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Ideologia del presente - 01 - Ideologia del presente

Per la prima volta nella mia vita sono riuscito a sentirmi persino un poeta…"

L’insigne scrittore
Ai primi di luglio, dopo un durissimo e combattuto trimestre, ero ancora “sotto choc” per i devastanti risultati conseguiti in ufficio e in campo sentimentale. E non solo. Anche con gli amici e i familiari le cose non erano andate meglio. Anzi non erano andate per niente.
Considerati i contenuti di alcune poesie più riuscite e meno lette in assoluto decisi di cambiare indirizzo, rotta e interessi e di realizzare alcuni testi che chiamai "zero".
Decisi immediatamente di farne tre perché solo due, 00, non stavano bene se non sulla porta di una toilette. Poi optai per quattro, me ne era scappato uno in più.
Decisi di tenerlo, anche perché mi sembrava quello che era riuscito meglio
Lo scrittore nacque così con un testo dedicato “a me stesso” o “a me medesimo” tanto per avere un argomento conosciuto e controverso su cui scrivere e, nel frattempo, cominciai anche a conoscermi meglio (e "conoscermi" è, naturalmente, in questo e anche negli altri casi un eufemismo). Mi presentai da solo visto che non lo facevano gli altri e cercai di conoscermi e farmi conoscere.
Più che altro ci misi tanta buona intenzione e tempo.
Iniziai comunque a darmi un po’ d’arie, non troppe per non morire avvelenato e a masticare, di tanto in tanto, qualche pasticca balsamica alla menta piperita assumendo un atteggiamento contratto e assente, come una star super inavvicinabile e colta.
Una vera e propria primula rossa della scrittura.

Potenza città di frontiera
Potenza è soltanto una delle tante città del sud.
La casa dell’insigne e amato personaggio è a Potenza, al centro, in uno di quei palazzi grigi con l’esterno in pietra pitturati di fresco, moquette alle pareti e carta stagnola al soffitto.
L’abitazione conta tre cani, di cui un “boxeur” e questa è, sicuramente, la prima informazione che può mettervi in agitazione. Se non altro in guardia.
Il rapporto con la sua città è controverso.
Ama qualcuno e qualcosa, è vero, ma ha scontentato molti dei suoi colleghi di lavoro.
Dicono che per colpa sua sia stata spostata la fermata del pullman sotto l’ufficio e sotto casa perché, quando parcheggiava nei pressi, lo faceva sempre ignorando il cartello della sosta vietata.
Roba da far venire mal di testa a chiunque.

Motilità
Quando giro per la città faccio molta attenzione a utilizzare i marciapiedi. Lo faccio per evitare di essere investito; peccato che di marciapiedi, nella mia città, ce ne siano veramente pochi. In molte strade per niente.
Per questo motivo mi mantengo sempre sullo stesso e lo utilizzo nei due sensi di marcia.

L’idea che valse la pena
Fra i tanti slogan che ho ideato in politica quello che mi è riuscito meglio è stato, secondo me, quello mitico di "DECIDI DC" che accompagnò una delle più famose e disastrose campagne elettorali del partito per il quale non ho mai militato. E neanche simpatizzato.
I dirigenti politici di quel partito mostrarono quasi subito di non gradire la mia scelta e criticarono pesantemente la mia posizione sostenendo, tra l’altro, che la mia dialettica era tutta da ridere.
Della mia persona, in fondo, alla DC e ai dirigenti di quel partito e di tutti gli altri, non importava un bel niente. Anche al mio principale, mio incontrastato padrone, importa ben altro.
Per molte persone, infatti, non sono che lo scrittore più chic e gagà che si può trovare oggi sul mercato.
Il mercato delle pulci.

Prime avvisaglie
Nel momento stesso nel quale lo scrittore prese possesso della sua postazione dovette prendere coscienza della situazione di fatto e decidere le scelte da fare per non ritrovarsi, come sempre, dall’altra parte.
Decise per una linea di condotta poco contrastante con quella del capo e si comportò di conseguenza.
Per qualche tempo fu scambiato dai colleghi per un boss mafioso e ostacolato proprio dai subalterni e solo dopo tre processi, di cui due in appello e uno in contumacia, gli venne riconosciuta la totale infermità mentale e il non luogo a procedere per mancanza di prove.
In realtà lo scopo della trattativa dei suoi legali più preparati e agguerriti mirava a fargli riconoscere almeno l’instabilità emotiva se non quella congenita in conseguenza della sua palese incapacità di intendere e volere. Più che altro d’una presunta e innegabile buona fede. Più inconfutabile che supposta, comunque.
Roba da interdizione perpetua dai pubblici uffici e da esilio forzato da amici, parenti e conoscenti.

