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CAP.1 - sezione generale
NOTA INTRODUTTIVA DEGLI AUTORI Il dialetto di Rotonda appartiene ai cosiddetti dialetti dell'area arcaica calabro-lucana usati nella parte meridionale della provincia di Potenza, a sud del Fiume Agri ( Francavilla sul Sinni, Chiaromonte, Lauria, Castelluccio, Viggianello, Castel Saraceno, Rotonda, Senise e San Severino Lucano ) e della provincia di Matera (Valsinni, San Giorgio Lucano) e, come dice la definizione stessa, risentono dell'influenza del dialetto calabrese settentrionale. Tale area, unita al confinante versante calabrese, posto a sud del massiccio del Pollino, è detta Mittelzone o area Lausberg dai linguisti, e presenta un sistema vocalico che per taluni aspetti si distingue nettamente da quelli delle zone circostanti, con vocalismi che spaziano da quello sardo a quello siciliano in alcuni comuni. All'interno di questa zona linguistica ci sono due eccezioni: la prima è costituita dal dialetto marateota , un'isola alloglotta corrispondente al solo comune di Maratea, che mischia origini latine, greche, arabe e osche , con vocalismi siciliani e sardi. La seconda eccezione riguarda il dialetto laurisciano, di forte derivazione napoletana, parlato a Lagonegro e nel Vallo del Diano. In questo gruppo di paesi gli studiosi ravvisano una situazione di arcaicità del sistema vocalico laddove permane un vocalismo basato su cinque vocali senza distinzioni di apertura e di chiusura delle vocali e ed o, condizioni che si riscontrerebbero nella Sardegna e nella Corsica meridionale e che riflettono il momento preaugusteo del latino, causato da una difficile penetrazione della conquista romana verso il Sud, dovuta agli ostacoli naturali e alla resistenza opposta dalle popolazioni locali. Rotonda ha peculiari e forse uniche caratteristiche fonetiche. Una prima caratteristica del dialetto Rotondese, a nostro avviso, è quella di contenere un grande numero di suoni e gruppi di consonanti con fonazione palato-retroversa ( che risultano essere i più complicati da rendere in scrittura).
La seconda è quella di avere un vocabolario poco ricco. Nello studio di Hála, riportato dall'Università di Cassino, si ritrova il termine ‘retroflesso’. Con esso vengono indicate quelle specifiche realizzazioni cacuminali in cui la punta della lingua presenta una curvatura verso la zona posteriore del cavo orale.
- Cu zappa a
vigna si vivi l'acqua, cu no si vivi u vinu.
N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR Questo tipo di differenziazione tra articolazione apicale e articolazione sublinguale ha incontrato molta fortuna presso gli studiosi successivi, anche se le scelte terminologiche sono state rinnovate (cf. infra; Ladefoged & Maddison 1996). Piuttosto che un punto di articolazione, il termine ‘retroflesso’ descrive un gesto o una conformazione articolatoria complessa. Questa visione è sostenuta in Pike (1943), Catford (1977), Ohala (1983) e Dixit (1990). Ai suoni retroflessi corrisponde una curvatura della punta della lingua verso l’alto e verso la parte posteriore del cavo orale, tale che la porzione sublaminale può toccare o avvicinarsi alla zona alveolare o prepalatale, mentre il corpo della lingua assume una conformazione concava. Ladefoged (1975) presenta una descrizione articolatoria delle consonanti retroflesse in comparazione con l’articolazione palatale. Ritrascriviamo le seguenti caratteristiche fonetiche (riportate dalla dialettologa Maria Teresa Greco in DIALETTI GALLO ITALICI) quali caratteristiche del meridione italiano, senza dimenticare che esistono poi specificità locali, e di altre aree, da mettere a confronto con i fenomeni considerati galloitalici , sempre nell’ambito di una esposizione di massima, avendo come punto di riferimento e guida l’articolo con cui Rohlfs presentò, nel 1931, la sua importantissima scoperta circa la galloitalicità di alcuni comuni della Basilicata. Molte cose nel frattempo sono cambiate ma l’articolo di Rohlfs, secondo la studiosa,alla cui lettura rimanda, resta ancora il più completo ed il meglio documentato.
