino (16).
Nell'aia o "campana" della masseria dei Fortunato si poteva vedere fino a circa 25 anni fa il pozzo con l'abbeveratoio. Nella parte sud-est invece si trovavano le antiche "fosse granarie", che Ernesto Fortunato fece nuovamente mettere in funzione per effettuare la conservazione della produzione cerealicola; queste fosse attualmente sono abbandonate e ricoperte da erbacce.
Questa masseria è stata per circa 40 anni la dimora privata dei fratelli Fortunato (Giustino, Luigi ed Ernesto). Solo nel 1932 la palazzina ereditata da Antonia Fortunato-Alliata, figlia di Luigi Fortunato diviene residenza di campagna. Alla sua morte la masseria passa in eredità ai suoi figli e nel 1950 a questi ultimi vennero espropriati 1.240 ettari di terreni in contrada Monte della Quercia, Gaudiano e Mezzana del Cantore dall'Ente Riforma Fondiaria (17).
Le strutture architettoniche della masseria fino al 1975 hanno conservato gli aspetti caratteristici delle costruzioni rurali di fine '800 e solo nel 1980-85 per alcuni edifici ha inizio una trasformazione o un completo abbandono. Nel 1986 la Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici pone il vincolo monumentale sulla palazzina dei Fortunato (18).
In seguito ad una attenta valutazione e considerazione la stessa Soprintendenza decise di estendere il vincolo come bene-artistico a tutto il complesso di fabbricati della Masseria Fortunato, reso ufficiale con decreto ministeriale in data 27 settembre 1989, in riferimento alla legge del 1 giugno 1939 n° 1089.
 


LA CHIESETTA RURALE DELLA MASSERIA FORTUNATO
In direzione di Canosa, a circa 50 metri dalla domus padronale nella masseria Gaudiano, è visibile una chiesetta rurale fatta costruire nel 1899 dai fratelli Fortunato e dedicata a San Pasquale Baylon in ricordo del padre Pasquale Fortunato e consacrata l'8 giugno 1900 dal vescovo della diocesi di Rapolla e Melfi, monsignor Giuseppe Camassa. La facciata è risaltata da un rosone con oculo, sul lato destro è allineato il campanile, invece i muri perimetrali esterni sono abbelliti da iscrizioni romano-latine e da cippi funerari recuperati da Giustino Fortunato fra i resti della prospiciente villa romana di età imperiale nella contrada denominata San Paolo (19).
Proprio sulle pareti esterne della chiesetta rurale sono state rinvenute antiche iscrizioni che confermano l'importanza topografica del luogo, crocevia di due città romane, Canusium e Venusia. Una di queste recita: SEX DASIMIO/A. F. OVF. PRIMO/IIII VIR AED III VIR ID/QUESTOR PUBBLICE
Il magistrato SEX DASIMIO, appartenente alla tribus Oufentina, abitava a Gaudiano, dopo aver ricoperto nella sua terra di origine, Canosa, le cariche di questore e quattuorviro, riportate sull'iscrizione. La gens Dasimia ricorre in numerose epigrafi canosine e testimonia la rilevanza sociale avuta dalla stessa dal I secolo a C. fino al III secolo d. C. (20).
