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NOTE SUGLI AFFRESCHI DEL CONVENTO DI OPPIDO LUCANO


Notes about some frescoes in the monastery of Oppido Lucano. The frescoes of the franciscan monastery of S. Anthony at Oppido Lucano (PZ), interpreters of the franciscan religious sensibility, show on the one hand the prophetical events by the Old Testament, on the other hand their coming true in Christ's figure. These works, by Giovanni Todisco (who was from Abriola) are dated to 1558; for the atmosphere of the scenes and the elegant costumes, they are expression of an age that reserved all care to splendours, beauty and arts. In Todisco's style the lategotics accents live together with references to the Reinassance painting by Stefano Sparano, Giovanni Luce and Simone da Firenze; a style that presents some interesting influences also from Cristoforo Scacco's language.

Ad un primo sguardo il ciclo di affreschi del convento francescano di Oppido Lucano (PZ) (1) intitolato a S. Antonio, si presenta con un programma iconografico ben delineato, dal forte intento didascalico, che ne fa una sorta di omelia figurata, di predica illustrata di fatti biblici. Le scene che si dipanano sulle lunette di tre sale comunicanti, narrano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento: "Nabucodonosor e i tre fanciulli nella fornace", "Giuditta e Oloferne", "Il miracolo della Manna", ed episodi della vita pubblica di Cristo (2). Le fonti letterarie cui si riferiscono sono facilmente individuabili nei libri del Profeta Daniele (Daniele 3), di Giuditta (Giuditta 13-14-15), nel Deuteronomio (Deuteronomio 8) e nei Vangeli.
D'altro canto la perfetta adesione delle illustrazioni ai fatti biblici, sottolineata dalle iscrizioni poste in appositi riquadri, su bianchi cartigli, oppure liberamente inserite tra le figure (3), doveva essere un requisito indispensabile per questi affreschi che, interpreti della sensibilità religiosa dei francescani, si offrivano principalmente alla loro meditazione, mostrando da un lato le profetiche ed educative vicende vetero-testamentarie, dall'altro l'inverarsi delle promesse messianiche nella figura di Cristo.
Giovanni Todisco (documentato tra il 1545 e il 1566) originario di Abriola, che feliciter pose inizio ai lavori il 1 Maggio del 1558, aveva già lavorato in ambiente francescano: a Pietrapertosa, a S. Maria di Orsoleo, a Senise e a Potenza (4), e continuerà il fortunato sodalizio con i fraticelli nel 1559, a Rivello, indovinando con l'immediatezza comunicativa del suo linguaggio l'esigenza francescana di messaggi facilmente intellegibili quanto toccanti e coinvolgenti.
Ma, al di là dei contenuti biblici ed evangelici, quel che colpisce ad Oppido sono le ambientazioni, i costumi di alcuni personaggi, l'atmosfera galante e "preziosa" che talune immagini riescono ad evocare; immagini di un epoca che riservò all'eleganza e ai fasti, alla bellezza e alle arti ogni attenzione. Sono costumi contemporanei quelli dei suonatori dai corti "gonnelli", con i "giubboni" dai tessuti fasciati, i cappelli piumati o da giullare; in posizione preminente rispetto al drammatico, ma qui marginale, momento del miracolo della fornace. L'abito in prezioso tessuto damascato che indossa l'adultera ricorda la "saia" che le ricche signore dell'epoca vestivano con l'elegante berretto e le ornate scarpine.
Mentre la Samaritana compie l'umile gesto di trar l'acqua dal pozzo con una ricca veste di damasco che si apre a mostrare la "delantera" in colore contrastante di un abito spagnoleggiante. Sfoggiano preziose bardature i cavalli dell'esercito israelita che entra in scena da sinistra con placida andatura, diretto al campo di Oloferne come ad una giostra rinascimentale. Trombettieri, paggi, "mozzi di sperone" con variopinte livree, alabardieri e portainsegne, evocano gli splendori della capitale, di quell'esercito ispano-napoletano "da Mille e una Notte" descritto nella "Question de Amor" (5).
Per venire alle questioni formali, occorre rilevare come quegli accenti tardo-gotici che costituirono il punto di partenza per il pittore, risultino ancora presenti nel realismo epidermico, nella analitica quanto dispersiva descrizione dei particolari, nell'aria da romanzo cavalleresco che in certi momenti affiora. Il ricordo poi delle giovanili esperienze a contatto con il presunto Antonio Aiello non si è ancora spento del tutto. Certo prevalgono a questa data i suggerimenti tratti dalla pittura di Stefano Sparano e Giovanni Luce (con il quale Todisco aveva collaborato a Cancellara (Pz) nella chiesa di S. Antonio), mediatori di influenze dal Sabatino e dal Pinturicchio, e le desunzioni anche da Simone da Firenze, conosciuto forse proprio attraverso il polittico della chiesa di S. Francesco a Senise (dove il Todisco realizzò il S. Francesco da Paola della retrofacciata) (6).
E sempre valida anche per questi affreschi l'impressione che egli abbia maturato parte delle sue scelte iconografiche e compositive tenendo a mente le stampe di incisori nordici ed italiani contemporanei. Né va taciuta un'altra voce importante tra i suoi possibili referenti culturali: la pittura di Cristoforo Scacco (7). Accogliendo le brevi ma calzanti riflessioni del Kalby sul nostro, che egli vide riallacciarsi "al filone della investigazione prospettica e della geometrizzazione dei corpi umani alla maniera di Cristoforo Scacco" (8), ci soffermiamo con occhio diverso sulla analitica descrizione del paesaggio in lontananza, in cui scopriamo minuscole figure umane in movimento; sui corpi impostati ad una certa quadratura delle forme; sulle fisionomie "pungenti" dei personaggi che serbano talvolta il ricordo di un altro importante dif-fusore dello squarcionismo nel sud, quale fu Vincenzo de Rogata; sui pavimenti quadrettati;sulla preziosa cromia; dai caldi riflessi dorati, dai luminosi accordi, in cui si intravede l'eco della miniatura napoletana di cinquanta anni addietro, dove trovava spazio con successo il linguaggio dello stesso Scacco (9).
Osservando infine la scena del "Miracolo della Manna", la mente corre istintivamente agli affreschi della chiesa napoletana di Monteoliveto, alle "Allegorie" e alla "Caduta della Manna" dipinte da Giorgio Vasari nel 1545 (10).
Echi lontani si intende, semplici suggestioni. Ma quando, nel 1558, venne commissionato a Giovanni Todisco un ciclo di affreschi con un programma iconografico non troppo lontano da quello del convento olivetano, chissà che tra le sue ambizioni non ci sia stata anche quella di imitare le decorazioni "alla moderna" di quel colto e famoso frescante toscano.
E val la pena di ricordare, a questo punto, che nella chiesa di Monteoliveto Cristoforo Scacco aveva lasciato una traccia importante della sua attività a Napoli: i ben noti affreschi della cappella Tolosa, cappella che più tardi avrebbe accolto l'"Assunzione della Vergine" del Pinturicchio.