Caratteristiche della fonetica meridionale (secondo Rohlfs): 1) Le occlusive sorde p, t, c in posizione intervocalica si conservano. 2) Le vocali aperte è e ò in sillaba aperta e chiusa si dittongano per influsso di una ŭ o una ī latine nella sillaba finale. 3) b iniziale passa a v. 4) j e g del latino volgare davanti a vocali palatali danno y o sc. 5) Le desinenze del participio -atu, -itu, -utu non subiscono apocope. 6) n intervocalica in sillaba finale (manu) si conserva. 7) ll (doppia elle) passa al suono cacuminale ḍḍ, o ad altri suoni caratterizzati da pronuncia cacuminale; l iniziale resta invece immutata.
- A crianza vene
da casa u mucco vene du nasu.
N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR
Rohlfs aveva notato come i dialetti galloitalici della Lucania tengano distinto l’esito di L (elle) intervocalico semplice da quello di LL e di L: mentre L- si conserva, LL e L passano a d retroflessa, con la possibilità di una ulteriore r; es: [gaˈɖɽiːna] , il cosiddetto fenomeno del rotacismo . La scelta di alcune consonanti è caduta, quindi, sulle "retroflesse" del sistema fonetico internazionale (ci riferiamo essenzialmente ai gruppi “dra” e “stra”,v.pagg.15/16 ). Prima di iniziare la stesura della grammatica propriamente detta ci siamo preoccupati e occupati soprattutto dell' individuazione di quelle vocali, di quelle consonanti e quei segni ( messi a disposizione dall' IPA, International Phonetic Alphabet ) che, a nostro avviso, meglio rappresentano la fonazione reale del Rotondese parlato, sebbene sia preferibile l'uso dell'Alfabeto Dialettale Lucano elaborato dalla Prof. Del Puente dell'Unibas e il Gruppo A.L.Ba. Abbiamo lasciato volontariamente un margine di indecisione e una duplice scelta dei segni, per taluni foni e fonazioni , in modo che altri, meglio e più di noi competenti, possano fornire ampliamenti e puntualizzazioni. Abbiamo iniziato questo lavoro, ancora, con la consapevolezza che una collaborazione di gruppo, con competenze varie, avrebbe dato risultati migliori e più puntuali. Come scrisse Nicola Leoni nel suo “Della Magna Grecia e delle Tre Calabrie”, “… la corruzione della lingua nella "zona" s’accrebbe allorquando l’Italia, non che le Calabrie, furono preda dell’invasione di popoli di diverso sermone, dei normanni, degli svevi, dei longobardi ed altri barbari che vi scesero per mietere le umane generazioni come le biade nei campi e dare tutto a ruba, e a fuoco le terre, le città, i templi, le castella. In mezzo di tanti popoli di vario linguaggio e di vari costumi concentrati nell’Italia ed in parte nelle nostre Calabrie chi non avesse antiveduto una universale metamorfosi del sermone greco e latino che risuonava sul labbro dei nostri padri?
- Quannu si marteddro vatti,
quanno si ncudine statti.
Vivendo in comune tal mischianza di popoli, per addimostrarsi alternativamente la comune bisogna, gli estranei popoli sforzandosi a cinguettare il calabro idioma, lo sozzarono con mille barbare voci. I nostri avi in pari tempo, avendo a bisogno accomunare il linguaggio di loro con quello di coloro dai quali erano signoreggiati, allora ogni parola alternandosi e diversi modi e cadenze prendendo, in progresso di tempo sì il nostro sermone che quello degli stranieri, venne a tralignare in un terzo linguaggio non somigliante né all’uno né all’altro: il linguaggio che ancora risuona tra noi mescolato di voci sicule, greche, spagnole, franche; sì vario di voci, di cadenze, di pronuncia, di dialetto, in modo che, chi udirebbe favellare varie genti di diverse calabre terre, durerebbe fatica crederle genti che vivono sotto un medesimo governo, moderati dalle stesse leggi”.
