Roberto Zito

 

 

Una canzone per Edith


Così passano i giorni.

Invano si rincorrono
                       e soccombono
dietro speranze andate deluse.


E noi
                /stanchi di lottare/

abulici lasciamo scorrere il tempo/

senza forze/adagiati come pietre

sul letto di un torbido fiume.


Eppure
                           a volte
ogni cosa torna magnifica/

ripagante più di ogni tormento.
Un incontro/uno sguardo fugace/

un volto/
                            il tuo
che s’illumina alla luce dei ricordi.


Appartenessimo alla stessa tribù

mia cara amica ti paragonerei
                         come ho fatto
a chi non ha più briglia
ed urlerei il tuo nome

disegnandolo nell’aria

fino ad oscurare il sole e le nubi.


Contro il cielo urlerei il tuo nome:


“cavallo che fugge nel vento...”

“cavallo che fugge nel vento...”

“cavallo che fugge.../... nel vento”


Ma non sono un guerriero.

Non appartengo al popolo dei Pawnee/

non sono un Papago, uno Yaqui, un Navaho,

un Homaha - Sioux o un Nootka - Matak.


Non appartengo al popolo degli uomini/

non ho terra né patria e lungo il mio

peregrinare non riconosco i volti di chi mi

resta intorno.


Semplicemente corro e
            come te forse
mi abbandono alla deriva

sperando d’approdare alla mia isola

con la vita che muove dietro altri cancelli

e che mi appare come un fiore stupendo

nato
                                    suo malgrado
sull’orlo di un baratro.

 

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