 


Note

1 Il convento di S. Antonio (S. Maria del Gesù) venne fondato dai signori Francesco e Caterina Zurlo, di Oppido, nel 1482 ed inizialmente abitato dai Francescani Osservanti. Passò ai Padri Riformati nel 1593. Venne soppresso nel 1865. Cfr. AA. VV., Insediamenti francescani in Basilicata. Un repertorio per la conoscenza, tutela e conservazione, cat. della mostra (Castel Lagopesole, Maggio-Settembre 1988) voll. I-II, Mt 1988; vol. II scheda n. 73 a p. 153, con la relativa bibliografia.

2 Gli episodi evangelici illustrati sono : "La guarigione di uno storpio", "La resurrezione di Lazzaro", "Cristo e l'adultera", "Cristo e la Samaritana", "La guarigione del cieco", "La guarigione del paralitico". Nello sguancio delle finestre inoltre le isolate figure di Melchisedek, Mosè ed un personaggio non identificabile.

3 La scena del re Nabucodonosor è ampiamente descritta nelle due iscrizioni calate scenograficamente ai lati della statua d'oro: "NABUCHODONOSOR REX FECIT /AUREAM STATUAM QUIAE ADORAN/DAM IN VOCE PRAECONIA" e "VOBIS DICITUR:UT AUREAM STATUAM/ QUAM EREXI ADORAVERIT EADEM MITTE/TUR IN FORNACEM IGNIS ARDENTIS".
Mentre retta da due draghi scaturiti dai girari fitomorfi della fascia sottostante la lunetta: "ANNO JOANNOIN DESERTO PERSONANTE/ MILLESIMO QUINQUAGESIMO OCTA/VO KALENDIS MAII FELICITER INCEPIT". Sotto la scena del "Miracolo della Manna": "AFFLIXIIT TE DEUM PENURIA ET DEDIT TIBI CIBU(M) MANNA QUOD IGNORABAS TU ET PATRES TUI UT OSTENDERET TIBI NON IN SOLO PANE VIVIT HOMO SED/IN OMNI VERBO QUOD PROGREDITUR DE ORE DOMINI* DEUTERONOMII 8.C.". Nell'articolata scena di Oloferne: "TU GLORIA HIERUSALEM LA LETITIA ISRAEL" (sul filatterio centrale); "FUGG LO ESSERCITO DI HOLOFERNE" (sulla strada); "HOLOFERNES IACEBAT IN LECTO/NIMIA EBRIETATE SSOPITUS" (sotto la figura di Oloferne decapitato).

