GIRO IN CITTA'
Villa Romana di "Malvaccaro"
In contrada
“Malvaccaro”, in seguito a scavi effettuati nell’ottobre 1973, è stata
scoperta una villa d’epoca romana. Il complesso sorge lungo il percorso
della via Erculea, così denominata da Massimiliano Erculeo che gestiva con
l'imperatore Diocleziano l'Italia meridionale.
L’antico asse viario
raccordava in direzione nord-sud le due grandi vie consolari, l’Appia e la
Popolia, che collegavano Roma al Meridione.
L’andamento della
villa, scavata solo in parte, fa ipotizzare una sua continuazione in
direzione sud, dove la presenza di un fabbricato ancora esistente in loco
impedisce una valutazione complessiva dell’ estensione. La parte centrale
della villa, intorno a cui si aprono cinque ambienti, è costituita da
un’aula absidata la cui funzione doveva essere quella di una sala di
rappresentanza. il vano, leggermente sopraelevato, presenta un pavimento in
mosaico policromo raffigurante un motivo a squame incorniciato da una fascia
di triangoli disposti a spina di pesce, che richiama una tipologia
decorativa in numerosi impianti lucani coevi.
Leggermente al di sotto
del livello del vano absidato ve ne è un altro, più grande, la cui funzione
è chiaramente quella di un triclinium (sala da pranzo), caratterizzato da un
pavimento musivo consistente in quattro settori decorati da motivi
geometrici aventi come marine un’ampia cornice con quadrifogli neri entro
rombi in arancione.
Negli spazi vuoti
presenti nella griglia generata dall’unione degli elementi circolari, sono
inserite crateri a volute a kalathoi (canestri) ricolmi di frutti, che
testimoniano chiaramente la funzione dell’ambiente come sala da pranzo.
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L’obiettivo si è soffermato sul particolare
di un pavimento ritrovato nella
villa romana di
Malvaccaro |
Al centro di questo
ambiente, è visibile un medaglione contenente i resti di due figure
femminili: quella a sinistra (di prospetto, con volto ovale, grandi occhi
fissi e acconciatura poco ricercata) regge nella mano destra un pomo e
poggia il braccio sinistro sulla spalla destra dell’altra di cui si
conservano pochi particolari, ma chiaramente rappresentata nell’atto di
rivolgersi verso la prima.
Nella figura femminile
ancora visibile, che fa presupporre la ripresa del motivo decoratico delle
tre Grazie, colpisce la flssità dello sguardo che prelude a quella
ieraticità tipica dell’età tardo antica.
Tale rinvenimento, al
di là del suo valore intrinseco, può essere considerato un significativo
indizio della presenza di una committenza qualificata nell’artigianato
musivo attiva nella Lucania centro orientale in età tardo romana.
La villa, non
diversamente da quanto riscontrabile in altri complessi abitativi coevi,
doveva essere dotata anche di un vano deposito, a cui fa pensare un pathos
restaurato in antico con grappe di piombo rinvenuto non lontano dal pozzo,
probabilmente utilizzato come deposito per gli alimenti.
All’interno
dell’impianto sono accettabili almeno due fasi rese evidenti non soltanto
dai diversi spessori dei muri, ma anche dal materiale ceramico rinvenuto che
rimanda ad una fase più antica risalente al I-II secolo d. C. e ad una più
tarda di IV-V secolo, periodo in cui si verificò un ampliamento del
complesso. Merita un cenno qualche curiosità legata al toponimo della
contrada “Malvaccaro”.
Se si considera che,
soprattutto in passato, questa zona esposta a est nel periodo invernale era
particolarmente impervia, viene da sé una possibile derivazione dal latino
male-varco (di difficile varco). Tuttavia, secondo quanto raccontano gli
abitanti del luogo, si potrebbe trattare di un toponimo prediale, derivato
dai maggiori proprietari terreni ed allevatori della zona, i Vaccaro.
La furia del fiume dà il
nome Malvaccaro
Un membro di questa
famiglia ricorda a proposito un aneddoto.
“In passato, in queste
proprietà, scorreva un fiumicello la cui portata era abbastanza consistente.
Un giorno una donna vi si recò a fare il bucato, il bambino scivolò
nell’acqua ed annegò”.
Da quel giorno funesto
la gente, lamentando la furia del fiume dei Vaccaro che aveva travolto il
piccolo, chiamò la zona Malvaccaro”.
Città di Potenza -Assessorato alla Promozione
dell'Immagine - “Potenza, Guida
storico-artistica alla città e dintorni” -
Carsa Edizioni - Pescara, 2002
Seminario Maggiore in “cordata” per
armonizzare le energie
Il Seminario Maggiore
di Basilicata è una presenza significativa all’interno della città di
Potenza e nel contesto della regione Basilicata, risponde alla esigenza di
preparare e formare i futuri presbiteri per le Diocesi della Basilicata, e
alla necessità di creare un centro di riferimento culturale e spirituale per
tutto il territorio Regionale.