Il castello con il fossato
Il palazzo del potere in quel momento storico era nelle mani di un socialdemocratico e, di conseguenza, era obbligatorio per tutti avere la tessera del PSDI.
Diventò così uno scrittore socialdemocratico.
Quel partito che allora venne definito da moltissime personalità politiche di rilievo come “il partito dei poveretti” era quello più clientelare in assoluto e aveva, tra l’altro, vissuto alterne fortune e tante guerre intestine che si erano risolte sempre in un niente di fatto.
In quello specifico momento storico però attraverso alcuni esponenti di spicco, era finalmente riuscito a sfondare ed era arrivato al governo.
In minoranza s’intende, ma pur sempre al governo.

Organizzazione prima di tutto
Sono nato nel sud, anche se ho origini nordiche.
Da mamma ho imparato il galateo e come comportarmi e lei è nata e ha origini in questa terra.
Ciò nonostante amo suonare il tamburo napoleonico, la batteria, fumare, bere e ascoltare musica rock.
Quand’ero piccolo, invece, mangiavo con i libri sotto le ascelle e non potevo alzarmi da tavola prima degli altri.
Da questo tipo d’educazione ho imparato a sopportare tutti e tutto e aspettare il momento buono per rivendicare la mia parte. Oggi sono conosciuto come uno che sa il fatto suo e anche quello di tutti gli altri.
Alcuni sostengono che sia un uomo impenetrabile. Spero non pensino che sia anche fatto di gomma.
Fra i tanti scrittori che potete leggere su questo universo letterario probabilmente sono quello che sa usare meglio la penna. Forse anche perché sono l’unico che ancora continua a usarla. Per scarabocchiare cercando idee da tramutare in storie.
D’altronde, ogni scrittore che si rispetti ha bisogno di alcuni attrezzi, oltre che di idee. Io di idee ne ho sempre avute tante, mi sono sempre mancati però gli attrezzi giusti.
In questo campo c’è chi usa carta e penna, chi il computer e chi la macchina da scrivere. Io ho scelto di usare il pc perché la penna e la macchina da scrivere non consentono di correggere senza lasciare tracce.
E io sono uno che scrive molto, cambia idea spesso e riscrive di sana pianta.

La forza del principale
Il mio capo era un tizio che sapeva stare sempre in gioco. Era, inoltre, capace di assorbire tutto e far fronte a ogni evenienza.
Le sue soluzioni apparivano sempre inadeguate ma poiché era il capo nessuno osava contraddirlo ed erano sempre troppi quelli che poi, alla fine, erano disposti ad accettare e a sostenere le sue decisioni.
In ufficio circolava voce che fosse stato campione regionale di risiko anche se lui non aveva fatto nemmeno il soldato. Aveva i piedi piatti e non era nemmeno imparentato con un poliziotto. Neanche con un carabiniere.
L’unico momento di imbarazzo che gli ho letto negli occhi in tanti anni di collaborazione, amicizia e reciproca stima, capitò alla festa di natale di un anno travagliato e sfortunato per tutti.
Stappando il panettone e tagliando lo spumante si accorse che di aver dimenticato i bicchieri di plastica.
Piccolo disguido tecnico. Brindammo sorseggiando a turno direttamente dalla bottiglia.
La cosa meno piacevole fu il sapore di tappo. Era uno spumante che era rimasto troppo tempo a sedimentare in cantina o sul banco del supermercato.
Il suo ufficio era dislocato al centro in un grosso palazzo architettura anni cinquanta con i tetti spioventi e le mura verticali anni sessanta, infatti era stato costruito nel millenovecentonovanta.
Il mio capo era un tipo curioso che veniva dall’entroterra, come dire che “si è fatto tutto da solo” proprio come Berlusconi anche se, sono sicuro, non credo che Silvio abbia mai lavorato in un pubblico ufficio.
Quell’anno di neve non ce n’era per niente neanche a volerla sparare col cannone e alla televisione impazzava lo spot sull’AIDS.
A un certo punto della cerimonia mi chiesero di dire due parole “per esaltare quel momento” e io le cercai tra i vocaboli e i lemmi che conservavo con cura tra le migliaia di altre che tenevo in serbo per le grandi occasioni e scelsi quelle che mi sembrarono più adatte.
"L’impiegato non diventerà mai ricco ma è sicuramente quello che ha meno possibilità di contrarre l’AIDS" dissi tra lo sbigottimento generale.
Mi guardarono tutti allibiti e, dopo qualche minuto, iniziarono a piangere tanto che, per consolarli, li invitai a baciare il capo.
Nonostante il clima natalizio che invitava alla bontà non si fece avanti nessuno però io ne approfittai per rifilare un bacio sulle labbra a Pamela, la collega più bona di tutto il dipartimento.
Che strano, di quella particolarissima esperienza ricordo soltanto l’intenso sapore di terra indiana mista a borotalco.

