SOMMARIO STORICO 1266-1927
Reame di Napoli e Regno d'italici
Serie cronologica degli ex baroni e vicende feudali del Comune con
riferimenti alle case regnanti.
MOTI POLITICI
«. . . . ritenga frattanto la memoria degli uomini che in poco più di tre
secoli e mezzo (in Napoli) quattro case, centidue re, senza contare i
transitori dominii di Lodovico re d'Ungheria, del Papa Innocenzo IV, di
Giacomo d'Aragona e di Carlo VIII: ritenga che per pochi tempi di pace si
tollerarono lunghi anni di guerra; che per travagli sì grandi avanzò la
civiltà; che in tanti mutamenti fu osservato esser vizio de' Napoletani la incostanza politica, ossia l'odio continuo del presente e 'l continuo
desiderio del nuovo stato; cagioni ed effetti delle sue miserie».
P. COLLETTA : Storia dei Reame di Napoli, libro I. |
CASE D'ANGIÒ E DURAZZO 1266-1435
Carlo d'ANGIÒ fu coronato nel 1265 in Roma da Papa Clemente IV, da lui
chiamato Re delle Due Sicilie e proclamato senatore nel 1266. Con
l'uccisione di Corradino di Svevia nel 1263, la stirpe degli Angioini si
stabilì in Italia, portò la sede reale da Palermo a Napoli e dominò per 175
anni con sei re e due regine.
Cario II, coronato nel 1289, morì nel 1309.
Roberto, suo fratello secondogenito, ottenne la corona per favore dei suoi
baroni e del Pontefice Clemente V, che portò la sede papale ad Avignone. Fu
protettore di letterati, voleva unificare l'Italia, ma fallì nell'opera
(1309 1343).
Andrea d'Ungheria, marito di Giovanna I, e da questa fatto assassinare:
1343.
Giovanna I (1343 1382) morì soffocata per opera di Carlo DURAZZO.
Lotta fra i Durazzo e i d'Angiò fino al 1399. Luigi d'Angiò tornò in Italia
nel 1415 e sconfisse Ladislao presso Roccasecca.
Carlo III (1399 1414) e il figlio Ladislao I, molto amati dai grandi baroni,
come gli Orsini e i Sanseverino.
Terminò il regno degli Angioini con Giovanna II, che, succeduta al fratello
Ladislao, adottò per figlio Alfonso V, re d'Aragona e di Sicilia Nel 1420, e
nel 1423 adottò per figlio e successore Luigi d'Angiò. Giovanna II morì nel
1434. Dal 1434 al 1442: guerra di successione tra Alfonso d'Aragona, il papa
Eugenio IV e Renato d'Angiò.
Alfonso si amicò con Filippo Maria, duca di Milano, e col suo aiuto prese
possesso dei reame di Napoli (1442). |
Nel 1268 Guidone de Foresta, venne investito del feudo di Brindisi col
titolo: Primus Dominus Brundusii de Montanea, et Ansiae, paese limitrofo.
Nel 1280 Gerardo de Divort risulta possessore di Brindisi, di Ansi e di
Archie: «donatio facto Gerardo de Divort de Terris Ansiae et Brundusii de
Monte».
Nel 1284 passò il feudo ad Aegillo di Belmonte, e, morto costui senza eredi,
se ne rese padrone il R. Fisco: come si legge nel fascicolo 10, fol. 132 del
R. Archivio: la rubrica così comincia: «Pro revocandis Castris Ansiae, et
Brundusii . . . . »
Nel 1414 signore di Brindisi fu Baldassarre La Zatta (o della Rat) conte di
Caserta (Ved. cedolario del 1815 «Reginae Ioanna II» fasc. 93 fol. 175). Il
conte fu dichiarato ribelle dal Re Angioino. Un Conte di casa Laratta fu
governatore del Regno dal 1436 e poi giustiziere sino al 1442. |
CASA D'ARAGONA DI SPAGNA 1442-1503
Alfonso V d'Aragona e I di Napoli, magnanimo e sincero, amante del popolo a
cui procurò pace e prosperità, mori nel 1458.
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Antonio Sanseverino, V conte di Tricarico, chiamato da tutti Antonello,
possedette Brindisi per usurpazione nel 1449. Nel 1450 ne fece donazione al
figlio Luca VI, conte di Tricarico. (Quinterone 1' fol. 163). |
Il terremoto 5 del dicembre 1456 (ore 11 di notte), ripetutosi il 30
successivo (ore 16), distrusse Brindisi completamente. Molte altre castella
e città rimasero ruinate, negli Abruzzi e nel Napoletano; nella Lucania,
Acerenza, Venosa, Atella, Melfi; Napoli fu gravemente danneggiata nelle
chiese e nei monumenti. Il numero dei morti nel regno fu certamente di
40000, secondo il Summonte, sebbene Giovan Francesco Bascano nelle sue
Memorie lo ritenesse di 60000 ed altri di 30000. La estesa e terribile
ruina, così grave come mai, fu anche sommariamente riferita dallo storico
Angelo di Costanzo (libro 19, pag. 466), dagli annalisti Zorita e
Callenuccio e da altri scrittori napoletani. |
Ad Alfonso I successe, con l'assenso del Parlamento napoletano, Ferdinando
1° e 3° d'Aragona, suo figlio naturale, che, odiato dal popolo, mori nel
1494.
