VI° VITA DEL CONVENTO
Il convento di Orsoleo era uno dei più grandi, se non il più grande, nella
Regione.
Nel sec. XVI i conventi di Basilicata avevano, in media, una popolazione di
quattordici frati (1). Orsoleo, quando fu fondato, nel 1474, era già capace
di ventitrè frati (2); ma poi, si sa, fu ingrandito di molto. Qualche anno
prima che fosse chiuso, nel tempo che si può considerare della massima
decadenza, il convento aveva ancora, tra sacerdoti e laici, ventiquattro
frati. Nel periodo del massimo splendore, quando, soprattutto nel secolo
XVII, Orsoleo brillava per cultura e per ardore religioso, in tutta la
Provincia monastica, essendo sede dello studio generale di teologia, il
convento, tra padri, fratelli laici e giovani studenti, doveva avere una
popolazione veramente considerevole.
Tutti questi frati vivevano, come si sa, in una zona totalmente isolata,
priva di strade, sopra un colle chiuso, in gran parte, da un fittissimo
bosco dalla parte rivolta a nord-ovest, e da profondi calanchi verso
sud-ovest. Il convento si prestava, perciò, in modo particolare alla vita
contemplativa e allo studio, ma dava meno occasione per un'attività pratica
di apostolato, anche perché i paesi che lo circondavano erano, più che veri
centri abitati, dei villaggi di campagna, ad eccezione di Sant'Arcangelo e
di Senise, che, soprattutto in alcuni periodi, furono più popolosi e più
importanti (3); perciò solo pochi padri potevano dedicarsi alle due attività
più tipiche dell'apostolato francescano: la predicazione al popolo e
l'ascolto delle confessioni.
L'orario della giornata era, ad Orsoleo, quello, piuttosto severo, di tutti
i conventi dell'Osservanza, scandito dalle pratiche comuni e dalla recita
(nel bel coro di noce dietro l'altare maggiore) delle ore canoniche: il
Mattutino, che si cantava nelle ore notturne; Le Lodi, che si dicevano sul
far dell'alba; e, prima o dopo la celebrazione della Messa conventuale, le
Ore diurne: Prima, Terza, Sesta, Nona; ogni ora canonica era annunciata dal
suono della campana. Verso la fine della giornata si recitava il Vespro e, a
conclusione, compieta, con il canto suggestivo della "Salve Regina" o,
secondo la diversità del tempo liturgico e delle stagioni dell'anno, di
un'altra delle tante antifone mariane. E il canto che chiudeva, con il dolce
saluto alla Madonna, il lavoro della giornata e la preghiera della sera, era
sempre accompagnato dal suono lento e solenne del famoso campanone del
Convento; e quel suono si diffondeva mesto e misterioso, ma, insieme, atteso
e familiare, nel silenzio che avvolgeva ogni cosa alle prime ombre della
sera, nella valle, sui colli, nei paesi vicini: lo udivano i pastori nelle
masserie, i contadini che tornavano dai campi, le donne e i bambini; e tutti
si segnavano devoti, come, fino a qualche anno fa, si era soliti, in questi
paesi, quando si udiva il suono della campana alla fine della giornata.
Oltre che per la recita comune delle ore canoniche, i frati si trovavano
insieme, nella sala capitolare, per discutere i vari problemi della
comunità, e all'ora dei pasti. A refettorio non si parlava, si mangiava in
silenzio ascoltando la lettura di qualche libro devoto o istruttivo che uno
dei frati, a turno, faceva ad alta voce da un pulpito che, per questo, era
messo nella sala in posizione adatta, perché tutti potessero sentire.
A refettorio si usava, fra l'altro, una pratica che sembra strana alla gente
aliena dalla vita delle comunità religiose, ma che, in genere, era
rispettata in tutti i conventi: si chiamava "la colpa". Prima della cena,
nel refettorio pieno di frati, il superiore invitava uno dei presenti a
esporre pubblicamente un proprio difetto, sul quale, poi, il superiore
stesso faceva qualche riflessione per il bene di tutti.