4 Su Giovanni Todisco: A. PRANDI, Arte in Basilicata, in: AA. VV., Basilicata, Mi 1964, pp.161-240, pp.227-228 e figg. 242-244; L. KALBY, Classicismo e Maniera nell'officina meridionale, Cercola 1975, p.158 e nota 137, la sua attribuzione al Todisco degli affreschi della Cripta Ferrillo nella Cattedrale di Acerenza, è stata recentemente ridiscussa da N.Barbone Pugliese, in: AA. VV., Acerenza, Lavello 1995, p.64, che li avvicina piuttosto al "manierismo di radice romano-raffaellesca" di Giovan Filippo Criscuolo; L. KALBY, Iconografia della Madonna tra Riforma e Controriforma in Lucania, in: AA.VV., Convegno sul tema: Società e religione in Basilicata nell'Età Moderna 1, Atti del Convegno Potenza-Matera (25-28 settembre 1975), Pz 1977, vol. I, p. 555; F. NOVIELLO, La pittura lucana nel Quattrocento e nel Cinquecento, in "Archivio storico per la Calabria e la Lucania", a. XLIV-XLV, 1977-78, pp. 67-72; A. GRELLE IUSCO, Arte in Basilicata, Roma 1980; F. NOVIELLO, Storiografia dell'arte pittorica popolare in Lucania e nella Basilicata: cultura figurativa popolare, Venosa 1985; F. BARBONE PUGLIESE, Oppido Lucano, chiostro del convento di S. Antonio: affreschi, in: AA. VV., Insediamenti francescani...op.cit., vol. II pp. 158-160; ivi, p.185, EAD., Potenza, chiesa di S. Francesco di Assisi, affresco raffigurante il Martirio di S. Sebastiano; ivi, pp. 224-226, EAD., Sant'Arcangelo, Convento di S. Maria d'Orsoleo, affreschi; ivi, pp. 201-206, A. CONVENUTO, Rivello, affreschi della chiesa del convento S. Antonio da Padova; ivi, pp. 229-233, ID., Senise, Chiesa di S. Maria degli Angeli (annessa al convento di S. Francesco), affreschi; F. ZOTTA, Giovanni Todisco: un affreschista lucano, in: "Basilicata Regione. Notizie" A. VI, n.1, 1993, pp. 73-74.

5 L'interessante romanzo, scritto tra il 1508 e 1512, è opera di un ignoto spagnolo, cfr. A. CIRILLO MASTROCINQUE, Costumi nella Napoli del Rinascimento: iconografia e nomenclatura, in "Archivio Storico per le province napoletane" A. V-VI, fasc. LXXXIV-LXXXV, pp. 311-322, p. 317.

6 Cfr. A. GRELLE IUSCO, op. cit., p. 83, cui si rimanda per un quadro complessivo del nutrito corpus di dipinti attribuiti al Todisco.

7 Cfr. F. NAVARRO, Nel raggio della diffusione bramantesca. Cristoforo Scacco da Verona, in: "Scritti in onore di Raffaello Causa", Na 1988, pp. 77-89, e relativa bibliografia.

8 Cfr. L. KALBY, op. cit. 1977, p. 555.

9 Cfr. in particolare l'Antifonario (1500 ca.) alla Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms XV AA. 5, c. 50 v., in: Miniatura a Napoli dal '400 al '600. Libri di coro delle chiese napoletane, a cura di A. Putaturo Murano-A. Perriccioli Saggese, Na 1991, fig. 13 "Antifonario proveniente dal monastero napoletano di Monteoliveto".

10 Cfr. P. LEONE DE CASTRIS, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1540-1573, Na. 1996, pp. 95-100 e figg. alle pp. 93 e 115, con relativa bibliografia. Per mancanza di spazio non è stato possibile far riferimento alla vasta bibliografia sulla pittura del XV e XVI secolo nell'Italia meridionale. Me ne scuso con il lettore. Infine ringrazio per la rara disponibilità, prestata in ogni fase della mia ricerca, il personale della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Basilicata-Matera.
 


                    Testo di Rita Bianco
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1999


 

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