PINO GENTILE
 - La Città delle scale
 

- Capitolo XX -


IL DIALETTO POTENTINO

IL DIALETTO POTENTINO

 

Gigino La Bella, autore di diverse commedie in vernacolo potentino, è stato uno dei più fedeli interpreti del nostro dialetto

Nuova Compagnia Dialettale Potentina

 

La Nuova Compagnia Dialettale Potentina, è tornata alla ribalta nei giorni 13 e 15 maggio 2003 con “Ati Temp”, commedia in tre atti scritta e diretta da Gigino La Bella, svoltasi nel teatro “Don Bosco” di Potenza.

 

Questi i personaggi e gli interpreti del lavoro di La Bella, che ha riscosso un buon successo: Giuvann’ (Gigino La Bella), Cuncetta (Pia Cusato), Rocchin’ (Franco La Bella), Caterina (Linda La Bella), Ninnella (Annalisa Scuccimarra), Lucia (Marta Carchio), Ciro (Roberto La Guardia), Dunat’ (Salvatore Labella), Gerard’ (Dino Lagrotta), Faiel’ (Angelo Cirigliano), Vittorio (Lello Ricotta), Zi Vit’ (Vito Mecca).

 

Regia, Gigino Labella; Allestimento scenico, Ettore Cortellessa, Angelo Pino; Suggeritore, Mariolina Siesto; Tucco, Centro Estetico ”Medea”, via Parigi, 24 - Potenza.

 

 

 

 

Il “Centro Artistico Basilicata” si racconta in un prossimo libro

 

Le caratteristiche e gli obiettivi del tradizionale sodalizio

 

Il C.A.B. - Centro Artistico Basilicata - in conformità all’ Art. 14 comma 1 della predetta L. R., è un ente avente finalità statutarie conformi a tale legge, operante in Basilicata dal 1976, privo di fini di lucro, regolarmente iscritto all’ albo regionale tenuto presso il Dipartimento Cultura e Formazione della Regione Basilicata dal 1996.

 

Tale Centro venne istituito a seguito dell’ associazione della “Compagnia Dialettale Potentina” e del “Gruppo Folkloristico” di Potenza.

Il 10 aprile 1978 il Centro Artistico Basilicata venne formalmente iscritto e registrato a Potenza con il numero 1122 presso l’Ufficio del Registro di Potenza.

 

Tra le attività che hanno prevalentemente caratterizzato l’impegno del C.A.B. sono sicuramente da annoverare la messa in opera di testi teatrali scritti ed elaborati dallo stesso Direttore Artistico Dino BAVUSI.

 

Fra i vari spettacoli teatrali in vernacolo “M’agg avutta duvà coppol e cappiedd” è stato premiato con “Il Leon d'oro”, manifestazione fra varie compagne teatrali, come migliore testo, regia e premi singolari di recitazione.

Il C. A. B. ha in suo attivo circa venti opere teatrali, scritte e portate in scena di cui se ne sta curando una specifica pubblicazione.

Il gruppo Folkloristico di Potenza, ha avuto un enorme successo non solo in città ma anche in regione ed in campo nazionale. Si è esibito con il gruppo folkloristico in Piazza “S. Carlo” di Torino, Milano e Bologna.

 

La carenza di fondi ha condizionato l’ attività culturale.

A causa del sisma dell’80 dalla sede di Via Serrao, 32, il Centro si è trasferito in Piazza Duca della Verdura ed è in tale sede che è stata organizzata una estemporanea di pittura a cui hanno preso parte i giovani pittori della Regione. Attualmente ha la propria sede nel centro storico di Potenza in Via Santa Lucia, 27 dove si elaborano testi teatrali e si organizzano manifestazioni artistiche.

Con la finalità precipua di contribuire alla rivalutazione degli aspetti tipici dell’ambiente lucano, il C. A. B. si rende promotore del ripristino del “Leon d’oro”, manifestazione artistico-teatrale portata avanti, con successo, negli anni settanta.

 

L’ iniziativa metteva in gara le compagnie in vernacolo della città di Potenza e ne premiava il miglior lavoro, i migliori attori ed il miglior regista.

La nuova edizione del “Leon d’Oro” si propone un allargamento di orizzonte, coinvolgendo quanti operano nell’intero, territorio regionale per poter apprezzare gruppi teatrali che negli ultimi anni hanno mostrato impegno ed una volontà di cui è bene che se ne prenda atto proprio per la tenacia di reagire ad una generale situazione locale condizionata da una tradizione teatrale molto esigua.

 

Da più parti, però, si è riscontrato, ultimamente, un interesse nuovo sul piano artistico nell’ambiente della nostra regione, per alcuni aspetti tagliata fuori dal giro delle compagnie che vanno per la maggiore e si è riscontrata una maggiore attenzione, specie nei giovani, alla riscoperta del vernacolo.

 

L’idea del ripristino del “Leon d’Oro”, per la rappresentazione di lavori inediti in dialetto considerata dagli organizzatori, un valido incentivo per quanti hanno dato vita ad una tradizione di tipo nuovo, qual'è appunto quella del teatro in vernacolo, in un ambiente che, sempre più contagiato da un intenso fenomeno di urbanesimo, ha bisogno di adeguate sollecitazioni per riscoprire la sua anima popolare più autentica.