La presenza della
stessa Università Statale è stato un ulteriore stimolo culturale per far si
che sorgesse, in Basilicata, l’Istituto Teologico, in grado di confrontarsi
con altre realtà culturali presenti sul territorio e per fare da supporto
alla formazione dei presbiteri e laici delle chiese lucane.
Il Seminario Maggiore
risponde a queste esigenze e finalità.
Sorto per volontà dei
Vescovi lucani nel 1990, ha già svolto un ruolo importante in questo primo
decennio di vita: sono ben 641 sacerdoti già ordinati.
Molte le iniziative di
carattere culturale, aperte anche al territorio, che sono state già
realizzate o avviate. Alcune di queste hanno avuto anche una risonanza
nazionale, altre iniziative di carattere spirituale e pastorale hanno visto
il Seminario proiettato verso le Diocesi e le parrocchie della città e della
regione.
L’ubicazione della
struttura, lontana dal centro della città di Potenza, insieme al clima di
accoglienza che ci si sforza di creare nella comunità, pongono premesse
favorevoli perché ogni seminarista, attraverso lo studio e la vita
spirituale possa realmente ed efficacemente verificare se stesso ed essere
aiutato nel discernimento vocazionale.
Il Seminario sente
continuamente il bisogno di aprirsi anche al contesto ecclesiale e sociale
del territorio in cui è inserito e questa tensione si realizza, in modo
precipuo, accogliendo e promovendo incontri formativi, ritiri, esercizi
spirituali che sempre più frequentemente vi trovano ospitalità.
L’ossatura della vita
del Seminario è data dalla formazione spirituale e intellettuale vissute
nell’alveo di una vita comunitaria che cerca nel dialogo educativo l’anima
di un’autentica formazione umana.
Punti di riferimento
irrinunciabili per seminaristi ed educatori restano il Progetto Educativo e
la Regola di vita che fissano gli obiettivi e gli itinerari essenziali della
proposta fontiativa globale.
Gruppi di interesse
(liturgico, culturale, vocazionale, missionario, agro-ambientale) promuovono
numerose iniziative tese a vivificare continuamente la vita ordinaria del
Seminario e ad una proficua utilizzazione del tempo libero. Il periodo di
formazione in Seminario dura sei anni.
Il biennio è incentrato
maggiormente sul discernimento e accompagnamento vocazionale. Questo
itinerario viene suggellato dall’Ammissione agli Ordini. Il quadriennio
successivo è scandito dal conferimento del Lettorato e dell’Accolitato,
mentre all’inizio del sesto anno è prevista l’ordinazione diaconale cui
seguirà quella presbiterale.
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Una panoramica del Seminario Maggiore di
Basilicata a “Macchia Giocoli” |
La formazione pastorale
è affidata, oltre che allo studio specifico previsto nella ratio studiorum,
ad esperienze significative che i seminaristi del quadriennio teologico
vivono durante il fine settimana e nel corso delle vacanze. Quelli del
biennio, invece, vengono impegnati in iniziative di animazione vocazionale a
vari livelli, di norma collocate anch’esse nel fine settimana.
L’Istituto Teologico
annesso al Seminario, è la struttura che presiede alla formazione teologica
e pastorale dei futuri presbiteri.
Affiliato alla
Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, prevede la frequenza
di un biennio di filosofia seguito da un quadriennio teologico. Al termine
del ciclo l’Istituto rilascia allo studente il grado accademico del
Baccalaureato.
Fin dalla sua
fondazione Istituto e Seminario, nelle reciproche specificità si sono
preoccupati di inquadrare la formazione dei futuri presbiteri nel contesto
della storia e della vita della regione.
Una preoccupazione che
si apre a tematiche particolarmente attuali sia in ambito ecclesiale che
“secolare” e la cui trattazione ha trovato spazio nel curriculum degli
studi. Sono infatti attivati, oltre agli insegnamenti tradizionali, corsi di
Ecumenismo, Religiosità popolare, Bioetica, Storia delle tradizioni e della
cultura popolare in Basilicata ed Economia.
Attraverso convegni,
seminari di studio, conferenze, la presenza dell’Istituto va qualificandosi
sempre di più pur tra le comprensibili difficoltà legate soprattutto alla
sua giovane età. In cordata, studenti, docenti ed educatori del Seminario,
cercano ogni giorno di armonizzare le reciproche energie perché l’Istituto
diventi sempre di più un punto di riferimento qualificato di presbiteri e
laici per lo studio della teologia e per elaborare proposte pastorali sempre
più significative per le comunità cristiane della Basilicata.
Il Rettore
Ambrico don Paolo |