Per il resto, ognuno svolgeva una propria attività, e, durante la giornata,
chi si dedicava allo studio e all'insegnamento, chi alla cura delle anime,
chi a qualche mestiere, chi al lavoro dei campi, chi alla questua per i
paesi e per le campagne. Orsoleo era diventato, ormai, un centro importante,
in cui i tanti frati che lo abitavano potevano esplicare le proprie
attitudini e le proprie capacità sia intellettuali che pratiche. E, sebbene
isolato e lontano dalle città e dalle grandi vie di comunicazione, il
Convento era diventato, già a partire dal sec. XVI, uno dei più importanti
della Regione, com'è provato anche dal fatto che vari ministri provinciali
dell'Ordine furono eletti all'importante carica proprio nel convento di
Orsoleo. La "Notitia Provinciae Observantiae Basilicatae", manoscritto della
seconda metà del `600 pubblicato, come già è stato detto, dal P. A. Primaldo
Coco, riporta, fra l'altro, i nomi dei ministri provinciali eletti,
ovviamente, fino alla metà del sec. XVII quando fu redatto il manoscritto.
Il primo ministro provinciale eletto, con ogni probabilità, ad Orsoleo, e
riportato dalla "Notitia", è riferito all'anno 1585: il nome è riportato, in
verità, senza il luogo dell'elezione ma, trattandosi di un frate di
Roccanova, è da ritenersi che l'elezione sia avvenuta nel vicino convento.
Ecco, nel facile latino della "Notitia", i nomi dei Ministri Provinciali
eletti ad Orsoleo (4).
"Pater Frater Bernardinus a Roccanova Minister Provincialis in anno 1585...
Pater Frater Maximus a Pisticio Minister Provincialis, electus Ursolei, Die
7 Januarii 1618...
Pater Frater Archangelus a S. Archangelo Reformatus (5) Minister
Provincialis electus Ursolei, Die 14 maii 1626.
Pater Frater Hilarius a Monte Albano, Minister Provincialis, electus
Ursolei, Die 2 febbruarii 1644...
Pater Frater Bernardinus a S. Archangelo, Minister Provincialis electus
Tursii, die 17 martii 1650 (6)...
Pater Frater Maximus Junior a Pisticio Vicarius Provinciae Ursolei electus,
Die 6 ottobris 1657, et in Capitulo Titi caelebrato die 4 Ianuari 1658 in
Ministrum Provincialem electus fuit ....
Pater Frater Alexander Latertia secunda vice, electus Ursolei, Die primo
Augusti 1669.
Tutte queste elezioni fatte in Orsoleo sono una prova dell'importanza che il
Convento aveva nella Provincia e, nello stesso tempo, della vivace attività
che vi si svolgeva. Ma ciò che in modo particolare colpisce, soprattutto se
si tien conto dell'isolamento del monastero, è il tenore della vita
intellettuale. Orsoleo, infatti, sebbene lontano dai più importanti centri
della vita religiosa, fu sede delle Studio generale teologico degli
Osservanti della Provincia, e, come tale, frequentato dai giovani migliori
della Congregazione e illustrato dall'insegnamento di valenti maestri. La
"Notitia" ci riferisce (7) il nome di quattro di questi "Lectores generales
Sacrae Theologiae in conventu Ursolei" nella prima metà del `600: P.
Francesco da Tursi; P. Antonio da Pisticci; P. Alessandro da Pignola, che
prima di venire ad Orsoleo, nel 1644, aveva insegnato teologia a Roma nel
Seminario di S. Bartolomeo nell'isola Tiberina; P. Massimo da Pisticci.
Con una scuola di tanta importanza, è facile immaginare la vivacità
intellettuale del Convento: gli studi, le discussioni, le dispute, le
richieste di aggiornamento, cose tutte ovvie in un ambiente frequentato da
giovani naturalmente inclini alla curiosità e attenti alle novità
intellettuali che allora si diffondevano in ogni parte d'Europa. Ed è facile
anche pensare alla ricchezza di libri che, ovviamente, dovevano trovarsi in
un così importante centro di studi; e più dolorosa, perciò, risulta la
perdita completa della biblioteca di Orsoleo, di cui (sembra impossibile)
non è rimasta nemmeno una carta.