(Gli autori)
“Molta parte dell’anima nostra è dialetto” (Benedetto Croce)
CAP. I R E G O L E G E N E R A L I
I A ALFABETO, SEGNI E FONAZIONI
Alla domanda: "quante sono le vocali?" chiunque risponderebbe:"cinque"
sicuro di non sbagliarsi. Se dal punto di vista
grafico
le vocali sono effettivamente cinque, dal punto di vista
fonetico
sono invece molte di più, perchè hanno ciascuna differenti pronunce: La posizione della bocca per la pronuncia della "é" chiusa sarà simile alla posizione che assumiamo per la pronuncia della "i". La posizione della bocca per la pronuncia della "è" e della "ò" aperte sarà simile alla posizione che assumiamo per la pronuncia della "a". E infine la posizione della bocca per la pronuncia della "ó" chiusa sarà simile alla posizione che assumiamo per la pronuncia della "u". In ogni parola della lingua italiana esiste un solo accento (anche se non viene scritto) che si chiama accento tonico. Tonico deriva dal greco τόνος che significa forza e che quindi ha la funzione di definire la pronuncia di tutte le parole. Qui viene utilizzato l'alfabeto corrente per la lingua italiana con l'eccezione di alcune vocali,consonanti e raggruppamenti sillabici, che vengono definiti "retroversi", frequenti nel nostro dialetto ( nell'IPA possiedono una diversa forma rispetto al normale alfabeto): Le vocali toniche del dialetto Rotondese si conservano quasi sempre intere da turbamenti e frangimenti in dittonghi, caratteristici invece dei dialetti pugliesi e abruzzesi.
La
vocale
o
,
a
fine parola,ha turbolenza
scivolamento/velarizzazione
in
u
N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR
- A ventra iè na
piddricchia, chiù cinni mittisi chiù si stinnicchia.
Come è risaputo, l'accento è connotato da quattro caratteristiche fondamentali: -intensità, ovvero sia il maggiore sforzo di pronuncia di una sillaba accentata, generato da una maggiore forza di spinta dell'aria sugli organi fonatori; -altezza, o la frequenza di tono con cui si pronuncia una sillaba (similmente all'altezza di una nota musicale); -durata, la maggiore o minore lunghezza temporale della pronuncia della sillaba accentata; -articolazione, il modo nel quale viene articolata una sillaba accentata rïalătu (regalato); rïalāti (regalati); lă(breve) - lā(lunga) ŏssŭ sing - ŏssā plur (latino).
L'accento non cade quasi mai sull'ultima sillaba : non esistono quindi molte parole tronche. C'è qualche eccezione, ma solo apparente; in realtà si tratta di parole apocopate, ovvero mutile dell'ultima sillaba. Anche il dialetto Rotondese segue la "legge della baritonèsi" specialmente nell’uso degli infiniti, es.: [manˈdʒa] ,[tur'na], sono infiniti presenti (mangiàre, turnàre, dove re cade per apocope). Le desinenze del participio atu, itu, utu non subiscono apocope. Una consonante centrale è una consonante il cui flusso d'aria passa attraverso il centro della cavità orale piuttosto che di lato (quest'ultime sono dette consonanti laterali).