ALFONSO II, rinunziò al trono in favore di suo figlio FERDINANDO II, che nel
1495 lo lasciò nelle mani del trionfatore CARLO VIII (morì nel 1498 ).
FERDINANDO dopo alcuni mesi riacquistò il regno; mori nel 1496.
Gli successe lo zio FEDERIGO, che nel 1501 morì in Francia; ove era stato
accompagnato dal suo amico fedele Iacopo Sannazzaro, poeta.
Nel 1503 i Francesi furono cacciati dal Regno di Napoli.
Gli Aragonesi dominarono sino al 1503, e fino al 1501 secondo il Colletta,
il quale dice di essi: stirpe superba e crudele, mosse o respinse molte
guerre, abbattè le case più nobili e più potenti del Regno, impoverì
l'erario, suscitò tra i baroni gli umori di parte. |
Luca Sanseverino comperò nel 1465 il principato di Bisignano da Ferdinando I
per ducati 22.000 ed ebbe pel primo della sua casa il titolo di Principe di
Bisignano.
Girolamo, figlio di Luca, e per altre ragioni infelice, fu secondo principe;
ereditò il feudo di Brindisi nel 1472. (ved. quinternone 1°). Ribelle a
Ferdinando I, come leggesi nella Congiura dei Baroni descritta da Camillo
Porzio, gli fu dallo Stato tolto il feudo che gli venne restituito nel 1475.
Anche il principe Bernardino, figlio di Girolamo, fu ribelle al suo re, per
cui i suoi beni furono distribuiti ad altri.
Il buon re Federigo, appena salito al trono, concesse alla famiglia
Sanseverino ampio privilegio. Nell'atto di concessione non è menzionato
Brindisi di Montagna, ma Brindisi in terra d'Otranto (quinternone 2° foglio
154) Pietro Villani, però, incluse Brindisi nella rassegna dei feudi che
fece pel R. Fisco. |
DUCA D'ORLEANS DI FRANCIA 1501-1503
Pel trattato segreto concluso a Granata (Spagna) nel novembre del 1500 il
Regno di Napoli fu diviso fra Luigi XII, cugino di Carlo VIII, e Ferdinando
il Cattolico, zio del buon re Federigo. |
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DOMINO SPAGNUOLO 1503-1516
Dopo la disfida di Barletta (13 febbraio 1503) e la disfatta di Cerignola e
di Gaeta il Regno rimase a Ferdinando il Cattolico, che mori nel 1516.
DON PEDRO DI TOLEDO fu vicerè per 14 anni. Il Regno diventò vicereame e fu
afflitto e dissanguato per due secoli dallo sgoverno di vicerè parassiti e
partigiani.
Giovanna III fu acclamata regina nel 1516. |
Nel 1504 il feudo di Brindisi risulta dal Cedolario passato a Loyse Dentia,
Barone di Viggiano.
Nel 1505 la Rettorìa di S. Demetrio, nell'agro di Brindisi, fu eretta in
Grancia (1) dai Padri Certosini di Padula, per proposta fatta dal Rettore
Gerardo Curch, detto Dionisio Canonico Potentino, al Pontefice Giulio II, il
quale la incorporò, con sua bolla, alla Sagrestia dei Certosini. Fra i Padri
e Bernardino Sanseverino nacque controversia di proprietà sul terreno della
Grancia e terminò con una transazione nel 1512.
Nel 1513 Giovanni Maria, Comite (2) di Salerno, possedette Brindisi per
contratto di pegno effettuato con Bernardino per la somma di ducati 2500. A
Giovanni Maria successe il fratello Pietro; ma i Padri Certosini di Padula
nel 1514 curarono il riscatto della Grancia. |
DOMINIO AUSTRIACO SPAGNUOLO 1517-1734
CARLO V, figlio di Filippo il Bello, arciduca d'Austria e di Giovanna la
Pazza, successe nella Spagna e nelle Due Sicilie a Ferdinando d'Aragona
(1516). Ottenne nel 1519 la corona di Allemagna, contesagli da Francesco I,
re di Francia, e fu il primo ad intitolarsi imperatore: i suoi predecessori
dicevansi Re dei Romani ed Imperatori eletti.
Nel 1528 i Francesi assediarono Napoli.
Congresso a Bologna ( 1530) di assetto politico: Napoli, Sicilia e Sardegna
alla Spagna.
Nel 1535 CARLO V ordinò una spedizione in Albania; a capo di essa mandó
Andrea Doria, che occupó Corona e Patrasso.
CARLO V nel 1556 abdicò al regno in favore del figlio Filippo, e mori nel
1558.
FILIPPO II di Spagna fu debole, alieno da pericoli guerreschi. Dopo il 1559
non uscì dal Castello di Madrid: corrispondeva direttamente con le spie;
dava ai suoi vicerè e governatori un potere stragrande e la superbia e
l'ignoranza di costoro rese intollerabile il regime spagnuolo.
-Il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana, al comando supremo di Don Giovanni
d'Austria; fratello del Re di Spagna, Filippo, inflisse alla flotta turca,
capitanata dal generalissimo Alì, da Meamette e da Uscialì, la più tremenda
delle perdite nelle acque di Curzolari e di Lepanto.
