<< precedente

INDICE

successivo >>


LUIGI BRANCO - Memorie di S. Maria di Orsoleo
 

VI°  VITA DEL CONVENTO

Il convento di Orsoleo era uno dei più grandi, se non il più grande, nella Regione.
Nel sec. XVI i conventi di Basilicata avevano, in media, una popolazione di quattordici frati (1). Orsoleo, quando fu fondato, nel 1474, era già capace di ventitrè frati (2); ma poi, si sa, fu ingrandito di molto. Qualche anno prima che fosse chiuso, nel tempo che si può considerare della massima decadenza, il convento aveva ancora, tra sacerdoti e laici, ventiquattro frati. Nel periodo del massimo splendore, quando, soprattutto nel secolo XVII, Orsoleo brillava per cultura e per ardore religioso, in tutta la Provincia monastica, essendo sede dello studio generale di teologia, il convento, tra padri, fratelli laici e giovani studenti, doveva avere una popolazione veramente considerevole.
Tutti questi frati vivevano, come si sa, in una zona totalmente isolata, priva di strade, sopra un colle chiuso, in gran parte, da un fittissimo bosco dalla parte rivolta a nord-ovest, e da profondi calanchi verso sud-ovest. Il convento si prestava, perciò, in modo particolare alla vita contemplativa e allo studio, ma dava meno occasione per un'attività pratica di apostolato, anche perché i paesi che lo circondavano erano, più che veri centri abitati, dei villaggi di campagna, ad eccezione di Sant'Arcangelo e di Senise, che, soprattutto in alcuni periodi, furono più popolosi e più importanti (3); perciò solo pochi padri potevano dedicarsi alle due attività più tipiche dell'apostolato francescano: la predicazione al popolo e l'ascolto delle confessioni.