Opera di scalpellini locali
I B
Giuseppe Delfino così descrive l'evoluzione dal sistema vocalico latino a quello siciliano: -sia la a lunga ā che quella breve ă diventano a : [căsa > casa ; lācte > latti]; -la e diventa: /ɛ/ (simbolo IPA per la comunemente detta "e aperta” -la e lunga ē, la i breve ĭ e la i lunga ī evolvono in i ; fīlum > fìlu̥ ; pĭrum > pĭra]; *la o si trasforma in ɔ (simbolo IPA per la comunemente detta “o aperta” come nell’italiano “parola”) [tonus > tɔnu]; -la o lunga ō, la u breve ŭ e la u lunga ū diventano u [tōtus > tuttu ; dŭlcis > duci ; cūlus > culu],
Le dieci vocali latine (ī, ē, ā, ō, ū, lunghe, e ĭ, ă, ě, ŏ, ŭ brevi), si sono evolute in flessioni contaminate con altre lingue.
· Di solito nel dialetto Rotondese le vocali protoniche e postoniche del Latino restano quasi intatte **. Ø Come nel latino classico la qualità della vocale diventa importante dal punto di vista fonologico, perché può cambiare il significato della parola.
Es.: ʈɽónu̥ (tuono) ʈɽònu̥ (trono).
N.B.Il puntino sotto la “u” se la “u” non è accentata.
Nel sostantivo pacénza (pazienza) il dittongo ie sembrerebbe soppresso in fase di pronuncia, come invece esistente in paciënza (o paciĕnza)
** La sillaba protonica è quella che precede la sillaba tonica. Es. politico = po-li-ti-co (li sillaba tonica; po sillaba protonica) --- melodico = me-lo-di-co (lo sillaba tonica; me sillaba protonica)
La sillaba postonica è quella che segue nella parola la sillaba tonica.
Es.: in ràpido la sillaba postonica è -pi-); [ka'vad̥d:ɽu] : ka(sillaba protonica), 'va(sillaba tonica) , cavallo --- [ˈtsukːeru ] : ˈtsu(sillaba tonica, kːe(sillaba postonica), zucchero
N.B: alcune "parole", nella lingua parlata, vengono percepite come se lo stesso termine avesse desinenze diverse : [ iumɘ, jumu] / iumë/, /iumu̥/ (fiume); ['pipu, 'pipo] /pipu̥/, /pipëᵘ/
Ø Spesso si usa l'ANAPTISSI ( EPENTESI VOCALICA): inserimento di una vocale fra due consonanti, per facilitare la pronuncia) : [kanka'rɛja] (cancrena), oppure la METATESI : inversione dei suoni all'interno della parola:[ kràpa] (capra)
doppia elle > dd / ll > dd
Ø La pronuncia di /ɖɖɽ/ non corrisponde all’italiano /quadro/. Viene rappresentato in ADL con d̥d̥r̥ (ll doppia elle) ['kwi:ɖɽu] quello /quìd̥d̥r̥u̥/ [skanːə'ʈʃɛɖ:ɽu] sgabellino /scannëcéd̥d̥r̥u̥/
təˈnɛɖ:ɽu] tinello per acqua /tënèd̥d̥r̥u̥/ [gaˈɖ:ɽina] gallina /gad̥d̥r̥ína/
Ø Si evidenzia la non distinzione fra le vocali [u] e [o] ,in quanto allofone **, in posizione di finale di parola: entrambe vengono pronunciate, distribuite a seconda del parlante.
** In fonologia, un allofono o variante combinatoria di un fonema è una realizzazione fonetica che in una determinata lingua non ha carattere distintivo, ma si trova a essere in distribuzione complementare con gli altri allofoni dello stesso fonema.