- Nel 1590 Filippo II, il Papa, Carlo Emanuele I di Savoia e i Guisardi
formarono la LEGA SANTA.
- Nel 1598 fu conclusa la pace definitiva di Werwins tra Enrico IV dei
Borboni, re di Francia, e Filippo II.
Filippo II mori nel 1621.
Filippo IV di Spagna successe a Filippo II nel regno di Napoli,ove era quale
vicerè il Duca Don Rodriguez d'Arcos, inarrivabile nella mania fiscale,
quando avvenne la rivolta di Masaniello (1647). Costui fu ucciso dopo un
breve periodo di regno, Napoli ricadde nel 1648 sotto la dominazione
spagnuola e nel 1656 fu travagliata da altri torbidi.
Filippo IV morì nel 1665.
- Carlo II, nato nel 1661, successe al padre all'età di 4 anni e fu ultimo
re della crudele dinastia austro spagnola: regnò sino al 1700 (3).
Durante il periodo 1517 1734 mutarono gli ordini politici. Per magistrato
novello, detto Consiglio Collaterale, gli antichi magistrati decaddero di
autorità e di grido. La grandezza dei ministri di stato scemó, gli uffiziali
della reggia restarono di solo nome, l'esercito sciolto, l'armata serva
dell'armata e del commercio spagnuolo; la finanza esattrice risiedeva nel
regno e fuori la dispensiera del denaro e di benefizii. I feudatarii
abbassati senz'armi, e i nobili avviliti dal consorzio di nuovi principi,
duchi per titoli comprati. I seguaci di parte angioina, benché tornati per
accordo di pace agli antichi possessi, ricevevano poco e tardi; erano
spogliate le parti sveva e aragonese; ghibellini e guelfi al modo stesso
travagliati.
La superbia di Roma rinvigoriva: tutto andò alla peggio. Due secoli di
servitù provinciale.» ( Colletta pag. 37 lib. I ) |
Pietrantonio Sanseverino IV, principe di Bisignano, fu assai rinomato. Il 20
dicembre 1520 ottenne da Carlo V in Civitate Normantiae la conferma del
privilegio concesso dal Re Federigo d'Aragona nel 1496. Ebbe due mogli; con
la prima, Giulia Orsino, procreò due figlie, Eleonora e Felicia; con la
seconda Erina o Irene,nipote dl Giorgio Castriota, Scanderberg, procreò
Bernardino.
Tra il 1534 e il 1536 una colonia di Albanesi, della città di Corona, per
intercessione di Irene, col favore di Carlo V, fu accolta da Pietrantonio
Sanseverino, allogata in parte nella terra di Brindisi e unita agli abitanti
indigeni, superstiti del terremoto del 1456. Molte altre famiglie albanesi
seguirono Irene in Calabria, ove fondarono altri paesi, là ove il Principe
di Bisignano aveva vasti possessi.
Nicolò Berardino V, principe dl Bisignano (1562), a cui il celebre Barrio
dedicò l'opera: «De Sila, et antiquitate Calabriae», fu detto il prodigo. In
fatto, la sua prodigalità fu tanta che, per le sole terze non pagate, in
pochi anni contrasse un debito di poco meno di centomila ducati. I suoi
curatori gli fecero vendere 25 feudi che erano stati valutati 771.800
ducati. Giovan Carlo Sanfelice, in assenza di Adriano di Acquaviva conte di
Conversano, fu dal vicerè nominato curatore dei beni di Stato e quindi anche
di quelli di Nicolò Bernardino; vendè ad Ovidio des Alvarios, d'Erario di
Tolve, i feudi di Albano e di Brindisi per ducati 32500: risulta da
istrumento rogato il 3 luglio 1606 da Grimazio Amadeo di Napoli.
Nel 1608 ad Ovidio d'Erario successe il figlio Camillo.
Nel 1610, ad istanza di creditori dei d'Erario, il feudo di Albano fu
venduto al Ruggeri e quello di Brindisi a FERDINANDO PARISI DI MOLITERNO
«sub hasta Sacri Concili!» per ducati 1700. Brindisi passò ai successori del
Parisi: a Troilo nel 1612, a Lelio nel 1620 ed a Giuseppe nel 1632.
Nel 1634, ad istanza di creditori di Lelio Parisi, Brindisi fu di nuovo
venduto sub hasta Sacri concilii; acquirente per ducati 18000 fu Antinori
don Flaminio: risulta da istrumento rogato dal notaro Salvatore Crispino di
Napoli.
L'Antinori acquistò anche il diritto della Camera e la gabella della Camera,
detto jus legistri, per cui derivava alla sua famiglia il privilegio d'aver
un Presidente di Camera per delegato in tutte le controversie. Geronimo
Antinori nel 1653 ebbe Brindisi in donazione dallo zio Flaminio. A Geronimo
successe per atto di donazione il figlio Domenico Antonio nel 1668; costui
usurpò il titolo di duca di Brindisi, ebbe per moglie Donna Maria Caracciolo
di Napoli.
Contro Flaminio nel 1675 il Comune produsse alcuni capi di gravezze che
furono discussi dal Presidente Odierna.
