Roberto Zito
La roccia e il fiume |
dagli embrici sconnessi e camice /bandiere ammainate alle finestre/
stese alla fune ad asciugare. era un feudo in mano ai padroni
che piegavano attraversato dal treno che portava al di là di un orizzonte.
Lungo i binari di quella ferrovia,
insieme ad altri necessario attraversarlo quel ponte per capire che la patria non era un
pezzo di terra cinto dal filo sul
confine. Era il contadino che al tramonto tornava dai campi ed il fabbro che possente
portava il colpo sul ferro. un’alba dopo il buio della notte.
E quando l’alba arrivò
(oh ! se arrivò l’alba) e rose vidi sbocciare tra le pietre
ed altre
e chiude il suo cerchio si allunga sui sentieri a ricordarci che
giunta è l’ora del ritorno. impaziente tendesti l’agguato e con ferocia sferrasti il tuo colpo. Ma con mano insicura affondasti la
lama. Non rose ma vipere agitarsi nell’ombra
ed uomini - avvoltoi aggirasi come rapaci in alto volo sopra
un campo di papaveri rossi. che attendono la notte per
colpire alle spalle. Non, non ci fu resa nel pugno che pur già più obbediva al
passionale battito del cuore
palpitante.
ora non sono che vento che sibila e
si sulle porte chiuse delle case e riporta agli uomini che furono la mia patria il ricordo che non è svanito di chi fu roccia e fiume e cavallo scalpitante al palo. |
[ Mailing List ] [ Home ] [ Scrivici ]
.