Chiesa di
Santa Maria del Sepolcro
I Templari a Potenza
Il Casale del S. Sepolcro
Da ricerche compiute presso la Biblioteca Vaticana, ci siamo
convinti che le origini dell’antica chiesa potentina di S. Maria del Sepolcro
vanno inquadrate nelle vicende che, nei secoli XII e XIII, interessarono il S.
Sepolcro di Cristo e gli altri Luoghi Santi e che sono da collegarsi
specificamente alla storia dell’Ordine Cavalleresco dei Templari fondato, nel
1118, a Gerusalemme, da Ugo di Payens e da altri otto nobili cavalieri francesi.
Oltre ai tre voti di povertà, castità e obbedienza, essi si obbligarono a
scortare e a difendere, anche con le armi, i pellegrini che si recavano in Terra
Santa, i quali spesso venivano assaliti dai predoni. Accanto ai nobili
cavalieri, c’erano i fratelli per l’esercizio delle armi e i cappellani per il
servizio religioso nelle chiese denominate « Il Tempio » e costruite
generalmente a pianta centrale sull’esempio del S. Sepolcro di Cristo, a
Gerusalemme.
Nei pressi del « Tempio » quando esso sorgeva lungo le grandi vie di
comunicazione per l’Oriente, c’erano le case ove i pellegrini avevano la
possibilità di rifocillarsi e riposarsi prima di riprendere il cammino verso i
Luoghi Santi.
Furono chiamati « Templari » o « Milites Templi » per il fatto che Baldovino
II°, re di Gerusalemme, come prima sede, mise a loro disposizione un’abitazione,
nel palazzo reale che si credeva eretto sul Tempio di Salomone.
Inizialmente poveri e molto generosi nel servizio verso i pellegrini tanto da
meritare l’interesse e gli elogi più entusiastici di S. Bernardo, i Templari
divennero man mano sempre più ricchi e potenti, perdendo così la loro fisionomia
originaria e il loro mordente di servizio generoso ai fratelli peregrinanti
verso i luoghi santificati dalla presenza del Signore.
Dopo la caduta di S. Giovanni d’Acri avvenuta nel 1291, essi rifluirono in
Europa, specialmente in Francia il cui re, Filippo il Bello, volendo rimettere
in sesto il suo tesoro, ne bramava le ricchezze per cui diede il via ad una
campagna diffamatoria nei loro riguardi. Anzi, andando oltre, nel 1307, ordinò
l’arresto indiscriminato dei membri dell’Ordine e ne confiscò i beni mobili e
immobili.
Il papa Clemente V cercò di prenderne le difese ma, in seguito, li abbandonò
nelle mani di Filippo il Bello.
Nel 1312, durante il Concilio di Vienne, l’Ordine dei Templari anche se non
venne condannato con sentenza giudiziale, tuttavia fu sciolto sotto forma di
provvisione canonica.
Nel frattempo, in Francia, i beni appartenuti ai Templari erano passati nelle
mani del re mentre, altrove, furono per lo più principi, vescovi e prelati ad
ereditarne il possesso.
Nel Regno di Napoli, in esecuzione della volontà del Papa, Roberto d’Angiò
dispose delle terre dell’Ordine soppresso affidandole in fitto e migliorandole
in Capitanata, in Basilicata e in Terra d’Otranto mentre si preoccupò di
assicurare nelle mani dei vescovi e dei prelati i beni dell’Ordine già
sequestrati.
In questo contesto storico-ambientale, va letto un documento del primo ‘300,
riportato dal Caggese ove è narrato un episodio per noi molto importante di cui
fu protagonista, dopo il 1314, Guglielmo, vescovo di Potenza.
In seguito alla soppressione dei Templari, egli ottenne da Roberto d’Angiò ampi
diritti feudali sul casale del S. Sepolcro, alle porte della città di Potenza,
appartenuto sino a quell’epoca ai membri di quest’Ordine Cavalleresco.
Avendo imposto dei tributi agli abitanti di detto casale, questi gli si opposero
energicamente, negandogli ogni diritto feudale nei loro riguardi.
« Il vescovo di Potenza è assalito d’ogni parte nella roccaforte dei suoi
diritti e delle proprietà della sua Chiesa.
Egli infatti, possiede, a quanto afferma, il casale del S. Sepolcro alle porte
della città, con gli annessi diritti feudali; e possiede tutte le case del
borgo, date a censo ai vassalli e tutte le botteghe della piazza di Potenza; ma
i cittadini occupano ogni cosa e non gli riconoscono altro diritto oltre quello
di muovere lagnanze al Re ».
Il vescovo Guglielmo infatti, ricorre a Roberto d’Angiò il quale, nel 1322,
interviene nella vertenza ma senza alcun risultato.
Agli inizi del sec. XIV dunque, alle porte della città di Potenza, sorgeva un
casale denominato « S. Sepolcro », di proprietà dell’Ordine dei Templari i quali
vi avevano costruito una loro casa con annessa chiesa.
Ora, se per i Templari era una costante costruire le loro chiese a pianta
centrale come la basilica del S. Sepolcro di Cristo, a Gerusalemme, anche quella
da loro eretta alle porte della città di Potenza, tra il sec. XII e il sec.
XIII, potrebbe aver obbedito allo stesso schema.