Successe Don Giuseppe, che mori nel 1691, e poi il figlio primogenito
Flaminio, e, morto costui, il secondogenito Don Geronimo. |
RITORNO DEGLI ANGIOINI 1700-1707
Filippo V, di Francia, fu acclamato re per testamento di Carlo II sul finire
del 1700. Regnò per 7 anni. La sua statua in bronzo, eretta in Napoli nel
1702, fu spezzata e buttata in mare nel 1705. |
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DOMINIO AUSTRIACO 1707-1734
- Giuseppe d'Austria, figlio dell'Imperatore Leopoldo, s'impadronì del regno
napoletano (1707 1710).
- Carlo VI (terzo di Spagna) successe al fratello Giuseppe, morto nel 1710.
Il suo regno fu consolidato con la pace di Utrecht nel 1713 e finì nel 1734.
Egli morì nel 1740.
Serie dì vicerè : il Conte Daun, poi il cardinale Vincenzo Grimani, veneto,
che morì nel 1710; il Conte Carlo Borromeo, milanese; di nuovo Daun con
Carlo VI, seguirono il Conte Gallas e il cardinale Scrotembach.
Tra il 1720 e il 1730 non avvennero in Napoli fatti memorabili per volontà
di popolo, ma tragici per convulsione di elementi naturali; terremoti,
eruzioni vulcaniche, diluvii ed altre meteore distruggitrici. |
Don Geronimo Antenori morì tragicamente; prima di morire chiamò a
succedergli il R. Fisco, che pel decreto 7 luglio 1735 prese legalmente
possesso del feudo. Don Gioacchino, fratello, sperimentò azione di
rivendica, recuperò il feudo e chiamò a parte del possesso il nipote
Giuseppe Domenico nel 1740.
Costui, perché figlio di una popolana, Margherita Scura, fu detto degenere,
e perché diseredato dallo zio fu ritenuto usurpatore. Per le sue doti
personali lasciò buon nome. |
I BORBONI DI SPAGNA 1735-1806
- Verso la fine del 1735 venne di Spagna Carlo III di Borbone; trovò lo
stato napoletano in pessime condizioni; la breve dominazione austriaca lo
aveva maggiormente prostrato. Per ristorarlo molto bisognava fare: frenare
nobiltà e clero, levar di mezzo gravi abusi, infondere nuova vita in tutti
gli ordini dello stato, promuovere la ricchezza e l'istruzione. In fatto,
specialmente per opera del Ministro Tannucci, toscano, le condizioni del
regno furono migliorate.
Finì la guerra per la successione d'Austria con la pace di Aquisgrana nel
1748.
Nel 1759 Carlo III, chiamato al trono di Spagna, lasciò il regno di Napoli
al suo terzogenito Ferdinando di appena 8 anni. Questi crebbe ingnorante;
per l'ambizione della regina Carolina e per l'indifferenza del re il
Tannucci venne licenziato: le cose del regno regredirono. Carlo III morì nel
1778.
Nel novembre 1798 Ferdinando IV si mosse contro i Francesi: sconfitto, fuggì
in Sicilia.
Il 23 Gennaio 1799 fu proclamata la repubblica partenopea.
Nell'agosto del 1799 furono restaurati gli antichi governi in Napoli, Roma,
Toscana e Piemonte. Ferdinando IV tornò a Napoli col cardinale Ruffo, e,
violando i patti stabiliti, insanguinò il regno con innumerevoli uccisioni.
Nelle provincie morirono in modo violento, spesso crudele, 4000 persone,
quasi tutte eminenti o per lignaggio, o per dottrina, o per virtù. Nel 1806
Ferdinando IV, cacciato da Napoli dai Francesi, si ritirò di nuovo in
Sicilia.
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Contro il Duca Giuseppe Domenico il Comune dedusse 33 capi di gravezze, che
furono discusse dal presidente Mauri nel 1751; ma quegli istituì un fide
commesso (4) e s'intitolò duca di Brindisi e Pietra Morella.
Nel 1791, il 15 novembre, la R. Camera spedì un'ordinanza contro la Certosa
di S. Lorenzo di Padula per l'esibizione del titolo di molti corpi feudali,
e tra essi alcuni per la Grancia di S. Demetrio, di cui era attuario
Bartolomeo Scarola.
Nel 1767 a Giuseppe Domenico Antinori era succeduto il figlio Flaminio III,
ed a costui, nel 1773, Giuseppe, il quale, uscito di tutela il 7 luglio
1791, assunse il titolo di duca. Per insistenze del Comune, d'accordo con
gli zii, riconobbe alcuni capi di gravezze mediante pubblico istrumento,
rogato il 28 febbraio 1805 dal notar Lauro di Napoli.
I deputati del Comune, Mangoni e Pelosa, non paghi di ciò, insistettero
nelle richieste, sicché ottennero il riconoscimento di ben nove capi di
gravezze (vedasi i strumento di transazione redatto dal notar Michele
Arcangelo Vignoli di Napoli l'8 aprile successivo). |
DINASTIA BONAPARTE 1805-1815
- Il 30 marzo 1806 Napoleone Bonaparte dette a suo fratello Giuseppe il
trono delle Due Sicilie.
Nel 1808 Giuseppe Bonaparte andò Re in Ispagna, e Gioacchino Murat, cognato
di Napoleone, assunse il governo di Napoli.