Il ricordo del giorno più bello
In una tragica serata di qualche anno fa ebbi la netta sensazione che qualcosa stesse per cambiare.
Mi sbagliavo, tutto rimase uguale. Come sempre.
Per moltissimi anni avevo rifiutato le “avance” di una signora che mi chiamava al telefono sospirando affannosamente senza nemmeno rivelarmi il suo codice di avviamento postale.
Un giorno decisi che l’avrei scoperto da solo.
Nessuno è perfetto e io più d’ogni altro; sbagliai completamente indirizzo.
Solo molti mesi dopo seppi chi era la tizia.
Troppo tardi. Nel frattempo era stata trasferita in un’altra città, in un’altra regione e in un altro dipartimento. Gli avevano anche rubato il cellulare oltre al motorino e una confezione mai usata di Hatù.
Da allora, nelle lunghe serate invernali passate con gli amici a ricordare i bei momenti, dopo qualche bicchiere la rievoco e poi piango commosso per almeno tre minuti e venti secondi.
A detta degli inquilini di quel condominio c’è stato un momento nel quale alcune cose sembravano certe, poi l’inflazione causò il crollo della borsa e, da allora, i pomeriggi non sono più uguali. E neanche le mattine più le stesse. Pare che anche il tempo, in quel particolare e particolarissimo periodo si fosse rotto le palle.

Il trasloco che galvanizza
La periferia è un posto per benestanti e benpensanti. A me fa venire in mente il gioco del Monopoli.
Traslocare è di per sé esperienza assai galvanizzante. Pensate quanto poteva esserlo per un insigne letterato che, dopo anni di isolamento totale veniva, di botto, trasferito in un lussuoso ed esagerato mini appartamento a canone bloccato. E’ come se dall’estrema periferia di una città qualsiasi del sud uno andasse a sistemarsi in un attico pluriaccessoriato al centro della capitale.
Per chi conosce il gioco di cui parlo saprà bene che è tra quelli a incastro tutto colorato di giallo e interno a macchie leopardate bianche e blu. Nel nostro caso si trattava di un’occasione più unica che rara.
In quella serata indimenticabile capii che alcune cose nella vita sono irrinunciabili, almeno per uno della mia portanza e della mia consistenza.

Missione pericolosa e pericolante
Oggi abito in un appartamento di 100 metri quadrati. Sono un ricco inquilino con proprietà a equo canone.
Mi manca solo una terrazza ma mi consolo con un balcone lungo diciotto centimetri e largo tre millimetri.
Ho fatto anche blindare tutte le porte e le finestre e ora mi sento protetto e al sicuro.
Di fronte abita un signore che ha un cane che abbaia tutte le notti. Io lo chiamo Rin Tin Tin in omaggio dei tempi andati. Per un sacco di tempo è stato il mio eroe preferito.
Rin tin tin, s’intende.
Anche il mio cane si chiamava Rin Tin Tin. Rin Tin Tin dei poveri. Ciò nonostante andava bene e, per moltissimi anni, è stato il mio solo compagno d’avventure.
Una volta l’utilizzai per mettere in scena una parabola del Vangelo e lui accettò senza reclamare. Doveva recitare la parte del figliolo prodigo e ritornare a casa dopo qualche tempo ma mi mancava l’agnello sacrificale.
Poca cosa, l’avrei fatto volentieri io assieme a quella del padre.
Lui non era mai stato fuori casa per più di quattro secondi ma chi me lo aveva regalato mi aveva anche assicurato che sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa. Anche di ritornare a casa se si fosse perso.
Una scena da dimenticare.
S’allontanò in punta di piedi senza voltarsi e lo vidi quasi sparire all’orizzonte per poi ricomparire come un puntino e restare lì a lungo per svanire, infine, nel nulla.
La prima parte la recitò alla perfezione, la seconda fu un fiasco completo. Falliti i tentativi di recuperare l’amico quadrupede i miei genitori decisero di sospendere le ricerche e di darmi la triste notizia. Con tutti i risparmi del maialino di ceramica decisi di fargli un monumento che collocai sul davanzale della finestra.
Sono ormai passati troppi anni da qual giorno.
Ciò nonostante non ho ancora perso la speranza di rivederlo. Alcune sere ancora aspetto, fuori dalla porta, il suo ritorno.

Simpatia a buon mercato
Mio madre mi insegnò che non bisogna mai presentarsi in casa della gente a mani vuote.
Concetto nobilissimo se vi va a casa della gente una volta la settimana, magari di domenica ma, quando ciò avviene tutti i giorni e a tutte le ore, questo presentarsi col presente diventa, come dire, "un po’ impegnativo".
D’altra parte se a caval Donato non si guarda in bocca figuratevi a un regalo, qualunque esso sia, di qualsiasi forma, genere e costo, fa piacere.
Decisi così da quel momento di portare sempre con me, assieme alla mia medesima e stupenda persona, qualche dono, a volte ricco altre no. Nei diciotto mesi che impegnai ad allenarmi per la buona crianza ho affibbiato con successo tre torte gelato, ventiquattro francobolli commemorativi del grande fratello, una stecca intera di Marlboro oro, un guanto di lana fatto all’uncinetto, due caciotte sarde, un asciugacapelli a doppia velocità e quattro copie rilegate a mano dell’opera che state leggendo.


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