L'orario della giornata era, ad Orsoleo, quello, piuttosto severo, di tutti i conventi dell'Osservanza, scandito dalle pratiche comuni e dalla recita (nel bel coro di noce dietro l'altare maggiore) delle ore canoniche: il Mattutino, che si cantava nelle ore notturne; Le Lodi, che si dicevano sul far dell'alba; e, prima o dopo la celebrazione della Messa conventuale, le Ore diurne: Prima, Terza, Sesta, Nona; ogni ora canonica era annunciata dal suono della campana. Verso la fine della giornata si recitava il Vespro e, a conclusione, compieta, con il canto suggestivo della "Salve Regina" o, secondo la diversità del tempo liturgico e delle stagioni dell'anno, di un'altra delle tante antifone mariane. E il canto che chiudeva, con il dolce saluto alla Madonna, il lavoro della giornata e la preghiera della sera, era sempre accompagnato dal suono lento e solenne del famoso campanone del Convento; e quel suono si diffondeva mesto e misterioso, ma, insieme, atteso e familiare, nel silenzio che avvolgeva ogni cosa alle prime ombre della sera, nella valle, sui colli, nei paesi vicini: lo udivano i pastori nelle masserie, i contadini che tornavano dai campi, le donne e i bambini; e tutti si segnavano devoti, come, fino a qualche anno fa, si era soliti, in questi paesi, quando si udiva il suono della campana alla fine della giornata.
Oltre che per la recita comune delle ore canoniche, i frati si trovavano insieme, nella sala capitolare, per discutere i vari problemi della comunità, e all'ora dei pasti. A refettorio non si parlava, si mangiava in silenzio ascoltando la lettura di qualche libro devoto o istruttivo che uno dei frati, a turno, faceva ad alta voce da un pulpito che, per questo, era messo nella sala in posizione adatta, perché tutti potessero sentire.
A refettorio si usava, fra l'altro, una pratica che sembra strana alla gente aliena dalla vita delle comunità religiose, ma che, in genere, era rispettata in tutti i conventi: si chiamava "la colpa". Prima della cena, nel refettorio pieno di frati, il superiore invitava uno dei presenti a esporre pubblicamente un proprio difetto, sul quale, poi, il superiore stesso faceva qualche riflessione per il bene di tutti.
Per il resto, ognuno svolgeva una propria attività, e, durante la giornata, chi si dedicava allo studio e all'insegnamento, chi alla cura delle anime, chi a qualche mestiere, chi al lavoro dei campi, chi alla questua per i paesi e per le campagne. Orsoleo era diventato, ormai, un centro importante, in cui i tanti frati che lo abitavano potevano esplicare le proprie attitudini e le proprie capacità sia intellettuali che pratiche. E, sebbene isolato e lontano dalle città e dalle grandi vie di comunicazione, il Convento era diventato, già a partire dal sec. XVI, uno dei più importanti della Regione, com'è provato anche dal fatto che vari ministri provinciali dell'Ordine furono eletti all'importante carica proprio nel convento di Orsoleo. La "Notitia Provinciae Observantiae Basilicatae", manoscritto della seconda metà del `600 pubblicato, come già è stato detto, dal P. A. Primaldo Coco, riporta, fra l'altro, i nomi dei ministri provinciali eletti, ovviamente, fino alla metà del sec. XVII quando fu redatto il manoscritto.
Il primo ministro provinciale eletto, con ogni probabilità, ad Orsoleo, e riportato dalla "Notitia", è riferito all'anno 1585: il nome è riportato, in verità, senza il luogo dell'elezione ma, trattandosi di un frate di Roccanova, è da ritenersi che l'elezione sia avvenuta nel vicino convento.
Ecco, nel facile latino della "Notitia", i nomi dei Ministri Provinciali eletti ad Orsoleo (4).
"Pater Frater Bernardinus a Roccanova Minister Provincialis in anno 1585...
Pater Frater Maximus a Pisticio Minister Provincialis, electus Ursolei, Die 7 Januarii 1618...
Pater Frater Archangelus a S. Archangelo Reformatus (5) Minister Provincialis electus Ursolei, Die 14 maii 1626.
Pater Frater Hilarius a Monte Albano, Minister Provincialis, electus Ursolei, Die 2 febbruarii 1644...
Pater Frater Bernardinus a S. Archangelo, Minister Provincialis electus Tursii, die 17 martii 1650 (6)...
Pater Frater Maximus Junior a Pisticio Vicarius Provinciae Ursolei electus, Die 6 ottobris 1657, et in Capitulo Titi caelebrato die 4 Ianuari 1658 in Ministrum Provincialem electus fuit ....
Pater Frater Alexander Latertia secunda vice, electus Ursolei, Die primo Augusti 1669.
Tutte queste elezioni fatte in Orsoleo sono una prova dell'importanza che il Convento aveva nella Provincia e, nello stesso tempo, della vivace attività che vi si svolgeva. Ma ciò che in modo particolare colpisce, soprattutto se si tien conto dell'isolamento del monastero, è il tenore della vita intellettuale. Orsoleo, infatti, sebbene lontano dai più importanti centri della vita religiosa, fu sede delle Studio generale teologico degli Osservanti della Provincia, e, come tale, frequentato dai giovani migliori della Congregazione e illustrato dall'insegnamento di valenti maestri. La "Notitia" ci riferisce (7) il nome di quattro di questi "Lectores generales Sacrae Theologiae in conventu Ursolei" nella prima metà del `600: P. Francesco da Tursi; P. Antonio da Pisticci; P. Alessandro da Pignola, che prima di venire ad Orsoleo, nel 1644, aveva insegnato teologia a Roma nel Seminario di S. Bartolomeo nell'isola Tiberina; P. Massimo da Pisticci.