Nel 1814 Napoleone rinunciò all'impero, gli austriaci principi ritornarono
nei loro stati.
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Il nostro rappresentante Gerardo Mangone inneggiò al felice regno ed al
governo legittimo di Giuseppe Bonaparte, che rendeva immortale il suo nome
con l'abolizione della feudalità e con la legge del 2 agosto 1806.
Tra il 1806 e il 1808 fu soppresso l'ordine dei Certosini e la Grancia fu
incorporata allo Stato.
Il Re Giuseppe Napoleone il 14 novembre 1807, per derimere le controversie
fra gli ex baroni ed i comuni, decretò la nomina d'una Commissione, alla
quale i deputati Don Gerardo Mangone, Don Giovanni Plescia, preti, e
l'avvocato Pelosa presentarono le ragioni del nostro Comune.
Don Giuseppe Antinori cedè il feudo al cognato Francesco Paolo Battaglia di
Anzi; con istrumento 8 luglio 1811 del notar Filitti. |
RITORNANO I BORBONI 1815-1860
- Caduto il Murat, nel maggio 1815, Ferdinando di Borbone fu proclamato 3°
re di Napoli, 4° di Sicilia e 1° della Due Sicilie, e pel trattato di Vienna
(atto finale 9 giugno) ritornò a Napoli.
Il 18 giugno cadde Napoleone a Waterloo; nell'ottobre successivo il Murat,
sbarcato a Pizzo in Calabria e fatto prigioniero, fu fucilato.
Nel 1820 il segreto lavorìo dei Carbonari esplose in sollevazione a Napoli;
il re diede la costituzione, che ritirò nel 1821, facendosi difendere dalle
armi austriache.
Ferdinando I, diventato più cattivo e più crudele, morì a 75 anni, dopo 65
di regno. Gli successe Francesco I, che morì ben presto: l'8 novembre 1830.
- Da tale data al 2 ottobre 1859 fu re delle Due Sicilie Ferdinando II, che
finse moderazione, ma fu duro nel governo, perché temeva che í moti
rivoluzionarii delle altre regioni d'Italia si estendessero al Napoletano ed
alla Sicilia. Oppresse i fautori di libertà.
Nel 1844 i fratelli Bandiera, veneziani, tentarono di sommuovere le
Calabria, ma furono arrestati e suppliziati.
La Sicilia sul principio del 48 si sollevò a si staccò dal Napoletano.
Ferdinando II per non perdere il resto del regno, diede la costituzione per
la seconda volta: il 29 gennaio; dopo la disfatta di Carlo Alberto, a Novara
il 23 marzo 1849 ricuperò la Sicilia, e, facendosi spergiuro, revocò la
costituzione. Disumano verso gl'imprigionati per motivi politici, soffocò
nel sangue e distrusse negli incendii le manifestazioni di libertà : meritò
il nomignolo di Re Bomba. Nel 1856 il soldato Ageslao Milano attentò alla
sua vita e venne fucilato. Nel giugno 1857 sbarcò a Sapri il patriota Carlo
Pisacane, che finì nei piani di Padula tra la furia selvaggia della
plebaglia.
Ferdinando II, stanco e rattristato, si ritirò a Caserta, ove morì nel
maggio 1859. Gli successe il giovane figlio Francesco II (Francischiello)
che ereditò odii accumulati dalla tirannide e dalla ferocia, e, vedendosi in
pericolò, diede la costituzione il 26 giugno 1860: il 4 aprile a Palermo era
scoppiata una sollevazione, che in breve si era estesa a quasi tutta
l'isola; l'11 maggio Garibaldi con i suoi mille volontarii era sbarcato a
Marsala, il 19 agosto attraversò lo stretto di Messina e si avanzò
trionfante verso le Calabrie, per la Basilicata, dal Fortino di Lagonegro ad
Auletta, e il 7 settembre entrò in Napoli. Il re era partito per Gaeta.
Nella battaglia campale presso il Volturno, ove si erano riuniti i
garibaldini e i soldati piemontesi, nei giorni 1 e 2 ottobre ebbe la peggio
l'esercito del Borbone. Il 21 ottobre Garibaldi consacró con l'esito
imponente del plebiscito la liberazione delle Due Sicilie. Il 29 ottobre
Vittorio Emanuele I, e Garibaldi s'incontrarono a Caianello e il 3 novembre
entrarono insieme a Napoli.
Francesco di Borbone capitoló nel febbraio 1861 e da Roma scatenò il
flagello del brigantaggio. |
Nel maggio 1809 i fratelli Ferdinando e Luigi Blasi avevano acquistato dal
R. Fisco la Grancia, senza la contrada di Pietra Morella (Sativo S.
Demetrio). Col ritorno dei Borboni i padri Certosini ripresero la parte
invenduta, il Sativo, e la tennero fino al 1848: espulsi, vi ritornarono
padroni fino al 1860, anno in cui i beni furono definitivamente incamerati.
Verso il 1830 l'ex feudo passò dai signori Battaglia a Don Arcangelo
Fittipaldi di Anzi, ed il 29 Maggio 1849 al figlio di costui, Don Peppino.
Per lungo tempo le contese feudali rimasero sopite.