Pertanto è possibile affermare con certezza che Gaudiano è stato un considerevole luogo di transito di personaggi illustri, come attesta una mutila iscrizione inserita in una delle pareti perimetrali della chiesetta, riguardante un certo: C. CALVISIO SAB/COS PATRON.
Costui era un console del IV secolo a C., e come asserisce la Torelli, il patronato di Calvisio Sabino era già stato riscontrato nel territorio di Venosa. Un'altra valida testimonianza epigrafica è fornita dal ritrovamento presso il pozzo della masseria dei Fortunato di un cippo funerario, eretto in memoria dei Saccidio.
XI ANNIS. XXV. M./Q. SACCIDIV./S. PRIMUS. C. SAC/CIDIO. PRIMO/ FRATRI SVO. D/VLCISSIMO. ET. Q. S./ACCIDIO EE PITINCA/NO ETT. SACCIDIE. FO/ RTVNATE PP ARENTIBV/S SVIS. B. M. F.
Così anche un altro cippo funerario rinvenuto sempre nei pressi del pozzo dell'ex masseria Fortunato, nell'iscrizione, giunta non in ottime condizioni, integrata dalla Torelli, (21) si legge:
CAMURIA (mulieris) I. FAUSTA/ ET EPHE (sis (?)) HIC SITA EST AN (norum) XIIX Q. ENNIUS Q.I./STABILIO IN FR(onte) P(edes) XII/IN AGR(o) P(edes) XII.
I due liberti, Camuria Fausta e Quinto Ennio Stabilio, sono menzionati con tre nomi, tipici dei cittadini liberi e con l'indicazione della condizione sociale di appartenenza e non con il patronimico, come ha rilevato la Dileo (22).
Altre due epigrafi funerarie, allocate nel muro della chiesetta sono frammentarie e su una si leggono tre righe, scritte con carattere piuttosto irregolare: fratibus (sic!) pientissimis/pos(uit) vel uerumt).
Sicuramente nell'iscrizione viene citato il nome del dedicante o dei dedicanti e i nomi dei fratres, ai quali l'epigrafe era dedicata. Si noti la forma del dativo fratibus, invece di fratribus. La datazione è riferita al II o III sec. d. C. Nell'altra iscrizione si conservano solo due righe: ann(os) XXX./m(enses) VIII. Queste sono riferite all'età del defunto e sono datate al II sec. d. C. (23).
L'architrare interno sormontante la polta di accesso alla chiesa è costituito da un'epigrafe di cm 30 di larghezza e di cm 2,30 di lunghezza con caratteri gotici
del 1310 (24).
Dalla sua lettura si ricava che la lapide apparteneva alla chiesa di San Paolo, fatta costruire dal vescovo di Melfi, Saraceno nel 1310, quindi risalente al tempo del papa Clemente V e del re di Sicilia, Roberto d'Angiò (25).
Intorno al 1918 la chiesetta rurale perde il suo carattere sacro per essere utilizzata come magazzino per la conservazione di sacchi di mandorle (26).
Dal 1952 in poi la struttura subisce un rapido processo di degrado, tanto che nel 1976 diviene deposito di balle di paglia e nel 1981 viene adoperata come stalla per le pecore (27).
In un preciso contesto storico-politico del Mezzogiorno d'Italia tanto la masseria quanto la chiesetta rappresentano uno spaccato socio-economico e religioso della famiglia Fortunato, mirante alla evoluzione, alla valorizzazione e alla salvaguardia del patrimonio esistente.
 