Con una scuola di tanta importanza, è facile immaginare la vivacità intellettuale del Convento: gli studi, le discussioni, le dispute, le richieste di aggiornamento, cose tutte ovvie in un ambiente frequentato da giovani naturalmente inclini alla curiosità e attenti alle novità intellettuali che allora si diffondevano in ogni parte d'Europa. Ed è facile anche pensare alla ricchezza di libri che, ovviamente, dovevano trovarsi in un così importante centro di studi; e più dolorosa, perciò, risulta la perdita completa della biblioteca di Orsoleo, di cui (sembra impossibile) non è rimasta nemmeno una carta.
Ma, naturalmente, la vita di un monastero non era solo vita di studio e di preghiera; un grande convento era un centro di vita, per quanto possibile, autonomo: vi erano frati muratori, scalpellini, vasai, falegnami, incisori (8), tessitori, sarti, oltre, ovviamente, al sagrestano, al cuoco, all'infermiere. Ma il lavoro più comunemente esercitato dai frati di Orsoleo era quello dei campi, a cui, certamente, dovevano partecipare anche contadini dei dintorni. Orsoleo, infatti, era una grande azienda agricola, con un territorio di circa duecento ettari, senza contare orti e vigneti sparsi qua e là nella fertile vallata dell'Agri. Il Convento aveva un ricco oliveto, un grande orto murato di circa sei ettari con un pozzo e una grande vasca per l'allevamento dei pesci, un vigneto e vasti terreni da pascolo e seminativi. Vi si allevavano buoi, pecore, capre, maiali. Nell'interno vi erano un frantoio per le olive, una cantina ben attrezzata per la pigiatura dell'uva e la preparazione del vino, e una profonda grotta per la conservazione: di qui una scala interna portava direttamente al refettorio dei frati. Nei due chiostri vi erano due cisterne per l'acqua e, fuori dei fabbricati, una grande neviera; a poca distanza, una fontana celebre, fino a qualche decennio fa, per la purezza e la freschezza delle acque, e chiamata, in onore della Madonna, "la Gloriosa".
Il Convento era, dunque, molto ricco. Nel 1848, l'arcidiacono Nicola De Salvo, della Cattedrale di Tursi, poteva ancora scrivere: "Oltre le 40 parrocchie... si numerano in essa diocesi (di Tursi) nove conventi di Minori Osservanti. Di questi uno è posto in Tursi e presenta un ottimo fabbricato con una migliore chiesa, e quantunque possedesse un esteso giardino impiantato di olivi, con altri cespiti di introiti vi si vive da pochi frati meschinamente. Il migliore fra essi è quello di S. Maria di Orsoleo. Esso forma comunità perfetta, e vi si vive con agiatezza, potendosi dire convento di possidenti piuttosto che di mendicanti, perché possiede, contro lo spirito dell'Istituto, una, vasta tenuta in cui si alimenta ogni specie di industria e vi si esercita l'agricoltura. Di questa in conseguenza dalla regola se ne fa discolpa sulla ragione di trovarsi distante dai paesi contermini: e veramente dista dai Comuni più vicini: S. Arcangelo e Roccanova pel tratto di due miglia" (9).
Di Orsoleo, dunque, per la sua ricchezza, si parlava nei dintorni, con meraviglia poco confacente allo spirito di un Ordine che si dichiarava "mendicante". A Sant'Arcangelo si diceva, fra l'altro, scherzando, che, pur trovandosi, in un certo periodo, solo diciassette frati in Orsoleo, vi si macellassero ben diciotto maiali in un solo anno! Ma i frati di Orsoleo, come già accennava il De Salvo, si difendevano dall'accusa di essere troppo ricchi facendo notare che il Convento era lontano dai centri abitati e che doveva essere provvisto del necessario soprattutto durante il periodo invernale; e, inoltre, con la loro proverbiale generosità, che (in tempi in cui le comunicazioni erano difficili e i pericoli tanti, soprattutto di notte e in luoghi solitari, senza vere strade, ma solo con scomodi sentieri di campagna) faceva accogliere, con ospitale gentilezza, quanti bussassero alla loro porta. Questo aspetto simpatico dei frati di Orsoleo è ricordato da una breve iscrizione messa su una porticina restaurata nel 1836: Foris non mansit - Peregrinus - Ostium hoc viatori- Patuit - Instauratum 1836. Il passeggiero non rimase fuori, questa porta si aprì al viandante.
Del resto, come tutti sanno, la proprietà di tanti beni non era, ovviamente, dei singoli frati bensì della comunità tutta; e, d'altra parte, i frati stessi non stavano in ozio, ma lavoravano intensamente, dedicandosi ad attività di vario genere e sempre utili alla società: potevano, dunque, permettersi, senza eccedere, di vivere con una certa agiatezza.