MOTI POLITICI
Nel 1848 vi fu intesa segreta fra i maggiorenni del paese e il Circolo
Lucano, a capo del quale era Vincenzo d'Errico, primo avvocato del foro
potentino: tramiti di esso erano i delegati Nicola Alianelli di Potenza,
Francesco Coronati di Trivigno, Carlo Cecere di Albano.
Il Circolo Lucano si sciolse appena saputosi l'esito degli scontri del 2 e
28 luglio '48 a Castrovillari e a Campo Tanese fra gli insorti e l'esercito
regio, comandato dai generali borbonici Lanza e Busacca.
Dal '48 al '53 il popolo nostro, come ogni altro del Napoletano, rimase
terrorizzato dal dispotismo e dalle vendette del Re Bomba che aveva spie e
sicarii e giudici comprati in ogni comune.
La nostra provincia, prima che il Generale fosse arrivato, insorse per
spianargli la via.
Garibaldi, dopo esser passato per Cosenza, toccò il 2 settembre Rotonda,
primo paese di Basilicata; andò a Scalea e il 3 settembre a Sapri, il 6
settembre ad Auletta, ove ricevè il comitato Lucano.
Il 5 settembre gli insorti del nostro paese con altri dei paesi vicini
furono raccolti a Vietri di Potenza dal Colonnello Boldoni, che li chiamò
cacciatori lucani; ma i più anziani, giunti a Salerno, ebbero ordine di
ritirarsi.
Il popolo nostro, unanime, con a capo i Sardo, i Franchini, i Di Dosato, gli
Antinori, acclamò il giovane Re Sabaudo e aderì al plebiscito.
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CASA SAVOIA
Unificazione d'Italia: dal 1860 ai giorni nostri
- Il 18 febbraio 1861 apertura del 1 Parlamento italiano, che approvò il 17
marzo la legge con cui Vittorio Emanuele II assunse per se e per i suoi
successori il titolo di Re d'Italia; il 27 successivo proclamò Roma capitale
d'Italia; provvide poi ad armare la Nazione ed istituì le guardie nazionali
mobili sulla pianta dei rifle volunteers inglesi, il tiro a segno, i
comitati di provvedimento.
Garibaldi apparecchiava in segreto i mezzi per riprendere l'interrotta
impresa; si mosse, venne fermato e ferito dalle stesse armi del nostro
governo ad Aspromonte (Reggio di Calabria) il 29 agosto 1862.
Il governo curò l'ordinamento interno, represse il brigantaggio, cercò di
assestare le finanze per i cospicui debiti ereditati dai caduti governi e
per quelli fatti durante le guerre nazionali dal 1848 in poi: contrasse un
debito di 700 milioni di lire e pubblicò le leggi di perequazione fondiaria
e di ricchezza mobile, convergendo ogni sforzo di riordinamento al sistema
tributario.
- Nel 1865 avvenne la unificazione amministrativa: pubblicati per tutta
Italia i codici civili e penali, fu introdotto il matrimonio civile e fu
unificato il sistema monetario e quello di pesi e misure.
Nei giugno 1865 venne portata da Torino a Firenze la sede del Governo.
Nel 1866 si concluse la lega fra Italia e Prussia. Il 22 ottobre fu
proclamato il plebiscito veneto.
Tentativo di Garibaldi su Roma nel 1867: il 25 ottobre egli si batté a
Monterotondo ed il 3 novembre a Mentana.
Il 20 settembre 1870 i soldati italiani entrarono in Roma, ove il 2 ottobre
avvenne il plebiscito e il 27 novembre si aprì il Parlamento.
Il 9 gennaio morì a Roma Vittorio Emanuele II e gli successe Umberto I. Il 7
febbraio morì Pio IX: 1878.
Con la legge Coppino del 15 luglio 1877 fu resa obbligatoria l'istruzione in
tutta Italia.
Il 2 giugno morì a Caprera Giuseppe Garibaldi : nato a Nizza Marittima il 4
luglio 1907. Era vissuto quale eroe e creatore d'eroi, nelle Americhe e
nell'Europa, Cavalieri insuperato dell'umanità.
- 1885 Durante il governo di Agostino Depretis, il quale era riuscito ad
ottenere l'abolizione del macinato, del corso forzoso, il suffragio
universale e lo scrutinio di lista, fu acquistata Assab ed occupata Massaua.
Guerra d'Africa: battaglie di Dogali 25 gennaio 1887, di Amba Alagi 7
dicembre 1895, sconfitta dolorosa di Adua 1° marzo 1896: la colonia italiana
in Eritrea ebbe stabili confini. La nostra politica coloniale, più prudente
e modesta, si rivolse alla Somalia.
Nel 1896 il principe di Napoli, Vittorio Emanuele, sposó Elena di Petrovich
figlia del Nicola, re del Montenegro.
Il 29 luglio 1900 morì Umberto I a Monza; ereditó il trono Vittorio Emanuele
III.
Il 27 settembre 1911 l'Italia dichiarò la guerra alla Turchia. Le nostre
potenti navi con forti artiglierie resero possibile la presa di Tripoli,
capitale della Tripolitania. Dopo, le nostre armi presero Tobruk, Derna,
Homs e Bengasi, capitale della Cirenaica. Ad Ouchy (si ponuncia Uscì), nella
Svizzera il 4 ottobre 1912 si concluse un trattato di pace: la Libia passò
dalla Turchia all'Italia, sotto la sovranità del nostro Re Vittorio Emanuele
III.