Questo elemento ci sembra molto utile ai fini di una conoscenza più approfondita
della struttura e dello stile della parte più antica della chiesa potentina di
S. Maria del Sepolcro, costituita dall’abside che, in verità, ci lascia un po’
perplessi per la sua ampiezza e il suo slancio verticale molto moderato.
Si ha l’impressione infatti, che quando, nel 1488, le maestranze catalane la
ristrutturarono in gotico, siano state costrette a seguire una struttura
precedente a pianta centrale.
Quali le motivazioni ditale scelta da parte di un Ordine cavalleresco le cui
sedi, oltre che in Oriente, in genere sorgevano nei centri europei più grandi e
nei punti nevralgici delle grandi vie di comunicazione con l’Oriente?
Potenza, sin dall’epoca romana, era considerata un importante centro
politico-militare e commerciale, come si può dedurre da una qualsiasi carta
della rete stradale romana nell’Italia meridionale ove questa città è
contrassegnata allo stesso modo di Benevento, Taranto e Brindisi.
Per Potenza infatti, passava l’Erculea, importante raccordo nord-sud tra le due
grandi vie consolari che da Roma menavano nel meridione: l’Appia, la regina
viarum, che portava a Brindisi per i collegamenti con l’Oriente e la Popilia
(già Aquilia) che partendo dall’agro sarnese-nocerino ove terminava la
Domiziana, per Eboli e il Vallo Diano, menava in Calabria.
L’Erculea dunque, partendo dall’Appia Traiana poco prima di Troia, tagliava
l’Appia Antica ad est di Venosa e, dirigendosi verso il sud, incrociava l’Appia
Nuova proprio nei pressi dell’attuale rione di S. Maria: da Potenza poi, essa
proseguiva per Grumentum e Nerulum, una località del lagonegrese non ancora ben
identificata, tra Lauria e Rotonda, ove si innestava sulla Popilia.
Per Potenza inoltre, passava anche l’Appia Nuova, una variante dell’Appia
Antica. Partendo da Aquilonia, nell’alta Irpinia, essa si dirigeva prima verso
sud, toccando Muro Lucano (l’antica Numistrone) e Potenza; indi puntando
decisamente verso est, passava per Tricarico e Matera, per innestarsi di nuovo
sull’Appia Antica, prima di Taranto.
Questa strada, ancora oggi denominata « Appia » (la n°. 7 nell’elenco ufficiale
dell’A.N.A.S.) passa proprio dinanzi alla chiesa di S. Maria del Sepolcro.
Nel medio evo, l’importanza di Potenza come nodo stradale crebbe ancora di più,
non solo per le grandi correnti politico-militari e commerciali ma anche per le
Crociate e per i frequenti pellegrinaggi in Terra Santa, a Roma e altrove.
Per quanto concerne le imprese politico-militari, ci limiteremo solo a due
esempi molto significativi.
Nella sua seconda venuta a Roma (1136-1137), l’imperatore Lotario invase il
regno normanno fino a Bari e a Salerno, sottoponendolo all’autorità del Sommo
Pontefice, Innocenzo Il. Il Papa e l’Imperatore si incontrarono a Potenza per
discutere su alcune questioni molto importanti riguardanti la Chiesa e l’Impero
e vi si trattennero alcuni giorni insieme con i loro eserciti.
Pochi anni dopo, nel 1148, Luigi VII, re di Francia, di ritorno dalla Il°
Crociata che ebbe un esito infelice, si trattenne tre giorni a Potenza, ospite
di Ruggiero II, re di Sicilia, per discutere su alcuni problemi di grande
rilievo riguardanti i loro regni.
Per quanto concerne invece, i pellegrinaggi in Terra Santa, basti pensare che a
Potenza, oltre ai Templari, avevano sede i Cavalieri di S. Giovanni detti anche
Ospedalieri o Giovanniti, che si dedicavano all’assistenza degli ammalati e alla
protezione dei pellegrini e dei Luoghi Santi. Ad essi fu affidato l’ospedale di
S. Giovanni di Dio che sorgeva presso la chiesa di S. Giovanni Battista
costruita tutta in marmo, nel 1180, dai coniugi Roberto e Palma.
Di questa presenza giovannita a Potenza, nel medio evo, resta ancora oggi un
segno evidente nella « Porta S. Giovanni », una delle quattro porte antiche
della città.
Segni evidenti dei contatti di Potenza con l’Oriente cristiano inoltre, sono il
nome « Betlemme » dato ancora oggi ad una contrada periferica della città ove
sorgeva una chiesa dedicata a « S. Maria di Bethelem », e i titoli di chiese e
monasteri antichi ormai scomparsi, quali S. Croce, S. Giovanni Battista, S.
Andrea, S. Giacomo Apostolo, S. Luca, S. Zaccaria, S. Lazzaro.
Il borgo periferico di Potenza che il surriferito documento riportato dal
Caggese chiama « Casale del S. Sepolcro », di proprietà dei Templari sino agli
inizi del sec. XIV, a nostro avviso, potrebbe essere stato scelto dai membri di
quest’Ordine Cavalleresco come loro sede proprio perché, come abbiamo ampiamente
illustrato, vi si incrociavano importanti vie di comunicazione dal nord e dal
sud per l’Oriente cristiano.
testo
tratto da: Chiesa di S.
Maria del Sepolcro "1974"
di P. Daniele Murno O.F.M.
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