lll
 

NOTE DEL CAPITOLO 6

1) M. A. Bochicchio, Conventi e ordini religiosi mendicanti maschili in Basilicata dal XVI al XVII sec...., ...., in Società e Religione in Basilicata..., cit., vol. II, p. 102.
2) G. Pennetti, op. cit., p. 20.
3) Per dare un'idea della popolazione della media valle dell'Agri e dell'abitato di Senise (non lontano da Orsoleo, pur essendo in una zona geografica e amministrativa diversa) si può osservare il seguente specchietto, relativo ad alcuni periodi particolari.

Anno        

1532 1561 1669 1794

1816

 
Sant'Arcangelo 615

940

1205 3704 3379   Abitanti
Senise 2010 2610 1150 2280 1504   Abitanti
Roccanova 275 450 300 1765 1926   Abitanti
Missanello 500 1915 250 833 341   Abitanti
Aliano 875 1620 560 1813 1455   Abitanti
Alianello 200 370 65 336 287   Abitanti

Cfr. - Società e Religione in Basilicata ... , - cit., p. 370 seg. - A. Filangieri, - Territorio e popolazione... - cit., pp. 341-343.
4) Il testo, pubblicato dal P. A. Primaldo Coco, op. cit. è riportato da G. N. Molfese in Memorie storiche... - cit. Per l'argomento in oggetto, cfr. p. 126 sg.
5) Questo P. Arcangelo da Sant'Arcangelo, che nel 1626 viene eletto Ministro Provinciale, doveva essere, con ogni probabilità, un frate del convento dei Riformati, che era stato aperto nel centro abitato di Sant'Arcangelo solo otto anni prima, nel 1618. Per qualche tempo i Ministri Provinciali furono comuni per gli Osservanti e per i Riformati. L'ultimo ministro provinciale comune per le due regole, in Basilicata, fu il P. G. Battista da Stigliano, dei Riformati, eletto a Rivello il 13 giugno 1638 (Molfese, op. cit., p. 128). In seguito si ebbero superiori diversi: uno per gli Osservanti, uno per i Riformati.
6) Era, certamente, un frate di Orsoleo eletto a Tursi nel convento di S. Francesco, uno dei più antichi della Basilicata, fondato nel 1441. Su questo convento cfr. R. Bruno, op. cit., pg. 265.
7) G. N. Molfese, op. cit., pg. 132.
8) Il coro stupendo del 1614, è, con ogni probabilità, opera di falegnami e incisori che erano frati del Convento. Del resto, fino a qualche anno fa, si poteva ancora osservare, nella sagrestia della Chiesa madre di Sant'Arcangelo, una "tròccula" (un antichissimo tipico strumento usato, per il suo caratteristico suono cupo, nella vecchia liturgia della Settimana Santa) in cui era inciso il nome del frate che l'aveva fatta nello stesso periodo in cui era stato scolpito il coro: Fra Prospero da Craco.
9) D'Avino, Cenni storici nelle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) delle Due Sicilie, Napoli, Ranucci, 1848, p. 726; cit. da P.L. Mattei-Ceraroli, op. cit., pp. 96-97.

 

 

  [ Home ]    [ Scrivici ]