Sin dal 1882 l'Italia era entrata nella triplice alleanza, che la stringeva
alla Germania e all'Austria; ma ne uscì durante il gran conflitto in cui
furono coinvolte tutte le nazioni d'Europa, il Giappone, gli stati grandi e
piccoli d'America; ne uscì il 24 maggio 1915 per entrare in guerra e per
combattere l'Austria. Si scatenò la più grande guerra dell'Intesa, cioè
della Francia, dell'Inghilterra, dell'Italia e della Russia, contro gli
Imperi centrali: la Germania, l'Austria, la Turchia e la Bulgaria. Vittorio
Emanuele III prese il suo posto fra i combattenti. Il ricordo della infausta
giornata di Caporetto, 23 ottobre 1917, fu cancellato dalle vittorie del
Piave, nel maggio 1918, e di Vittorio Veneto del 26 ottobre 1918. Francesi,
Inglesi, Americani, Italiani si erano coalizzati ed avevano saputo
resistere.
Il 2 novembre 1918 l'Austria chiese l'armistizio: il nostro tricolore
sventolò a Trieste, a Lissa, ad Abbazia, a Rovigno, a Parenzo, a Lagosta, a
Curzola, a Pola e a Sebenico.
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Per ordine dato il 19 agosto 1860 dal Governo Prodittatoriale Lucano, in
nome di Vittorio Emanuele Re d'Italia e del Generale Garibaldi Dittatore
delle Due Sicilie, s'istallava nel nostro Municipio la Giunta
insurrezionale, anima e vita ne era Andrea Surdo, per l'esecuzione di
disposizioni e decreti che emanava esso governo prodittatoriale, per
mantenere l'ordine interno, per raccogliere le offerte e per formare la
Cassa del pubblico e contribuire con mezzi adeguati all'insurrezione e al
nuovo assetto.
Si mobilizzò, per i bisogni dell'insurrezione, la guardia nazionale, formata
di volontarii, comandata da Vincenzo Bellezza (Rizzillo) e dai tenenti
Raffaele Tito e Scipione Antinori.
Molti popolani, incitati da Scipione Antinori, avuto sentore dell'ordine 20
agosto 1860 del Governo prodittatoriale che sospendeva la riscossione delle
tasse, ne esagerarono la portata e tumultuarono per l'abolizione dei canoni
feudali. Il proclama del 23 agosto, l'editto del 25 agosto ed i decreti del
27 e 29 successivi che comminavano pene severe, e l'intervento d'una
compagnia di bersaglieri, valsero a reprimere il tentativo di sommossa. Il
Barone Fittipaldi nel 1861 si trasferì definitivamente ad Anzi, suo paese
natale.
Dal 1860 al 1864 la nostra terra, come tutta la Regione, fu infestata dal
brigantaggio, dalle bande di Serravalle, di Crocco, dl Ninco nanco e di
altri ladri e grassatori, affigliati o isolati. Nell'agosto 1863 Paolo
Serravalle fu sorpreso nel bosco della Grancia ed ucciso da una squadriglia
di soldati calabresi. Nel 1865 il nostro popolo respirò nelle campagne e nei
boschi, sgombri dai feroci figuri.
Le guardie nazionali, non dovendo più stare sulle piste dei briganti,
ripresero la quiete domestica, sospirata, e le loro consuete occupazioni
alimentatrici.
Il 15 settembre 1868 Andrea Sordo fu colpito da mano assassina e si spense
nel giorno seguente.
Si erano riaccese le liti fra il barone Fittipaldi e i livellaria di
Brindisi; per alcuni esse terminarono con un istrumento di commutazione, ma
per la generalità continuarono davanti al tribunale e alla corte d'appello,
dal 1874 al 1880.
Per effetto della legge di commutazione, dal 1880 in avanti altri livellarii
della contrada Sativo S. Demetrio si obbligarono di versare una quota
annuali in denaro, fissa; mentre una notevole estensione, divisa in lotti,
venne acquistata da agricoltori vagliesi e con pagamenti rateali.
Nel 1874 incominciarono i lavori della strada ferrata e il paese fu gremito
di una gran quantità di operai, d'ingegneri e dì cottimisti, venuti da ogni
parte d'Italia: segue un periodo di fusione di gente italica, di idee e di
dialetti. Nel 1880 fu inaugurata la ferrovia. Nelle prime corse i treni
portarono per la prima volta il Re Buono e per l'ultima volta il Leone
ferito di Caprera, da Palermo a Roma. Il Re visitò Potenza (gennaio 1881) e
l'accoglienza entusiastica parve generale delirio.
In morte dei due sovrani, il primo dello Stato e il secondo della Chiesa,
anche da noi vennero fatti solenni funerali. In morte dell'eroe dei Due
Mondi la commemorazione fu solamente civile, semplice e sincera. I
sentimenti di nostra gente, entrati già nell'orbita nazionale con le scuole
e la pubblica educazione, seguivano la storia nel nuovo cammino.
Nel 1881 1882 s'iniziarono i lavori della strada comunale obbligatoria, dal
paese alla stazione. La stessa data segna il prima movimento emigratorio per
l'estero.