Dino Bavusi e Melina Caggiano, marito e moglie nella vita e sulla scena, un altro esempio di felice interpretazione del dialetto, ribadito, a più riprese, in commedie scritte e dirette dal poliedrico Dino Bavusi, personaggio scomodo per le istituzioni politiche e dintorni. Flora Bavusi Corrado, prima da sinistra, ha dato un sostanziale apporto alla diffusione del teatro in vernacolo potentino.

Dino Lagrotta, quarto da sinistra, ripreso nel corso di una commedia in vernacolo al teatro F. Stabile di Potenza. Il popolare "Zi Rocc", è un altro validissimo personaggio che fa rivivere sulla scena usi e costumi della vita potentina di un tempo. Gigino Labella, in una serata di "Ati temp", in compagnia di due dei sette figli: Salvatore e Franco.

Pia Cusato, Agnese Lotito, Marta Cacchio sulla scena del teatro "Don Bosco".

 

 

 

 

“Amarcord”

 

Michele di Potenza: guascone, istrione, artista

 

Postiglione in una foto di archivio con l'on. Gianfranco Blasi

Che dire di Michele di Potenza, solo tre aggettivi: Guascone, Istrione, Artista.

Ho avuto il piacere di conoscerlo nel 1976. Gli ritagliai su “Radio Potenza Centrale” un paio d’ore di un programma alla settimana di musica folk, rigorosamente in diretta. E inutile dirlo fu subito uno strepitoso successo. Il rapporto di collaborazione sfociò subito in una amicizia molto forte pur tuttavia piena di contraddizioni. Michele di Potenza (al secolo Michele Mancino, alias “trentacarrine”) aveva un carattere molto forte e, si sa, quando si ha a che fare con tipi come lui, non sempre si può far prevalere la propria tesi.

Aveva un ufficio per così dire di rappresentanza artistica in corso Umberto I a Potenza, era sempre chiuso, mi invitò a fare la sede di Radio Potenza Centrale, perché aveva bisogno di abbattere le spese.

Accettai subito. Quindi posso dire che per un paio d’anni sono stato suo ospite. A quel telefono, lo ricordo ancora oggi, 25558, arrivavano le telefonate più disparate.

 

Vigile Urbano a Napoli, si trasformava totalmente quando veniva a Potenza, con la sua inseparabile chitarra ed il suo costume tradizionale potentino.

 

Amava parlare il suo dialetto e quando poteva imbracciava la sua chitarra e con quattro accordi creava con la sua possente voce un connubio stupendo di armonie originalissime.

 

Nelle feste popolari esprimeva tutta la sua vena artistica e coinvolgeva il pubblico. Una sera al “Pantano” di Pignola, in occasione della festa del Patrono, non perse l’occasione per improvvisare: “Nino, u vir

quedd ciucc, pigliel pa’ capezza e portall qui...” Non avevo capito cosa voleva fare: saltò in groppa cavalcandolo a pelo e mentre l’annunciatrice si sgolava sul palco: “ecco a voi Michele di Potenza” - che non arrivava - ed il pubblico fissava il palco per assistere all’entrata del loro beniamino, Michele di Potenza spiazzava tutti: entrava in scena dalle spalle della gente facendosi largo come poteva. Tutto improvvisato. Ancora doveva iniziare il suo spettacolo ed era già successo.

 

In quel periodo degli anni settanta (76 - 77) la sede di Michele di Potenza era diventata in maniera del tutto naturale e spontanea un punto di incontro culturale molto importante per la città di Potenza.

Da una di queste stanze trasmetteva Radio Potenza Centrale, il fenomeno delle cosiddette radio libere non poteva passare inosservato e le persone attente ai nuovi fenomeni non potevano astenersi dal verificare di persona.

 

Un giorno nei nostri studi avemmo una sorpresa incredibile. Venne a trovarci Aldo La Capra. Ci mise subito a nostro agio e, per la sua saggezza, gli “appioppammo” lo pseudonimo di nonno, pur non essendo molto anziano. Aldo La Capra, uomo di cultura, fotografo Professionista, artista. L’esatto opposto di Michele di Potenza che era grezzo, ignorante: non coniugava bene un verbo neanche a pagarlo a peso d’oro. I due non ebbero mai un vero scambio di idee diretto pur tuttavia in quell’ambiente non potevano ignorarsi. Si rispettavano a distanza, erano innamorati tutti e due della loro terra e per la loro terra avrebbero fatto carte false. Quando si incontrarono la prima volta io notai nel viso del nonno una sorta di curiosità come se lo studiasse, come se fosse rimasto in contemplazione, chissà a cosa pensava in quel momento. Michele non se ne accorse neanche, non poteva. Alla fine Aldo abbozzò un rilassato sorriso.

 

E parlarono di musica, di tradizioni, di folklore della città Potenza. Aldo cercava di comunicare il suo pensiero ma Michele non capiva, o non voleva capire. Non so se è un caso ma uno degli ultimi dischi a 45 giri - non ricordo il titolo preciso ma credo fosse “Zia Sufia” - di Michele di Potenza aveva un sound totalmente diverso dal solito, gli arrangiamenti più mediterranei. Tanto si potrebbe ancora dire dell’Artista Potentino, una cosa mi piace sottolineare: oggi se ancora si canta “lu braccial”, brano popolare scritto nella notte dei tempi, lo dobbiamo certamente a Michele di Potenza.

 

Bonaventura Postiglione

 

 

 

 

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