Ma, naturalmente, la vita di un monastero non era solo vita di studio e di
preghiera; un grande convento era un centro di vita, per quanto possibile,
autonomo: vi erano frati muratori, scalpellini, vasai, falegnami, incisori
(8), tessitori, sarti, oltre, ovviamente, al sagrestano, al cuoco,
all'infermiere. Ma il lavoro più comunemente esercitato dai frati di Orsoleo
era quello dei campi, a cui, certamente, dovevano partecipare anche
contadini dei dintorni. Orsoleo, infatti, era una grande azienda agricola,
con un territorio di circa duecento ettari, senza contare orti e vigneti
sparsi qua e là nella fertile vallata dell'Agri. Il Convento aveva un ricco
oliveto, un grande orto murato di circa sei ettari con un pozzo e una grande
vasca per l'allevamento dei pesci, un vigneto e vasti terreni da pascolo e
seminativi. Vi si allevavano buoi, pecore, capre, maiali. Nell'interno vi
erano un frantoio per le olive, una cantina ben attrezzata per la pigiatura
dell'uva e la preparazione del vino, e una profonda grotta per la
conservazione: di qui una scala interna portava direttamente al refettorio
dei frati. Nei due chiostri vi erano due cisterne per l'acqua e, fuori dei
fabbricati, una grande neviera; a poca distanza, una fontana celebre, fino a
qualche decennio fa, per la purezza e la freschezza delle acque, e chiamata,
in onore della Madonna, "la Gloriosa".
Il Convento era, dunque, molto ricco. Nel 1848, l'arcidiacono Nicola De
Salvo, della Cattedrale di Tursi, poteva ancora scrivere: "Oltre le 40
parrocchie... si numerano in essa diocesi (di Tursi) nove conventi di Minori
Osservanti. Di questi uno è posto in Tursi e presenta un ottimo fabbricato
con una migliore chiesa, e quantunque possedesse un esteso giardino
impiantato di olivi, con altri cespiti di introiti vi si vive da pochi frati
meschinamente. Il migliore fra essi è quello di S. Maria di Orsoleo. Esso
forma comunità perfetta, e vi si vive con agiatezza, potendosi dire convento
di possidenti piuttosto che di mendicanti, perché possiede, contro lo
spirito dell'Istituto, una, vasta tenuta in cui si alimenta ogni specie di
industria e vi si esercita l'agricoltura. Di questa in conseguenza dalla
regola se ne fa discolpa sulla ragione di trovarsi distante dai paesi
contermini: e veramente dista dai Comuni più vicini: S. Arcangelo e
Roccanova pel tratto di due miglia" (9).
Di Orsoleo, dunque, per la sua ricchezza, si parlava nei dintorni, con
meraviglia poco confacente allo spirito di un Ordine che si dichiarava
"mendicante". A Sant'Arcangelo si diceva, fra l'altro, scherzando, che, pur
trovandosi, in un certo periodo, solo diciassette frati in Orsoleo, vi si
macellassero ben diciotto maiali in un solo anno! Ma i frati di Orsoleo,
come già accennava il De Salvo, si difendevano dall'accusa di essere troppo
ricchi facendo notare che il Convento era lontano dai centri abitati e che
doveva essere provvisto del necessario soprattutto durante il periodo
invernale; e, inoltre, con la loro proverbiale generosità, che (in tempi in
cui le comunicazioni erano difficili e i pericoli tanti, soprattutto di
notte e in luoghi solitari, senza vere strade, ma solo con scomodi sentieri
di campagna) faceva accogliere, con ospitale gentilezza, quanti bussassero
alla loro porta. Questo aspetto simpatico dei frati di Orsoleo è ricordato
da una breve iscrizione messa su una porticina restaurata nel 1836: Foris
non mansit - Peregrinus - Ostium hoc viatori- Patuit - Instauratum 1836. Il
passeggiero non rimase fuori, questa porta si aprì al viandante.