Dal 1885 al 1895 sorgono due Società di Mutuo soccorso: «Vittorio Emanuele
III» di cui era presidente Andrea Surdo del fu Vincenzo, tornato da
Cincinnati Ohio, e « Umberto I », capeggiata da Michele Bellezza: in
antagonismo fra loro ai fini di parte e di amministrazione comunale.
Anche dopo il ritorno di Andrea Surdo negli Stati uniti d'America
continuarono le schermaglie elettorali amministrative, che cessarono
completamente verso il 1914.
Il 9 agosto 1900 per onorare Re Umberto e per stigmatizzare il più gran
delitto del secolo il sindaco così invitava i cittadini alla commemorazione
pubblica: «Colpito il cuore d'Italia nel cuore dell'amato suo Re, trenta
milioni d'italiani sono immersi in un solo grande dolore e piangono d'un
pianto solo. Mentre la folla mesta di popolose città si riversa nei mausolei
per rendere al Buon Sovrano onori meritati, ogni più remoto angolo
dell'italica contrada si covre di gramaglie e si fa silenzioso di tragico
duolo. Anche noi, figli devoti d'Italia e riconoscenti della lealtà e
dell'affetto di Casa Sabauda, ci raccoglieremo Domenica 12 corrente nel
ricordo di Umberto I con sentimenti religiosi e civili».
Durante la Grande guerra fu provvida l'istituzione d'un magazzino municipale
per deposito e rifornimento di viveri. Autorità civili e religiose e
insegnanti si prodigarono per assistere ed aiutare le famiglie dei
combattenti e rivolsero ai loro figliuoli speciali ed assidue cure. Anima
del Comitato locale fu la maestra Rosina Matteo, la buona sorella di tutti,
morta qualche anno dopo.
Il 5 settembre 1919, per iniziativa del Sindaco Lapeschi, si scovrirono due
lapidi commemorative dei morti in combattimenti o dopo a causa della guerra.
Solenne e commovente manifestazione di popolo, a cui parteciparono con calde
espressione di amor patrio il deputato On. Pasquale Materi, il Consigliere
provinciale Francesco Brindisi, il capitano Palermo, il professore Rosa. |
ERA FASCISTA Dal 28 Ottobre 1922
Fra la perplessità e la fiacca arrendevolezza di uomini politici,
l'ondeggiamento invadente e il pericolo di dissoluzione delle masse operaie,
a valorizzare i risultati della Grande guerra, i grandi sacrifizii di
caduti, di mutilati, di madri, di spose e di orfani d'ogni ceto e un più
grande tesoro di sentimenti e d'idealità superstiti, il 23 marzo 1919 in una
casa di piazza S. Sepolcro, in Milano, si tenne la prima adunata fascista
intorno ad un uomo che nelle veglie di trincee aveva vista l'Italia nuova
più radiosa che mai: BENITO MUSSOLINI.
Come Garibaldi, a Napoli trasse gli auspicii per Roma. Col cuore saldo il 28
ottobre 1922, con la marcia sul Parlamento, apri a noi Italiani un'era di
rigenerazione operosa. Abbattè tutto un fragile monte cartaceo di leggi,
sventò velleità ed ambizioni e mise sul trono con frasi incisive la dea
azione, affidandola ad operatori sacerdoti ben disciplinati, che chiamò
silenziarii.
Costumi e leggi, intelligenze e volontà, scienza e lavoro ora si purificano,
si fondono, si rafforzano per rinnovato ardimento, con rapidità abbattono
gli ostacoli e nel nome sacro di Roma, d'Italia, levano sui fasci littori il
tricolore, in cui splende di magnifica luce lo scudo Sabaudo, e avanti
avanti per terra, per mare, pei cieli, ai poli, in tutto il mondo, nei
secoli, si aderge e si adergerà la gloria d'Italia.
1927 La Gazzetta Ufficiale N. 58 dell'11 febbraio reca la legge con cui
viene dichiarato festivo, a tutti gli effetti civili, il giorno 28 ottobre,
anniversario della marcia su Roma.
Si prepara la legge su gli usi civici, che deve derimere questioni varie,
complesse, millenarie.
La più ardita delle riforme fasciste, fra una serie di riforme di profondo
rivolgimento sociale, è nella promulgazione della carta del lavoro,
fondamentale per l'aspetto corporativo, per la coordinazione unificatrice e
la propulsione delle capacità produttive, di mano e d'ingegno, per le
migliori fortune d'Italia e per la progressiva divulgazione nel mondo. La
carta del lavoro deve suggellare, e suggellerà, il patto di concordia, di
disciplina, fra i lavoratori e i datori di lavori nelle corporazioni, per
l'avvenire nazionale.
lll
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NOTE
(1) Grancia o Grangia significa propriamente fattoria o tenuta appartenente
a luoghi pii e granciere si chiama il fattore: parole usate nel linguaggio
senese. Noi, brindisini, pronunziamo grangia.
(2) Comite poi Conte: titolo di nobiltà comune nel basso impero, davasi a
colui che accompagnava l'imperatore.
(3) Con tale avvenimento termina la Storia di Pietro Giannone «uomo egregio,
molto laudato, e pur maggiore di merito che di fama». Così dice il Colletta.
(4) Disposizione con cui si costituiva un eredità sott'obbligo poi di
restituirla ad un terzo. |