Troviamo questi suoni in varie lingue indoeuropee ed in particolare: - nelle lingue scandinave nella particolare pronuncia nei gruppi consonantici rt e rd; - in molti dialetti dell’Italia meridionale in dd (< latino LL) e nei gruppi tr e str - nelle lingue indiane in cui è presente una serie completa di questi suoni: t, d, th, dh, n. Vi sono, poi, altre lingue che tendono allo sviluppo di suoni analoghi, soprattutto partendo da suoni occlusivi dentali. Fenomeni simili allo sviluppo di -ll- in -dd-, infatti, si registrano anche nel guascone (in area galloromanza), nel sardo, nel greco calabro e nel greco cretese. Torneremo più avanti su questo punto; intanto è importante osservare che questi suoni si sono sviluppati in aree precedentemente abitate da genti parlanti lingue non indoeuropee.
scultore Fernando Mario Paonessa
“Non è l’amicizia che mi induce a scrivere sulla scultura di Fernando Mario Paonessa, bensì la stima per un maestro che, da sempre, ha trasposto nella propria opera spirito vitale, cultura e lirismo.” Maurizio Marini
I C
G. MILLARDET, - Études siciliennes- aveva indagato le cacuminali e al III Congresso di Linguistica Romanza di Roma, nel 1932, ammise la presenza di un antico sostrato comune alla Sardegna, alla Corsica e alla Sicilia e a tale sostrato attribuì la presenza delle cacuminali e la tendenza al passaggio ll > dd e parallelo a ll > t in guascone. Si confronti siciliano beddu, guascone bet < BELLU; siciliano jaddu, guascone gat < GALLU; etc. Non possiamo, poi, non dire che anche in Spagna, nelle Asturie e, in particolare, in una località nota come “parroquia de la Sisterna”, ritroviamo un suono analogo alla cacuminale siciliana dd che nel panorama fonetico spagnolo è veramente straordinario; esempi: duna < LUNA), gadinas < GALLINAS, dumi (fuego) < LUMINE, deiti < LACTE. Il fenomeno è presente anche in Calabria, non solo nel romanzo, ma anche nel romaico. A questo punto sorge spontanea una domanda: il passaggio -ll- > -dd- in romaico si verifica per influsso del romanzo oppure è un fenomeno parallelo ed indipendente? La risposta può soddisfare entrambe le domande. Prima è stato detto che nel dialetto cretese c’è una simile tendenza. Molto probabilmente il romaico aveva una tendenza simile che è stata ulteriormente rafforzata dalla vicinanza al romanzo in cui il fenomeno è costante.
Scalpellini localI
“Tutti i dialetti sono metafore e tutte le metafore sono poesia” (Gilbert Keith Chesterto)
I D Carmelo Lupini osserva che nei dialetti calabresi sono passibili di retroflessione anche i nessi tr e str. Nel nesso tr l’articolazione cacuminale di r intacca la dentale sorda, col risultato d’un' inversione dell’intero gruppo in tr; in str la cacuminalità del gruppo tr comporta, per un fatto di parziale assimilazione, una palatalizzazione di s, col risultato di str. Prevalendo nella pronuncia l’elemento continuo, il gruppo potrebbe semplificarsi in /sr/ da cui, sporadicamente, si può giungere addirittura a /ss/.
ʂʈɽ - ʃʈɽ - š s̃ (str) [ʂ'trat:tzu] (straccio) / s̃t̥r̥àzzu̥/ [ška'na:ta],pagnotta, / šcanàta/ [ˈʃ ʰi:fo] (mangiatoia) . / šifu̥/ Consonanti fricative retroflesse
Le consonanti fricative presentano le seguenti caratteristiche: · il loro modo di articolazione è fricativo, perché il suono è prodotto facendo sibilare l'aria fra la lingua e il palato senza che i due organi provochino un'occlusione o si tocchino. · Il loro modo di articolazione è retroflesso (o cacuminale) poiché la punta della lingua è arricciata all'indietro, posteriormente a una normale alveolare; · La consonante fricativa è una consonante sorda, in quanto questo suono è prodotto solo dal sibilare dell'aria e non dalle corde vocali; · La consonante fricativa è una consonante centrale poiché l'aria fuoriesce centralmente e non ai lati; · La consonante fricativa è una consonante polmonare perché interessata da emissione di aria.
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