Del resto, come tutti sanno, la proprietà di tanti beni non era, ovviamente,
dei singoli frati bensì della comunità tutta; e, d'altra parte, i frati
stessi non stavano in ozio, ma lavoravano intensamente, dedicandosi ad
attività di vario genere e sempre utili alla società: potevano, dunque,
permettersi, senza eccedere, di vivere con una certa agiatezza.
lll
NOTE DEL CAPITOLO 6
1) M. A. Bochicchio, Conventi e ordini religiosi mendicanti maschili in
Basilicata dal XVI al XVII sec...., ...., in Società e Religione in
Basilicata..., cit., vol. II, p. 102.
2) G. Pennetti, op. cit., p. 20.
3) Per dare un'idea della popolazione della media valle dell'Agri e
dell'abitato di Senise (non lontano da Orsoleo, pur essendo in una zona
geografica e amministrativa diversa) si può osservare il seguente
specchietto, relativo ad alcuni periodi particolari.
Anno |
1532
|
1561
|
1669
|
1794
|
1816
|
|
Sant'Arcangelo |
615
|
940
|
1205 |
3704 |
3379 |
Abitanti |
Senise |
2010 |
2610 |
1150 |
2280 |
1504 |
Abitanti |
Roccanova |
275 |
450 |
300 |
1765 |
1926 |
Abitanti |
Missanello |
500 |
1915 |
250 |
833 |
341 |
Abitanti |
Aliano |
875 |
1620 |
560 |
1813 |
1455 |
Abitanti |
Alianello |
200 |
370 |
65 |
336 |
287 |
Abitanti |
Cfr. - Società e Religione in
Basilicata ... , - cit., p. 370 seg. - A. Filangieri, - Territorio e
popolazione... - cit., pp. 341-343.
4) Il testo, pubblicato dal P. A. Primaldo Coco, op. cit. è riportato da G.
N. Molfese in Memorie storiche... - cit. Per l'argomento in oggetto, cfr. p.
126 sg.
5) Questo P. Arcangelo da Sant'Arcangelo, che nel 1626 viene eletto Ministro
Provinciale, doveva essere, con ogni probabilità, un frate del convento dei
Riformati, che era stato aperto nel centro abitato di Sant'Arcangelo solo
otto anni prima, nel 1618. Per qualche tempo i Ministri Provinciali furono
comuni per gli Osservanti e per i Riformati. L'ultimo ministro provinciale
comune per le due regole, in Basilicata, fu il P. G. Battista da Stigliano,
dei Riformati, eletto a Rivello il 13 giugno 1638 (Molfese, op. cit., p.
128). In seguito si ebbero superiori diversi: uno per gli Osservanti, uno
per i Riformati.
6) Era, certamente, un frate di Orsoleo eletto a Tursi nel convento di S.
Francesco, uno dei più antichi della Basilicata, fondato nel 1441. Su questo
convento cfr. R. Bruno, op. cit., pg. 265.
7) G. N. Molfese, op. cit., pg. 132.
8) Il coro stupendo del 1614, è, con ogni probabilità, opera di falegnami e
incisori che erano frati del Convento. Del resto, fino a qualche anno fa, si
poteva ancora osservare, nella sagrestia della Chiesa madre di
Sant'Arcangelo, una "tròccula" (un antichissimo tipico strumento usato, per
il suo caratteristico suono cupo, nella vecchia liturgia della Settimana
Santa) in cui era inciso il nome del frate che l'aveva fatta nello stesso
periodo in cui era stato scolpito il coro: Fra Prospero da Craco.
9) D'Avino, Cenni storici nelle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie
(nullius) delle Due Sicilie, Napoli, Ranucci, 1848, p. 726; cit. da P.L.
Mattei-Ceraroli, op. cit., pp. 96-97. |