Note
1 - F. CALICE, La masseria Fortunato a Gaudiano, in, Radici, n° 11, Rionero 1922, pp. 149-150;
2 - M. R. SALVATORE, Venosa: un parco archeologico e un museo. Come e perché. Taranto, 1984, p. 26.
A. ROSUCCI, Lavello in età angioina, in, Radici, n° 10, Rionero 1992, p. 97;
3 - IDEM, L'azienda dei Fortunato in agro di Lavello e la masseria di Gaudiano. La palazzina dei Fortunato - la chiesa rurale del 1899, in, Radici, n° 5, Rionero 1990, p. 98;
4 - A. MARINI - C. MARlNI, A difesa del Tavoliere di Puglia contro il Comune di Lavello nonché contro la Mensa Vescovile di Melfi ed i signori Fortunato e Ceci, Napoli 1849, p. 30; A. ROSUCCI, op. cit., in, Radici, n° 5, Rionero 1990, p. 99; F. CALICE, op. cit., in, Radici n° 11, Rionero 1992, p. 150; M. CARRETTA, Gaudiano, in Radici n° 11, Rionero 1992, p. 150;
5 - Catasto provvisorio di Lavello, art. 622; A. MARINI - C. MARlNI, op. cit., p. 39; F. CALICE, op cit., in Radici n° 11, Rionero 1992, p. 150;
6 - Archivio di Stato di Potenza, Atti notarili. Notai di Melfi, Notaio Tolomeo del Zio, anno 1839, vol. 945, foglio 312 e seguenti;
7 - F. CALICE, op. cit., p. 39;
8 - M. CARRETTA, op. cit., p. 130;
9 - F. SEVERINI, Ernesto Fortunato, in "Giornale di Basilicata", Potenza 4-5 febbraio 1922.
L'articolo è riportato in "In memoria di Ernesto Fortunato", Bari, 1922, pp. 69-70. N. CALICE, Ernesto e Giustino Fortunato, l'azienda di Gaudiano e il collegio di Melfi, Bari
1983, pp. 145-146; A. ROSUCCI op. cit., in Radici n° 5, Rionero l990, p. 100; F. CALICE, op. cit., p. 151;
10 - L. LOMIO, Lavello nella storia - spunti archeologici, in "Aspetti Letterari", Napoli 1970, fasc. IV-V, pp. 15-16; A. ROSUCCI, op. cit., in, Radici n° 5, Rionero 1990, p. 100; F. CALICE, op. cit., in Radici n° 11, Rionero 1992, p. 151. La presenza della famiglia Fortunato a Gaudiano risale al 1861; dopo questa data Pasquale, accusato di essere coinvolto nei fatti del brigantaggio post-unitario e di connivenza per i moti legittimisti dell'aprile 1861, con i figli Giustino ed Ernesto si trasferì a Napoli, dove rimase fino al 1873;
11 - M. CARRETTA, op. cit., p. 131;
12 - L. LOMIO, La palazzina di Fortunato, sul "Roma" del 2 gennaio 1968;
13 - G. FORTUNATO, In memoria di Ernesto Fortunato, Bari 1922, p. 70; A. ROSUCCI, op. cit., in Radici n° 5, Rionero 1990, p. 101;
14 - M. CARRETTA, op. cit., in Radici n° 11, Rionero 1922;
15 - A. ROSUCCI, op. cit., in Radici n° 5, Rionero 1990, p. 101; M. CARRETTA, op. cit., in Radici n° 11, Rionero 1992, pp. 131-132. Ernesto, dopo aver conseguito la laurea in legge, chiese ed ottenne nel 1873 dal padre il permesso di stabilirsi a Gaudiano. E proprio a lui si deve la rinascita agraria dell'ormai abbandonata e dimenticata Gaudiano. A testimonianza di questa mutata situazione si fa riferimento alla visita a Gaudiano del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'on. Zanardelli, che non poté non dimostrare compiacimento e stupore per l'evoluzione dell'azienda. L'infaticabile ed ostinato Ernesto aveva compreso perfettamente che se voleva far risorgere Gaudiano, afflitta dalla malaria a causa della sua vicinanza al fiume Ofanto e all'affluente Lampeggiano, doveva intervenire per debellarla. Infatti egli decise di far praticare le cure di chinino (fornito gratuitamente ai salariati e braccianti), di canalizzare le acque stagnanti e di porre grate antizanzare alle porte e alle finestre. Così venne intrapresa la trasformazione agraria di Gaudiano, dove predominavano pascoli incolti ed una modesta produzione cerealicola e vennero introdotti mandorleti, vigneti, costruite stalle per l'allevamento di bovini, ovini ed equini, venne introdotta la coltivazione dell'erba medica, nuove macchine agricole, venne realizzato un acquedotto che raccoglieva le acque in località "Pozzo dell'Arena" e le trasportava alla masseria e, in ultimo, la concessione ai dipendenti dell'azienda di salari più alti rispetto a quelli applicati dalle altre aziende della zona;
16 - G. CATENACCI, Il mito di Giustino Fortunato, Rionero 1969, p. 12; M. CARRETTA, op. cit., p. 131;
17 - A. ROSUCCI, op. cit., in, Radici n° 5, Rionero 1992, p. 102;
18 - M. R. SALVATORE, op. cit., p. 26;
19 - G. ARANEO, Notizie storiche della città di Melfi nell'antico Reame di Napoli, Firenze 1866, p. 149; G. FORTUNATO, op. cit., p. 63; M. R. SALVATORE, op. cit., p. 27; M. CARRETTA, op. cit., pp. 131-132;
20 - M. CHELOTTI, R. GAETA, V. MORIZIO, M. SILVESTRINI, Le epigrafe romane di Canosa, Bari 1985, p. 56;
21 - M. R. TORELLI, Contributo al supplemento del CIL, IX, p 614;
22 - R. DILEO, Nuove iscrizioni latine di Venosa, p. 34 (Tesi di laurea a. a. 1971-72 - Università degli studi di Bari);
23 - M. R. TORELLI, op. cit., pp. 633-34;
24 - G. ARANEO, op. cit., p. 149; A. ROSUCCI, op. cit., in Radici n° 10, Rionero 1992, p. 98;
25 - P. DI STASI, Crisi e ripresa di fede religiosa nell'animo di Giustino Fortunato, in "Aspetti letterari", Napoli 1956, fasc. VI, p. 30; F. CALICE, op. cit., p. 154;
26 - A. ROSUCCI, op. cit., in Radici, n° 5, Rionero 1990, pp. 102-103.

 

 


Testo di Angela G. R. Catarinella             
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1999


 

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